Incanto
Cetta si alza dal letto e si guarda allo specchio, nel buio della stanza. Ha gli occhi grandi e la pelle chiara. Il suo riflesso ĆØ incompleto, lāoscuritĆ le mangia i fianchi, i polpacci, il mento. Prende da terra un vestito, quello che aveva addosso prima del riposo, si infila dentro. Si sente stanca per il lavoro del mattino, ma ha ancora in bocca il sapore amaro delle olive che ha rubato dal cesto durante la pausa. Prima non le piaceva, lāamaro, preferiva il dolce, come le caramelle che le lasciava il padre nel piatto, a sorpresa, prima del pranzo. Lavora ormai da qualche settimana, dopo la fine della scuola. Le donne più grandi ogni mattina cercano di averla nel proprio gruppo: ĆØ la più piccola, ma ĆØ molto veloce. Lei ĆØ contenta di stare con Nora, le piace più delle altre perchĆ© ha sempre i capelli ordinati e un vestito diverso ogni giorno, come se dovesse andare a una festa. Col tempo, hanno iniziato a parlare, tra una cesta e lāaltra. Le ha chiesto consigli su come truccarsi, su come imparare a ballare. Nora ogni mattina le porta qualcosa, un frutto, un piccolo anello, un foulard. Glielo infila nella borsa senza che gli altri la vedano. Cetta ha iniziato a raccontarle i suoi sogni, ciò che ha studiato a scuola durante lāanno, le sere che passa con le sue amiche ad ascoltare la musica dalle cassette infilate nella vecchia macchina di papĆ . CosƬ il lavoro le sembra meno pesante e il tempo passa in fretta. Stamattina le ha raccontato che si ĆØ innamorata di un ragazzo. Si chiama Antonio. Nora lāha presa per mano e le ha detto di tacere, di non farsi sentire da nessuno.
ā Lo hai baciato? ā le ha chiesto.
Cetta le ha detto di no. Che neanche ci pensava ad avvicinarsi così tanto. Già da lontano il cuore le batte forte e il respiro si smorza, non vuole immaginare cosa succederebbe ad avere Antonio a un passo dalla sua bocca.
ā Gli uomini sono cattivi, sono come lāinverno: deludono, feriscono, prendono tutto e vanno via. ā ha concluso Nora. Non ha detto più nulla per tutte le ore successive. A Cetta quelle parole hanno fatto uno strano effetto, non sa se crederle o no.
Davvero gli uomini sono così? Quanto conosce Antonio? Può fidarsi?
In punta di piedi esce nello stanzone, il soggiorno della sua casa, mentre la madre riposa con un braccio ciondolante, su un divanetto stretto vicino alla parete. Si avvicina per guardarla. Ha gli occhi semichiusi e la bocca serrata. Dal naso, si sente il respiro affannato dal sonno. I capelli sono disordinati e grigi, la testa adagiata, come senza vita, sul cuscino. Le sembra un animale morente, in fin di vita, dopo una lotta. Le sistema una coperta sulle gambe nude.
Esce.
Nuvole nere, pesanti, feconde dāacqua, sulla sua testa.
Emma e Grazia sono lƬ fuori che lāaspettano.
ā Hai fatto tardi! ā le dicono.
Lei si scusa chinando il capo.
ā Mi sono addormentata.
ā Andiamo, magari facciamo ancora in tempo.
Tonio guarda lāorologio. Ć arrivato in anticipo, cosƬ da pregustarsi lāattesa. Per ingannare il tempo ha fatto un giro lƬ intorno e quello che ha visto lo ha inquietato. In mezzo al grano cāĆØ una grande croce, fatta da spighe spezzate, coricate a terra: il campo ĆØ diviso in quattro, due parti più grandi e due più piccole. Al centro della croce un groviglio di serpenti, piccoli e grandi, intrecciati tra loro, teste che mordono teste, denti aguzzi, squame. Cerca di togliersi lāimmagine dai pensieri, come la terra dalle tasche. Non vuole pensarci. Vuole farsi trovare pulito, dalla testa ai piedi. Da lontano coglie le figura di tre ragazze, stanno arrivando lƬ, oltre il paese, nelle prime campagne. Sotto gli ulivi si sente a suo agio. Fa un cenno con la mano e si morde il labbro, si aggiusta i capelli e stira i pantaloni con le mani. Guarda il suo riflesso specchiato in una pozza di acqua piovana raccoltasi lungo le radici di un albero. Quello che vede ĆØ un volto mescolato, un occhio di lato, uno di fronte, il naso aquilino e la bocca spezzata. Si accontenta di quel se stesso a pezzi e torna in piedi, quando ormai Cetta ĆØ di fronte a lui.
