Emergenza ecologica Alienazione Lavoro
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About this book

Il nuovo volume del gruppo di ricerca di "Officine Filosofiche" raccoglie, in una prima parte, quasi tutti gli interventi alla giornata di studi dal titolo Lavoro e alienazione nell'epoca dell'emergenza ecologica (Bologna, 2015), il cui tema era il rapporto fra il tardo capitalismo neoliberale in cui viviamo, la tematica ecologica e il pensiero critico. In una serie di densi saggi tale rapporto viene approfondito da molteplici punti di vista: la storia dello sviluppo capitalistico e l'irriducibilitĂ , che dalla sua analisi risulta, di alcuni presupposti naturali; la questione dell'impresa alla luce di alcuni fondamentali paradigmi foucaultiani, e in particolare di quello di dispositivo; la questione della nuova economia dei freelance associando le prospettive "comunitarie" di Gorz ad alcune tematiche benjaminiane; l'individuazione del modello specificamente occidentale di una temporalitĂ  evolutiva, matrice della distruzione di ogni limite natural-spaziale; l'attualitĂ  della riproposta che Merleau-Ponty fece del concetto di natura alla fine degli anni Cinquanta; il tentativo di una ridefinizione della soggettivitĂ  in senso ecologico facendo leva sul paradigma del gioco; la questione del legame fra lavoro, corpo e mano, sulle tracce degli studi di Sennett sull'artigianato.
Una seconda parte del volume è aperta da un'intervista, curata da Prisca Amoroso, a Ted Toadvine, uno dei massimi studiosi del tema della natura in Merleau-Ponty e del suo rapporto con l'ecologia; seguono una serie di saggi che sono strettamente legati ai lavori precedenti: dal Post-human in rapporto al concetto di mimesis, ai temi principali della riflessione di Silvano Petrosino, ai fondamenti epistemologici della biopolitica di Agamben e Esposito, a alcuni aspetti antropologico-sociologici del mondo finanziario. Con un'intervista a Ted Toadvine a cura di Prisca Amoroso A cura diManlio Iofrida
Gli autori: Prisca Amoroso, Silvano Cacciari, Gianluca De Fazio, Ubaldo Fadini, Glenda Franchin, StĂŠphane Haber, Manlio Iofrida, Francesco Marchesi, Roberto Marchesini, Luca Paltrinieri, Igor Pelgreffi, Stefano Righetti, Ted Toadvine

