La partenza
L’alba sorse a oriente trovando i due amanti ancora assopiti l’uno contro l’altro.
“Buongiorno” disse Luca guardando Angelo aprire gli occhi a causa della luce.
“Buongiorno a te” rispose Angelo allungandosi verso di lui per dargli un bacio veloce di buongiorno.
“Che si fa stamattina?” chiese Luca
“Non lo so, e per ora, sto troppo bene per pensarci”
“Rimandiamo la decisione?”
“Direi di sì”, e così dicendo tornarono ad abbracciarsi e chiusero ancora gli occhi per strappare al giorno ancora qualche attimo di riposo.
Decisero di alzarsi che era ormai mattino inoltrato. Scesero al piano di sotto insieme, e mentre Angelo si adoperava per preparare il caffè, Luca posizionava sul tavolo tazzine e piattini. Quella scena era tanto simile a quella che Luca aveva visto nella cucina della signora Sabina da metterlo di buonumore.
«Anche noi siamo una famiglia?» pensò.
Il caffè gorgogliò allegro nella moca spargendo il suo profumo in tutta la sala. Lo bevvero e poi tornarono su al piano di sopra per lavarsi e prepararsi.
Uscirono di casa con il sole già alto nel cielo, e decisero di dedicare il resto della giornata per iniziare a salutare i loro amici e spiegare loro cosa avessero deciso di fare.
Il primo a sapere del progetto fu Onorato, il quale dapprima disse che era una follia, ma poco a poco, ascoltando quello che i ragazzi avevano da dirgli, iniziò a credere anche lui che forse, questo viaggio avrebbe potuto cambiare le sorti del paradiso.
“Allora vengo con voi!” disse Onorato ad un tratto, “Non posso mandarvi da soli!”
“Signor Onorato, lei ha la pasticceria da mandare avanti, non può venire con noi!” obiettò Angelo.
“Lei deve restare qui per tenere vivi i ricordi dei suoi clienti, non può permettersi di lasciare che gli sforzi fatti dopo la festa si convertano in un nulla di fatto!”
Onorato provò ad obiettare, ma si rese conto che i due ragazzi avevano ragione, il suo compito era restare nella sua pasticceria, mentre quella missione avrebbe avuto altri partecipanti.
“Allora vi preparerò qualcosa da mangiare lungo il viaggio!”
“Questa sarebbe una cosa meravigliosa!” disse Luca, “Grazie per il suo aiuto!”
Si congedarono da Onorato che ormai era pomeriggio e non prima che il vecchio pasticcere avesse offerto loro la consueta fetta di torta. Usciti dalla pasticceria si diressero verso l’Ufficio di Collocamento, ma lo trovarono già chiuso. Bussarono alla porta per vedere se le tre impiegate fossero ancora dentro, ma nessuno rispose, quindi decisero di passare da Patrizio per salutare l’oste e il suo garzone.
Quando entrarono nella taverna furono accolti da un allegro vociare. Il locale di Patrizio ormai si era ripopolato dopo la festa, molti ragazzi avevano preso l’abitudine di fermarvisi a parlare dopo essere stati al collocamento da Sconsolata, mentre anche i più anziani, o chi aveva perso il lavoro, facevano tappa alla locanda per un boccale di buona birra fresca prima di rincasare. A servire al bancone trovarono Giacomo, che li accolse con un cenno della mano e li invitò a sedersi al bancone.
“Quando a polli e quando a grilli!” esclamò quando i due si furono accomodati.
“È vero, ma siamo passati a salutare te e Patrizio perché avremmo deciso di partire” disse Angelo cercando di misurare le parole. Conosceva Giacomo, e sapeva che non sarebbe stato d’accordo alla partenza.
“E dove ve ne volete andare bei piccioncini? Sento profumo di Orsomarso o sbaglio?”
“Sbagli” disse Luca bloccando il tono cantilenante di Giacomo, “partiamo per cercare qualcuno che possa risolvere la situazione del paradiso!”
Giacomo divenne cereo. Luca era stato brusco, e Angelo lo sapeva.
“Ah, quindi, partite per destinazione ignota…” il tono del garzone era scostante. Si voltò con la scusa di andare a servire un boccale di birra a un cliente e li piantò lì, con un “buon viaggio” lanciato contro di loro come un guanto bianco sul volto dello sfidato.
“Torneremo Giacomo, te lo prometto!” disse Angelo andandogli vicino, ma ormai il giovane aiutante di Patrizio non voleva più ascoltarli. Lo pregarono di salutare loro anche Patrizio, ma dato che Giacomo non batté ciglio, non seppero dire se l’avrebbe fatto o meno.
Lasciarono la taverna che era sera ormai, ma prima di rincasare vollero andare un po’ alla Terrazza del Belvedere a rilassarsi.
“Questo sarà il posto che più mi mancherà in assoluto” disse Luca.
