Introduzione
Quanta religiosità esiste nelle scelte economiche di ciascuno di noi? Quante di queste scelte non vengono compiute per semplice aderenza a pulsioni consumistiche o convincimenti personali, ma perché “proposte” o talvolta anche “imposte” da confessioni o movimenti religiosi ai quali abbiamo deciso di prendere parte? La soddisfazione del nostro bisogno di religiosità si esaurisce nella sfera privata e nelle manifestazioni pubbliche del culto, oppure investe anche altri campi dell’agire umano, ad esempio quello economico?
Queste e numerose altre domande riguardano oggi i moderni rapporti tra individuo e religiosità.
La nostra società, infatti, “appare troppo spesso superficialmente descritta come del tutto secolarizzata, e come un mondo ove il sacro e la sacralità sono qualcosa di estraneo o addirittura di irrilevante soprattutto nell’esperienza giuridica”1, ed aggiungerei anche in quella economica.
Proprio da questa idea nasce la presente ricerca sui moderni rapporti tra economia e confessionalità.
La convinzione maturata è infatti che in questo settore le osservanze religiose e, più in generale, le azioni degli individui connotate da caratteri di confessionalità, stanno spingendo verso orizzonti in cui il fenomeno religioso abbandona la sua dimensione strettamente privata ed individuale, per approdare a più ampi ambiti di condizionamento delle sovrastrutture giuridiche, economiche ed istituzionali.
La ricerca, dunque, è volta proprio a palesare l’esistenza di questa saldissima relazione tra economia e religiosità e a mostrarne le molteplici implicazioni in numerosi settori della vita economica, sia a livello nazionale che internazionale.
Si è convinti, infatti, che in economia si sperimentano continuamente legami con la confessionalità che possono confutare la generale convinzione che quello economico sia uno degli ambienti a maggior indice di secolarizzazione e nel quale il legame richiamato si presenterebbe in maniera del tutto volatile, se non addirittura inesistente.
Pertanto, allo scopo di verificare come le convinzioni religiose intervengano ad indirizzare le scelte economiche di ciascuno, si è partiti dall’analisi del finanziamento pubblico alle confessioni religiose, per giungere sino alle frontiere dell’ “economia alternativa” rappresentate dal mercato delle rimesse finanziarie e dalle forme del microcredito.
Il percorso tracciato, per naturale completezza, ha deviato anche verso le indicazioni della Dottrina sociale della Chiesa cattolica e, per ovvie ragioni di uguaglianza, ma anche di vero interesse e giusta interculturalità, ha pure affrontato l’analisi delle fonti, dei precetti e dei contratti bancari dell’economia islamica che rappresentano oggi i nuovi punti di interesse del mercato globale.
Il lavoro, in conclusione, si affaccia sul mondo dell’economia attraverso l’approccio dell’ecclesiasticista nella convinzione, già da altri maturata, che “l’errore del nostro tempo è proprio quello di non vedere che la scala di valori che si è costruita è messa in crisi da una società “diversa” (in senso interculturale) rispetto a quella dove i principi sono nati e si sono sviluppati”2, e che la svista di oggi è proprio quella di ritenere assodati valori e significati economici che le recenti crisi finanziarie hanno dimostrato essere opinabili o addirittura del tutto fallaci.
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Il finanziamento delle confessioni religiose tra libertà e norma
SOMMARIO: 1.1 Le basi del rapporto tra scelte finanziarie ed appartenenze confessionali nell’attuale sistema di finanziamento alle confessioni religiose. - 1.2 Problematica e metodologia nel calcolo costi-benefici del finanziamento alle confessioni religiose. - 1.3 Breve esegesi storica del sistema di finanziamento: dal beneficio ecclesiastico al supplemento di congrua. - 1.4 Il sistema di finanziamento dopo la legge 222 del 1985: l’otto per mille. - 1.5 Il finanziamento pubblico indiretto: la deducibilità fiscale delle erogazioni liberali in favore di organizzazioni confessionali - 1.6 Il “finanziamento di solidarietà” del cinque per mille al settore no profit e agli enti religiosi che istituiscono un ramo ONLUS.