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Information

Year
2017
Print ISBN
9788870007077
eBook ISBN
9788870007558
Subtopic
Ecology






Parte Prima








Manlio Iofrida
Presentazione
Il nuovo volume che il gruppo di “Officine Filosofiche” presenta (il terzo della serie, frutto di un lavoro di ricerca che ormai dura da quasi un decennio) è, per i suoi contenuti, in stretta continuità col precedente, che aveva per titolo Ecologia, esistenza, lavoro. In una prima parte, sono raccolti quasi tutti gli interventi alla giornata di studi che si è tenuta a Bologna nel Maggio del 2015 e che aveva come titolo Lavoro e alienazione nell’epoca dell’emergenza ecologica; il tema dei lavori era costituito dal rapporto fra capitalismo, tematica ecologica e pensiero critico e si proponeva di riprendere il filo di un discorso critico e storico sulla società capitalistica e, in particolare, sul tardo capitalismo neoliberale in cui viviamo.
Nel saggio di Stéphane Haber la questione viene ricostruita a partire dal classico testo di O’Connor su marxismo e ecologismo, di cui Haber rileva il limite di un eccesso di ortodossia; come molte altre teorie sociali “che sopravvalutano l’autonomia e la consistenza dell’ordine sociale”, la visione di O’Connor ha portato alla rimozione di due temi del pensiero europeo classico: la questione delle determinanti geografiche della storia e l’idea che le società umane vanno incontro “a dei processi di corruzione, o addirittura di crollo”. È a partire da questi temi, che entrambi pongono al centro il problema della natura, che, per Haber, deve essere ripensato oggi il problema del rapporto capitalismo-ecologia. Per un lato, si tratta di tornare a riflettere sulla varietà geografica e storica del capitalismo; per l’altro, di ripensare quella medesima storia a partire dal ruolo che in essa hanno avuto i fattori contingenti, in modo da far emergere il ruolo attivo e irriducibile, e non di mero “mezzo di produzione”, del fattore naturale. Attraverso il richiamo a temi classici, come quelli dei limiti geografici della culturalizzazione e della precarietà e fragilità delle formazioni sociali, si riapre così il discorso critico sulla storicità e pluralità del fenomeno del capitalismo.
Il saggio di Luca Paltrinieri è un’originale applicazione del metodo genealogico foucaultiano al problema dell’impresa: l’autore mette in rilievo come quest’entità manchi di essere problematizzata dalla filosofia politica, ma anche dalle altre discipline, in specie quelle economiche e sociologiche. Il centro del discorso di Paltrinieri è l’individuazione, nell’impresa, di due forme di razionalità eterogenee, conflittuali ma non incompatibili: la prima è quella dello scambio e del mercato, che è una logica individualistica, esemplarmente rappresentata dalla figura schumpeteriana dell’imprenditore, la seconda è quella dell’efficienza aziendale, che ha il suo punto di riferimento nel management, e che tende alla strutturazione gerarchica, ma anche alla creazione di una vera e propria socialità. L’innesto fra queste due diverse ragioni, la cui contraddittorietà è intensificata dalla finanziarizzazione, costituisce un vero e proprio dispositivo nel senso foucaultiano del termine: la sua messa a fuoco è fondamentale per poterne operare la storicizzazione, ovvero la critica.
Ubaldo Fadini si sofferma invece, nel suo saggio, su freelance e figure affini, leggendo questi fenomeni in un’ottica cooperativa e sottolineando l’importanza che, a questo scopo, hanno le nuove tecnologie. Sviluppando la tematica, che gli è cara, della mutazione antropologica indotta da queste ultime, Fadini mette in rilievo l’impatto ecologico che il coworking può avere in funzione di una rivalorizzazione dei territori. Egli evidenzia la compresenza, in tali nuove pratiche, di una dimensione comunitaria, critica della tradizionale organizzazione gerarchica del lavoro, che permette di guardare in modo nuovo allo statuto del lavoro autonomo, tradizionalmente confinato alla dimensione individualistica; e di un lato affaristico, che le possono far assorbire senza problemi nel sistema capitalistico. Fadini conclude associando le prospettive aperte da Gorz sull’economia della conoscenza come “economia della messa in comune e della gratuità” alla tematica benjaminiana di una nuova soggettività prodotta dal combinarsi della fisicità corporea con le nuove tecnologie (una linea che egli ha di recente originalmente sviluppato nel suo saggio Divenire corpo1).
