DELOCALIZZARE CONVIENE? Guida al fenomeno dell'Offshoring e del Back Reshoring
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DELOCALIZZARE CONVIENE? Guida al fenomeno dell'Offshoring e del Back Reshoring

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Scopo di questo saggio è anzitutto condurre una analisi sul fenomeno della delocalizzazione produttiva, partendo dall'esame dei motivi e delle forme che hanno spinto anni fa le aziende a delocalizzare la propria produzione, approfondendo i vantaggi, gli svantaggi della delocalizzazione ai fini strategici e la scelta di make or buy in termini contabili. In secondo luogo, obiettivo del libro è approfondire le ragioni e le modalità che sottendono l'attuale fenomeno del back reshoring, aspetto ancora in divenire e scarsamente trattato in letteratura; aspetto che sarà altresÏ analizzato riportando la case history di un'azienda italiana, analizzata attraverso la propria esperienza di delocalizzazione e, successivamente, di back reshoring.

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Information

1. LA DELOCALIZZAZIONE PRODUTTIVA: MOTIVAZIONI, FORME, VANTAGGI, COSTI

 
 

1.1. La delocalizzazione: concetti introduttivi

 
L’internazionalizzazione e l’innovazione tecnologica sono all’origine dei nuovi modelli imprenditoriali che portano vantaggi di carattere innovativo come la velocità nel rispondere ai mutamenti, la flessibilità organizzativa, la ricerca continua delle aspettative dei clienti e la conoscenza delle strategie applicate dai concorrenti situati nelle diverse parti del mondo. L’azienda che opera a livello mondiale e vuole avere successo in ambito competitivo deve essere virtuale, ricorrendo a logiche di delocalizzazione (in inglese outsourcing), integrando diverse attività (1) disperse a livello globale, attraverso tecniche di global supply chian (2) e, infine raccogliendo competenze su scala mondiale, presso diverse piattaforme e centri internazionali di eccellenza.
Quando si pala di “globalizzazione” di un’azienda si intende riferirsi a quel fenomeno che vede il trasferimento di una serie di attività aziendali in paesi differenti da quelli in cui è presente la sua sede legale. Le ragioni che portano le aziende a delocalizzare sono molteplici e verranno illustrate dettagliatamente nel seguito del capitolo, ma già da qui possiamo anticipare: vantaggi monopolistici derivanti dalla grande dimensione; vantaggi derivati dall’innovazione e dalla diversificazione di prodotto; propensione delle imprese di grande dimensioni a esportare non solo i prodotti ma anche il Know How per realizzarli.
La globalizzazione normalmente tocca diversi ambiti dell’economia d’azienda: possibili forme di esternalizzazione riguardano le attività aziendali indirizzate alla scoperta di nuovi mercati di sbocco e di nuove fonti di approvvigionamento, che partono dalle materie prime, passando per l’attività manifatturiera, fino ad arrivare alle attività finanziare dell’azienda. La globalizzazione di un’attività produttiva viene effettuata attraverso processi di delocalizzazione.
L’esternalizzazione riguarda tutti i settori dell’economia e non fa solo riferimento allo spostamento all’esterno di determinate attività produttive, che precedentemente venivano svolte in loco, ma comprende una logica di riorganizzazione aziendale che riguarda le diverse parti delle funzioni aziendali. In questo caso, le diverse funzioni e attività aziendali devono essere analizzate per valutare se esse possono essere oggetto di un’eventuale delocalizzazione che comporta l’aumento dell’efficienza aziendale, rendendo la struttura dei costi più elastica, portando un aumento delle risorse finanziarie e maggiore flessibilità da parte dell’azienda ai cambiamenti aziendali.

Per arrivare alla scelta di delocalizzare, si deve svolgere un’attenta analisi dei partner e delle diverse fasi del processo produttivo e gestionale dell’azienda, decidendo di trattenere all’interno dell’azienda le fasi che si reputa core, ovvero necessarie all’attività aziendale, e portare all’esterno le fasi che non hanno alto potere competitivo, ma che si possono migliorare in termini di innovazioni, di qualità e di costo se intraprese da fornitori selezionati.
La delocalizzazione parziale o integrale della produzione può avere diversi obiettivi: il miglioramento del servizio ai mercati locali oppure dell’utilizzo delle risorse locali, materie prime o manodopera non disponibili in patria o in essa disponibili a prezzi più alti. Nella delocalizzazione parziale avviene lo spostamento delle attività all’estero, comportando una realizzazione di prodotti con caratteristiche simili a quelle del paese di origine, riducendo i costi di trasporto e miglioramento dei tempi di consegna ai clienti locali; in questo caso si ha una produzione di tipo orizzontale. Nella delocalizzazione integrale si ha una frammentazione della produzione a monte o a valle, rincorrendo obiettivi di resource seeking (investimenti per ottenere manodopera a basso costo), con l’utilizzo di risorse locali per la realizzazione della produzione; oppure per voler raggiungere obiettivi di knowledge seeking, utilizzando sempre risorse locali però per raggiungere innovazioni di prodotto o di processo che consentano di migliorare la competitività dell’azienda. (3)
Operativamente, la delocalizzazione internazionale di filiali produttive di aziende italiane in paesi esteri può avvenire intraprendendo strategie d’integrazione con il mercato, stipulando accordi con aziende locali e seguendo strategie a livello internazionale. Tutte e due le tipologie di strategie sono valide per settori caratterizzati da fattori firm specific, quei fattori dei quali le aziende entrano in possesso indipendentemente dal vantaggio competitivo, ma che possono accrescerlo se abbinati ai vantaggi di “localizzazione”, come la forza lavoro a costi più bassi, l’accesso a materie prime ed energia e la conoscenza diretta dei mercati locali.
 
