Il diario di Esteban
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Il diario di Esteban

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Il diario di Esteban

About this book

Fin dall'adolescenza Estebàn Martinez, giovane adone muscoloso, è sempre stato convinto che la cosa più importante fosse soddisfare quante più donne possibili senza impegni sentimentali ma incontra Jasmine, bellissima e misteriosa ragazza che lo porterà a rivedere le proprie convinzioni. La ragazza però non sembra interessata al giovane e si crea un sottile gioco tra i due che porta ad incredibili colpi di scena tutto condito da una gigante attrazione sessuale.

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Information

Capitolo 1

Il guerriero che mentre si cura le ferite avrà l'onore e il privilegio di ammirare il sorgere del sole saprà di aver compiuto la propria missione. Mi chiamo Estebàn Martìnez, ma tutti mi chiamano “Il Golem” essendo alto uno e novantacinque e avendo un fisico possente e asciutto.
Sono portoricano ma vivo in Italia anche se, da anni lotto per avere giustizia.
Sono cresciuto in un piccolo quartiere di San Juan, una bella cittadina di mare situata sulla costa settentrionale dell'isola, nonché capitale del paese nota per essere un grande centro manifatturiero, finanziario, culturale e turistico.
Da piccolo ero un bambino molto allegro, socievole a cui piaceva passare il tempo giocando con i propri amici ed ovviamente non ho mai amato lo studio ma sognavo di gran lunga di diventare un grande sportivo, guadagnare tanti soldi ed essere conosciuto a livello mondiale come accade per i giocatori di calcio o i campioni di pallacanestro anche se madre natura non mi ha fornito del talento necessario per diventarlo.
Del mio passato mi piace ricordare i tanti amici che avevo da piccolo che ora come ora mi hanno voltato le spalle negando di conoscermi, ma alla luce di questo non sono arrabbiato con loro, probabilmente anche io preso dal panico avrei agito nello stesso modo.
Tutti tranne uno, Mike, un ragazzo di statura minuta che nonostante questo non si è mai fatto mai mettere sotto da nessuno arrivando persino a fare a botte per difendere il proprio onore e quello delle persone a cui vuole bene. Lo conosco da sempre, avendo condiviso praticamente tutta la carriera scolastica, lui per me c'è sempre stato ad ogni ora del giorno e della notte è sempre stato pronto ad ascoltare i miei problemi, facendo di tutto per trovare una soluzione anche andando contro le regole. Provengo da una famiglia dal basso ceto sociale, mia madre si faceva in quattro per star dietro a me e a mia sorella Judy per non averci fatto mai mancare niente e di questo la ringrazierò sempre.
Mio padre invece non l'ho mai conosciuto, ha lasciato mia madre dopo che lei aveva scoperto di essere incinta e non ha mai voluto incontrarmi nonostante io lo abbia cercato utilizzando tutti i mezzi a mia disposizione, ricevendo tutte le volte un rifiuto da parte sua o dei suoi collaboratori.
Dopo tantissime ricerche sono venuto a sapere che dopo aver lasciato mia madre, si è fidanzato con una facoltosa donna e utilizzando il patrimonio della nuova compagna ha aperto un'azienda tessile diventando un potente uomo d'affari e questo mi ha fatto convincere del fatto che non basta avere una grande azienda per essere un grande uomo.
Mia sorella Judy invece è una persona magnifica che con l'impegno e la costanza è riuscita ad ottenere una posizione sociale di tutto rispetto ed è figlia dell'attuale marito di mia madre che, lavora come falegname in una bottega a due isolati da casa nostra ed ogni mattina in sella alla sua fedele bicicletta si reca a lavoro e lo fa con una buona volontà e voglia di fare che gli ho sempre ammirato.
