Il caso delle X di Orsorosso
MK si era svegliato presto quella mattina. Aveva fatto la barba con poca cura, tanto che la portiera, nel dargli la corrispondenza del giorno prima, lāaveva guardato come si guarda un sacco della differenziata dedicato alla plastica dal quale sbuca unāirriverente buccia di banana. La portiera alla differenziata ci teneva, MK un poā meno, ma se lāera sentito appiccicato addosso quello sguardo di disapprovazione che sāera quasi sentito in colpa. Aveva portato la mano al mento e, pungendosi con qualche pelo di barba superstite, aveva pensato che forse avrebbe fatto meglio a separare la plastica dalle banane, la prossima volta.
Il bar dove lo aspettava il suo aiutante era a pochi passi. O era sempre puntuale, MK sospettava non avesse altro da fare nella giornata che recarsi puntuale ai loro appuntamenti al bar Casablanca.
«Ciao, O! Abbiamo novità sul caso?»
«Nulla.»
Ā«Prevedi qualcosa di nuovo allāorizzonte?Ā»
«Nulla.»
MK aveva incontrato O durante un appostamento, stava pedinando una certa Lucia che aveva un letto che era come lāincrocio più intasato della cittĆ . Il marito sospettava che lo tradisse, a MK bastò dare unāocchiata alla foto della bella Lucia per capire che quel sospetto fosse una certezza, ma il signore era ricco, la signora un buon modo per pensare a vacanze estive in grande, accettare lāincarico una conseguenza necessaria. Il caso era stato risolto in poche ore, mancavano le prove fotografiche che richiedevano qualche sbirciata in più. Una sera, MK era riuscito a piazzarsi nel posto giusto al momento giusto, ma, al click della fotocamera, aveva notato di non essere solo, qualcuno lo aveva osservato nella penombra.
«Chi sei? Cosa vuoi?»
«Nulla.»
«Vuoi soldi per tacere?»
«Nulla.»
Ā«Bene, se mai dovessero chiederti cosāhai visto, dovrai rispondereā¦Ā»
«Nulla.»
«Bravo!»
Quel tipo strano, vestito di scuro, per la veritĆ anche un poā inquietante, a MK era piaciuto, soprattutto per la sua discrezione. Si era informato, lo aveva cercato e trovato. Da quel momento, O era diventato il suo fido aiutante: discreto, efficiente e di poche parole, non diceva quasi⦠nulla, per lāappunto.
Da quando cāera O lāagenzia investigativa sembrava aver trovato un senso, MK aveva anche creato uno slogan che gli sembrava una genialata pazzesca: āMKO: chiamaci e metteremo i tuoi M(isteri) KOā. Era felice con poco.
Il caso di cui dovevano discutere al bar Casablanca non riguardava i soliti mariti o mogli fedifraghi, neppure il fritto e rifritto caso del furfante di bottega, questa volta cāera di mezzo qualcosa che richiedeva: calma, coraggio e sangue freddo.
Il committente era arrivato una mattina e aveva bussato con decisione alla porta di MK. Lui stava ancora sognando lāultima avvenente moglie che aveva pedinato: una visione tutta piume e tulle nero, che, detta cosƬ, sembrava una cosa orribile, ma su quella pelle accecante aveva il suo perchĆ©. Dunque, quello scampanellio indisponente aveva infranto la visione onirica dellāinvestigatore e lo aveva rimesso in piedi con tutta lāintenzione di stendere il disturbatore, usando gli improperi più adatti. Quando aprƬ la porta, però, MK fu costretto a cambiare i suoi propositi. Quella che gli si parò davanti fu una microscopica visione in nero, incorniciata da riccioli castani, che stringeva tra le mani un orso rosso di pezza con delle grandi X al posto degli occhi.
Ā«Buongiorno, lei deve essere MK, lāinvestigatore. La immaginavo più sveglio, ma poco importa, a me basta che risolva il mio caso. Mi invita a entrare o vuole che ascoltino tutti?Ā»
La bambina, tutta riccioli e merletti neri, sembrava proprio saperla lunga, MK rimase spiazzato da quella strana presenza, ma la lasciò entrare. Lei si guardò intorno, sembrava indagare lāindagabile quasi come se cercasse la conferma di essere nel posto giusto, scostò i riccioli dalla fronte, cercò una sedia, si sedette e, non lasciando mai il suo orsacchiotto, iniziò a parlare.
Ā«Lui ĆØ Orsorosso. Io ho un nome che non voglio dirle. Ho subito un furto, anzi, Orsorosso lo ha subito. Qualcuno ha portato via i suoi occhi e se nāĆØ appropriato. Ć accaduto mercoledƬ, tre giorni fa, alle quindici in punto.Ā»
«Ha qualche sospetto?»
«No. Una certezza.»
«Quale?»
Ā«Lāautore del furto ĆØ un fantasma.Ā»
«E come lo sa?»
Ā«PerchĆ© da quel giorno, il fantasma compare, alle quindici in punto, in cucina con gli occhi di Orsorosso. Sono lāunica cosa visibile di lui.Ā»
«Lei ha già risolto il caso, cosa può fare la MKO per lei?»
«Restituire gli occhi a Orsorosso, sono suoi, non del fantasma delle quindici. Capisce?»
Ā«Non ci siamo mai occupati di cose simili, solitamente scopriamo cose, come direā¦Ā»
«Inutili, sciocche, insignificanti⦠lo dica!»
Ā«Veramenteā¦Ā»
Ā«Io le sto dando lāopportunitĆ di risolvere un caso che eleverebbe anche la reputazione dellāagenzia. Sono disposta a pagarla bene, non si preoccupi. Dispongo di un grande tesoro, potrei dividerlo con lei se riuscisse a restituire gli occhi a Orsorosso.Ā»
«Va bene, ne parlerò con il mio aiutante e le faremo sapere.»