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Il processo di delocalizzazione può assumere diverse sfaccettature, sia per quanto riguarda le attività che si decide di trasferire, sia in funzione dell’investimento che l’azienda vuole sostenere per intraprendere una strada a livello internazionale.

Più in generale, l’azienda si può avvicinare ai mercati internazionali attraverso una delocalizzazione per fasi, oppure attraverso la creazione di network tra aziende, secondo quella che viene definita anche strategia globale.

Nel primo caso, l’azienda vende all’estero la produzione che rimane totalmente all’interno dei confini nazionali. Questa strategia può essere intrapresa per settori in cui l’offerta consente di mantenere una struttura logistica e i relativi costi di trasporto collegati a vantaggi country specific, che si collegano alla produzione nel proprio paese di origine.
 

1.1.2. Le forme di delocalizzazione produttiva e gli Investimenti diretti all’estero (IDE)

 
Nel caso di strategia globale, invece, ci si riferisce a diverse strategie d’internalizzazione che includono anche accordi di joint venture, franchising oppure investimenti diretti all’estero (IDE) (4).
Gli accordi di Joint venture riguardano collaborazioni tra due o più imprese, da questa collaborazione scaturisce un nuovo soggetto giuridicamente distinto e indipendente dalle imprese che lo costituiscono. Con la Joint Venture le aziende si pongono l’obiettivo di realizzare un progetto comune di natura industriale o commerciale che prevede l’utilizzo congiunto di risorse apportate da ciascun’impresa che entra a far parte dell’accordo, ma anche una ripartizione in egual misura dei rischi legati all’investimento stesso cioè una ripartizione delle possibili perdite o utili. (5)

Con l’accordo di franchising, citando l’articolo 1 della legge 129/2004 è “un contratto fra due soggetti giuridici economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede la disponibilità all’altra, verso corrispettivo, di un insieme di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti d’autore, know how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni e servizi (6).
L’investimento diretto estero (IDE) s’intende il flusso d’investimenti effettuati dagli operatori in Paesi diversi da quello in cui viene svolta l’attività abituale. Sono definiti IDE, quegli investimenti che hanno lo scopo di acquisire partecipazioni durevoli (di controllo, di paritarie o minoritarie) in un’impresa estera o alla costituzione di una filiale in un paese estero, che comporti un determinato grado di coinvolgimento dell’investitore nella direzione o nella gestione dell’impresa partecipata o di nuova costituzione.
Rientrano in questa logica anche le acquisizioni di partecipazioni di controllo in societĂ  estere giĂ  esistenti, che porta alla creazione di gruppi internazionali e multinazionali (7).
Attraverso gli IDE, l’azienda, delocalizza tutte le attività gestionali e produttive per agire in modo diretto nel mercato estero.
Questo investimento se intrapreso da un soggetto residente in un paese ha l’obiettivo di stabilire un interesse durevole, cioè di lungo termine, in un’impresa residente in un altro paese.
 

1.2. Motivi della delocalizzazione produttiva: risultati di un’indagine

Nel corso degli ultimi anni il processo di espansione e la competizione internazionale delle economie emergenti hanno portato un numero sempre più consistente d’imprese nei paesi industrializzati a trasferire delle proprie attività al di fuori dei confini nazionali, per ottenere diversi benefici, specialmente di carattere economico, tra cui in primis la possibilità di godere di una riduzione del costo del lavoro (8).
La decisione di rivolgere attività a basso livello strategico, cosiddette commodity, a terzi non è recente (9). Dagli anni sessanta erano diffusi i centri di servizi che offrivano alle piccole e medie imprese diversi servizi come l’elaborazione dei dati per la gestione delle paghe e della contabilità. In questi anni il motivo per cui si ricorreva all’esternalizzazione di tali processi era la riduzione dei costi dovuti alla specializzazione delle attività, per ambiti di attività che erano attività lontane dal core business dell’azienda e pertanto la loro esternalizzazione non poteva pregiudicare il vantaggio competitivo della stessa.
Nel corso degli anni, c’è stata un’estensione delle attività sulle quali è stato applicato il processo di esternalizzazione, che ha portato le aziende anche a decentrare attività non commodity, ma di carattere strategico. Questa necessità è nata dalla volontà di migliorare la performance delle prestazioni aziendali, recuperare efficienza nelle attività a maggior valore aggiunto e rendere più flessibile la struttura dei costi aziendali al fine di diminuire il rischio operativo. Le prime attività ad essere coinvolte nelle operazioni di outsourcing sono state quelle di EDP (Eletronic Data Processing – elaborazione automatica dei dati) e della logistica. Gli ambiti che sono stati coinvolti nel processo di delocalizzazione sono quelli amministrativo (servizi fiscali, gestione page e stipendi, audit interno), finanziario (gestione rapporti con il mercato e con la Borsa, vendita di partecipazioni), del marketing e della gestione risorse umane.

