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Lo studio dell'interpretazione nel campo tributario riveste un notevole interesse, sia perché si associa all'origine e allo sviluppo del diritto tributario, almeno così come lo conosciamo in epoca contemporanea, sia perché la questione dell'interpretazione delle disposizioni normative tributarie si inserisce nel più ampio spettro del rapporto tra fisco e cittadino.
Lo scopo di questo scritto consiste nel condurre un'indagine di metagiurisprudenza in grado di cogliere i riflessi che il diverso modo di intendere il rapporto tra potere di imposizione e individuo ha sulle tecniche dell'interpretazione, sulla preferenza di alcune a scapito di altre, sull'inibizione dell'uso di talune di esse o sulla maniera di caratterizzare una o più tecniche.
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Information
1. Oggetto e metodo del saggio
È opportuno chiarire per primi l’oggetto e il metodo del presente scritto.
L’oggetto è costituito dall’interpretazione delle disposizioni normative tributarie. In questo saggio per ‘interpretazione’ si intende sia la determinazione del significato degli enunciati normativi (interpretazione in senso specifico), sia l’individuazione di una norma generale in grado di offrire una soluzione per una fattispecie (interpretazione in senso generico)1. Insomma, per dirla in termini più semplici, il discorso riguarderà pure l’analogia e gli altri ragionamenti che presuppongono la determinazione di significato delle disposizioni normative2. Il saggio riguarderà, quindi, l’interpretazione in senso specifico e quella parte dell’interpretazione in senso generico detta, solitamente, integrazione. Per ‘disposizioni normative tributarie’ si intendono gli enunciati contenuti in testi normativi vigenti di natura non penale riguardanti i tributi (imposte, tasse etc.)3.
Per ciò che concerne il metodo, l’indagine sarà di natura “metagiurisprudenziale” e riguarderà la dottrina e i giudici4. L’intento è quello di far emergere i nodi problematici precipui riguardanti l’interpretazione delle disposizioni normative tributarie, per realizzarlo si prenderanno in considerazione alcuni degli scritti (manualistici e non) della dottrina tributaristica e i principali orientamenti giudiziali5. Non si intende tracciare un quadro esaustivo della dottrina e della giurisprudenza sul tema oggetto di indagine, bensì una sintesi delle questioni ricorrenti, dei vari modi in cui esse sono proposte e affrontate6.
1 Si usa la distinzione tra interpretazione in senso generico e in senso specifico nei termini proposti da Maniaci 2009, 250-251.
2 Per chi scrive, dunque, l’analogia fa parte dell’integrazione (su tale nozione v. Velluzzi 2013, 84-98), per le conseguenze di tale impostazione riguardo ai tributi v. infra, § 3.
3 Quali siano le caratteristiche strutturali e funzionali che consentono di individuare un tributo è controverso, di conseguenza può risultare controversa anche la qualificazione di una disposizione normativa come ‘tributaria’. Si tratta di un punto che nell’economia di questo scritto merita menzione, ma non una specifica riflessione. Il diritto penale tributario è estraneo a questa trattazione. Il lettore avrà notato che si adotta la distinzione tra disposizione normativa e norma, ossia tra l’enunciato delle fonti e il suo significato.
4 La metagiurisprudenza «è il discorso, per lo più fatto dai filosofi, che si occupa delle giurisprudenza» (Jori, Pintore 2014, 148). Nel nostro caso per giurisprudenza si intende sia ciò che dicono gli studiosi del diritto tributario, sia ciò che dicono i giudici.
5 La considerazione accordata ai manuali non deve stupire, vista l’incisività di parecchie affermazioni riguardanti l’interpretazione in essi contenute.
6 Il contributo più corposo e documentato è quello di Melis 2003; per una ricostruzione storica, non percorribile in questa sede, sono imprescindibili Giannini M.S. 1941 (ristampa 2002 dalla quale saranno tratte le citazioni) e Falsitta 2014 (raccolta di saggi densa e ricca di rimandi bibliografici, il cui interesse storico-giuridico e dogmatico non è limitato all’interpretazione).
2. Tecniche e risultati dell’interpretazione
Lo studio dell’interpretazione nel campo tributario riveste un notevole interesse, sia perché tale studio si associa all’origine e allo sviluppo del diritto tributario, almeno così come lo conosciamo in epoca contemporanea, sia perché la questione dell’interpretazione delle disposizioni normative tributarie «altro non è in fondo che un aspetto parziale del problema della consistenza e dell’esercizio del potere di imposizione dell’ente pubblico […]. Il quale problema si ordina in un complesso di relazioni tra individuo e pubblico potere, nel corpo delle quali le relazioni fra autorità finanziarie e individui sono fra le meno chiassose, per i molti elementi tecnici che le compongono, ma certo praticamente fra le più importanti e ricche di ripercussioni concrete»1. L’interpretazione delle disposizioni normative tributarie si inserisce, dunque, nel più ampio spettro del rapporto tra fisco e cittadino, costituendone un tassello di non poco conto. Un aspetto interessante da esaminare è costituito, infatti, dai riflessi che il diverso modo di intendere il rapporto tra potere di imposizione e individuo (per usare la parole di Massimo Severo Giannini) ha sulle tecniche dell’interpretazione, sulla preferenza di alcune a scapito di altre, sull’inibizione dell’uso di talune di esse o sulla maniera di caratterizzare una o più tecniche2.
