Un'eco nel cielo
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Un'eco nel cielo

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Un'eco nel cielo

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Era la mattina di un indefinito giorno di un'estate torrida, quando da Los Angeles, in California, partì il volo "otto zero cinque sette" per Tokyo.
Un volatile enorme dalla velocità supersonica sorvolava il cielo a diecimila metri da terra.
Quasi percettibile la velocità per i passeggeri a bordo della seconda classe, che vivevano le proprie vite, forse con qualche se o con qualche ma.
Tante le facce sui sedili, dalle più bizzarre alle più caratteristiche.
Chi in viaggio per una destinazione, chi per una svolta e chi per una fuga.
Le servizievoli e sgargianti hostess, vestite in un abito blu molto ordinato e composto, ondeggiavano al ritmo del dolce suono che lentamente scorreva all'interno dell'aereo, risuonando negli animi dei passeggeri.
Non li guardava lui, teneva gli occhi chiusi e oscillava a ritmo delle note calde che uscivano e aleggiavano lì intorno.

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Information

Dipendenze

Tutti seduti attorno a un grande tavolo, in una stanza enorme. Le pareti erano di un giallo sbiadito e c'era solo una finestra, con una tenda arancione. Erano visibili crepe nel soffitto e ai lati della porta.
Tutti seduti, come per un brindisi.
«Mi chiamo Clay, sono un tossicodipendente e mi ha raccomandato Herman»
«Ciao Clay» disse il resto del gruppo in coro.
«Ciao Clay» disse il capogruppo «sei nuovo, vuoi parlarci della tua storia?»
«Ehm, si... io vivevo a San Francisco, avevo una moglie di nome Ange e una Camaro rossa. Un mio conoscente mi ha fatto provare l'LSD una sera, durante una festa in un pub fuori città. Dopo quella sera me ne ha passata ancora e ancora, finché non ne potevo più fare a meno. Un giorno è stato messo dentro, glie l'hanno trovata addosso. Avevo bisogno di quella roba, ma non sapevo dove prenderla, allora mi sono fatto dare una dritta da uno del pub, che mi ha consigliato uno spacciatore in una via non lontana da casa. Non aveva LSD, così sono passato all'eroina. Il mio datore di lavoro mi ha trovato fatto nell'ufficio e mi ha sbattuto fuori.» incominciò a singhiozzare, ma cercò di trattenersi e continuò «Nel giro di poco, ho perso tutti i soldi e ho messo un'ipoteca sulla casa, ho venduto la macchina e mia moglie mi ha lasciato. La casa l'ho persa e sono diventato un barbone. Tra tante camminate e tanti autostop sono arrivato qui a Los Angeles, dove vive mio cugino. Mi ha accolto e rimesso in ordine. Ora ho solo lui e non voglio perderlo, quindi ho trovato questa comunità grazie ad Herman e ho deciso di cambiare. Voglio essere aiutato e più avanti aiutare chi ne ha bisogno. Grazie»
Incalzò un grande silenzio, che venne rotto immediatamente da un grande applauso generale.
«Sei stato molto bravo Clay, raccontare tutto questo alla prima seduta di gruppo è qualcosa di meraviglioso. Un passo enorme alla prima seduta è il meglio per partire alla grande» disse il capogruppo ad alta voce interrompendo l'applauso.
«Grazie mille» e Clay si sedette sulla vecchia sedia pieghevole come tutti gli altri, con uno sguardo soddisfatto e l'animo consolato, almeno per un po'.
Era una comunità fondata anni prima da Benjamin Reid, il capogruppo, che accoglieva i tossicodipendenti secondo una raccomandazione da parte di un membro già all'interno del gruppo, o secondo un test d'accettazione accompagnato da una tassa. La comunità si impegnava ad aiutare le persone con problemi di droga, dando loro un posto in cui vivere e delle piccole mansioni per tenerli impegnati in qualcosa di costruttivo. Ogni membro del gruppo rimaneva lì, finché non risultava riabilitato, dopodiché poteva decidere di diventare un membro maggiore della comunità, e prestare servizio per aiutare i membri che si sarebbero uniti in futuro, oppure scegliere di andarsene.
Benjamin Reid l'aveva fondata seguendo il criterio di un'altra comunità, di cui era stato membro sempre per problemi di droga, ma che per mancanza di fondi venne chiusa, quindi decise di fondarne una, per poter aiutare la gente davvero bisognosa e volenterosa di voler cambiare, con gli stessi metodi che lo avevano totalmente trasformato.
Quando si mise a sedere Clay, il capogruppo incominciò a guardarsi intorno, scrutando i volti degli altri seduti al tavolo, fino a trovare quello che stava cercando. Indicò un uomo biondo con una barba folta e ben vestito, dicendogli:
