Parte terza: vendetta
Capitolo 1
La Città era avvolta dalla fitta oscurità della notte. Nessuna stella tingeva il cielo con la propria luce. La nebbia si era diradata appena e ogni oggetto appariva leggermente sfocato, come se vagasse tra due mondi.
Tuttavia la Città non dormiva, non lo faceva mai. Le fabbriche erano in funzione, i treni viaggiavano senza sosta, i soldati andavano in guerra e molti meno ne tornavano. Non vi era pace in un mondo popolato dalla guerra. Nemmeno i Superiori avevano tregua, né i Consiglieri.
Non tutti gli abitanti di quella grande e brulla terra combattevano e lavoravano per un comune obiettivo. Tra loro si aggirava un uomo che, da settimane, aveva come unico scopo la vendetta.
Ogni notte si allontanava dalla sua abitazione e, nascondendosi nelle vie buie come fosse un criminale, cercava qualcuno, forse l’unica persona che l’avrebbe aiutato, che avrebbe compreso le sue ragioni. Si spostava da un dormitorio all’altro, sussurrando il suo nome, cercando, nei letti occupati, il volto familiare. Ma non c’era. La donna era partita per il fronte e forse non avrebbe più fatto ritorno.
Fu con scarse aspettative, spinto più dall’abitudine che dalla speranza, che si mise in cammino anche quella notte.
L’esercito aveva riportato una schiacciante vittoria a Nord, sul fronte perennemente ghiacciato, dove le truppe nemiche, in seguito alla morte di Cesare, stentavano a trovare un rinnovato equilibrio. A Ovest, invece, il nemico stava avendo la meglio e pochi soldati avevano fatto ritorno; sperava che, tra quelli, ci fosse anche lei.
Alexander si infilò in uno dei dormitori dove alloggiavano i superstiti.
Appena entrò si rese conto di quanto fossero scarse le possibilità di trovarla. Un pugno di letti era occupato al primo piano, la fiducia scemò. Silenzioso come una serpe, si avvicinò ai soldati, scrutandone il viso. Non c’era, non era lì.
Salì le scale, diretto al secondo piano e, prima ancora di entrare nell’enorme camerata, ricevette un colpo allo stomaco che gli bloccò il respiro. Alexander si portò le braccia allo stomaco e arretrò di qualche passo, mise un piede in fallo sul gradino e rischiò di cadere. Una mano, la stessa che l’aveva colpito, l’afferrò per i capelli e lo tirò con violenza all’interno della stanza.
Alexander cadde, carponi. Tossiva ancora, gli occhi saturi di lacrime. «Chi è?», chiese, alzando la voce. Non ricevette risposta. Cercò allora di alzarsi, ma l’assalitore gli sferrò un potente calcio alla schiena e Alexander finì completamente al suolo.
Lo stupore per l’attacco si trasformò in terrore puro. Strisciò per alcuni centimetri, indolenzito, ma un piede lo tenne fermo contro il pavimento.
«Che ci fai qui?», chiese l’assalitore.
Alexander aprì gli occhi. Conosceva quella voce. «Sonja...sono io...», farfugliò.
Sonja lo schernì con un risolino. «So chi sei.» Il piede affondò nella schiena di Alexander con maggiore foga. «Hai commesso un errore nel venire qua, non ti lascerò andare via vivo.»
Il panico s’impadronì di Alexander. Ora che le sue ricerche erano giunte ad una svolta, rischiava di morire e di perdere per sempre la possibilità di vendicarsi. «Sono venuto per un aiuto...»
«Un aiuto?», rise, sarcastica. «Non ti sembra esagerata la tua richiesta? Uccidi la mia amica e poi mi chiedi aiuto...mi dispiace deluderti.» Issò la gamba, pronta a sferrare un nuovo calcio.
«Ferma!», le urlò Yuna.
Alexander rabbrividì. Il colpo non arrivò.
Sonja guardò la compagna con astio. Si scostò da Alexander e le rivolse uno sguardo gelido. «Cosa vuoi? Non metterti in mezzo!»
Yuna si avvicinò, il passo malfermo, zoppicava, la gamba fasciata da pesanti bende. Era tornata dalla battaglia, viva. «Ucciderlo non riporterà indietro nessuno.» Aveva la voce stanca e rauca.
Alexander alzò la testa, il volto riconoscente. «Sei tu...», sentì, prossime, le lacrime. L’aveva cercata a lungo, ormai senza speranze e ora era davanti a lui, in veste di salvatrice.
Yuna guardò l’uomo con sufficienza. «Vai via Alexander, torna al tuo compito e non farti rivedere.» Si girò per andarsene.
