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Dal Volga al Busento. Cronache cosentine di fine millennio
About this book
La professione di Emilio Tarditi è quella del cronista, nel senso alto e originario della parola: il suo stile mette al centro dell'informazione un certo tipo di fatti che alla lunga mostra l'immagine veridica di Cosenza non solo nella sua evidenza, puramente geografica, di luogo, ma in quel rispecchiamento di speranze, di tensioni morali e di progetti che faceva parlare Cattaneo delle città come "principio ideale delle istorie italiane".
Dalla Prefazione di F. Walter Lupi
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Information
Le occasioni culturali
1 Francesco di Paola: il Santo taumaturgo
2 Bernardino Telesio nell’elogio di Francesco Saverio Salfi
3 Nobili, borghesi e intellettuali nella Cosenza del Quattrocento
4 Un’esperienza giornalistica a Cosenza
5 Silvio Vetere, poeta e letterato
6 Francesco Miceli-Picardi: parlamentare popolare
7 Luigia De Theo: rileggere Orazio
8 Altomonte città d’arte
9 Senza parole
10 Raffiche e schegge. Inedito di Francesco D’Alessandro
11 “La sindone di S. Vincenzo”. Romanzo di Eduardo Apa
12 L’arte poliedrica di Salvatore Russo
13 Franco Pasqua e la memoria sublimata
14 L’inquietudine religiosa di Luigi Scarpelli
15 Raffaele Gervasi e il lirismo della vita
16 La cosentinità nei versi di Libero Battaglia
17 Luigi Pellegrini tra libri e poesia
18 Appello per Saverio Strati
19 La coerenza di Saverio Strati
20 Sull’isola di Capri con le ombre di Tiberio, Axel Munthe e Curzio Malaparte
21 Giacinto Pisani, bibliotecario umanista
22 Umberto Zanotti-Bianco nella storia della Calabria e dell’Italia
1 Francesco di Paola: il Santo taumaturgo
Altre due volte mi è capitato d’interessarmi del Santo di Paola: in occasione del lavoro teatrale del drammaturgo cosentino Vincenzo Ziccarelli Francesco e il Re, e quando il saggista italo-americano Francesco Grillo ha dato alle stampe il suo Vita e miracoli di S. Francesco di Paola per i tipi dell’editore Pellegrini.
Ora, per commentare questa fatica di Ernesto e Francesco Leonetti: Il Santo della carità, vita e miracoli di S. Francesco di Paola (Edizioni Alighieri, Cosenza, 1987).
Ogni volta la lettura dei fatti e delle vicende della vita di Francesco di Paola mi creano un’emozione nuova e grande: segno di quanto stupefacente ed eccezionale essa sia stata; meravigliosa sotto il profilo estatico e spirituale, e non certo sotto quello dell’agiatezza, perché il Santo di Paola scelse di vivere in estrema povertà, nella preghiera e nella contemplazione, nella carità e nella dedizione verso il prossimo sofferente.
Francesco, che ricevette il dono dell’ingraziamento della soprannaturalità e della fede profonda, ebbe due amori: «quello di Dio e quello del prossimo» che mai tradì. Si fece interprete d’un sentimento religioso semplice e spontaneo fondato sul principio della bontà; alieno da quelle considerazioni teologico-speculative che animarono dispute e discussioni di Santi e dottori della Chiesa come Sant’ Ambrogio e Sant’Agostino, solo per indicare due nomi tra i molti, Francesco di Paola diffuse il suo messaggio cristiano con tale apertura di cuore e persuasiva parola che a raffinati pensatori talvolta non è dato, sopperendo così al suo status di “illetterato”, che certo non offuscò lo spirito della sua missione,
«eminentemente sociale e religioso che mirava a risollevare la miseria del popolo che gemeva sotto le angherie dei signorotti feudali» (p. 26).