Nonostante siamo figli di due padri differenti, mia madre e il mio patrigno ci hanno sempre trattati nello stesso modo e posso dire senza problemi che considero il marito di mia madre come un autentico padre che durante la mia fase di sviluppo è stato presente e sopratutto molto paziente con me. A differenza di Judy, io non ho mai amato la scuola, mi piaceva l’intervallo, l’ora di ginnastica, le infinite pause al bar o sugli scalini, le possibilità di conoscere ragazze, i giorni di autogestione, le gite e il tempo che passavo in classe facendo qualunque cosa che non fosse strettamente attinente alla lezione in quanto la scuola, intesa come istituzione e come obbligo di studio, nonostante le tante lotte di mia madre per farmi impegnare di più, non riuscivo proprio a concepirla ma non ho mai creato problemi agli insegnanti infatti ero uno studente pigro ma rispettoso di chi aveva voglia d'impegnarsi e seguire le lezioni e le istruzioni del docente di turno ma al posto di studiare, preferivo di gran lunga ascoltare musica, dipingere e giocare a pallone in infinite partite che iniziavano nel pomeriggio e finivano all'imbrunire quando mia madre, affacciandosi dal bancone mi urlava di tornare a casa.
Nell'istituto scolastico che frequentavo mi ero costruito una reputazione facendomi rispettare da tutti ottenendo il sopranome di “capo” che si diffuse a macchia d'olio su ogni studente.
Arrivò il primo giorno dell'ultimo anno di scuola, mia madre mi svegliò molto presto per evitare che perdessi l'autobus, mi alzai nervoso e senza nessuna voglia di tornare a scuola, feci colazione e dopo essermi preparato mi recai alla fermata dell'autobus in cui incontrai la professoressa di lettere che, nonostante non fossi uno studente modello mi ha sempre considerato uno dei migliori nella sua materia.
«Allora Estebàn sei pronto per il nuovo anno?» mi chiese divertita
«Non aspettavo altro» risposi senza troppa convinzione.
«In questo ultimo anno devi dare il meglio di te» mi disse cercando di motivarmi
«Ci proverò ma non assicuro niente» risposi prontamente sorridendo scatenando per altro una sua sonora risata.
Salito in un autobus, mi sedetti negli ultimi posti e indossai le auricolari del mio lettore mp3 e durante il tragitto verso la scuola ascoltai le mie canzoni preferite che costituivano la colonna sonora della mia vita.
Proprio quando iniziavo a rilassarmi l'autobus arrivò a destinazione e dopo aver salutato l'autista che conoscevo sin dai primi anni della scuola primaria scesi e mi trovai davanti la vecchia scuola che mi ha sempre ricordato una grande caserma con addirittura le sbarre alle finestre per evitare che gli studenti le utilizzassero per uscire prima saltando così le normali lezioni.
Come arrivai a scuola venni accolto da un'ovazione da parte dei miei compagni e sguardi intensi dalle ragazze alle quali spesso e volentieri non mancavo di concedere calde notti di passione in cui tramutavo in realtà tutte le loro fantasie senza mai avere avuto intenzione di impegnarmi in una relazione seria in quanto ho sempre preferito soddisfarne tante senza concedere l'esclusiva a nessuna di loro.
Da persona più popolare della scuola, prima di entrare in classe mi fermai ad osservare uno per uno i nuovi arrivati per conoscere le facce delle persone che per tutto l'anno avrebbero girato i corridoi della mia scuola e fra i ragazzi timidi e le ragazze che volevano dimostrare a tutti i costi di essere emancipate, notai una ragazza seduta in disparte, impegnata a leggere un libro con la testa bassa quasi a non voler incrociare lo sguardo con nessuno.
Mi fu impossibile non notarla in quanto arrivò a scuola in punta di piedi, facendo di tutto per passare inosservata ma non si può non notare una dolcissima ragazza con un sorriso meraviglioso e dei capelli neri lunghi che le cadevano in un corpo da urlo.
Rimasi fulminato da quella semplice e schiva ragazza che allo suonare della campanella scappò in classe senza che ebbi la possibilità di fermarla per presentarmi.
«Capo muoviti facciamo tardi» mi disse un compagno
Di corsa raggiungemmo l'aula per evitare almeno il primo giorno di arrivare in ritardo. Durante la lezione non riuscivo a togliermi dalla testa la ragazza schiva con i capelli neri, anche per il fatto che di solito le ragazze mi sono sempre cadute ai piedi ma lei no, non mi aveva minimamente degnato di uno sguardo, considerando probabilmente più importante concentrarsi sui libri.
Col passare del tempo chiesi informazioni su di lei ai suoi compagni di classe e la descrivevano come una ragazza asociale che in classe era sempre puntuale e impeccabile ma che dopo le lezioni, scappava via prima che qualcuno potesse rivolgerle la parola senza lasciare alcuna traccia del proprio passaggio.