«à un piccolo anticipo, il resto a lavoro concluso.»
La bambina in nero andò via chiudendo silenziosamente la porta dietro di sĆ© e lasciando tra le mani di MK un foglio di pasta di zucchero del colore dellāoro su cui era impresso lāindirizzo della sua abitazione. Lāinvestigatore guardò a lungo quel foglio dorato ripensando alle parole e alla decisione della bambina. Sorrise allāidea che quel foglietto appiccicoso fosse per lei lāanticipo di un tesoro, stava per buttarlo via, quando decise di copiare le informazioni sullāagenda e riporlo nel cassetto della credenza accanto allāaccendino, non gli sembrava carino disdegnare un tesoro donato con tanta autorevolezza. Chiamò O, gli espose il caso e alla domanda:
«Vedi qualcosa per cui non dovremmo accettare?»
O rispose con uno dei suoi più convinti:
«Nulla.»
Il caso era stato ufficialmente preso in carico dalla MKO.
MK e O si erano recati allāindirizzo indicato sul foglio di pasta di zucchero dorato. Una volta scesi dallāauto avevano trovato ad attenderli una casa dallāaspetto sinistro, come se quellāedificio occupasse il luogo sbagliato in un tempo ancora più sbagliato. Varcarono con poca convinzione il cancello. Arrivati al grande portone di legno scuro, MK impugnò la pesante maniglia di ghisa e la battĆ© per tre volte. Al terzo colpo, il portone si aprƬ. Non cāera nessuno ad attenderli, cosƬ sembrava, quando dal fondo della stanza comparve la bambina in nero, insieme a Orsorosso, sempre tra le sue mani.
«Benvenuti. Prego, entrate.»
«Salve a lei e Orsorosso.»
La bambina non rispose, si limitò a guardarli e a dire:
«Seguitemi.»
Si avviò verso il fondo scuro della stanza dāingresso. I due investigatori la seguirono in fretta, quasi con il timore che potesse scomparire da un momento allāaltro. In una casa come quella non sembrava una cosa impossibile.
Furono condotti in cucina e invitati a sedere.
«Il furto degli occhi di Orsorosso è avvenuto qui. Stavamo facendo merenda, il tè era finito e mi sono alzata per prenderne altro dalla teiera. Al mio ritorno, Orsorosso era nelle condizioni in cui si trova adesso.»
«Vive sola in questa casa?»
«No, ci sono altre persone: una pittrice, un equilibrista e un violinista.»
Ā«Loro dovāerano al momento del furto?Ā»
«Rispettivamente: nella sua stanza, sul soffitto del soggiorno e sul tetto, suppongo.»
«Eh?!»
Ā«Sono tipi un poā eccentrici, glielāho detto che non avrebbe avuto a che fare con le sue solite storie inutili.Ā»
Ā«Che siano storie inutili... va beā⦠suppone o ĆØ sicura?Ā»
«Suppongo.»
«Indagheremo.»
«Vi pago per questo.»
«Veramente⦠sì, ha ragione.»
MK era un poā infastidito dallāaria saccente di quella bimbetta. Che ne sapeva lei dei casi che la MKO si trovava a dover risolvere? Una volta avevano anche rischiato grosso lui e O, stavano per essere scoperti proprio mentre scattavano foto alla nuova fiamma di un politico. SƬ, forse aveva ragione lei, ma quei casi inutili rendevano bene, qualcosa di più che la promessa di una bella torta di pasta di zucchero, nella migliore delle ipotesi. Bisognava interrogare quei tre strani personaggi, lāagenzia aveva preso in carico il caso e doveva risolverlo.
La prima a essere interrogata fu la pittrice. MK poteva sembrare un tipo rude, ma era insospettabilmente sensibile allāarte, in realtĆ più che allāarte era sensibile alla bellezza, femminile, nello specifico. Lāidea di conoscere la donna lo intrigava. La stanza della pittrice era al primo piano, ci volle poco a raggiungerla. Per questo interrogatorio MK aveva preferito essere solo, anche se aveva chiesto a O se per lui andasse bene.
«O, ti importa qualcosa se vado da solo?»
«Nulla.»
MK bussò una sola volta, la porta si aprƬ e dallāaltra parte apparve una donna bellissima, alta e snella con i capelli dāoro, la tavolozza su una mano e il pennello tra le dita dellāaltra.
«Salve, lei deve essere MK, il nuovo amico della bambina del piano di sotto.»
«Sì, a proposito, come si chiama quella bambina?»
«Non lo so. Lei e il suo orso non parlano con nessuno, è come se non esistessero.»
«E il suo nome qual è?»
«Sole, mi chiamo così. Sono una pittrice di autoritratti.»
«Io vedo solo girasoli.»
«à una metafora. Io sono Sole e, gira e rigira, dipingo sempre me. Non la trova unāidea originale?Ā»
«Oh, sì, quasi quanto quella del nome della mia agenzia.»
«Perché, la sua agenzia come si chiama?»
Ā«Lasciamo stare⦠dovāera, lei, mercoledƬ scorso, alle quindici?Ā»
«Qui, a dipingere, come sempre. Dove avrei dovuto essere?»
«Mi dica, questo colore dorato come riesce a ottenerlo?»
«Una particolare mistura di sfumature di giallo. Le interessa la pittura?»
«No, mi interessano i colori. Grazie per il tempo che mi ha dedicato.»
«Torni quando vuole, la prossima volta potremmo anche fare...