1. “FONTI DEL DIRITTO”
In prima approssimazione, per fonti del diritto si intendono con espressione metaforica tutti quei fatti (intesi qui in senso ampio, ad includere sia gli “atti” che i “fatti” giuridici) ai quali, in un dato contesto culturale o ordinamentale, è riconosciuta la capacità di modificare, innovare l’ordinamento stesso. Questa definizione è ovviamente incompleta, perché tra le altre cose non chiarisce: a) quali siano i fatti qualificabili come fonti del diritto (ossia, a quali condizioni un certo fatto è considerato produttivo di diritto); e b) in cosa consista la produzione di diritto, ossia cos’è che viene prodotto dalle fonti. Una definizione completa e non apodittica di fonte del diritto dovrà includere anche questi elementi (su cui tornerò tra breve).
La locuzione “fonte del diritto” è, oltre che metaforica, ambigua, perché può indicare cose diverse tra loro, anche se collegate. (Una precisazione importante: tutti i sensi di fonte che illustrerò possono essere intesi in una accezione puramente descrittiva, oppure in una accezione normativa: nel primo caso, si fa riferimento al contesto di scoperta, a ciò che di fatto è usato dagli interpreti come fonte; nel secondo caso si fa riferimento al contesto di giustificazione, a ciò che gli interpreti sono, o si considerano, giustificati ad utilizzare come fonte. Io assumerò il secondo senso, normativo, di fonte).
a) In un primo senso, “fonte del diritto” può indicare un testo, un documento, che è stato prodotto secondo determinate modalità e al quale è riconosciuta la capacità di esprimere norme (a seguito di interpretazione); questo sembra il significato più comune, ed è il significato veicolato quando si dice che la legge o la costituzione sono fonti del diritto. Questa prima accezione di fonte può peraltro essere intesa, a sua volta, in due varianti che è opportuno distinguere:
a1) in una prima variante, “fonte del diritto” si riferisce ad un tipo di documento o di atto normativo. Questo è ciò che si intende quando si afferma che “la legge”, o “la Costituzione”, “il codice”, o “i precedenti” sono o meno fonti del diritto;
a2) in una seconda variante, “fonte del diritto” si riferisce ad uno specifico documento o di atto normativo (che verosimilmente è prima facie riconoscibile come fonte in quanto possiede le caratteristiche di una certa categoria di atti o documenti). Questo è ciò che si intende quando si dice, ad esempio, che una certa legge XY è la fonte di una certa disciplina. Quest’ultima accezione rende intellegibile la possibilità che gli interpreti, pur riconoscendo che un certo tipo di atto normativo, di documento, è astrattamente qualificabile come fonte del diritto, ritengono tuttavia che per certe ragioni quel documento non possa essere propriamente qualificato come fonte del diritto. In ipotesi: mentre gli interpreti certamente concordano che la legge sia, astrattamente, una fonte del diritto, è possibile che quegli stessi interpreti non considerino propriamente come fonte del diritto una certa legge che (con un esempio di Crisafulli, ripreso anche da Guastini) contenga «un’invocazione alla divinità, una formula dedicatoria un’enunciazione di motivi, una dichiarazione didascalica ed esortativa». E lo stesso discorso può farsi, ad esempio, per una legge considerata tacitamente abrogata. Ovviamente, per attribuire o meno ad un atto la qualifica di fonte in questo senso, è necessario esperire su tale atto un’attività interpretativa, poiché la qualificazione di fonte in questo senso è condizionata dal contenuto dell’atto stesso, e non solo dalle sue caratteristiche estrinseche che, in ipotesi, possono essere apprese senza indagare sul contenuto dell’atto stesso (ad es. il nomen juris, la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, ecc.). Su ciò tornerò più volte nel seguito di questo lavoro.
b) In un secondo senso, nel linguaggio giuridico “fonte” è talvolta utilizzato per designare anche il tipo di procedimento o di attività che può produrre i testi o documenti di cui sopra. In questo senso, si dice ad esempio che la legislazione è fonte del diritto: è una attività che produce documenti normativi.
c) In un terzo senso, come fonti del diritto sono talvolta indicate anche le norme che autorizzano la produzione di altre norme: così, la fonte dell’attività legislativa è la costituzione (id est, le norme costituzionali sul procedimento legislativo), ecc..
