Parte III
Antologia di testi e immagini
Linda Barcaioli
Nella terza parte di questo lavoro si è deciso di far parlare direttamente i testi, con un’antologia che raccoglie sia quelli portati ad esempio nelle parti precedenti, sia altri non commentati, ma che in qualche modo rientrano nelle tipologie discusse. Nel consultarla il lettore sarà guidato da sei rubriche, all’interno delle quali potrà rintracciare una affinità dialogica, riguardante i modi di collaborazione e le tipologie di testi, e che messe insieme contribuiscono a tracciare il percorso cronologico del rapporto letteratura-pubblicità, dai suoi esordi fino ai nostri giorni.
La prima è dedicata agli esordi della collaborazione tra letteratura e pubblicità e comprende un arco temporale che va dai primi del Novecento fino agli anni ’40. I letterati prestano la loro penna, la loro abilità professionale, per comporre romanzi, poesie, rime e slogan finalizzati alla promozione dei prodotti delle grandi aziende. Accanto a questo ruolo professionale, il letterato, con il suo prestigio, è utilizzato come testimonial dei marchi aziendali.
La seconda raccoglie alcuni esempi delle sperimentazioni futuriste che spaziano tra arti figurative e letteratura, svoltesi tra gli anni ’10 e ’30 del Novecento. La pubblicità è elevata a forma espressiva che caratterizza la nuova civiltà, per questo il poeta e lo scrittore se ne occupano senza imbarazzo né timore. Il rapporto tra futuristi si sviluppa in una duplice linea: da un lato la réclame entra sotto forma di citazione a far parte della letteratura, dall’altra i futuristi si impegneranno direttamente nella realizzazione delle campagne pubblicitarie.
La terza include alcuni esempi di rapporto tra i letterati e le grandi riviste aziendali: il fenomeno delle riviste aziendali ha inizio nel 1895 con la pubblicazione de La Riviera ligure e si prolungherà fino agli anni ’70, comprendendo numerosi e prestigiosi periodici. Esse avevano come finalità principale la promozione dell’azienda di riferimento, per far ciò si riteneva indispensabile ricorrere anche all’approfondimento dell’aspetto “culturale”. Il rapporto tra i letterati e le riviste aziendali spazierà dalla semplice collaborazione, con l’inserimento di poesie e brevi racconti all’interno dei periodici, fino alla collaborazione organica e sistematica nella loro realizzazione.
La quarta, raccoglie tutte le campagne a stampa a partire dagli anni ’80, mostrando la relazione tra letteratura e pubblicità in una fase ormai matura. La caratterizza una complicità tematica, ricercata soprattutto attraverso la realizzazione di racconti a tema con scopo promozionale, oppure lasciata agire sottotraccia, attraverso l’accostamento tra piacere della lettura e funzione di rimando promozionale.
Nella quinta, invece, il rapporto tra letteratura e pubblicità è indagato nel canale televisivo, e soprattutto nella forma dello spot. Per esso si rendono ripercorribili tutte le precedenti forme di collaborazione, così che si possono trovare tanto citazioni letterarie o uso testimoniale di scrittori, con l’obiettivo di sfruttarne il prestigio, tanto esempi di spot in cui lo scrittore gioca un ruolo nascosto (subalterno), contribuendo alla sola ideazione o alla sceneggiatura.
Nell’ultima, infine, si focalizza l’attenzione su un specifico contesto geografico e linguistico della relazione tra letteratura e pubblicità. In essa il lettore troverà esempi autorevoli e comuni, estratti dall’area ispano-americana. Per tutti, come si potrà notare, valgono i principi e le dinamiche che muovono la collaborazione nei casi precedenti, e che potrebbero concorrere a configurare una matrice neo-latina della collaborazione.
A corredo dei singoli testi vengono fornite delle informazioni di ausilio alla lettura – delle piccole introduzioni – quasi sempre utili alla reperibilità degli stessi, a una loro contestualizzazione e alla ricostruzione del percorso che li ha generati.
1. Letteratura e pubblicità: gli esordi
1.1 Matilde Serao
Scritto nel 1899 per conto della società di prodotti chimico-farmaceutico-igienici A. Bertelli & C. di Milano, Fascino muliebre1 è un opuscolo illustrato (fig. 2) articolato su otto capitoli volti a pubblicizzare i prodotti di bellezza all’interno di una prosa che collega la moderna scienza dell’igiene, intimamente connessa con la salute del corpo, agli usi e costumi di un passato dai tratti mitici. Matilde Serao utilizza gli elementi letterari propri del modo patetico-sentimentale, mescolandoli a citazioni e richiami al mondo storico, mitologico e scientifico. Il brano riportato è tratto dal primo capitolo intitolato Igea trionfatrice.
