Alla ricerca della rotta transatlantica dopo l'11 settembre 2001 (QDSP 9/10 2016)
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Alla ricerca della rotta transatlantica dopo l'11 settembre 2001 (QDSP 9/10 2016)

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Alla ricerca della rotta transatlantica dopo l'11 settembre 2001 (QDSP 9/10 2016)

About this book

Il volume rielabora, con revisione del testo e aggiornamenti bibliografici, la ricerca svolta nel 2008 per il Centro Militare di Studi Strategici, che l'Autore ringrazia per l'autorizzazione all'utilizzo. Il volume inoltre riprende per gli anni più recenti l'argomento della precedente opera Europa-Stati Uniti: un Atlantico più largo?, pubblicata nel 2001 nella collana del Ce.Mi.S.S. presso l'editore Franco Angeli. Il periodo in essa affrontato si arrestava infatti alle elezioni presidenziali americane del novembre 2000, quasi un anno prima degli attentati del terrorismo islamico sul territorio americano dell'11 settembre 2001, che aprirono una nuova fase delle relazioni internazionali e soprattutto, svanita la luna di miele iniziale, peggiorarono le già difficili relazioni tra le due sponde dell'Atlantico. La ricostruzione storica dei rapporti transatlantici nel lungo periodo, durante la Guerra Fredda e negli anni '90 del secolo XX, viene richiamata, ove necessario, per mostrare continuità e discontinuità rispetto agli anni più recenti.
Le relazioni transatlantiche possono essere analizzate a diversi livelli di profondità. L'analisi meno illuminante è quella di politici e giornalisti, appiattita sul breve periodo, che ha attribuito la crisi principalmente alla linea dell'amministrazione Bush; se il commentatore era più obiettivo, incolpava anche la rigidità della coppia Chirac-Schröder, parallela all'unilateralismo del Presidente americano.
Assai più valida è la prospettiva degli studiosi di scienza politica e di studi strategici, che già negli anni '90 avevano descritto la tensione dei rapporti transatlantici, indicando giustamente come la rivoluzione geopolitica conseguente alla caduta del muro di Berlino avesse minato la coesione dell'Occidente, più forte durante la Guerra Fredda. La caduta delle Torri Gemelle, un decennio dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, non ha fatto altro che accentuare una crisi già in atto.
Un terzo e più approfondito livello di analisi colloca gli avvenimenti dell'ultimo quarto abbondante di secolo in una prospettiva storica di più lungo periodo. In altre parole, la crisi delle relazioni euro-americane per la guerra all'Iraq è stata certo aggravata da errori ed eccessi polemici imputabili a policymakers e opinion leaders, ma è stata comunque il riflesso di mutamenti strutturali del sistema internazionale che hanno rimesso in primo piano un diverso approccio alle relazioni internazionali che ha una profondità storica di lungo periodo. Sintetizzando al massimo una delle tesi di fondo qui sostenute, si può affermare che il periodo della Guerra Fredda ha costituito una parentesi di coesione tra due epoche nelle quali l'approccio degli Stati Uniti e dei Paesi europei alla realtà internazionale è stato profondamente diverso, perché diverse sono la loro cultura politica ed esperienza storica. Senza peraltro dimenticare che comunque Europa e Stati Uniti restano oggi le due civiltà più simili nel contesto mondiale.

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Capitolo IV
Gli Stati Uniti “impero” all’attacco.
L’Unione Europea “potenza civile”

