Sghembestorie
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Sghembestorie

About this book

Sghembestorie è una raccolta di racconti che in comune hanno il tratto surreale che li caratterizza, anche per questo sono introdotti dalla citazione di Magritte. Ho deciso di chiamarle Sghembestorie perché è come se ognuna di esse abitasse un piano tutto suo, apparentemente distante dalle altre eppure così vicino nella sua sospensione tra reale e irreale e nella capacità di coinvolgere la parte più profonda del lettore. Anche il carattere surreale delle singole storie, nonostante la sua impalpabilità incide sulla parte più vulnerabile di chi le incontra: i sentimenti, le paure, l'immaginazione lasciando, a fine lettura, la sensazione e la volontà che quelle parole non svaniscano con l'ultima riga d'inchiostro, ma permangano per poterle ritrovare sempre in un angolo di sé.Valentina Luberto

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Information

Il caso delle X di Orsorosso

8
MK si era svegliato presto quella mattina. Aveva fatto la barba con poca cura, tanto che la portiera, nel dargli la corrispondenza del giorno prima, l’aveva guardato come si guarda un sacco della differenziata dedicato alla plastica dal quale sbuca un’irriverente buccia di banana. La portiera alla differenziata ci teneva, MK un po’ meno, ma se l’era sentito appiccicato addosso quello sguardo di disapprovazione che s’era quasi sentito in colpa. Aveva portato la mano al mento e, pungendosi con qualche pelo di barba superstite, aveva pensato che forse avrebbe fatto meglio a separare la plastica dalle banane, la prossima volta.
Il bar dove lo aspettava il suo aiutante era a pochi passi. O era sempre puntuale, MK sospettava non avesse altro da fare nella giornata che recarsi puntuale ai loro appuntamenti al bar Casablanca.
«Ciao, O! Abbiamo novità sul caso?»
«Nulla.»
Ā«Prevedi qualcosa di nuovo all’orizzonte?Ā»
«Nulla.»
MK aveva incontrato O durante un appostamento, stava pedinando una certa Lucia che aveva un letto che era come l’incrocio più intasato della cittĆ . Il marito sospettava che lo tradisse, a MK bastò dare un’occhiata alla foto della bella Lucia per capire che quel sospetto fosse una certezza, ma il signore era ricco, la signora un buon modo per pensare a vacanze estive in grande, accettare l’incarico una conseguenza necessaria. Il caso era stato risolto in poche ore, mancavano le prove fotografiche che richiedevano qualche sbirciata in più. Una sera, MK era riuscito a piazzarsi nel posto giusto al momento giusto, ma, al click della fotocamera, aveva notato di non essere solo, qualcuno lo aveva osservato nella penombra.
«Chi sei? Cosa vuoi?»
«Nulla.»
«Vuoi soldi per tacere?»
«Nulla.»
Ā«Bene, se mai dovessero chiederti cos’hai visto, dovrai rispondere…»
«Nulla.»
«Bravo!»
Quel tipo strano, vestito di scuro, per la veritĆ  anche un po’ inquietante, a MK era piaciuto, soprattutto per la sua discrezione. Si era informato, lo aveva cercato e trovato. Da quel momento, O era diventato il suo fido aiutante: discreto, efficiente e di poche parole, non diceva quasi… nulla, per l’appunto.
Da quando c’era O l’agenzia investigativa sembrava aver trovato un senso, MK aveva anche creato uno slogan che gli sembrava una genialata pazzesca: ā€œMKO: chiamaci e metteremo i tuoi M(isteri) KOā€. Era felice con poco.
Il caso di cui dovevano discutere al bar Casablanca non riguardava i soliti mariti o mogli fedifraghi, neppure il fritto e rifritto caso del furfante di bottega, questa volta c’era di mezzo qualcosa che richiedeva: calma, coraggio e sangue freddo.