«Aspetta! Sono qui per parlarti!», si gettò ai suoi piedi. Nel buio della stanza, qualcuno protestò per il baccano.
«Parlarmi? Non sono disposta ad ascoltare le parole di un infimo assassino.» La sua voce fu crudele e fredda. «Vattene prima che cambi idea e, ricorda, che in futuro non sarò altrettanto clemente con te.»
«Ti prego Yuna, devo parlarti a proposito di Akim!»
Yuna sentì il pavimento cedere sotto ai piedi, il battito del cuore l’abbandonò. «Non osare pronunciare il suo nome. Non qui.» Dal giorno in cui Akim era stato dichiarato un traditore, la sua vita era finita. Si era gettata nella battaglia, incurante delle ferite, desiderosa solo di sparire, eppure era stata risparmiata dal freddo abbraccio dell’incoscienza.
«Non è stato lui ad attentare alla vita dei Consiglieri...», disse d’un fiato, temendo che Sonja l’aggredisse. Invece la donna sgranò gli occhi e, per la prima volta, vide in quello sguardo tutto l’affetto che aveva nutrito per quell’uomo, per la sua guida; nonostante la sua fede cieca per il proprio esercito, Sonja non credeva al tradimento dell’amico.
«Cosa stai dicendo?», bisbigliò Yuna. Le guance erano rigate dalle lacrime. «Cosa sai di questa storia?» Si protese verso l’uomo, piena di aspettative e speranze.
Sonja la fece issare. «Non qui.» Si guardò intorno. «I discorsi che ci proponi sono intrisi di tradimento e non possiamo permettere che qualcuno li senta e ci denunci.»
Gli credeva, entrambe credevano alle sue parole. Si strinse il capo tra le braccia e pianse.
***
Si spostarono in un vicolo poco illuminato, proprio come se fossero dei traditori.
«Parla», l’intimò Sonja, il coltello tra le mani. «Bada a non fare il furbo con noi!»
«Io so per certo che Akim non è il responsabile dell’attacco...», ripeté, assaporando nuovamente l’espressione di stupore sul volto delle donne. «Non è stato lui ad introdurre la Terminata nel grattacielo, anzi, il suo obiettivo era di sventare l’attacco.»
Yuna si coprì la bocca con il palmo della mano e indietreggiò, reggendosi alla parete del dormitorio. Sorrideva tra le lacrime. «E tu come fai a esserne certo?»
«Perché sono io il complice che stanno cercando.»
La sua confessione fu talmente schietta e veloce da provocare l’ira di Sonja. La donna strinse con maggiore forza l’arma e si preparò a infliggere un fendente mortale, la foga del momento non le permetteva di ragionare. Ad Alexander non importava di morire, ora che la sua coscienza era pulita, non attendeva altro che ricongiungersi alla persona che amava.
«No!» Yuna le saltò alle spalle e la bloccò. «È l’unico testimone della sua innocenza.» Sonja rilassò i muscoli sotto la sua stretta.
«Sono stato io a portare il Terminato nel grattacielo, contravvenendo agli ordini...ma non l’ho fatto con lo scopo di uccidere i Consiglieri, anzi, volevo che Lena stesse per sempre con me...»
«Lena?!», urlò Sonja, rianimandosi. «È stata lei a compiere la strage?! Come hai potuto imprigionarla, come?»
«Io la amavo!», bisbigliò tra i singhiozzi. «Non volevo che lui l’uccidesse, me l’aveva promesso. Mi aveva detto che se l’avessi aiutato, mi avrebbe permesso di tenerla e non avrebbe parlato a nessuno di lei.» Pianse copiosamente, accompagnato da Sonja. «Mi ha mentito.»
«Chi?», strepitò Sonja tra le lacrime.
Alexander la guardò con occhi carichi d’odio. «Adam!», sibilò tra i denti.
Yuna scosse la testa. «Menti!»
«Credimi! È venuto da me e ha scoperto Lena. In lei ha visto la possibilità di salvarsi dalla partenza, di salvarsi dalla guerra. Ha minacciato di denunciarmi, di portarmela via e io non ho potuto fare altro che aiutarlo nel suo intento.»
Le donne ascoltavano in silenzio.
«Ma ci occorreva un modo per entrare nella Sala del Consiglio senza essere visti e Adam ha pensato che Akim, in quanto incaricato della sicurezza, fosse a conoscenza di un passaggio segreto...così è venuto qua e...»
«E ha atteso di rimanere solo con lui per porgli la domanda...», finì Yuna, ricordandosi del loro ultimo incontro.
Alexander annuì. «Il suo scopo era di far credere ad Akim che io volessi attentare alla vita dei Consiglieri, così da convincerlo a seguirlo per sventare l’attacco...ma ad attenderlo c’era Lena, che l’ha ucciso senza alcuna pietà .»