Verso il potere politico, cieco ed arrogante, Francesco di Paola non fu mai indulgente; quando si trovò al cospetto di alcuni potenti del tempo (Ferdinando di Napoli e Luigi XI di Francia) a Napoli come a Tours, il Santo pronunciò parole audaci e fortemente critiche, tali da mettere in crisi le loro coscienze, scoraggiandole dal vessare
«le popolazioni con balzelli gravosi per alimentare la loro vita licenziosa, i loro intrighi, il loro lusso e i loro sfrenati divertimenti» (p. 121).
L’umile eremita, al Sovrano di Napoli che cercava di discolparsi addossando ad altri la responsabilità di alcuni arbitri, dimostrò miracolosamente, prendendo in mano una moneta e spezzandola, ch’essa era piena di sangue:
«Ecco, Maestà, il sangue dei vostri sudditi che grida vendetta al cospetto di Dio» (p. 148).
E al Re di Francia, Luigi XI, il più potente d’Europa, oramai infermo e prossimo a morire, che saputo delle grandi capacità taumaturgiche di Francesco lo aveva fatto arrivare nel castello regale di Plesis du Parc, dopo esserglisi prostrato ai piedi invocandogli la guarigione, rispose: «Sire, voi non guarite...».
E gli autori del libro commentano:
«Nel disegno di Dio era più importante guarire e salvare l’anima del monarca che il suo corpo» (p. 170).
Francesco predisse anche ai due monarchi che i loro regni si sarebbero dissolti ed estinte le loro stirpi, confermandosi profeta. Per le autorità religiose cattoliche e i fedeli non ci sono dubbi che la vita del Santo fu come assicurano le deposizioni raccolte nei vari processi dell’epoca, e confermate anche nella recente biografia curata dalle edizioni Paoline e scritta dal Prof. Pietro Addante, che ha condotto il lavoro sulle fonti delle testimonianze giurate.
Altri non attribuiscono alle “testimonianze” valore probatorio, e i fatti prodigiosi del Santo non trovano accettazione in una visione razionalistica e positivistica. Ora, è pacifico, secondo l’avviso di persona che si pone dinnanzi alle cose senza alcun pregiudizio, che una spiegazione cosiddetta “scientifica” dei miracoli allo stato attuale delle conoscenze non è stata ancora formulata, e forse non ci sarà mai, in quanto essi sono considerati espressione della potenza soprannaturale di Dio, grande nei suoi santi. Resta ovvio che tali fenomeni senza il sostegno della fede non sono comprensibili.
Ma, di là di questo pur importantissimo aspetto (se credere o no agli avvenuti miracoli), la figura di Francesco è inoltre straordinaria per l’altissimo senso di giustizia sociale che lo pervade, lo spirito di profonda carità, l’intransigente castimonia, la capacità d’indignarsi coi potenti oppressori della gente umile e bisognosa, la semplicità della predicazione del messaggio evangelico, e, infine, per l’elevata moralità che caratterizza l’uomo di pace che
«con la dolcezza delle sue parole, ha composto le liti tra i contadini, tra i fratelli, tra i regnanti che si guerreggiavano anche per impossessarsi di un castello» (p. 230).
Questo libro, che vi invitiamo a leggere, e che è stato scritto, come umilmente è detto nella premessa, più per la gente comune e meno per i dotti e i letterati, se non ha le peculiarità tipiche che contraddistinguono la ricerca storica, possiede, invece, tutti i pregi del saggio socio-religioso, scritto con spirito di devozione e senza costanti agiografiche.
Laddove si è potuto incorrere in qualche sfumata esaltazione mistica, d’altronde di difficile eliminazione quando si parla di questioni come quella ad esempio dei miracoli, c’è molta prudenza, rinvio alle testimonianze giurate, alla fama che Francesco si era fatta come taumaturgo, e, infine, alla salvifica fede.
