Manlio Iofrida
Presentazione
Il nuovo volume che il gruppo di âOfficine Filosoficheâ presenta (il terzo della serie, frutto di un lavoro di ricerca che ormai dura da quasi un decennio) è, per i suoi contenuti, in stretta continuitĂ col precedente, che aveva per titolo Ecologia, esistenza, lavoro. In una prima parte, sono raccolti quasi tutti gli interventi alla giornata di studi che si è tenuta a Bologna nel Maggio del 2015 e che aveva come titolo Lavoro e alienazione nellâepoca dellâemergenza ecologica; il tema dei lavori era costituito dal rapporto fra capitalismo, tematica ecologica e pensiero critico e si proponeva di riprendere il filo di un discorso critico e storico sulla societĂ capitalistica e, in particolare, sul tardo capitalismo neoliberale in cui viviamo.
Nel saggio di StĂŠphane Haber la questione viene ricostruita a partire dal classico testo di OâConnor su marxismo e ecologismo, di cui Haber rileva il limite di un eccesso di ortodossia; come molte altre teorie sociali âche sopravvalutano lâautonomia e la consistenza dellâordine socialeâ, la visione di OâConnor ha portato alla rimozione di due temi del pensiero europeo classico: la questione delle determinanti geografiche della storia e lâidea che le societĂ umane vanno incontro âa dei processi di corruzione, o addirittura di crolloâ. Ă a partire da questi temi, che entrambi pongono al centro il problema della natura, che, per Haber, deve essere ripensato oggi il problema del rapporto capitalismo-ecologia. Per un lato, si tratta di tornare a riflettere sulla varietĂ geografica e storica del capitalismo; per lâaltro, di ripensare quella medesima storia a partire dal ruolo che in essa hanno avuto i fattori contingenti, in modo da far emergere il ruolo attivo e irriducibile, e non di mero âmezzo di produzioneâ, del fattore naturale. Attraverso il richiamo a temi classici, come quelli dei limiti geografici della culturalizzazione e della precarietĂ e fragilitĂ delle formazioni sociali, si riapre cosĂŹ il discorso critico sulla storicitĂ e pluralitĂ del fenomeno del capitalismo.
Il saggio di Luca Paltrinieri è unâoriginale applicazione del metodo genealogico foucaultiano al problema dellâimpresa: lâautore mette in rilievo come questâentitĂ manchi di essere problematizzata dalla filosofia politica, ma anche dalle altre discipline, in specie quelle economiche e sociologiche. Il centro del discorso di Paltrinieri è lâindividuazione, nellâimpresa, di due forme di razionalitĂ eterogenee, conflittuali ma non incompatibili: la prima è quella dello scambio e del mercato, che è una logica individualistica, esemplarmente rappresentata dalla figura schumpeteriana dellâimprenditore, la seconda è quella dellâefficienza aziendale, che ha il suo punto di riferimento nel management, e che tende alla strutturazione gerarchica, ma anche alla creazione di una vera e propria socialitĂ . Lâinnesto fra queste due diverse ragioni, la cui contraddittorietà è intensificata dalla finanziarizzazione, costituisce un vero e proprio dispositivo nel senso foucaultiano del termine: la sua messa a fuoco è fondamentale per poterne operare la storicizzazione, ovvero la critica.
Ubaldo Fadini si sofferma invece, nel suo saggio, su freelance e figure affini, leggendo questi fenomeni in unâottica cooperativa e sottolineando lâimportanza che, a questo scopo, hanno le nuove tecnologie. Sviluppando la tematica, che gli è cara, della mutazione antropologica indotta da queste ultime, Fadini mette in rilievo lâimpatto ecologico che il coworking può avere in funzione di una rivalorizzazione dei territori. Egli evidenzia la compresenza, in tali nuove pratiche, di una dimensione comunitaria, critica della tradizionale organizzazione gerarchica del lavoro, che permette di guardare in modo nuovo allo statuto del lavoro autonomo, tradizionalmente confinato alla dimensione individualistica; e di un lato affaristico, che le possono far assorbire senza problemi nel sistema capitalistico. Fadini conclude associando le prospettive aperte da Gorz sullâeconomia della conoscenza come âeconomia della messa in comune e della gratuitĂ â alla tematica benjaminiana di una nuova soggettivitĂ prodotta dal combinarsi della fisicitĂ corporea con le nuove tecnologie (una linea che egli ha di recente originalmente sviluppato nel suo saggio Divenire corpo).