“Anche per me sarà così” concordò Angelo.
La serata era piacevole, dalla terra spirava un vento tiepido che carezzava i corpi dei due ragazzi distesi sul prato.
“E se non dovessimo riuscire a tornare?” chiese Angelo a un tratto.
“Ci riusciremo” rispose Luca semplicemente, stringendolo ancora più forte a sé.
«Ma se non dovessimo farcela?» pensò allora Angelo. Non avrebbero più rivisto la loro famiglia, i loro amici, i posti che amavano, che li avevano visti conoscersi e innamorarsi giorno dopo giorno. Non avrebbero visto più la terra da quel terrazzo, né le mura candide dell’Orsomarso, non avrebbero avuto più né una terra, né una famiglia. Erano davvero disposti a sacrificare tutto questo per una ricerca tanto nobile?
Mentre Angelo pensava a tutte queste cose, Luca lo baciò sulla guancia e gli carezzò il volto. «Da soli no, ma forse, insieme…» pensò Angelo rincuorato da quelle mani che lo facevano sentire al sicuro e felice.
Tornarono a casa di Angelo quando ormai la luna aveva stabilito il suo seggio nel regno sconfinato della notte, e nella luce argentea che invadeva la loro camera caddero in un sonno beato.
L’indomani si alzarono di buon’ora diretti all’Ufficio di Collocamento. Lungo il tragitto, Angelo pregò Luca di entrare un momento nella grande libreria Evangelion.
All’interno vennero accecati dagli scintillanti scaffali ripieni di novità che sembravano voler richiamare con le loro copertine dai colori e modelli più estrosi lo sguardo di lettori troppo pigri per andare oltre la bellezza di quelle facciate di carta.
La libreria era vuota. In quel periodo di miseria la gente preferiva spendere i suoi soldi in cibo piuttosto che in libri, e per questo l’unico impiegato sopravvissuto alla falce dei licenziamenti sedeva triste e sconsolato alla cassa.
“Buongiorno signori, posso aiutarvi?” chiese vedendoli entrare.
Angelo lo guardò bene. Era anziano, sebbene nell’apparenza non dimostrasse molto più di Luca, probabilmente quel commesso era vecchio quanto la casa editrice stessa.
“Si, grazie, cerchiamo delle piantine di Paradisia, ne avete?” domandò Angelo.
“Deve esserci rimasto qualcosa, ma non so quanto siano aggiornate, andate in fondo al negozio e cercate tra le rimanenze” borbottò l’uomo deluso per l’impossibilità di vendere ai due ragazzi un libro più costoso.
Angelo afferrò la mano di Luca che nel frattempo si era messo ad osservare gli scaffali e lo trascinò con sé. Dalle copertine rigide degli arroganti volumi che riposavano sugli scaffali, i volti di santi e sante della chiesa cattolica fissavano i due giovani amanti con aria sdegnosa.
“Non volevi vedere i libri?” chiese Luca ad Angelo mentre continuava ad essere trascinato via.
“Ho letto per tutta la vita, e sono sicuro che il peggiore dei libri che ho letto lì giù sia meglio del miglior capolavoro che cerchino di vendermi qui!”
“Ma allora perché siamo entrati?”
“Ma non mi hai sentito prima?” rispose Angelo, “voglio vedere se hanno una mappa, e in tal caso, controllare quanto sia grande!”
Luca annuì, e smettendo di fare resistenza accelerò il passo seguendo Angelo verso il fondo del negozio. Superando improbabili nuovi vangeli e trattati di teologia rivisti e corretti, Angelo e Luca riuscirono a raggiungere il cantuccio poco illuminato e ancor meno spolverato ben noto ad Angelo.
“Aiutami a cercare una mappa, il commesso ha detto che potrebbe essercene rimasta qualcuna qui” disse Angelo a Luca.
“D’accordo” rispose l’altro gettandosi subito sul primo scaffale.
Angelo consultava libro dopo libro, opuscolo dopo opuscolo, con la rapidità e maestria che gli derivavano dalla grande confidenza che in vita aveva avuto con i libri. Luca sfogliava i libri più lentamente, ma con uguale diligenza. Ben presto le mani di entrambi furono coperte di polvere, ma nessuno dei due aveva trovato la mappa che cercavano.
“Secondo me il commesso si è sbagliato” disse Luca dando voce ai dubbi che avevano iniziato a riempire la testa di Angelo.
“Anche secondo me” confermò Angelo, “andiamocene, altrimenti facciamo tardi anche oggi al Collocamento.”
“Hai ragione, andiamo!”
E detto questo si diressero entrambi verso l’uscita. Avevano quasi messo piede fuori dal negozio che il vecchio commesso li richiamò per chiedere loro come fosse andata la ricerca. Si dispiacque nel sentire che non avevano trovato ciò che cercavano e si profuse in scuse prolisse e non necessarie. Quando finalmente i due ragazzi riuscirono a congedarsi dall’anziano venditore a forza di colpi di cortesia, le strade di Paradisia si erano convertite nel consueto deserto che segnalava la vicinanza del mezzogiorno.