ā Cetta.
ā Tonio.
Si dicono i propri nomi per riconoscersi, si chiamano come si fa con i libri, quando passi il dito tra le pagine per trovare il segno dellāultima lettura e ne ripeti lāultima frase. Antonio fruga con le dita tra i capelli di Cetta per ritrovare il capo del loro ultimo incontro, un filo del gomitolo a cui aggrapparsi. Intanto Emma e Grazia si sono spostate e di spalle contano le case bianche contro il cielo.
ā Sei in ritardo!
ā E tu non lo sai che le femmine si devono aspettare?
Antonio fa cenno di sƬ e si pente di avere le mani tra i suoi capelli. Guarda in alto e sente che il cielo scuro potrebbe cadergli addosso da un momento allāaltro.
ā Forse piove ancora.
ā Aspetta. Almeno un altro poā. Per favore.
Cetta tira fuori dal vestito un pezzo di carta, lo consegna a Tonio.
ā CosāĆØ?
ā Una cosa che ho scritto io per te.
ā Una lettera?
ā Quasi. Una poesia.
ā E cosāĆØ?
Cetta si trova in difficoltà a dover descrivere cosa sia. A scuola ha imparato a descrivere, a riassumere le poesie, ma non ne possiede la definizione. La poesia non è solo un insieme di frasi. à come una mandorla sbucciata e tenuta in bocca per un poco, prima di essere mandata giù. Sa che con queste parole Tonio potrebbe capirla, ma preferisce rimanere in silenzio perché ha vergogna dei suoi pensieri.
ā Scoprilo tu.
Tonio apre il foglio e prova a guardarci dentro. Cetta non lo sa che non sa leggere e cosƬ lui finge di scorrere lo sguardo tra quei segni dāinchiostro. Spera di non metterci troppo o troppo poco.
ā ComāĆØ bello. ā dice alla fine.
ā Davvero? Ma hai letto tutto?
ā SƬ.
QQQQQE quando il cielo si apre, non in due ma in milioni di pezzi, la poesia si spande sul foglio insieme allāinchiostro, cola verso i bordi e si tuffa giù, nella terra e vicino ai loro piedi, mentre Grazia ed Emma trascinano Cetta con loro, tirandola per le braccia. Saluta Tonio con una mano, con una certa malinconia nello sguardo. Lui vorrebbe correre da qualche amico, adesso mentre piove, per farsi leggere quelle righe, ma si accorge che non può: le parole sono scivolate via dalla pagine e come acqua sporca adesso si mescolano nel riflesso annacquato di lui, tra le radici, perdute per sempre. Nella corsa verso il paese, in una stradina opposta a quella delle ragazze, non può accorgersi del sangue tra i serpenti nella croce di spighe che aveva scrutato poco fa, proprio la stessa croce che per uno strano rito aveva aperto il cielo affinchĆ© la pioggia cadesse giù, sulla terra e su loro due.
ā Che cosāhai in faccia?
ā Cosa?
ā Fammi vedere.
Sulle guance, di poco sotto gli occhi, cāĆØ un grumo bianco latte, impercettibile allo sguardo casuale di chiunque, ma non a quello di una madre.
ā Ti fa male?
ā No.
ā Ti pizzica?
ā Adesso che lo hai toccato, un poco.
ā Lo faremo vedere a Ezia e Caterina.
Cetta si divincola dalla stretta delle sue mani, sedendosi per fare colazione.
Fuori, lāalba.
ā Ha smesso di piovere, finalmente ā dice, come didascalia della sua vitalitĆ ancora spenta alle sei del mattino.
ā Cetta, vieni qui. Caterina, lo vedi?
Come no? Guarda bene.
Ezia, non vedi nulla nemmeno tu?
Non è la luce, no, vieni più vicino, come fate a non vederlo?
Come si fa a non vederlo, Cateriā⦠quella macchia di latte, anche a me prima sembrava⦠ma poi⦠un poā le pizzica, sƬ, un poāā¦
Adesso ti pizzica ancora?
Di meno o di più?
Cetta ĆØ al centro della stanza, completamente nuda. Si copre con le mani, le tiene come coppe capovolte sui seni. Attorno a lei ruotano sua madre e le sue zie, a vederle dallāesterno sembrano tre sarte che stanno per vestire una principessa venuta da chissĆ dove. Dalla finestra entra un fascio di luce che bagna il pavimento, dove si rincorre la polvere.
