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CAPO PRIMO.
Vero principio della Congregazione
Quanto prodigioso sia il principio della Congregazione, di cui sono a formarne regolato racconto basta il dire, che la sua vera origine venne prodotta dalla sola, e soda Pietà di certi poveri uomini, che, accidentalmente unendosi, zelavano per la gloria di Dio, e per la salute delle anime. Quindi è che senza l’aiuto di quelle sostanze, che tanto danno di coraggio alle persone, che professano le pompe, e le magnificenze mondane, ma solo col riflesso di far cose buone, e grate al Signore, viene la Congregazione a stabilirsi con uno Spirito simile a quello dell’Apostolo, cioè regolato dalla vera Carità , che di nulla teme, sempre eguale nel suo operare, e che dalle stesse sue avversità prende maggior lena, e coraggio maggiore a superarne gl’incontri malagevoli, riportandone anche da ciò motivo di sempre miglior merito. Tale dissi fu lo spirito del primo nostro Instituto, perché spirito di santa semplicità , e di profonda umiltà , spirito in somma regolato, e diretto dalle pure intenzioni di Dio, che voleva in questa città una unione di tante persone divote sempre impegnate per il vero di Lui culto, e però da sodi, e veri fondamenti volle, che fosse innalzata una Macchina di sì grande edificazione quanto quella, che dovea formare in Modena il mag [p. 2] gior decoro alla Pietà Cristiana, e il miglior lustro alla Ecclesiastica Secolare Gerarchia.
Perché nel secolo passato distinguevasi in modo particolare per queste nostre contrade la Pietà , e la divozione, mentre d’altro non si parlava, che di erigere Chiese, di render più adorne le già fatte, d’introdurre nuove Familie Religiose, e di fondar Confraternite, Spedali, ed Opere Pie, un certo Messer Giovanni Lintrù, o Lintruti distinguevasi d’assai nell’esercizio di Opere veramente Cristiane, e in particolare verso gl’Infermi, nel cui servigio era sempre zelantissimo, e nel medesimo finì anche sua vita su le vicinanze di Pavia colà spedito dal Duca Francesco Primo per assistere allo Spedale di soldati ammalati. Questo uomo era detto per sopra nome il Frangino da certa frangia di seta, che gli pendeva dalla beretta portata a foggia di perrucca. Abitava egli in Modena vicino, e sotto la Parrocchia dei SS. Pietro, e Paolo, e precisamente nella Contrada detta la Rua della Pioppa. Fu di professione falegname, e teneva ancora magazzeno di gesso, calcina e pietre. Attendeva sì a suoi affari, ma non ommetteva mai l’esenziale del suo zelo, e verso Dio, e verso il prossimo, e perché erasi esso interessato per la erezione dell’Ospedale per i poveri Pellegrini regolato poscia da gran [p. 3] tempo sino all’erezione del presente grande Albergo de’ Poveri dai Confratelli delle Sacre Stigmate, la di cui Confraternita in allora era eretta, ritrovandosi un giorno a far visita al suo Compagno Messer Modesto Cagnoli da qualche tempo indisposto, e cadendo il discorso del suddetto Ospedale, nel quale si adoprava la sua Pietà , spiegò al medesimo altra sua idea, di trovar modo di dar ricovero alle Povere Vedove Scalze della città , così nominate per la estrema loro povertà , per distinguerle da altre Povere Vedove, che alloggiavano gratis in certe case della Comunità dette Caselle, acquistate, e donate secondo la tradizione, che corre, dalla Contessa Metilde [sic], ma che più non susistano a tal uso, trasportate sin d’allora le Vedove nella contrada a man sinistra della Chiesa fù S. Michele ora S. G. Battista della Morte chiamata a dì nostri le Caselline.