1. Forza e limiti dell’«impero» americano e dell’Unione Europea «potenza civile»

Esiste una particolare provvidenza divina nei confronti dei matti, degli ubriachi e degli Stati Uniti d’America.
[Otto von Bismarck1]
L’America sta declinando? Io direi di seguire il consiglio che mio padre era solito darmi: mai scommettere contro gli Stati Uniti.
[Michael Novak2]
L’era americana è viva e vegeta, ma l’ascesa di centri alternativi di potere e un internazionalismo statunitense unilateralista e in declino la faranno venir meno nel prosieguo del secolo – con profonde conseguenze geopolitiche.
[Charles A. Kupchan3]
Sotto il profilo demografico, si deve purtroppo constatare che l’Europa sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia [...]. Non è motivo di sorpresa che l’Europa odierna, mentre ambisce di porsi come una comunità di valori, sembri sempre più spesso contestare che ci siano valori universali ed assoluti? Questa singolare forma di “apostasia” da se stessa, prima ancora che da Dio, non la induce forse a dubitare della sua stessa identità?
[Papa Benedetto XVI]
Nel Vecchio Continente l’Islam gode di un livello d’immunità dalle critiche che la Cristianità ha perso e l’Ebraismo non ha mai avuto. Non si può restare impassibili di fronte a questo squilibrio.
[Bernard Lewis]
La discussione sul tema se gli Stati Uniti siano o meno un impero e su quale termine alternativo si possa eventualmente utilizzare per descrivere la loro supremazia non è certo priva di interesse, ma, in fin dei conti, è meno importante di quella sui punti di forza ed i limiti della superpotenza americana, comunque si voglia definirla. Le discussioni sull’impero furono sempre tormentate negli Stati Uniti, a causa della storia della nazione, un’ex colonia le cui origini erano viste come una «immacolata concezione»4. Alla fortissima resistenza di parte della classe politica americana all’idea di un impero statunitense si aggiunge anche una opposizione pressoché totale da parte dell’opinione pubblica a definire il proprio Paese imperiale o la sua politica imperialistica.
Il dibattito se gli Stati Uniti siano o si comportino come un impero iniziò all’epoca della guerra ispano-americana del 1898, i motivi della cui «popolarità non furono imperialistici, ma piuttosto umanitari-patriottici. I suoi risultati furono invece chiaramente imperialistici»5. Nel 1898 fu appunto fondata la American Anti-Imperialist League per opporsi alla guerra ed alla successiva occupazione delle Filippine, che secondo un illustre storico della diplomazia americana fu un «deplorevole errore», frutto di un impulso imperialistico di breve durata e costituì una forma di espansione territoriale molto diversa da quella che aveva riguardato la conquista del West6.
Durante la Guerra Fredda, Raymond Aron intitolò «Repubblica imperiale»7 una storia della politica estera americana nel secondo dopoguerra nella quale, tra l’altro, descriveva una scuola storiografica detta dell’«America imperiale», divisa in una destra ed una sinistra paramarxista, la prima che riconosce ed approva il ruolo imperiale degli Stati Uniti8, la seconda che vede la loro espansione come conseguenza del capitalismo monopolistico.
In seguito al crollo del blocco sovietico, le discussioni sul carattere imperiale del potere americano nel mondo si sono intensificate, trovando poi nuovo slancio dopo l’11 settembre 2001. La vulgata9 ufficiale vuole che gli Stati Uniti non possano assolutamente essere definiti un impero: «Noi non cerchiamo imperi. Noi non siamo imperialisti. Non lo siamo mai stati», ha dichiarato il Segretario alla Difesa Rumsfeld10. Lo stesso concetto veniva articolato più ampiamente così: «In Gran Bretagna l’impero fu giustificato come un benevolo “fardello dell’uomo bianco”. E negli Stati Uniti, l’impero nemmeno esiste; “noi” stiamo semplicemente proteggendo in tutto il mondo le cause della libertà, della democrazia e della giustizia»11. Come già ricordato12, gli Stati Uniti hanno sempre proclamato di non voler conquistare e governare territori. In realtà, senza considerare l’espansione con contiguità territoriale delle tredici colonie originarie fino a raggiungere l’attuale territorio statunitense, anche attraverso l’acquisto della Louisiana (un territorio assai più a...

Table of contents

  1. Indice
  2. Prefazione
  3. Introduzione
  4. Capitolo I L’allargamento dell’Atlantico
  5. Capitolo II Dall’Afghanistan all’Iraq: rottura e riappacificazione
  6. Capitolo III La NATO tra globalizzazione e perdita di centralità
  7. Capitolo IV Gli Stati Uniti “impero” all’attacco. L’Unione Europea “potenza civile”
  8. Capitolo V Gli anni difficili di Obama
  9. Tavola degli acronimi
  10. Fonti e bibliografia
  11. Indice dei Nomi
  12. Nota sull’Autore