Stefano Righetti sottolinea vigorosamente come unâimpostazione ecologica del rapporto produzione-natura debba essere riportata con radicalitĂ al modello specifico che, da secoli, domina nella nostra cultura: quello di una temporalitĂ evolutiva distruttiva di ogni limite natural-spaziale: solo partendo da questa specificitĂ del modello occidentale si potrĂ cogliere quanto sia urgente e storicamente specifica lâattuale emergenza ecologica. Che la cultura sia vista come potenziamento della natura o che implichi la funzionalizzazione della vita a ciò che è utile allâeconomia, lâaspetto di alteritĂ assoluta della natura viene da quasi tutte le visioni occidentali rimosso e la natura stessa vista come mera risorsa produttiva. In una prospettiva coerentemente ecologica va invece valorizzato non tanto un astratto concetto di natura, ma quel momento dellâambiente della vita che costituisce il vero limite dellâattivitĂ culturalizzante. Al principio unico della produzione, che vige nel capitalismo attuale, e alla produzione come agire potenzialmente illimitato, si deve opporre âlâimprescindibile materialitĂ di un sistema biologico e ambientale improvvisamente limitati e vulnerabiliâ, temi per i quali Righetti sottolinea lâattualitĂ del richiamo a Marcuse.
Nel mio saggio cerco di ritrovare il senso e lâattualitĂ della riproposta che Merleau-Ponty fece del concetto di natura alla fine degli anni Cinquanta, in primo luogo ricostruendone il contesto storico-politico, in secondo luogo approfondendone alcuni aspetti teorici, che sono legati a un nucleo assai complesso di concetti â Stiftung, natura-cultura, Kultur-Zivilisation â che comportano il riconoscimento di unâattivitĂ propria della natura, la consapevolezza del rapporto reciproco di attivitĂ e passivitĂ che ci lega ad essa e lâesigenza di pensare quel suolo della nostra attivitĂ che ha, come immediata conseguenza pratica, la necessitĂ di rispettare la modalitĂ in cui il nostro corpo si rapporta al mondo ad esso circostante: contro ogni concezione della tecnologizzazione integrale del corpo, si rivendica lâirriducibilitĂ del vivente alla tecnica.
Nel loro saggio, Prisca Amoroso e Gianluca De Fazio puntano a una ridefinizione della soggettivitĂ in senso ecologico facendo leva sul tema del gioco: tale paradigma, che è per vari aspetti riportabile alla tematica fenomenologica e poi ontologica di Merleau-Ponty, viene approfondito riferendosi ad alcune zone dei corsi sulla Natura, in particolare a quelli dedicati dal filosofo al mimetismo animale; su un piano piĂš teoretico, esso viene collegato alla tematica dellâimprovvisazione, che permette di arrivare a una concezione del soggetto che è un continuo farsi a contatto con lâambiente: esso è dunque, in una dimensione di praktognosia, un contingente divenire-individuo, âuna singolaritĂ â dicono gli autori, con evidenti assonanze deleuziane â di quellâEssere univoco che è il campo ontologicoâ.
Il saggio di Igor Pelgreffi, riprendendo il filo della questione cooperativa, presente nel saggio di Paltrinieri, Fadini e altri, approfondisce la questione del legame fra lavoro, corpo e mano, sulle tracce degli studi di Sennett sullâartigianato. Il centro del suo discorso è dato dal tema della passivitĂ e dellâautomatismo, che si accoppia, senza contraddirlo, al momento della libertĂ e della novitĂ ; ma la mano artigianale va anche valutata dal punto di vista del suo inserirsi in modo ecologico nellâambiente che la circonda, obbedendogli e trasformandolo al tempo stesso, e configurando quindi una vera e propria tecnica ecologica. A partire da qui possiamo ripensare la soggettivitĂ : facendo leva anchâegli sul concetto di limite, Pelgreffi insiste sia sullâesigenza che il soggetto, nello spostare i confini rispetto alla natura, se ne lasci nello stesso tempo riconfinare, sia sul fatto che lavorare significa anche istituire una relazione con gli altri che ha le stesse caratteristiche di irriducibilitĂ e di limite: âtra corpo singolare e corpo sociale â dice lâautore â va colta sempre la possibilitĂ di una risonanza.â La conclusione è che la questione dellâartigianato ripropone la centralitĂ del momento della produzione.
La seconda parte del volume si apre con unâintervista, curata da Prisca Amoroso, a Ted Toadvine, uno dei massimi studiosi del tema della natura in Merleau-Ponty, che, fra l'altro, in alcuni cenni autobiografici, riallaccia tale tema allâesperienza tutta americana della wilderness. Segue quindi una serie di saggi che sono strettamente legati alle tematiche dei lavori precedenti: Roberto Marchesini, vero fondatore, a livello internazionale, della tematica del Post-human, approfondisce e sviluppa tale tematica in relazione a un concetto-chiave della filosofia e dellâestetica classiche, quello di mimesis: se inteso nella sua reale portata, esso è in grado di sconfessare lâautoreferenzialitĂ identitaria tipica dellâumanesimo occidenta...