Sono state interessate da processi di outsourcing specialmente le aziende appartenenti al settore manifatturiero. Queste ultime, hanno utilizzato il processo di esternalizzazione al fine di risparmiare sui costi su attivitĂ  piĂš elementari e quindi liberare risorse finanziarie da convogliare in strategie di sviluppo delle attivitĂ  legate al proprio core business (10).
Un’indagine (11) condotta a livello nazionale da Accenture, società di consulenza e servizi di outsourcing, su un campione di 180 manager di aziende italiane del settore manifatturiero che hanno svolto un processo di delocalizzazione (45% amministratori delegati, 55% responsabili di funzioni direttamente coinvolte nei processi di outsourcing), mostra che l’esternalizzazione è stata utilizzata e considerata come leva strategica a supporto della crescita da parte del 43% delle aziende del campione considerato, mentre per una minoranza (4%) è stato considero tale processo di breve termine, prevedendo di riportare le attività esternalizzate all’interno dell’azienda.
Le attività che hanno interessato maggiormente i processi di outsourcing posti in atto sono le seguenti (Fig. 1): processo informativo (85%), gestione del personale (73%), funzione amministrativo – finanziaria (48%), promozione della relazione con il cliente (43%).
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Proseguendo con l’indagine, si può evincere che le motivazioni (Fig. 1.1) che hanno portato le aziende del campione alla scelta di esternalizzare determinate attività è stata la volontà di focalizzare meglio le proprie attività interne sul core business (82,9% del campione coinvolto) e dal recupero di efficienza che viene sviluppata con la riduzione dei costi operativi (68%), ma anche dall’esigenza di innovare l’attività attraverso la ricerca di nuove tecnologie e di migliorare il servizio da offrire alla propria clientela (45%).
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Viceversa, i motivi espressi dai rispondenti che possono frenare le aziende a procedere all’esternalizzazione (Fig. 1.2) delle attività sono: il timore di perdere il controll...

Table of contents

  1. INTRODUZIONE
  2. 1. LA DELOCALIZZAZIONE PRODUTTIVA: MOTIVAZIONI, FORME, VANTAGGI, COSTI
  3. 1.1.2. Le forme di delocalizzazione produttiva e gli Investimenti diretti all’estero (IDE)
  4. 1.2. Motivi della delocalizzazione produttiva: risultati di un’indagine
  5. 1.3. Vantaggi e rischi del processo di delocalizzazione (13)
  6. 1.4. Delocalizzazione a fini strategici
  7. 1.5. I vantaggi competitivi e i rischi della delocalizzazione strategica
  8. 1.6. Gli aspetti economici della delocalizzazione (36)
  9. 1.6.1. L’impatto della delocalizzazione sulla struttura dei costi: una scelta di “make or buy”
  10. 1.7. La delocalizzazione in cifre: i dati dei distretti tessili italiani
  11. 1.7.2. La strada dell’internalizzazione – Rapporto Unioncamere 2014
  12. 1.7.3. Un’analisi della delocalizzazione a livello di distretti produttivi
  13. I Segreti svelati in questo capitolo
  14. 2. BACK TO HOME: IL RESHORING
  15. 2.2. Il fenomeno
  16. 2.2.1. Il back-reshoring: analisi della letteratura
  17. 2.3. Motivi del ritorno in patria
  18. 2.4. Il progetto del gruppo di ricerca Uni-CLUB Back-reshoring
  19. 2.5. I rapporti di PWC e Assocalzaturifici
  20. 2.5.2. I dati forniti da Assocalzaturifici
  21. 2.6. Reshoring delle aziende del lusso: il Convegno Pambianco
  22. I Segreti svelati in questo capitolo
  23. 3. BACK RESHORING: ANALISI DI UN CASO ITALIANO
  24. 3.3.1. Il contesto settoriale in cui opera il gruppo
  25. 3.2. La politica di delocalizzazione e il back-reshoring
  26. 3.3. La politica di delocalizzazione e di back-reshoring nella Road SpA: una questione di costi
  27. I Segreti svelati in questo capitolo
  28. CONCLUSIONI
  29. Bibliografia
  30. NOTE