d) Infine, in un quarto senso sono “fonti del diritto” tutti i fattori che influiscono sul processo di attribuzione di significato da parte degli interpreti ai documenti giuridici. Potremmo qualificare quest’ultimo come l’insieme delle fonti “sostanziali” del diritto, distinte dalle fonti “formali” individuate principalmente dal senso a1), a2), e forse anche c) visti sopra. In tal senso (e si ricordi che assumo un significato normativo, e non puramente descrittivo, di fonte), vi saranno fonti sostanziali tipicamente interne al, e specifiche del, discorso giuridico, mentre altre sono comuni ad altri tipi di discorso, e altre ancora sono mutuate da altri universi di discorso. Così, i metodi interpretativi (in senso ampio) sono fonti sostanziali interne al discorso giuridico, anche se solo in piccola parte esplicitamente disciplinati dal diritto positivo stess; mentre le convenzioni sintattiche e semantiche sono comuni al linguaggio giuridico e al linguaggio ordinario (salvi i termini tecnici e tecnicizzati), e ad es. le regole matematiche sono mutuate da un discorso specialistico del tutto estraneo a quello giuridico.
Qui di seguito, utilizzerò “fonte del diritto” principalmente nel senso a1) e a2): fonte del diritto sono documenti normativi, testi idonei ad esprimere norme giuridiche a seguito di interpretazione. Si noti comunque che in uno stato di diritto, e comunque nell’ambito di una concezione nomodinamica del diritto, in cui ogni attività di produzione del diritto è anche allo stesso tempo un’attività di applicazione del diritto, il soggetto che produce documenti normativi lo fa solitamente in base ad un potere attribuito da norme giuridiche, le quali norme sono (solitamente) il prodotto dell’interpretazione di altri documenti normativi; in questo senso, un documento normativo DN1 (una fonte) è prodotto in base a quanto previsto da un altro documento normativo DN2 (così come interpretato dal soggetto che produce DN1). Da questo punto di vista, dunque, non è una forzatura affermare, kelsenianamente, che DN2 è fonte di DN1. (Si noti però che Kelsen non distingue tra norma e documento normativo: usa “norma” per riferirsi ad entrambe le cose.)
1.1. Questioni di metodo
È evidente l’importanza del problema dell’individuazione delle fonti del diritto, sia sul piano teorico, sia sul piano pratico. Sul piano teorico, l’individuazione delle fonti è ciò che marca la distinzione tra diritto e non diritto: è diritto solo ciò che è riconoscibile come tale in base ad una fonte del diritto. Sul piano pratico, l’individuazione delle fonti è essenziale come guida all’attività di applicazione del diritto: normalmente, gli organi dell’applicazione sono vincolati ad applicare le norme identificate sulla base delle fonti: la possibilità di identificare una norma come regolarmente prodotta da una fonte, e la disponibilità di criteri di ordinazione e di preferenza tra le molteplici fonti esistenti in un ordinamento sufficientemente complesso, so-
no dunque fattori essenziali nel procedimento di applicazione del diritto.
In una maniera lievemente stipulativa, possiamo allora distinguere tre livelli di analisi del problema delle fonti.
Un primo livello di analisi è filosofico-giuridico: consiste nel chiedersi cosa sono le fonti del diritto, quale tipo di fatto possa, o non possa, aspirare alla qualificazione di fonte del diritto. Così, in una prospettiva giuspositivista fonti del diritto saranno esclusivamente fatti umani, in particolare ma non solo fatti umani deliberatamente volti alla creazione di diritto; in una prospettiva giusnaturalista saranno inclusi tra le fonti del diritto, oltre ai menzionati fatti umani, anche fatti o entità ulteriori rispetto ai comportamenti umani deliberatamente volti alla creazione di diritto: la natura delle cose, la ragione umana, l’intuizione morale… (nessuna posizione giusnaturalista negherebbe che il diritto sia anche un prodotto umano. Il diritto positivo è però subordinato, quanto alla sua validità, alla sua obbligatorietà, al suo essere “vero diritto”, ecc., al diritto naturale); in una prospe...