Un'eco nel cielo
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Era la mattina di un indefinito giorno di un'estate torrida, quando da Los Angeles, in California, partì il volo "otto zero cinque sette" per Tokyo.
Un volatile enorme dalla velocità supersonica sorvolava il cielo a diecimila metri da terra.
Quasi percettibile la velocità per i passeggeri a bordo della seconda classe, che vivevano le proprie vite, forse con qualche se o con qualche ma.
Tante le facce sui sedili, dalle più bizzarre alle più caratteristiche.
Chi in viaggio per una destinazione, chi per una svolta e chi per una fuga.
Le servizievoli e sgargianti hostess, vestite in un abito blu molto ordinato e composto, ondeggiavano al ritmo del dolce suono che lentamente scorreva all'interno dell'aereo, risuonando negli animi dei passeggeri.
Non li guardava lui, teneva gli occhi chiusi e oscillava a ritmo delle note calde che uscivano e aleggiavano lì intorno.
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Information
Dipendenze
Tutti seduti, come per un brindisi.
«Mi chiamo Clay, sono un tossicodipendente e mi ha raccomandato Herman»
«Ciao Clay» disse il resto del gruppo in coro.
Incalzò un grande silenzio, che venne rotto immediatamente da un grande applauso generale.
«Sei stato molto bravo Clay, raccontare tutto questo alla prima seduta di gruppo è qualcosa di meraviglioso. Un passo enorme alla prima seduta è il meglio per partire alla grande» disse il capogruppo ad alta voce interrompendo l'applauso.
«Grazie mille» e Clay si sedette sulla vecchia sedia pieghevole come tutti gli altri, con uno sguardo soddisfatto e l'animo consolato, almeno per un po'.
Era una comunità fondata anni prima da Benjamin Reid, il capogruppo, che accoglieva i tossicodipendenti secondo una raccomandazione da parte di un membro già all'interno del gruppo, o secondo un test d'accettazione accompagnato da una tassa. La comunità si impegnava ad aiutare le persone con problemi di droga, dando loro un posto in cui vivere e delle piccole mansioni per tenerli impegnati in qualcosa di costruttivo. Ogni membro del gruppo rimaneva lì, finché non risultava riabilitato, dopodiché poteva decidere di diventare un membro maggiore della comunità, e prestare servizio per aiutare i membri che si sarebbero uniti in futuro, oppure scegliere di andarsene.
Quando si mise a sedere Clay, il capogruppo incominciò a guardarsi intorno, scrutando i volti degli altri seduti al tavolo, fino a trovare quello che stava cercando. Indicò un uomo biondo con una barba folta e ben vestito, dicendogli:
«Salve a tutti, mi chiamo Evan e sono un tossico»
«Ciao Evan» disse il gruppo in coro.
«Ciao Evan» disse il capogruppo «chi ti ha raccomandato?» Era un'informazione fondamentale per presentarsi, secondo il capogruppo. Riteneva che instaurasse una certa fiducia tra il nuovo arrivato e gli altri membri, mostrano quello che lo aveva portato lì.
«Ehm... Sono dipendente dalla cocaina e...»
«Ehm... Io non ho un granché da dire. In questo periodo sono stato dipendente dalla cocaina e voglio smettere, ma non ho una vita interessante. Non ho neanche una gran storia da raccontare. Ho una vita monotona.»
«Beh, vuoi smettere e ti assicuro che sei nel posto giusto.» e gli sorrise.
Bussarono alla porta.
«Avanti» gridò Evan senza muovere un muscolo.
Entrò il capogruppo, che chiuse di nuovo la porta e si diresse verso di lui, poi si sedette all'angolo del letto e disse:
«Evan, come va?»
«Tutto bene» disse, continuando a lanciare la pallina e a tenere lo sguardo su essa.
«Come ti sei trovato in questo periodo?»
«Bene»
Il capogruppo abbassò lo sguardo, poi tornò a fissarlo e disse:
«È da quando sei arrivato che non hai spiccicato una parola.»
Evan non disse niente, così continuò:
Questa volta si voltò e incominciò a fissarlo negli occhi.
«Sono pulito da due mesi. Tu devi aiutarmi per continuare su questa strada. Sono venuto qui per il problema con la cocaina e lo sto facendo solo per mia sorella. Del resto non me ne frega niente e neanche a voi deve fregare qualcosa.» poi riprese a lanciare la pallina in aria e riprenderla.
Silenzio, poi tanti applausi.
Lo accompagnarono tutti all'uscita, facendogli tanti complimenti e augurandogli buona fortuna, poi prima di uscire gli si avvicinò il capogruppo, che gli mise una mano sulla spalla e disse:
«In bocca al lupo Evan, mi raccomando, se hai bisogno non esitare a tornare»
Era mezzogiorno e tutto gli sembrava così luminoso. L'aria pareva diversa, arricchita da qualche nuovo odore. Ogni passo gli portava leggerezza e si guardava attorno sorpreso, come se fosse un mondo nuovo. In fondo alla strada c'era un auto ad aspettarlo, con una giovane donna che scese appena lo vide e corse verso di lui, correndo alla massima velocità che potesse raggiungere con addosso i tacchi.
«Jenny!» Esclamò Evan con un sorriso immenso che gli illuminava il viso. I due si abbracciarono talmente forte da togliersi il respiro. Uno di quegli abbracci che solo le persone che si vogliono bene per davvero riescono a scambiarsi.
«Fratellone, mi mancavi da morire!»
«Bene, subito è stato molto difficile, ma nel corso del tempo mi sono abituato. Devo ammetterlo, mi ha aiutato tantissimo, non ho più toccato quella roba e ti prometto che non la toccherò mai più.»
Evan le sorrise, poi disse:
«E con il ristorante?»
Una trentina di minuti e arrivarono alla casa di Evan. Jenny accostò davanti al cancello e disse:
«Va bene, grazie mille per il passaggio» e scese dalla macchina. «Ci vediamo sorellina»
«Ci vediamo fratellone» e sparì lungo la strada.
Scosse la testa alla ricerca di una ripresa che avvenne solo a metà, per poi andare verso un mobile, aprirlo, spostare tutti i vestiti e prendere una bottiglia di whisky. Si accasciò per terra, la aprì e incominciò a scolarsela.
La risposta la ottenne...
Table of contents
- In aereo
- Evan
- Ellie
- Harvey e Adam
- Riley
- Il viaggio è lungo
- Persi
- Parole che sfuggono
- Un salto per la libertà
- I documenti
- Dipendenze
- Paura di viaggiare
- I due estremi del buio
- Bonnie Cooper
- David Mason
- Isabel/Philip
- Epilogo