Non avevo mai avuto grossi problemi a scegliere la ragazza da portarmi a letto sfogliando il catalogo delle ragazze della scuola e dopo averle fatte mie proseguivo con la mia vita in attesa della prossima preda, ma quella ragazza si rifiutava di parlarmi e tutto questo aumentava il desiderio e l'eccitazione anche se non potevo concepire che la nuova arrivata nel mio territorio non portasse nessun tipo di rispetto per il capo branco ma lei sembrava essere con la testa in un mondo tutto suo in cui nessuno era autorizzato a entrare.
Era stupenda e non faceva niente per nascondere il suo corpo fantastico con un seno mozzafiato che non lasciava davvero niente all'immaginazione e non so cosa avrei dato per poterlo accarezzare, stringerlo e farlo mio.
Per fortuna non ho mai avuto problemi a portarmi a letto una ragazza e le mie avventure sessuali avvenivano con una scadenza quasi giornaliera e non necessariamente ragazze della mia scuola ma anche donne più grandi sulle quali amavo giocare e penetrare nella profondità della loro carne assaporando il gusto di una mamma, una donna esperta che mi usava per sfogare magari la frustrazione, per le poche attenzioni del marito o semplicemente il piacere di scopare con un ragazzo più giovane in grado di garantire affidabilità, resistenza e qualità.
Molte volte in situazioni di intimità solitaria avevo sognato la ragazza con i capelli scuri pronta a soddisfare ogni mio ordine e perversione accettando in silenzio tutte le mie decisioni ma nella realtà non riuscivo a farla mia. Una mattina, entrai a scuola, la vidi e le sorrisi ma la lei mi guardò e senza battere ciglio andò via lasciandomi come un pesce lesso a fissarla mentre si allontanava.
Più si comportava in questo modo più aumentava il mio desiderio, forse perché ho sempre avuto il brutto vizio di voler quello che non posso avere, ma se quello che non posso avere è una ragazza col corpo più bello che io abbia mai visto, credo che chiunque si comporterebbe nel mio stesso modo. Quel giorno la campanella suonò puntuale come al solito e uscii dall'aula per tornare a casa ma ad un certo punto la vidi in fondo al corridoio, decisi di avvicinarmi per salutarla, così, senza pensarci più tanto lo feci.
Mentre percorrevo il corridoio della per raggiungerla notai un certo imbarazzo da parte sua ma decisi di andare fino in fondo.
«Ciao mi chiamo Estebàn» le dissi con molta galanteria, lei sorrise e replicò: «Piacere, mi chiamo Jasmine»
Fui come ipnotizzato sia dalla sua voce che dai suoi bellissimi occhi
«Per parlare con te bisogna prenotare?» la provocai
«Dipende da chi mi vuol parlare» rispose con fermezza
«Hai idea di chi io sia?» le chiesi
«So che sei rispettato da tutti ma se ti sei convinto che puoi avermi ai tuoi comodi ti sei sbagliato di grosso» puntualizzò prima di andarsene.
Mai nessuno aveva osato parlarmi in quel modo e mi diede molto fastidio che proprio lei si fosse permessa di farlo per giunta nei corridoi della mia scuola e rimasi immobile in quanto per la prima volta era stata messa in discussione la mia autorità e non potevo certamente sopportarlo, bisognava prendere delle contromisure, avevo tantissima rabbia in corpo ma ero anche molto eccitato dal modo in cui Jasmine mi aveva tenuto testa senza alcun timore reverenziale.
Il mio desiderio verso di lei aumentava ogni giorno di più e lei non faceva niente per far si che la mia fissazione nei suoi confronti calasse, mi era impossibile non pensare a lei, ai suoi vestiti attillati che mettevano in risalto delle curve desiderate da tutti i ragazzi della scuola.
Nessuno osava avvicinarsi a lei in quanto tutti sapevano che era una preda che avevo puntato da tempo e per evitare problemi con il sottoscritto tutti guardavano altrove, fino a che una mattina la vidi seduta nelle scale d'ingresso della scuola, intenta a baciare un ragazzo della mia classe, fui preso da un momento di follia e aspettai fino a quando Jasmine entrò nella sua classe e avvicinandomi al ragazzo gli misi un braccio intorno al collo e lo trascinai nel cortile della scuola.
«Come hai osato?» gli chiesi tenendolo fermo contro il muro.
«L-lei non è tua» balbettò lui
«Questa è la mia scuola e si gioca secondo le mie regole» le mie urla però fecero uscire nel cortile tutti gli studenti e quando Jasmine vide cosa stava succedendo corse verso di noi separandoci
«M...

Table of contents

  1. Capitolo 1
  2. Capitolo 2
  3. Capitolo 3
  4. Capitolo 4
  5. Capitolo 5
  6. Capitolo 6
  7. Indice