“Meglio che ci diamo una mossa!” esclamò Luca.
“Direi che hai ragione” rispose Angelo, e presa la mano di Luca nella sua, si diressero a passo svelto verso l’Ufficio di Collocamento.
Lungo la strada non incontrarono nessuno, il sole ardente del paradiso aveva fatto rifuggire tutti come d’abitudine. Avrebbero potuto godersi di più quella passeggiata, ma l’incombenza da sbrigare non gli permetteva di apprezzare quella mattinata pacifica.
Giunsero all’Ufficio di Collocamento quando ormai il tabellone segna-numeri stava chiamando, con i suoi luminosi ammiccamenti, l’ultima persona nella sala.
Entrando, Angelo si rese conto di quanto si fosse trasformata la sua vita. Prima, non avrebbe potuto neanche pensare ad una sua giornata senza una visita al Collocamento, mentre adesso era passato a salutare le impiegate per informarle che presto sarebbe partito per un viaggio con destinazione ignota. Si sentì quasi mancare, il cambiamento della sua vita, visto tanto palesemente, gli diede le vertigini, ma la mano di Luca si strinse attorno alla sua e lo sorresse.
“Tutto bene?” gli chiese vedendolo pallido.
“Pensavo a come fosse diversa la nostra vita oggi…” rispose Angelo.
“Io direi migliore, non semplicemente diversa” commentò Luca liberando la mano del ragazzo e passandogli il braccio attorno alle spalle per stringerlo a sé.
“Hai ragione!” rispose l’altro, “come sempre, hai ragione!”
Decisero di aspettare che l’ultimo cliente finisse la sua consultazione prima di entrare, così, sedettero a un tavolino e attesero. Ad un certo punto, Angelo rise.
“Che cosa c’è?” chiese Luca non riuscendo a capire cosa avesse potuto provocare quella reazione nel suo ragazzo.
“Hai visto dove ci siamo seduti?”
“Sì, ma, che ha questo tavolino di particolare?”
“Dai, non dirmi che non ti ricordi…”
Luca assunse un’aria pensierosa e cercò di andare indietro con la memoria, ma i giorni a lungo andare iniziavano a perdersi, e non servì a nulla sforzarsi.
“Non mi ricordo…che è successo qui?”
“Qui ti ho visto per la prima volta” rispose Angelo, “quel giorno ero arrivato tardi, e per la prima volta ti ho visto, eri proprio seduto su quella sedia, ma non mi hai degnato di uno sguardo”
Un lampo negli occhi di Luca fece capire ad Angelo che il ricordo gli era appena tornato in mente.
“È vero…” mormorò Luca, “quel giorno, dopo mesi di tira e molla, avevo appena perso il lavoro, ed ero venuto a parlare con Addolorata.”
“Davvero?” chiese Angelo stupendosi ancora di quante cose non conoscesse di quel ragazzo senza il quale, ora, non riusciva ad immaginare la sua vita.
“Si, lavoravo per una fabbrica di tonici, quella di Acario di Noione, non so se hai mai visto i suoi prodotti…” disse Luca.
“Solo in pubblicità, fortunatamente non facevo i capricci!” rispose Angelo ridendo.
“Beh, il tonico ormai non vendeva più, quindi Acario mi ha dovuto licenziare, e quel giorno ero venuto qui per vedere se fosse possibile trovare un’altra occupazione, ma Addolorata mi disse che non avevo molte speranze in quanto poche persone al momento assumevano, e quindi, decisi di andare alla Terrazza del Belvedere per rilassarmi un po’…e li hai dato un senso alla mia giornata!”
Quando Luca finì di raccontare, i due ragazzi videro l’ultima anima uscire dalla porta degli studi seguito da Sconsolata.
“Signora Sconsolata, buongiorno!” la chiamò Angelo vedendola comparire in un abito a fiori che le arrivava al ginocchio.
“Angelo, Luca, ma che piacere vedervi, accomodatevi da Assunta che io chiudo la porta e vi vengo subito a raggiungere!” disse la donna.
I due seguirono il suggerimento della donna e si incamminarono nella stanza di Assunta. Quando furono nel disimpegno bussarono anche alla porta di Addolorata, che, felice di vederli, abbandonò sulla scrivania la pratica alla quale stava lavorando e si diresse con loro, nell’ufficio della collega.
Una volta che furono tutti riuniti e svolti i saluti e i complimenti di rito, Angelo e Luca spiegarono loro il perché della loro visita, affrontando dapprima il consueto sgomento, e poi, rispondendo alle preoccupazioni delle donne cercando, nei limiti d...