ARCHIVI E MUSEI
DELLA SIDERURGIA ITALIANA
DALLA STORIA DELLA SIDERURGIA AI BENI CULTURALI NELLâALTA MAREMMA NOTE SUL CONTRIBUTO DI IVAN TOGNARINI
Rossano Pazzagli*
Negli ultimi decenni il territorio di Piombino e dellâAlta Maremma (Val di Cornia, Val di Pecora e Val di Cecina) si è trovato di fronte ad una crisi industriale che ha reso necessario un impellente processo di riconversione e diversificazione economica. In questo processo hanno trovato una nuova centralitĂ i beni culturali, tra i quali hanno finito per rientrare anche i segni e le testimonianze della lunga tradizione mineraria e metallurgica del territorio. Dalla storia ai beni culturali: un itinerario non semplice e non ancora compiuto, che troviamo riflesso negli studi di Ivan Tognarini, un percorso che vorrei sintetizzare rifacendomi a due lavori della sua vastissima produzione sui temi della siderurgia e dellâarcheologia industriale, due libri pubblicati a 25 anni di distanza lâuno dallâaltro1.
In premessa occorre però ricordare che secondo lâarticolo 10 del Codice dei Beni culturali e del paesaggio sono considerati beni culturali anche le cose immobili e mobili che riguardano la storia dellâindustria e i siti minerari di interesse storico o etnoantropologico. I siti industriali e minerari di cui venga riconosciuto lâinteresse culturale fanno dunque parte a pieno titolo del patrimonio culturale complessivamente inteso, la cui definizione giuridica trova fondamento nellâarticolo 9 della Costituzione Italiana secondo cui la Repubblica âTutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazioneâ.
La storia come patrimonio comune, come contributo alla trasformazione della societĂ e alla ricostruzione di un pensiero del territorio: è questo uno dei principali insegnamenti di Ivano Tognarini, storico dellâetĂ moderna e contemporanea, animatore e organizzatore culturale, che ha praticato la storia nel senso della ricerca storica, dei suoi strumenti (le fonti) ma anche delle sue ereditĂ , tra le quali rientrano i valori fondativi e i processi evolutivi dei luoghi e degli insediamenti. Si tratta di argomenti legati alla strumentazione della ricerca e della vita culturale, dagli archivi ai musei, dai libri ai linguaggi iconografici, fino allâarcheologia industriale, ai parchi e alla tutela e valorizzazione del patrimonio.
Vorrei dire qui, richiamando i nuovi approcci della scuola territorialista2, che non esiste patrimonio senza territorio. Ed è importante che la Regione Toscana, prima in Italia, abbia inserito nella sua recente legge sul governo del territorio proprio il concetto che unifica i due termini: ÂŤPer patrimonio territoriale si intende lâinsieme delle strutture di lunga durata prodotte dalla coevoluzione fra ambiente naturale e insediamenti umani, di cui è riconosciuto il valore per le generazioni presenti e futureÂť3. La conoscenza del processo di costruzione di questo patrimonio aiuta a comprendere le forme necessarie della salvaguardia e della valorizzazione del territorio, indicando concrete possibilitĂ di sviluppo sostenibile. Lâimpegno storiografico di Ivan Tognarini, mai disgiunto dallâimpegno civile e politico, si inscrive certamente in questo orizzonte.
Venendo al tema di questo contributo, possiamo osservare che un caposaldo della storia siderurgica è certamente il convegno che si tenne a Piombino ai primi di ottobre nel 1977: La siderurgia italiana dallâUnitĂ a oggi, i cui atti vennero poi pubblicati in un numero speciale di Ricerche storiche, la rivista che Tognarini ha fondato e diretto per tutta la vita. LĂŹ câera la siderurgia, non câera ancora lâarcheologia industriale, la consapevolezza della quale maturò rapidamente in Italia negli anni successivi, anche grazie allâimpegno dello stesso Tognarini. Nel 1984 usci Siderurgia e miniere in Maremma dal â500 al â900. Archeologia industriale e storia del movimento operaio, una raccolta di ricerche nuove da parte di storici locali e contributi di autori affermati, con alcuni illustri relatori europei (L. Bergeron, S. Woolf, D. Woronoff). Il volume metteva insieme gli atti di due convegni svoltisi lâanno precedente a Piombino e a Massa Marittima, le due cittĂ che rappresentano lâAlta Maremma appunto, un territorio che si distende a cavallo di tre sistemi locali â quello della Val di Cornia, quello della Val di Cecina, quello della Va di Pecora â e che è caratterizzato da una rete di luoghi a maglie larghe, un contesto rurale con alcuni poli industriali come Rosignano, Follonica, Piombino4. Oggi lâintera Alta Maremma si configura come una zona da ripensare, e in questo ripensamento lâereditĂ industriale e la valorizzazione dei beni culturali rappresentano elementi di rilievo.