ā Ć scarlattina, dici?
ā La scarlattina ha le macchie rosse, più piccole.
ā Allora ĆØ varicella.
ā GiĆ avuta.
ā Si può avere due volte, no?
ā Ć la sesta malattia.
ā Il fuoco di SantāAntonio.
Dāimprovviso, nelle narici di Cetta si fa forte lāodore delle mandorle. Sono sparse per terra, dentro casa. Ripensa alle sere dāestate passate a scorticarle, separando le bucce dalle noci, riempiendo i barattoli di vetro e poi chiuderli con forza per lāinverno. Adesso ha la stessa sensazione di quelle volte, da piccola, quando infilava la mano in un vasetto per rubare le mandorle e poi non riusciva a estrarla fin quando non lasciava cadere il bottino sul fondo, dopo essere stata scoperta da sua madre. Si sente come quella mano, intrappolata. Come dentro una poesia, a cui ieri sera aveva associato lo stesso odore, quando Tonio gli aveva fatto quella domanda. Osserva le zie e la madre, non sente più le loro parole, come se affogassero nellāaria. Questa sensazione che sembra versarsi dentro di lei poco a poco, invece di sconvolgerla, la calma.
ā Le macchie hanno una forma strana.
ā Che forma?
ā Sembrano occhi. Guarda meglio.
ā Cetta⦠ti pizzicano ancora?
ā Cetta?
Le parole di sua madre rimangono di poco oltre alle sue orecchie, non passano. La vede boccheggiare, come un pesce. Cetta sorride, senza dire nulla. Le sembra di essere dentro una teca segreta, gigantesca, al centro della stanza. Non può fare a meno di notare come le tre donne si somiglino non solo nei visi, ma anche nei gesti, nelle smorfie del viso e si chiede se anche lei abbia la stessa faccia quando si stupisce, se invecchierĆ in quel mondo, se il viso le si riempirĆ di rughe e i suoi occhi diventeranno cosƬ piccoli. Le mani della madre fanno grandi cerchi nellāaria, e lei, oltre lāacquario in cui si ĆØ chiusa, riesce a vedere ogni momento del gesto trascinato nellāaria della stanza. Si sente lontana, lontanissima, tuffata in un silenzio irraccontabile, fin quando, in un secondo imprecisato, esce da quel vuoto acquoso appena in tempo per sentire:
ā Ho capito cosāĆØ ā dice Ezia ā ĆØ lāincanto.
Le zie rivestono Cetta come si fa con le bambole, sollevandole le braccia e piegandole le gambe.
ā Non ti muovere.
ā Chi pensi sia stato?
ā Non lo soā¦
La madre si accascia su una sedia, spenta di vita. Le zie si avvicinano e cominciano a riempirla di domande.
ā Hai visto qualcuno in questi giorni?
ā Con chi hai parlato?
ā Con Grazia ed Emma.
ā Cetta, la veritĆ ci devi dire. Hai parlato con qualche ragazzo?
ā PerchĆ©?
ā Quelli sono i primi a buttare lāocchio.
ā Non ho parlato con nessuno.
ā Lo spero per te.
Da quando ha iniziato a sentire di nuovo, Cetta avverte una sensazione nuova: la pelle le prude lievemente, come rivestita da lana grezza. Cerca di grattarsi la guancia, ma le zie tengono le sue braccia ferme per infilarle una camicia nera.
ā Va bene questa?
ā La mamma nostra faceva cosƬ.
Vorrebbe chiedere il perchĆ©, ma non osa. Ha paura di avere colpa di qualcosa che non sa di aver fatto, forse di unāazione quotidiana che ha incasellato per sbaglio e per cui adesso si ritrova cosƬ, vestita di nero in mezzo a una stanza buia. Ha paura per Tonio, ma sa che ha letto la poesia e avrĆ capito. Gli era sembrato risoluto, nel momento in cui aveva alzato gli occhi dal foglio. ChissĆ dovāĆØ adesso. Lo immagina chinato nei campi, come lo aveva visto molte volte, da lontano. Non può pensare a lui come un ragazzo cattivo, capace di quello che ancora stenta a credere che le stia accadendo.
Non può essere stato lui, con gli occhi buoni e le mani grandi, ad averle fatto lāincanto.
ā Cetta, non devi grattarti, hai capito?
ā Adesso rimani qui, e non uscire.
Seduta al centro del soggiorno, Cetta lotta cont...