Nella scrittura c’è l’ansia di chi scrive con passione teologale e ha conoscenza della vita, degli uomini e della società, riscontrabile in particolar modo nel penultimo capitolo, ove l’attenzione è centrata sull’attualità di Francesco nel mondo contemporaneo. Qui si respira un’aria di forte preoccupazione per la piega tutt’altro che irreprensibile che il nostro paese, e forse tanta parte del mondo, ha imboccato: rilassatezza e mollezza dei costumi, immoralità, criminalità, stordimento consumistico, disonestà, trasgressività sociale, assenza di valori, e quindi di eticità, sfiducia nello Stato.
In questa travagliata aridità dei sentimenti umani e di crisi della società contemporanea, la lezione di Francesco di Paola, calata nella babelica secolarizzazione di questo mondo, è certamente un grande sollievo umano e spirituale, occasione di ripensamento e ravvedimento.
2 Bernardino Telesio nell’elogio di Francesco Saverio Salfi
Nella ricorrenza del cinquecentenario dalla nascita di Bernardino Telesio (1509-1588), l’editore Pellegrini ha inaugurato una nuova collana: “I dispersi”, diretta dal filosofo Franco Crispini. Con la pubblicazione del primo titolo: Elogio di Bernardino Telesio, di Francesco Saverio Salfi (1759-1832), disponibile solo in pochissime biblioteche, dato alle stampe dal nipote nel 1838 per i tipi della tipografia Migliaccio di Cosenza, e composto probabilmente nel 1812, lo stesso anno in cui Salfi aveva scritto l’Elogio di Antonio Serra, viene a colmarsi un vuoto.
Il testo, che l’editore Pellegrini ha fatto bene a ristampare, salvandolo dalla “dispersione” e dalla “dimenticanza”, è arricchito da una illuminante nota critica dello stesso curatore della collana, che aiuta sia il lettore che per la prima volta si avvicina alla comprensione della filosofìa telesiana, sia lo studioso e il ricercatore che vogliano confrontarsi con un nuovo contributo critico sviluppato sulla riflessione del Salfi.
Sulla scia di Fontenelle, Salfi, noto per i suoi elogi pronunciati all’Accademia di Francia, in quest’elogio di Telesio descrive con rara efficacia la figura di questo straordinario personaggio.
Nelle sue parole traspaiono il compiacimento per la grandezza innovativa del pensiero telesiano e l’ammirazione per il concittadino illustre, che nella città si fa continuatore di una tradizione culturale che nell’Accademia Cosentina (una delle due prime d’Italia), fondata da Aulo Giano Parrasio, ha in G. Battista D’Amico, Luigi Lilio, Galeazzo di Tarsia, Sertorio Quattromani, Francesco Franchini, Antonio Telesio e Coriolano e Bernardino Martirano i suoi migliori esponenti.
La lettura che Salfi ha fatto dell’opera di Telesio insiste particolarmente sul raffronto con Bacone. La sua operazione – come precisa Crispini nell’introduzione –
“non è fredda né è applicativa di uno schematismo che si sovrappone, senza chiarirli, ai convincimenti telesiani; semmai essa tende ad “attualizzare” le idee di Telesio...” (p. 13),
configurandole quali premesse di ulteriori approfondimenti e sviluppi scientifici.
Nell’indagine Salfi dà risalto al valore e all’opera del Telesio, per avere egli per primo confutato il sistema filosofico aristotelico e rigettato il principio di autorità
“... mostrandone a pié sospinto le assurdità, le contraddizioni le superfluità ond’è affatto gremito” (p. 46),
e per avere aperto la via
“a quella perfettibilità indefinita dell’ umano spirito”, volta all’“acquisto della verità” (p. 34).
Grazie all’indagine speculativa del Telesio, alla sua “libertas philosophandi”, di campanelliana memoria, la natura è indagata e spiegata “iuxta propria princip...
Table of contents
- Prefazione
- CRONACHE DI STORIA URBANA
- Memorie di viaggiatori a Cosenza
- Cosenza e l’Unità
- Le occasioni culturali
- Passaggi cinematografici
- La città in idea