«Anche tu sei nuovo, ti va di presentarti?»
«Salve a tutti, mi chiamo Evan e sono un tossico»
«Ciao Evan» disse il gruppo in coro.
«Ciao Evan» disse il capogruppo «chi ti ha raccomandato?» Era un'informazione fondamentale per presentarsi, secondo il capogruppo. Riteneva che instaurasse una certa fiducia tra il nuovo arrivato e gli altri membri, mostrano quello che lo aveva portato lì.
«Mi ha raccomandato Dave»
«Perfetto. Ti va allora di raccontarci un po' di te?»
«Ehm... Sono dipendente dalla cocaina e...»
Lo interruppe uno dei membri:
«Ehi, ma tu non sei quello dei»
«Silenzio» disse con fermezza il capogruppo. «Lasciamolo parlare» e lo invitò con la mano a continuare.
«Ehm... Io non ho un granché da dire. In questo periodo sono stato dipendente dalla cocaina e voglio smettere, ma non ho una vita interessante. Non ho neanche una gran storia da raccontare. Ho una vita monotona.»
Il capogruppo non disse niente per un po', finché non annuì, dicendo:
«Beh, vuoi smettere e ti assicuro che sei nel posto giusto.» e gli sorrise.
Due mesi dopo:
La comunità diventava prima di tutto una dimora per i membri. Era una vecchia casa popolare, messa in vendita a un prezzo stracciato dall'ex proprietario per colpa delle pessime condizioni. Ogni membro quindi, aveva a disposizione la propria stanza. In quel momento Evan se ne stava nella sua da solo, pensando ai fatti suoi, mentre rimaneva sdraiato sul suo letto e lanciava una pallina in aria, che riprendeva al volo. Era solito stare da solo.
Bussarono alla porta.
«Avanti» gridò Evan senza muovere un muscolo.
Entrò il capogruppo, che chiuse di nuovo la porta e si diresse verso di lui, poi si sedette all'angolo del letto e disse:
«Evan, come va?»
«Tutto bene» disse, continuando a lanciare la pallina e a tenere lo sguardo su essa.
«Come ti sei trovato in questo periodo?»
«Bene»
Il capogruppo abbassò lo sguardo, poi tornò a fissarlo e disse:
«È da quando sei arrivato che non hai spiccicato una parola.»
Evan non disse niente, così continuò:
«Senti... so chi sei. E non ho idea del perché sei sparito in quel modo. Ma se non parli di niente non posso aiutarti.»
Questa volta si voltò e incominciò a fissarlo negli occhi.
«Sono pulito da due mesi. Tu devi aiutarmi per continuare su questa strada. Sono venuto qui per il problema con la cocaina e lo sto facendo solo per mia sorella. Del resto non me ne frega niente e neanche a voi deve fregare qualcosa.» poi riprese a lanciare la pallina in aria e riprenderla.
«Secondo me sbagli a non parlarne, ma non ti posso costringere.» si alzò dal letto e si diresse verso la porta. La aprì «Se hai bisogno sai dove trovarmi» e uscì.
Quattro mesi dopo:
Tutti seduti attorno al grande tavolo, come per un brindisi. Solo Evan in piedi, pronto per il discorso che da giorni aveva preparato.
«Sono passati sei mesi da quando sono arrivato qui, ovvero il periodo base per poter finire il percorso. È da allora che sono pulito, di cocaina non ne ho più toccata. Mi sento una persona nuova, sono pronto a iniziare un'altra vita. A costruirmi qualcos'altro. Tutto questo lo devo a voi, che mi siete sempre stati vicini. L'ho apprezzato tanto ogni volta, anche se a volte non sembrava. Ora quindi me ne vado e vi ringrazio con tutto me stesso.»
Silenzio, poi tanti applausi.
Lo accompagnarono tutti all'uscita, facendogli tanti complimenti e augurandogli buona fortuna, poi prima di uscire gli si avvicinò il capogruppo, che gli mise una mano sulla spalla e disse:
«In bocca al lupo Evan, mi raccomando, se hai bisogno non esitare a tornare»
Annuì con la testa, poi si voltò e uscì.
Era mezzogiorno e tutto gli sembrava così luminoso. L'aria pareva diversa, arricchita da qualche nuovo odore. Ogni passo gli portava leggerezza e si guardava attorno sorpreso, come se fosse un mondo nuovo. In fondo alla strada c'era un auto ad aspettarlo, con una giovane donna che scese appena lo vide e corse verso di lui, correndo alla massima velocità che potesse raggiungere con addosso i tacchi.
«Jenny!» Esclamò Evan con un sorriso immenso che gli illuminava il viso. I due si abbracciarono talmente forte da togliersi il respiro. Uno di quegli abbracci che solo le persone che si vogliono bene per davvero riescono a scambiarsi.
«Fratellone, mi mancavi da morire!»
«Anche tu sorellina, rivederti è stato il desiderio più grande che ho avuto per tutto questo tempo»