Il committente era arrivato una mattina e aveva bussato con decisione alla porta di MK. Lui stava ancora sognando l’ultima avvenente moglie che aveva pedinato: una visione tutta piume e tulle nero, che, detta cosƬ, sembrava una cosa orribile, ma su quella pelle accecante aveva il suo perchĆ©. Dunque, quello scampanellio indisponente aveva infranto la visione onirica dell’investigatore e lo aveva rimesso in piedi con tutta l’intenzione di stendere il disturbatore, usando gli improperi più adatti. Quando aprƬ la porta, però, MK fu costretto a cambiare i suoi propositi. Quella che gli si parò davanti fu una microscopica visione in nero, incorniciata da riccioli castani, che stringeva tra le mani un orso rosso di pezza con delle grandi X al posto degli occhi.
Ā«Buongiorno, lei deve essere MK, l’investigatore. La immaginavo più sveglio, ma poco importa, a me basta che risolva il mio caso. Mi invita a entrare o vuole che ascoltino tutti?Ā»
La bambina, tutta riccioli e merletti neri, sembrava proprio saperla lunga, MK rimase spiazzato da quella strana presenza, ma la lasciò entrare. Lei si guardò intorno, sembrava indagare l’indagabile quasi come se cercasse la conferma di essere nel posto giusto, scostò i riccioli dalla fronte, cercò una sedia, si sedette e, non lasciando mai il suo orsacchiotto, iniziò a parlare.
Ā«Lui ĆØ Orsorosso. Io ho un nome che non voglio dirle. Ho subito un furto, anzi, Orsorosso lo ha subito. Qualcuno ha portato via i suoi occhi e se n’è appropriato. ƈ accaduto mercoledƬ, tre giorni fa, alle quindici in punto.Ā»
«Ha qualche sospetto?»
«No. Una certezza.»
«Quale?»
Ā«L’autore del furto ĆØ un fantasma.Ā»
«E come lo sa?»
Ā«PerchĆ© da quel giorno, il fantasma compare, alle quindici in punto, in cucina con gli occhi di Orsorosso. Sono l’unica cosa visibile di lui.Ā»
«Lei ha già risolto il caso, cosa può fare la MKO per lei?»
«Restituire gli occhi a Orsorosso, sono suoi, non del fantasma delle quindici. Capisce?»
Ā«Non ci siamo mai occupati di cose simili, solitamente scopriamo cose, come dire…»
Ā«Inutili, sciocche, insignificanti… lo dica!Ā»
Ā«Veramente…»
Ā«Io le sto dando l’opportunitĆ  di risolvere un caso che eleverebbe anche la reputazione dell’agenzia. Sono disposta a pagarla bene, non si preoccupi. Dispongo di un grande tesoro, potrei dividerlo con lei se riuscisse a restituire gli occhi a Orsorosso.Ā»
«Va bene, ne parlerò con il mio aiutante e le faremo sapere.»
«È un piccolo anticipo, il resto a lavoro concluso.»
La bambina in nero andò via chiudendo silenziosamente la porta dietro di sĆ© e lasciando tra le mani di MK un foglio di pasta di zucchero del colore dell’oro su cui era impresso l’indirizzo della sua abitazione. L’investigatore guardò a lungo quel foglio dorato ripensando alle parole e alla decisione della bambina. Sorrise all’idea che quel foglietto appiccicoso fosse per lei l’anticipo di un tesoro, stava per buttarlo via, quando decise di copiare le informazioni sull’agenda e riporlo nel cassetto della credenza accanto all’accendino, non gli sembrava carino disdegnare un tesoro donato con tanta autorevolezza. Chiamò O, gli espose il caso e alla domanda:
«Vedi qualcosa per cui non dovremmo accettare?»
O rispose con uno dei suoi più convinti:
«Nulla.»
Il caso era stato ufficialmente preso in carico dalla MKO.
MK e O si erano recati all’indirizzo indicato sul foglio di pasta di zucchero dorato. Una volta scesi dall’auto avevano trovato ad attenderli una casa dall’aspetto sinistro, come se quell’edificio occupasse il luogo sbagliato in un tempo ancora più sbagliato. Varcarono con poca convinzione il cancello. Arrivati al grande portone di legno scuro, MK impugnò la pesante maniglia di ghisa e la battĆ© per tre volte. Al terzo colpo, il portone si aprƬ. Non c’era nessuno ad attenderli, cosƬ sembrava, quando dal fondo della stanza comparve la bambina in nero, insieme a Orsorosso, sempre tra le sue mani.
«Benvenuti. Prego, entrate.»