Non potendo ripercorrere nel volgere di poche battute le vicende di storia della cultura giuridica e di formazione del diritto tributario che stanno dietro le questioni appena segnalate, si tratteranno alcuni aspetti di rilievo presenti in letteratura e in giurisprudenza per ciò che concerne le tecniche dell’interpretazione adottate (o in taluni casi rifiutate) dagli interpreti delle disposizioni normative tributarie3. Si tratta di un percorso di indagine non nuovo, ma che vale la pena aggiornare4.
L’avvio può essere costituito da uno degli aspetti, per così dire, tradizionali del tema che ci occupa, ovvero dal ruolo dell’argomento della costanza semantica (o costanza terminologica)5. L’interrogativo incessantemente riproposto è il seguente: laddove il legislatore tributario si serve di termini che in altri settori hanno assunto un certo significato oppure sono espressamente definiti, l’interprete è tenuto ad attribuire quel significato o ad adottare quella definizione per l’ambito tributario? Le tesi in campo sono varie, vediamone alcune.
V’è chi è contrario all’uso della costanza semantica e afferma, quindi, l’opportunità di accedere all’incostanza semantica, ossia all’attribuzione di uno specifico significato per l’ambito tributario in ragione delle peculiari finalità delle norme tributarie6. Altri hanno sostenuto che la contrapposizione tra “autonomisti” e “antiautonomisti” (per mutuare il lessico invalso tra gli stessi studiosi del diritto tributario) è sterile, soprattutto se estremizzata. Bisognerebbe aver cura delle esigenze, tutte degne di attenzione, che le due tesi tendono a soddisfare, privilegiando la costanza o l’incostanza semantica a seconda dei casi, in virtù dell’interpretazione teleologica del tributo, poiché «Ogni operazione interpretativa deve essere coerente con la ratio del tributo»7. V’è poi chi considera operante una presunzione relativa di costanza semantica, superabile in caso di «conflitto con qualificazioni giuridiche di altri settori normativi, qualora sussista una giustificazione convincente di tale incompatibilità»8.
Va detto, inoltre, che si può ragionare di costanza semantica pure all’interno del medesimo testo normativo, non solo per testi normativi differenti o di altri settori disciplinari. Ciò può sicuramente valere per il momento storico attuale affollato di testi normativi con contenuti eterogenei. Bisogna pure ricordare che l’argomento della costanza semantica si associa di solito alla presenza di definizioni legislative e il nesso può manifestarsi in due modi: l’interprete ritiene di non poter prescindere dalla presenza di una definizione; l’interprete ritiene di non poter prescindere dalla presenza di una definizione e da una delle interpretazioni (la più diffusa, quella consolidata) dell’enunciato definitorio.
Il dibattito intorno al ruolo della costanza (e dell’incostanza) semantica è una prospettiva feconda per mettere a fuoco molti aspetti riguardanti l’interpretazione in campo tributario. Nei discorsi compiuti entrano in gioco, infatti, considerazioni teleologiche attinenti alle singole norme, a gruppi di esse o al diritto tributario nel suo complesso, e, in ragione di ciò, vengono stimolate riflessioni sul linguaggio giuridico tributario, sul grado di tecnicismo che lo connota e sulle conseguenze che ne discendono per l’interpretazione. Questo passaggio investe, oltre alla controversia sull’autonomia cui si è fatto cenno, anche il grado del prestito semiotico a livello semantico nel diritto tributario, fermo restando il forte vincolo del prestito semiotico a livello sintattico9.
Soffermiamo l’attenzione su alcune questioni.
Anche per il campo tributario vale «in linea di massima» l’art. 12 delle Preleggi10. Partiamo da questo punto limitando per ora il discorso al primo comma (del secondo si dirà più avanti). La disposizione normativa in esame pone molti e ben noti problemi, se ne segnalano, senza pretesa di completezza, quattro: determinazione dei contenuti della disposizione; rapporti tra le tecniche interpretative in essa contenute; ambito di applicazione della disposizione; superamento della disposizione in ragione del mutato quadro delle fonti11. Confinando l’attenzione ai contenuti (cioè al significato proprio delle parole e all’intenzione del legislatore) ci si chiede come debba essere inteso il significato proprio delle parole, visto che il lessico tributario è affollato non solo di termini tecnici, bensì anche di termini mutuati dal linguaggio ordinario che sovente assumono nel contesto tributario significati differenti rispetto all’uso comune.
Quale sia in questi casi il significato proprio, nel senso di più appropriato, viene abitualmente posto in relazione col modo in cui l’interprete concepisce il tributo e il suo fine. V’è, quindi, un forte intreccio tra aspetto letterale (o del significato proprio inteso come letterale) e aspetto teleologico dell’interpretazione, intreccio che non sempre chiarisce il modo di intendere i rapporti tra i criteri contenuti nell’art. 12, comma primo delle Preleggi. Infatti l’interpretazione teleologica può selezionare uno dei significati lessicalmente esprimibili dalla disposizione normativa, indicandolo come proprio, oppure può, per così dire, porsi in tensione col tenore lessicale della di...
Table of contents
- Collana
- Frontespizio
- Colophon
- Ringraziamenti
- 1. Oggetto e metodo del saggio
- 2. Tecniche e risultati dell'interpretazione
- 3. Una questione sempre attuale: analogia e disposizioni normative tributarie
- 4. Interpretazione e abuso del diritto
- Bibliografia