Ottico di successo
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Ottico di successo

Michaela Gariboldi, Paolo Valentini

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Ottico di successo

Michaela Gariboldi, Paolo Valentini

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«In principio era l'età dell'oro: gli ottici erano sempre pieni di lavoro e non facevano in tempo ad esporre un paio di occhiali in vetrina che li avevano già venduti.» Poi è arrivata la crisi, la concorrenza delle grandi catene e del low cost e molti ottici, anche eccellenti, si sono trovati improvvisa-mente a fare i conti con grandi difficoltà. Eppure, a guardarsi intorno, si scoprono straordinarie eccellenze: negozi solo apparentemente tradizionali che della crisi non solo non hanno risentito ma sono stati capaci di tra-sformarla nella loro grande occasione. Come hanno fatto? In questo libro, scritto a quattro mani da due consulenti che da anni si occupano proprio di ottica, è contenuta la risposta. Dalla gestione finanziaria, al marketing emozionale, alla vendita emotiva: qui si trovano racchiusi tutti i consigli utili e le strategie vincenti e indispensabili al successo per chi ha un negozio di occhiali e (ancora) non si sente un imprenditore ma vuole diventarlo.

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Information

Year
2015
ISBN
9788889380710

CAPITOLO 1

QUANDO BASTAVANO GLI OCCHIALI, OVVERO LETÀ DELLORO DEGLI OTTICI

L’età dell’oro degli ottici è ricordata da tutti i professionisti di questo settore come quella in cui gli occhiali si vendevano da soli. Erano gli anni ’80, quelli, per intenderci, passati alla storia come gli anni della “Milano da bere”.
Erano gli anni in cui gli occhiali passavano dall'essere un semplice strumento per vedere bene ad essere un elemento fondamentale dello stile di una persona. Non c'era negozio di ottica che conoscesse la parola crisi. Ma, all’epoca, i negozi erano anche molti di meno rispetto ad oggi che sono, secondo le ultime stime, oltre 10.000 in tutta Italia.
Gli ottici più anziani ricordano ancora che essere titolari di un negozio che vendeva occhiali era quasi come avere un'oreficeria e, secondo alcuni, era anche meglio. Entrare in uno di questi esercizi era come entrare in un salotto particolarmente elegante: gli arredi erano importanti, l’ambiente era accogliente. L'esercizio era gestito dal titolare aiutato, nel migliore dei casi, da una commessa o, più spesso, da un famigliare, quasi sempre la moglie.
I marchi tra i quali scegliere erano pochi, tuttavia il margine di guadagno che garantivano era molto alto.
Sempre negli anni ‘80 si assistette al primo vero boom delle lenti a contatto ed iniziarono a fare la loro comparsa le lenti progressive. Fu una piccola rivoluzione che implicò la creazione di corsi ad hoc ai quali gli ottici dovevano partecipare per imparare a conoscere i nuovi prodotti.
Ciò che però cambiò radicalmente il mercato dell'ottica fu l'ingresso delle griffes: gli occhiali divennero un accessorio di moda e uno status symbol. Il successo planetario dei Ray-Ban fu la prima prova di come un semplice strumento utile alla protezione degli occhi potesse diventare il simbolo di uno stile di vita.
Anche negli anni ’90 aprire e gestire un'attività commerciale di ottica era ancora relativamente semplice. Di più: gli anni ’90 furono quelli in cui gli agenti mandatari che avevano in concessione determinati marchi arrivavano a proporre la propria merce a bordo di auto del valore anche di centinaia di milioni di lire. Erano gli anni in cui non si faceva in tempo a rifornire il magazzino di certi modelli di occhiali che si doveva chiamare la ditta produttrice per riordinarli. Le persone compravano anche più di un paio di occhiali all'anno, tra quelli con le lenti da vista e i semplici occhiali da sole. L'ottico non doveva sforzarsi particolarmente per promuovere i propri prodotti, bastavano le pubblicità sui giornali o le fotografie di qualche vip immortalato con un particolare modello.
L'età dell'oro delle settore dell'ottica si chiude tra il 2001 il 2002 in concomitanza con due eventi epocali: l'attacco alle Torri Gemelle negli Stati Uniti e l’introduzione in Europa della moneta unica. Anche le abitudini dei consumatori italiani, costretti a fare i conti con un potere d'acquisto che si andava progressivamente riducendo, cominciarono a cambiare. La conseguenza fu una contrazione dei consumi a causa della quale oggi, in media, un italiano cambia gli occhiali da sole ogni 4,2 anni e sostituisce quelli da vista ogni quattro. Forse, impreparati a questa rivoluzione, molti ottici si sono trovati ad avere magazzini pieni di merce invenduta che, da un anno all’altro, per non dire da una stagione all'altra, perdeva di valore e, allo stesso tempo, diminuiva la liquidità del titolare del negozio. Contemporaneamente aprirono in Italia i primi spazi e le prime catene che offrivano prodotti con un forte sconto: le politiche di vendita che attuavano erano particolarmente aggressive e capaci di mettere in crisi quei commercianti che non riuscivano a leggere il cambiamento in corso.
Si arriva così alla situazione di oggi che conta diverse scuole di formazione (Vinci, Bologna, Perugia, Roma, Padova, Lecce e Milano Bicocca), 24.000 ottici e 10.000 negozi. Di questi ultimi 4.000 sono liberi ed indipendenti (con questo intendiamo quei negozi di proprietà di un singolo titolare, ad esempio “Rossi occhiali”, tipici della nostra tradizione); 1.000 circa sono attività di catene (come Avanzi, Salmoiraghi e Viganò, Nau, Randazzo, Reverchon, Optissimo, ecc) mentre i restanti sono associati a gruppi o consorzi (ovvero, è sempre “Rossi Occhiali” che si unisce ad un gruppo locale o nazionale, il cui nome compare, spesso scritto in piccolo, anche all’interno del negozio o, a volte, addirittura sull’insegna. È il caso di Green Vision, Oxo, Vision Ottica, Vision Service, Ottici Associati, Vision Adria, Free Optik, e molti altri ancora).
Non è raro imbattersi in un negozio di ottica all’interno di un grande centro commerciale. Spesso si tratta di un secondo esercizio che appartiene ad uno stesso imprenditore che, magari da tempo, ne gestisce anche uno nel cuore della città. Altrettanto spesso di tratta negozi di proprietà di grandi catene, meno di frequente, infine, di nuove leve.
Se entriamo fisicamente nei negozi la situazione che ci si presenta evidenzia come il 50% dei titolari siano ‘figli d’arte’, ossia rappresenti la seconda o terza generazione che gestisce l’esercizio. Il restante 50%, invece, è composto da neofiti.
La situazione ideale, quella cioè in cui sono presenti le condizioni migliori per avere successo, è quella di un’attività commerciale collocata in un comune di dimensioni medio-piccole (al massimo 30.000 abitanti). In questo caso le dinamiche concorrenziali, comparate al numero di abitanti favoriscono l’imprenditore che, se presente senza concorrenza, finisce per trovarsi ad avere un bacino di clienti che, inevitabilmente, si affezioneranno e lo sceglieranno come ottico di fiducia.