Stefano Righetti sottolinea vigorosamente come un’impostazione ecologica del rapporto produzione-natura debba essere riportata con radicalità al modello specifico che, da secoli, domina nella nostra cultura: quello di una temporalità evolutiva distruttiva di ogni limite natural-spaziale: solo partendo da questa specificità del modello occidentale si potrà cogliere quanto sia urgente e storicamente specifica l’attuale emergenza ecologica. Che la cultura sia vista come potenziamento della natura o che implichi la funzionalizzazione della vita a ciò che è utile all’economia, l’aspetto di alterità assoluta della natura viene da quasi tutte le visioni occidentali rimosso e la natura stessa vista come mera risorsa produttiva. In una prospettiva coerentemente ecologica va invece valorizzato non tanto un astratto concetto di natura, ma quel momento dell’ambiente della vita che costituisce il vero limite dell’attività culturalizzante. Al principio unico della produzione, che vige nel capitalismo attuale, e alla produzione come agire potenzialmente illimitato, si deve opporre “l’imprescindibile materialità di un sistema biologico e ambientale improvvisamente limitati e vulnerabili”, temi per i quali Righetti sottolinea l’attualità del richiamo a Marcuse.
Nel mio saggio cerco di ritrovare il senso e l’attualità della riproposta che Merleau-Ponty fece del concetto di natura alla fine degli anni Cinquanta, in primo luogo ricostruendone il contesto storico-politico, in secondo luogo approfondendone alcuni aspetti teorici, che sono legati a un nucleo assai complesso di concetti – Stiftung, natura-cultura, Kultur-Zivilisation – che comportano il riconoscimento di un’attività propria della natura, la consapevolezza del rapporto reciproco di attività e passività che ci lega ad essa e l’esigenza di pensare quel suolo della nostra attività che ha, come immediata conseguenza pratica, la necessità di rispettare la modalità in cui il nostro corpo si rapporta al mondo ad esso circostante: contro ogni concezione della tecnologizzazione integrale del corpo, si rivendica l’irriducibilità del vivente alla tecnica.
Nel loro saggio, Prisca Amoroso e Gianluca De Fazio puntano a una ridefinizione della soggettività in senso ecologico facendo leva sul tema del gioco: tale paradigma, che è per vari aspetti riportabile alla tematica fenomenologica e poi ontologica di Merleau-Ponty, viene approfondito riferendosi ad alcune zone dei corsi sulla Natura, in particolare a quelli dedicati dal filosofo al mimetismo animale; su un piano più teoretico, esso viene collegato alla tematica dell’improvvisazione, che permette di arrivare a una concezione del soggetto che è un continuo farsi a contatto con l’ambiente: esso è dunque, in una dimensione di praktognosia, un contingente divenire-individuo, “una singolarità – dicono gli autori, con evidenti assonanze deleuziane – di quell’Essere univoco che è il campo ontologico”.
Il saggio di Igor Pelgreffi, riprendendo il filo della questione cooperativa, presente nel saggio di Paltrinieri, Fadini e altri, approfondisce la questione del legame fra lavoro, corpo e mano, sulle tracce degli studi di Sennett sull’artigianato. Il centro del suo discorso è dato dal tema della passività e dell’automatismo, che si accoppia, senza contraddirlo, al momento della libertà e della novità; ma la mano artigianale va anche valutata dal punto di vista del suo inserirsi in modo ecologico nell’ambiente che la circonda, obbedendogli e trasformandolo al tempo stesso, e configurando quindi una vera e propria tecnica ecologica. A partire da qui possiamo ripensare la soggettività: facendo leva anch’egli sul concetto di limite, Pelgreffi insiste sia sull’esigenza che il soggetto, nello spostare i confini rispetto alla natura, se ne lasci nello stesso tempo riconfinare, sia sul fatto che lavorare significa anche istituire una relazione con gli altri che ha le stesse caratteristiche di irriducibilità e di limite: “tra corpo singolare e corpo sociale – dice l’autore – va colta sempre la possibilità di una risonanza.” La conclusione è che la questione dell’artigianato ripropone la centralità del momento della produzione.
La seconda parte del volume si apre con un’intervista, curata da Prisca Amoroso, a Ted Toadvine, uno dei massimi studiosi del tema della natura in Merleau-Ponty, che, fra l'altro, in alcuni cenni autobiografici, riallaccia tale tema all’esperienza tutta americana della wilderness. Segue quindi una serie di saggi che sono strettamente legati alle tematiche dei lavori precedenti: Roberto Marchesini, vero fondatore, a livello internazionale, della tematica del Post-human, approfondisce e sviluppa tale tematica in relazione a un concetto-chiave della filosofia e dell’estetica classiche, quello di mimesis: se inteso nella sua reale portata, esso è in grado di sconfessare l’autoreferenzialità identitaria tipica dell’umanesimo occidenta...

Table of contents

  1. Collana
  2. Colophon
  3. Comitato
  4. Frontespio
  5. PARTE PRIMA
  6. PARTE SECONDA