Si tratta, prima di tutto, di esserne pienamente consapevoli, come Ivano Tognarini ci ha instancabilmente invitato a fare durante la sua vita di studioso, di promuovere una rinnovata coscienza dei luoghi come componente essenziale dellâidentitĂ sociale e d economica dellâarea, nellâaccezione che lucidamente ci ha consegnato di recente lâeconomista Giacomo Becattini5.
La Toscana è una regione che viene percepita spesso nella sua forte identitĂ complessiva, e la sua immagine unitaria costituisce ormai una carta da giocare in Europa e nel mondo. Ma câè Toscana e Toscana: la Val di Cornia è unâarea particolare, un pezzo di Maremma che ha conosciuto tardi lâorganizzazione mezzadrile della campagna, tipica invece del fiorentino e del senese fin dal basso medioevo, che non ha visto la nascita di cittĂ significative, che amministrativamente è rimasta a lungo separata e divisa assumendo i tratti della frontiera, che per prima ha conosciuto la grande industria, plasmatrice di ambiente e valori, di comportamenti, speranze e illusioni. Punti di forza e punti di debolezza che si incrociano nellâattuale fase di trasformazione del quadro economico e sociale locale. Piombino, che della Val di Cornia è il principale centro urbano, è un poâ il simbolo di un mutamento critico che ha riguardato anche altri tratti costieri: âun sistema di parchi archeologici e ambientali â come è stato efficacemente scritto giĂ oltre 10 anni fa â attornia le moli rugginose degli altiforni dismessiâ6.
Lâanalisi non può essere solo sincronica, ma richiede uno sguardo di lungo periodo, come ha sempre fatto Ivan Tognarini, mostrando che si sono susseguiti qui sistemi produttivi imperniati sul settore minerario-metallurgico e in particolare del ferro: da quello etrusco a quello dellâetĂ medicea, che comprendevano anche lâIsola dâElba, fino alla moderna siderurgia, che prende avvio a Piombino verso la fine del XIX secolo per giungere ai giorni nostri. Le rive del golfo di Baratti rappresentano uno dei luoghi dove archeologia classica e archeologia industriale si mescolano in modo singolare, dove arrivano a toccarsi esperienze storiche tra loro lontanissime, dove diventa palese la vocazione metallurgica di questo angolo di Maremma, nella Toscana dei metalli che dalle colline di Massa Marittima e di Campiglia degrada dolcemente verso lâalto Tirreno.
In questa complessa vicenda risulta essenziale il rapporto con le risorse naturali: nei secoli dellâetĂ moderna le lavorazioni siderurgiche hanno trovato nella grande area boscata di Montioni la fonte energetica principale, il legname sufficiente per alimentare i forni e le ferriere di Cornia, nel territorio di Suvereto, che si aggiungevano agli impianti di Caldana, presso lâattuale Venturina7. Fare storia delle miniere e della siderurgia â scriveva Tognarini nellâintroduzione del 1984 â significa ricostruire la storia di questo territorio, una storia del lavoro e dellâeconomia8. Quel libro usciva quando si stavano manifestando i primi vagiti di una crisi del modello industriale, con il suo pesante carico di conseguenze sociali e ambientali. Una crisi progressiva che ha spinto, sia pure in ritardo, a rileggere i caratteri originari del territorio per comprenderne a fondo le potenzialitĂ . La crisi industriale è diventata cosĂŹ unâopportunitĂ per ripensare il modello economico. Che cosa è successo?
Partiamo dalla cittĂ . Piombino è una cittĂ poco toscana; essa è piuttosto una cittĂ mediterranea. Le vicende di lungo periodo mostrano una comunitĂ che da borgo agricolo e marinaro si è trasformata in un luogo industriale a partire dalla fine dellâ800, per arrivare alla âcittĂ fabbricaâ novecentesca: una âpiccola Manchesterâ di Maremma che ora sta faticosamente cercando di essere anche qualcosâaltro. Per ora, forse, è la cittĂ dellâincertezza, tra illusioni e attese salvifiche. La Piombino novecentesca è una cittĂ moderna in un contesto tradizionale; è il luogo degli acciai speciali che si contrappone al persistere della vita dei contadini nelle campagne circostanti e al lavoro paziente dei pescatori verso la marina. Ă soprattutto un paesaggio di lavoro e di lotta. Un paesaggio che ha finito per generare un senso comune diffuso, quasi una omologazione dei comportamenti e degli stili di vita, delle idee, limitando al massimo le eccentricitĂ , le eccezioni e quando ci sono esse restano, appunto, tali: difformitĂ , eccezioni, casi particolari, fughe.
Piombino è stato per un intero secolo uno dei luoghi piĂš importanti della storia industriale italiana. La fabbrica â e piĂš precisamente la cittĂ -fabbrica â è stata cosĂŹ, per molto tempo, una grande realtĂ produttiva ed economica, rappresentando anche un mito, lâaspirazione di intere generazioni ad un lavoro sicuro, con un reddito certo, che conferiva addirittura una piĂš elevata dignitĂ sociale e individuale. Un mito che non câè piĂš, unâaspirazione passata. NellâItalia del miracolo economico la crescita del polo industriale piombinese aveva fatto sĂŹ che sulla cittĂ s...