Lei era tutto un sorriso. Gli occhi, il naso, le labbra, i capelli, le braccia, le mani e le gambe. Era un'esplosione di gioia totale.
«Beh dai, sali in macchina che ti porto a casa» e i due salirono.
Stettero in silenzio per quasi tutto il viaggio, finché Jenny disse:
«Allora, com'è andata?»
«Bene, subito è stato molto difficile, ma nel corso del tempo mi sono abituato. Devo ammetterlo, mi ha aiutato tantissimo, non ho più toccato quella roba e ti prometto che non la toccherò mai più.»
«Sono così contenta nel sentirtelo dire. Ero certa che ti avrebbe aiutato, quando Dave mi disse che ci sarebbe andato, era messo peggio di te. Poi anche lui è uscito che non voleva più toccarne di quella roba.»
Evan le sorrise, poi disse:
«Tu invece come stai?»
«Tutto bene, è stato solo un po' difficile senza sentirti.»
«E con il ristorante?»
«Oh, in questi sei mesi ho triplicato gli incassi e nelle guide dei ristoranti lo hanno segnato come il migliore della zona. Quindi direi che va a gonfie vele!»
«Sono così contento, poi una sera ci devo assolutamente tornare.»
«E io ti preparerò il piatto migliore!»
«Non vedo l'ora!»
Una trentina di minuti e arrivarono alla casa di Evan. Jenny accostò davanti al cancello e disse:
«Io ho un impegno, quindi ti scarico qui e ci vediamo alla prossima.»
«Va bene, grazie mille per il passaggio» e scese dalla macchina. «Ci vediamo sorellina»
«Ci vediamo fratellone» e sparì lungo la strada.
Evan cominciò a frugare tra le tasche dei suoi jeans scuri, fino a trovare un mazzo di chiavi, da cui ne scelse accuratamente una che inserì per aprire il grande cancello di casa sua, una bella casa grande nelle Hollywood Hills. Percorrendo la stradina in cemento nel cortile, poté rivedere la sua Lamborghini Gallardo arancione, ancora con la parte davanti completamente distrutta. Arrivato all'ingresso scelse un'altra chiave dal mazzo e aprì la porta lentamente.
Notò subito che non era come l'aveva lasciata quando se n'era andato, qualcuno doveva aver ripulito e messo tutto in ordine. A guardarsi intorno, lo pizzicava un certo senso di smarrimento, sentiva di non avere niente da fare e di riposare non ne aveva bisogno. Appoggiò le chiavi su un tavolino nel salotto e si mise comodo sul grande divano rosso affianco. Restò così per qualche minuto, provò anche ad accendere la televisione, ma la spense dopo un'inutile sessione di zapping. Si sentiva ancora fuori posto, come se fosse tornato al mondo dopo una lunga assenza, allora decise di dare una svolta, inaugurare il suo essere una persona nuova e corse subito nel suo studio. Aprirlo fu quasi come tuffarsi in acqua lanciandosi da un dirupo. Era da tantissimo tempo che non ci entrava e, quando cominciò a guardarsi bene attorno, capì che era rimasto esattamente tutto come prima. Ogni cosa era al suo posto e questo, dopo qualche pensiero iniziale, lo sconvolse. I pensieri incominciarono a frustarlo e dove la mente era scappata da tempo, i ricordi erano tornati a braccarlo come dei cacciatori che infilzano la preda con lance appuntite. Dovette uscire subito, chiudendosi la porta alle spalle come farebbe qualcuno durante la fuga da un mostro, che poi più o meno era quello che stava succedendo.
Scosse la testa alla ricerca di una ripresa che avvenne solo a metà, per poi andare verso un mobile, aprirlo, spostare tutti i vestiti e prendere una bottiglia di whisky. Si accasciò per terra, la aprì e incominciò a scolarsela.
In aereo, Evan continuava a guardare verso la porta del bagno, in attesa che uscisse Harvey. Non stava più nella pelle, voleva ottenere risposte su quella musica che continuava a consumarlo. Si arrabbiava perché, al di là dell'anomalia di una musica che probabilmente sentiva lui e poche altre persone, continuava a ritenere che quella melodia fallisse nell'intento. Non la finiva di domandarsi il perché di ciò.
Finalmente dopo qualche minuto arrivò un segno di vita dal bagno. Uscirono in fila tutte e tre le hostess, ma richiusero la porta, lasciando dentro Harvey. Evan spalancò gli occhi e pensò: “Perché non è uscito anche lui??”
La risposta la ottenne...

Table of contents

  1. In aereo
  2. Evan
  3. Ellie
  4. Harvey e Adam
  5. Riley
  6. Il viaggio è lungo
  7. Persi
  8. Parole che sfuggono
  9. Un salto per la libertà
  10. I documenti
  11. Dipendenze
  12. Paura di viaggiare
  13. I due estremi del buio
  14. Bonnie Cooper
  15. David Mason
  16. Isabel/Philip
  17. Epilogo