Fascino muliebre
Beniamino Franklin scrisse: – Se tutta la cipria che trovasi in Francia potesse essere monetizzata, quella nazione, avrebbe di che armare tre grandi eserciti. – La frase poté sembrare un insulto alla Francia, una definizione di decadenza, data l’esagerata sua frivolità, e fu, invece, un elogio. Se la Francia non avesse avuto la sua cipria e le sue donne incipriate, tutta la bellezza di un secolo fulgido ed impregnato di grazia non sarebbe esistita, la poesia di un’epoca gioconda nel paese delle tradizioni più illustri per spirito e vivacità non sarebbe sbocciata. Una Francia senza eleganza, senza accuratezza, senza leziosaggini e non poudrée, sarebbe stata oscura e povera; se quella nazione non avesse avuto il lezioso suo secolo decimosettimo e il sontuoso suo secolo decimottavo, le sue Maintenon, le sue La Vallière, le sue Du Barry, le sue Pompadour, le sue parrucche, le sue sapienti acconciature, i suoi codici di bellezza e, per conseguenza, le sue formidabili produzioni di oggetti frivoli, la sua rigogliosa fioritura della toilette, le sue infinitamente molteplici raffinatezze di gingilli, di cosmetici, e di complementi di quella sapiente e grandiosa architettura che è l’arte di creare o di far risaltare la bellezza, essa sarebbe stata tra le nazioni più povere di industrie, più tormentate dalla crisi del denaro. Oggi si dice: l’agricoltura è la mammella più feconda della nazione; un secolo fa, poteva dirsi lo stesso della Dea Ciprigna bizzarramente avvolta nei veli, nei merletti, nelle spume chimeriche dei suoi nastri, difesa dal guardinfante ed oppressa dal trono dei riccioli e dei bouillonnés.
Or l’esempio potrebbe diffondersi a tutte le Nazioni. Non è vero; è calunnioso lo asserto che corrano alla decadenza quei popoli che elevano ad altezze superbe il culto della teletta. Non possono decadere coloro i quali si prosternano davanti alla bellezza, sorgente di entusiasmo, animatrice di virtù, creatrice della poesia, che è linguaggio divino. E, dato il grado di civiltà a cui si oggi innalzata l’umanità, non vi può essere bellezza selvaggia e disadorna: l’epoca in cui fioriva l’idillio teocriteo, ove le regine di seduzione erano rozze pastorelle dai volti ingenui e dai piedi nudi bagnati dalla rugiada dei prati, è tramontata da un pezzo. Può darsi essa non sia giammai esistita se non nell’immaginazione dei versificatori arcadici. Certo essa non suscitò le passioni sovrane, frementi, ruggenti e inspiratrici di prodigiose imprese, che divampano all’epoca nostra, e non nelle letterature soltanto, e che dai loro grandiosi contrasti sprigionano la vera gioia della vita. Una bellezza che non ha risolto nell’arte di presentarsi, non è soltanto un quadro senza cornice, ma un quadro senza colore; essa non si sa comprendere, non si rende percettibile, è incompleta e pallida.
Senonché l’arte della teletta, in un’epoca di riforme radicali, ma logiche, ma in perfetta rispondenza dei bisogni della vita e della difesa dell’esistenza, non poteva sfuggire ad una evoluzione profonda. Essa oggi risponde a dettami così rigorosi, che traggono ragione d’essere dalla scienza appunto, dalla difesa dell’esistenza, dall’igiene.
1.2 Mario Dadone
Scrittore di grande popolarità, Mario Dadone confeziona un intero racconto, intitolato Lo scrigno della felicità, per pubblicizzare i prodotti femminili di bellezza della ditta Bertelli, apparso a tutta pagina su tre colonne, nel Domenica del Corriere del 5 aprile 1903.
Lo scrigno della felicità
Il marchese Ugo Ardenzi e la contessa Isabella d’Ebe s’incontrarono la prima volta e si conobbero ad una sontuosa matinée offerta dalla duchessa A…., nelle grandi sale a terreno del suo palazzo prospicienti lo storico Parco Reale.
Il marchese Ugo, trentenne, bruno, che sotto l’armonia delle forme signorilmente delicate nasconde un impetuoso vigore di ferrea salute, è un dolce sognatore, un poco timido e molto affettuoso, che nella sua giovane...