La realtà però spesso è molto distante dall’ideale di cui abbiamo appena parlato. Ed è proprio per questo motivo che oggi i professionisti del settore che vogliano avere successo devono ripensare il proprio modo di essere sul mercato.
Prendere atto che il mondo, anche quello che si riteneva di conoscere tanto bene, è cambiato significa imparare a conoscerne le nuove regole.
Se ad esempio, in passato, un magazzino pieno di occhiali più o meno simili, prima o poi, si riusciva a smaltire e non costituiva un buco nero di bilancio, oggi non è più così. Le mode cambiano e con esse i gusti dei consumatori che non sono disposti ad acquistare un articolo palesemente ‘datato’. Il risultato di una montagna di montature invendute finisce per corrispondere a una mancanza di liquidità, cosa che, solo fino a 15 anni fa, era impensabile.
Tuttavia, anche se per l’economia di un negozio la gestione degli ordini si rivela fondamentale, è evidente che da sola non può bastare a garantirne il successo.
La concorrenza delle catene, che hanno preso a mettere in piedi campagne di marketing piuttosto aggressive (dal “compri le lenti e ti regalo la montatura” al “ti pratico uno sconto percentuale pari alla tua età”) è un terreno di gioco molto complesso sul quale confrontarsi perché la diversa struttura organizzativa e lo stesso potere economico che caratterizzano queste realtà sono molto diversi da quelli propri dei negozi a struttura tradizionale. Se si vuole guardare la faccenda da un altro punto di vista possiamo dire che ci si trova davanti a uno scontro tra Davide e Golia, dove la parte del più forte è rappresentata dalle grandi catene, mentre quella del più debole dai negozi di ottica di prossimità. La storia narra però che, contro ogni ragionevole previsione, fu il piccolo Davide che con la sua furbizia sconfisse il gigante. Oggi dunque possiamo dire che se per forza economica e strutturale le grandi catene sono Golia, i negozi tradizionali possono, se vogliono e hanno gli strumenti adeguati vincere la sfida e trasformarsi in scaltrissimi Davide.
E’ evidente che l’età dell’oro degli anni ’80 e ’90 è finita, e va sostituita con un modo nuovo di vivere la professione. Un modo certamente più “smart” che si addica maggiormente alle esigenze di un pubblico che oggi presta grande attenzione al rapporto qualità prezzo (spesso anche a scapito della moda del momento) al punto da entrare in una mezza dozzina di negozi diversi per farsi fare un preventivo prima di effettuare la sua scelta.
Due sono le soluzioni possibili. La prima, scelta con una relativa tranquillità da ottici vicini all’età della pensione e che non hanno eredi ai quali lasciare l’attività, è di barcamenarsi fino al raggiungimento dell’età che consentirà loro di cedere a qualcuno il negozio e ritirarsi. La seconda, invece, riguarda tutti quegli imprenditori che credono nel valore del proprio lavoro e che vogliono ricreare per sé e per i propri collaboratori quelle condizioni di benessere che caratterizzarono gli ultimi decenni del secolo scorso.
Perché, ed è questo l’aspetto interessante della storia che abbiamo tracciato fino a qui, i grandi numeri tipo quelli del passato, le casse piene e i magazzini vuoti, si possono rifare anche oggi. Certamente servono gli strumenti e le competenze giuste, ma tornare a guadagnare e creare una nuova età dell’oro per la propria attività non è un’utopia.
Come vedrai nel corso delle prossime pagine, ci sono molte mosse possibili. Solo per citarne alcune:

  • imparare a gestire la propria attività come un’azienda vera e propria e trasformare se stessi da ottici tradizionali a imprenditori dell’ottica
  • usare con efficacia alcuni degli strumenti già a disposizione, come, per esempio, il database dei clienti, così da risvegliare e tornare in contatto con quelli dormienti
  • imparare le regole della vendita emotiva, condizione essenziale per distinguersi

DUE STORIE DI SUCCESSO

Ottica De Marco

Era il 2013. Seguivo Massimo De Marco da un paio di anni nelle attività di marketing. Un ottico brillante, esuberante, sempre propenso al buon umore e a trovare soluzioni ai problemi. Le attività messe in campo avevano sempre prodotto buoni risultati in termini di fatturato. Dal 2011 al 2013 avevo visto in diretta Ottica De Marco crescere dai 280 mila euro ai 340 mila euro, già di per sé un buon risultato.
Il vero problema però era un altro: Massimo non era contento perché la sua idea di crescita era diversa: sentiva che le persone che aveva erano sbagliate (non tutte) e che si stava accontentando, accettando quindi un compromesso con le sue idee. Sapeva, in altre parole, che Ottica De Marco era pronta per diventare qualcosa di diverso dal negozio di ottica tradizionale, ma lui stesso era frenato da idee ‘limitanti’ di alcuni suoi collaboratori e stava finendo per accettare che questa fosse la normalità e che ‘non potesse essere diverso da così’.
Questo compromesso lo stava bloccando sul piano emozionale e lo stava portando a pensare che non potesse crescere di più e che non fosse facile trovare persone ottimiste come lui, con cui condividere il sogno di essere un negozio di ottica ‘diverso’ dagli altri.
Dal 2013, dopo avere fatto il test di Open Source Management (dal quale emergono punti di forza e di debolezza sui quali lavorare), Massimo ha capito che i suoi sogni potevano diventare realtà. É stato come se avesse visto di nuovo la luce e il suo sogno si fosse materializzato. Grazie alla formazione nella Business School OSM e al confronto con altri imprenditori, il suo sogno ha iniziato ad avere un nome. Lo chiamiamo UVP1, lui l’ha sintetizzato in questi termini: ‘Voglio diventare l’ottico numero uno a Pordenone per quanto riguarda gli occhiali da bambino’. Un’idea che diventa ben presto realtà, e così si inventa un corner per bambini, da inserire dentro al negozio, costruito interamente con più di 40.000 mattoncini stile ‘lego’. Il tutto si chiama Kids Lab.
Ma non è l’unica cosa. Massimo realizza che è possibile trovare le persone giuste e inizia a non accettare più di scendere a compromessi con chi collabora con lui. Inizia ad usare delle analisi attitudinali, mette in prova persone, alcune valide altre meno. Contemporaneamente lavora per la crescita di autostima e motivazione. Ora ha le idee chiare: sa dove vuole arrivare. Vuole avere un’azienda da 1 milione di euro di fatturato, con almeno sei collaboratori, e con un posizionamento di mercato unico e differenziante.
Dando uno sguardo ai numeri realizzati dall’Ottica De Marco, risulta che negli ultimi mesi il fatturato è passato dai 340mila euro di fine 2013 ai 370 di fine 2014. E i primi tre mesi del 2015 segnano già un + 16% rispetto agli stessi mesi del 2014. Arriveremo certamente ai 430 entro fine 2015.
In sintesi la ricetta del successo di Massimo si compone di questi ingredienti: tornare a credere nel proprio sogno, non accettare i compromessi con le persone a cui il tuo sogno non interessa e stare sempre in selezione; cercare la propria unicità e farla diventare offerta unica di valore; comunicarla a tutti senza pregiudizi e con entusiasmo; ultimo, ma non meno importante: formarsi (Massimo ha frequentato per 12 mesi i corsi di MBS studiando comunicare da leader, delega, principi del comando, leadership, public speaking e vendita).
E non finisce qui: assieme a Massimo De Marco stiamo stilando il piano industriale a tre anni.
(Paolo Valentini)

Ottica Vettore

Ho incontrato Fabrizio Vettore, titolare dell’ottica Vettore di Varese, a metà del 2013...

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