«Ci sta mentendo.» Ribadì Sonja. «Può aver inventato ogni cosa...»
«Come poteva sapere che quel giorno Adam è stato qui?», disse Yuna, con voce convinta. «Akim aveva promesso di tenermi compagnia in attesa dell’ora prefissata per la fuga...invece si è congedato in fretta, dicendomi che doveva risolvere una situazione impellente.» Pianse ancora. «Aveva promesso di stare via una o due ore appena...invece non ha fatto più ritorno.» Si inginocchiò in terra, il volto nascosto tra le mani.
Sonja si abbassò su di lei e la strinse con foga, partecipando al suo dolore. «Perché Adam avrebbe dovuto fargli una cosa del genere? Perché ha incolpato lui e non te?», gli chiese, con voce minacciosa.
«Perché lo odiava...odiava lui più che me.» Strinse le labbra fino a farle diventare bianche. «E io gli servivo per liberare Lena, mentre lui recitava il ruolo dell’eroe.»
Sonja abbassò la testa. Era distrutta dalla confessione, il Consigliere che tutti ammiravano non era altro che un traditore, un approfittatore.
Alexander intuì i suoi pensieri. «La Città per cui combattiamo, per cui diamo la vita, al vertice è retta da traditori e approfittatori. I pochi puristi, uomini che donano la vita per la nostra causa, sono condannati alla disfatta per mano di chi ha l’animo macchiato. Persone come Cesare, per cui la battaglia era tutto e preferiva lottare tra i suoi uomini piuttosto che risiedere tra i Superiori. Persone come Akim, che da questo mondo volevano fuggire.»
A quell’ultima frase, Sonja capì. Soltanto Adam avrebbe potuto rivelargli il piano di fuga di Akim. «Non posso credere che i nostri soldati combattano per degli assassini», bisbigliò.
Yuna si riprese. «Perché lo dici a noi e non denunci Adam ai Superiori?»
Alexander arrossì. «Non mi crederebbero. Loro non conoscevano Akim quanto noi, mentre ad Adam credono.»
«E cosa vorresti che facessimo? Il Consiglio non crederebbe nemmeno alle nostre parole, siamo semplici soldati.»
«Non voglio che parliate al Consiglio...io voglio vendicarmi, voglio la fine di Adam!», ruggì.
Sonja emise un verso di scherno. «Ci chiedi aiuto solo perché il patto stipulato con lui non è stato rispettato...» Vide l’uomo irrigidirsi. «Se Lena fosse tua, non saresti nemmeno qui.»
Alexander abbassò la testa, ancora rosso per la collera. «È così», ammise.
«Cosa possiamo fare noi contro Adam? Nulla», intervenne Yuna. «Torna nella tua torre d’oro, sottraiti come un codardo al destino dell’uomo e piangi in silenzio, così come faremo noi.» Yuna si voltò per andarsene. Era stanca, la ferita alla gamba non le dava tregua. Si era infettata e solo le cure di Sonja l’avevano sottratta alla fine.
«E per Akim?», biascicò Alexander. «Per lui lo faresti?»
Yuna arrestò l’incedere incerto. «Per lui lo farei...», ammise. «Se solo fosse vivo.»
«È vivo!», le rivelò. Lo sguardo fiero, un sorriso sul volto stanco.
Yuna sgranò gli occhi, il corpo prese a tremarle e se non l’avesse sorretta Sonja, sarebbe crollata al suolo. «Non riempirmi di false speranze. La condanna per i traditori è il fuoco.»
«Adam ha voluto sottrarlo a questa pena per infliggergli una ancora peggiore...Prima di perire, Akim l’ha supplicato di essere bruciato, non voleva diventare un Terminato. Per questa ragione Adam ha deliberato che il suo corpo fosse risparmiato e condotto alla battaglia.»
«Maledetto», biascicò Sonja tra i denti.
Fu troppo per Yuna, svenne tra le braccia dell’amica.
***
Il freddo era pungente e asettico. Le palpebre chiuse lasciavano filtrare una luce rossastra, fastidiosa. Il letto su cui giaceva era spoglio e umido.
Aprì gli occhi, il suo sguardo si posò su un muro con la carta da parati ammuffita. La casa della sua infanzia. Dove aveva ucciso per la prima volta, tanti anni prima.
Era ancora buio, aveva dimenticato la luce accesa, come sempre. Se si sforzava, riusciva a sentire la voce profonda della madre che gli chiedeva di spegnerla. L’unica persona che l’avesse mai amato, morta per una terribile malattia.
Lena. Sua madre si chiamava Lena.
Non era più un bambino innocente. ...