«Salve a lei e Orsorosso.»
La bambina non rispose, si limitò a guardarli e a dire:
«Seguitemi.»
Si avviò verso il fondo scuro della stanza d’ingresso. I due investigatori la seguirono in fretta, quasi con il timore che potesse scomparire da un momento all’altro. In una casa come quella non sembrava una cosa impossibile.
Furono condotti in cucina e invitati a sedere.
«Il furto degli occhi di Orsorosso è avvenuto qui. Stavamo facendo merenda, il tè era finito e mi sono alzata per prenderne altro dalla teiera. Al mio ritorno, Orsorosso era nelle condizioni in cui si trova adesso.»
«Vive sola in questa casa?»
«No, ci sono altre persone: una pittrice, un equilibrista e un violinista.»
Ā«Loro dov’erano al momento del furto?Ā»
«Rispettivamente: nella sua stanza, sul soffitto del soggiorno e sul tetto, suppongo.»
«Eh?!»
Ā«Sono tipi un po’ eccentrici, gliel’ho detto che non avrebbe avuto a che fare con le sue solite storie inutili.Ā»
Ā«Che siano storie inutili... va be’… suppone o ĆØ sicura?Ā»
«Suppongo.»
«Indagheremo.»
«Vi pago per questo.»
Ā«Veramente… sƬ, ha ragione.Ā»
MK era un po’ infastidito dall’aria saccente di quella bimbetta. Che ne sapeva lei dei casi che la MKO si trovava a dover risolvere? Una volta avevano anche rischiato grosso lui e O, stavano per essere scoperti proprio mentre scattavano foto alla nuova fiamma di un politico. SƬ, forse aveva ragione lei, ma quei casi inutili rendevano bene, qualcosa di più che la promessa di una bella torta di pasta di zucchero, nella migliore delle ipotesi. Bisognava interrogare quei tre strani personaggi, l’agenzia aveva preso in carico il caso e doveva risolverlo.
La prima a essere interrogata fu la pittrice. MK poteva sembrare un tipo rude, ma era insospettabilmente sensibile all’arte, in realtĆ  più che all’arte era sensibile alla bellezza, femminile, nello specifico. L’idea di conoscere la donna lo intrigava. La stanza della pittrice era al primo piano, ci volle poco a raggiungerla. Per questo interrogatorio MK aveva preferito essere solo, anche se aveva chiesto a O se per lui andasse bene.
«O, ti importa qualcosa se vado da solo?»
«Nulla.»
MK bussò una sola volta, la porta si aprƬ e dall’altra parte apparve una donna bellissima, alta e snella con i capelli d’oro, la tavolozza su una mano e il pennello tra le dita dell’altra.
«Salve, lei deve essere MK, il nuovo amico della bambina del piano di sotto.»
«Sì, a proposito, come si chiama quella bambina?»
«Non lo so. Lei e il suo orso non parlano con nessuno, è come se non esistessero.»
«E il suo nome qual è?»
«Sole, mi chiamo così. Sono una pittrice di autoritratti.»
«Io vedo solo girasoli.»
«È una metafora. Io sono Sole e, gira e rigira, dipingo sempre me. Non la trova un’idea originale?Ā»
«Oh, sì, quasi quanto quella del nome della mia agenzia.»
«Perché, la sua agenzia come si chiama?»
Ā«Lasciamo stare… dov’era, lei, mercoledƬ scorso, alle quindici?Ā»
«Qui, a dipingere, come sempre. Dove avrei dovuto essere?»
«Mi dica, questo colore dorato come riesce a ottenerlo?»
«Una particolare mistura di sfumature di giallo. Le interessa la pittura?»
«No, mi interessano i colori. Grazie per il tempo che mi ha dedicato.»
«Torni quando vuole, la prossima volta potremmo anche fare...

Table of contents

  1. Una storia o su di lƬ
  2. Piera e i suoi lacrimosi moti
  3. In una notte come tante e nessuna
  4. Per quello che sono
  5. Quando il tempo farĆ  un salto, non prima, non poi
  6. Un insolito souvenir
  7. L’esperto che sapeva cucinare le cialde, forse
  8. Il caso delle X di Orsorosso
  9. Quel martedƬ a cui mancava un venerdƬ
  10. Dovesiamqua
  11. Cuori inzuppati di pioggia e petali di piuma
  12. UplalƬ, uplalƠ
  13. Stagione che vai, chiacchierone che trovi
  14. Nessuno basta a sƩ stesso