Pieno pertanto il Lintruti di belle, e sante idee, ma privo di sostanze, e scarso di denaro, senza del quale difficilissima per non dire impossibile riesce ogni impresa, fidandosi però in Dio, e nella Pietà dei cittadini, soggiunse, che sarebbe bene di andare cercando per la città , affine di far raccolta di elemosine se non sufficienti a compier l’opera, almeno a principiarla. Ripigliò allora l’Infermo, ed’Io pure sarò con Voi, se Iddio mi farà la grazia [p. 4] di potermi rimettere perfettamente in Sanità . Stipulato così l’instrumento di Società , e guarito il Cagnoli ecco, che si pongono all’atto dei loro concertati disegni, ed appunto nel giorno 8 di agosto 1608 escono per la città vestiti di una cappa di tela rossa coperti in faccia, scalzi ne’ piedi dentro però a’ sandali, e con bussola in mano dimandano elemosina a quanti incontrano. Questo nuovo Metodo produsse secondo il solito nel paese la curiosità , sicché ben presto si fece pubblica la Idea, ed il nome dei due Compagni, che riscuotendo da tutti applauso, si viddero ben presto accresciuti di numero con altri, che ad essi si unirono, e furono M.r Giacomo Castra di professione vasaio, poi fattore da città delle Monache di S. Paolo; M.r Giovan Paolo Brizi rivenditore de capelli, de’ quali allora se ne introduceva la usanza, e M.r Lodovico Ansaloni giovane studioso, che fu poi Notaro.
Non contenti questi divoti Compagni di questuare per il fine già detto si univano poi verso sera a prender fresco sotto il portico di S. Giovanni detto del Cantone, ed era nel sito ove ora è il Coro della Chiesa, ed ivi respirando con quiete, e pace disegnavano il luogo della Fabbrica ideata, destinandosi a vicenda gl’impieghi per il buon regolamento dell’Opera, ma frastornati da giovanetti, [p. 5] che ivi concorrevano a divertirsi, determinò il Franzino coll’approvazione dei Compagni di fabricare in casa sua un picciolo Camerino vicino al tetto per ivi unirsi senza verun disturbo. Presto fu eseguito il Disegno dell’angusto sito, ed ivi poi si radunarono in seguito a celebrar divote preci ne’ giorni feriali, e a lodar la Vergine ne’ dì festivi cantandone il di Lei Offizio con le Litanie, ed altre Orazioni. Così proseguirono per qualche tempo senza mai alienarsi dal semplice pio loro instituto, e da questa stabile adunanza ebbe il vero suo principio la nostra Congregazione, mentre questi poveri Uomini regolati dal solo spirito della divozione ne piantarono così quelle prime pietre di fondamento, che la eressero, la stabilirono, e la dilatarono nel modo, e forma come sono per dire.
CAPO SECONDO
Il Conte Paolo Boschetti ne prende la direzione
Perché la Congregazione potesse stabilirsi con metodo, e regola proporzionata alla integrità d’intenzione de’ suoi primi Institutori, provide Iddio ben presto di un mezzo assai efficace, e ben prodigioso. Il Sig.re Conte Paolo Boschetti nobile modonese, e Cavaliere di S. Steffano fu quegli, che prendendone la direzione, e col suo zelo, e col suo [p. 6] impegno, se ne fece e Fondatore, e Prottettore insieme. Questo Signore era stato allevato da giovane nella Corte del gran Duca di Toscana nella paggeria, e come riuscì poi caro in seguito a quelle Reali Altezze per la sua pietà , e purità di costumi fu destinato dal nostro Duca a rissiedere colà per molt’anni in qualità di suo Ministro. Nel tempo però della villeggiatura faceva alle volte una scorsa a rivedere la Patria, e i suoi.
Venuto egli dunque a Modena nell’estate del 1609, ed essendo affezionatissimo alla conversazione dei Religiosi, tra gli altri prescelse D. Bartolomeo Malpighi Padre confessore delle Monache di S. Lorenzo, e Maestro dei Serenissimi Principi. Essendo fra loro un giorno in discorso delle cose di Firenze, cade ragionamento al Conte Paolo di quella, che per ischerzo dicevasi la Setta de’ Bacchettoni così detti, perché ne’ giorni di festa andavano per la città colla Croce inalberata, e lunghe bacchette in mano a raccogliere, e condurre i birbanti alla Dottrina cristiana, che insegnavasi da alcuni divoti operai sotto la direzione di un uomo da bene per nome Ippolito Galantini di professione tessitore. Proseguì il Conte Paolo a dire, che la primaria nobiltà di Firenze andava ad udire quest’uomo pio, e che frequentava l’Oratorio da esso eretto in [p. 7] onor di Dio, e dei SS. Francesco d’Assisi, e Lucia Vergine, e Martire, benché però molti vi andassero di nascosto per non essere beffatti. Soggiunse, che eg...