1.1 Le basi del rapporto tra scelte finanziarie ed appartenenze confessionali nell’attuale sistema di finanziamento alle confessioni religiose
Lo studio dei rapporti tra scelte finanziarie ed appartenenze confessionali non poteva non iniziare da una puntuale verifica dell’esistenza della relazione appena richiamata nell’ambito del sistema di finanziamento alle confessioni religiose, come insieme di regole di provenienza “mista” che il legislatore ordinario ha avallato nell’ambito della legge 222 del 1985 e delle Intese stipulate con le confessioni religiose diverse dalla cattolica, per assicurare la soddisfazione di interessi religiosi indifferenziati3 all’interno dell’ordinamento giuridico statale.
In tal senso va immediatamente sottolineato che il sistema di finanziamento, nell’assetto corrente, sembra essere dotato di una propensione alla realizzazione istantanea di differenti finalità. Esso, infatti, sembra mirare alla soddisfazione dei bisogni religiosi individuali da realizzare, in prima battuta, attraverso la libertà di selezione, assegnata a ciascun individuo, della confessione religiosa da beneficiare, di volta in volta, con l’attribuzione dell’otto per mille del proprio reddito IRPEF, oppure con alcune delle attribuzioni liberali disciplinate nel Libro secondo del Codice civile. Ne consegue che qualsiasi preferenza di finanziamento rappresenta una reale espressione di libertà personale, ancorché originata da un legame simpatetico del singolo fedele con i principi indicati dalla dottrina della sua confessione di appartenenza. In altre parole, in questo campo, le diverse modalità di sovvenzionamento delle confessioni religiose, non ultima la “scelta attiva” effettuata per mezzo dell’otto per mille, si caratterizzano per la capacità di dilatare la gamma delle libertà personali, trattandosi di scelte effettuate in totale assenza di obblighi giuridici, come ribadito anche dalle Autorità confessionali, salvo casi specifici per i quali tali obblighi originano da principi religiosi di reciproca assistenza endoconfessionale4, per questo non coercibili (immediatamente) nell’ordinamento giuridico dello Stato.
Peraltro, come è stato accennato, il sistema attuale di finanziamento alle confessioni religiose non esaurisce le sue potenzialità nel solo incremento della libertà individuale. Esso, infatti, permette allo Stato di assolvere concretamente le funzioni di sviluppo e promozione sociale di ciascun individuo, funzionali all’attuazione del diritto di libertà religiosa disciplinato all’art. 19 della Costituzione, nonché alla garanzia ed al riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
In questa direzione l’elezione dei fini di integrazione e promozione sociale a valori sostantivi dell’ordinamento democratico-pluralistico, riassunti nella formula del “pieno sviluppo della persona umana” contenuta all’art. 2 della Costituzione, connota, secondo un rapporto di stretta connessione, che i principi costituzionali rivolti alla tutela del fattore religioso sono valutati positivamente nell’ambito del percorso della democrazia pluralistica. Per questa stessa ragione, il progetto costituzionale di politica ecclesiastica comprendente il finanziamento alle confessioni religiose, appare oggi “come una trama dispositiva da cui emerge l’affermazione di una valutazione ampiamente positiva e pluridimensionale dei percorsi di fede, in quanto funzionali, come minimo, alla auto-determinazione della persona umana ed al perseguimento del benessere materiale e spirituale della società”5.
Orbene, in un quadro così delineato, solamente le finalità da ultimo elencate, e non altre, potrebbero essere quelle perseguite dallo Stato con la contribuzione alle confessioni religiose, non potendosi in alcun modo pensare alla riviviscenza di altre intenzioni, che finirebbero inevitabilmente per scontrarsi con i principi di separatezza, autonomia e libertà degli ordini, delineati nel sistema di rapporti tra Stato e Confessioni religiose dagli articoli 7 e 8 della Costituzione. Sarebbe infatti impensabile il replicarsi di una volontà ingerente dello Stato nelle istituzioni, o peggio nelle materie confessionali, esercitata attraverso la leva finanziaria, con lo scopo non troppo sottaciuto di ingerire o controllarne apparati e politiche, peraltro in maniera assolutamente vietata dalle disposizioni costituzionali appena richiamate.
In ultima analisi, si può dunque affermare che lo scopo perseguito con il sistema di finanziamento alle confessioni religiose appare ancora oggi quello di garantire a “tutti” l’effettiva soddisfazione delle esigenze di culto nonché, ai ministri del culto6, la fruizione di emolumenti sufficienti a permettere l’esercizio di specifiche potestà spirituali, di magistero o di giurisdizione sugli altri membri della comunità religiosa di riferimento, nella consapevolezza, da parte del legislatore statale, che per questi ultimi l’espletamento delle funzioni appena richiamate, rappresenta la componente principale, se non unica, della loro attività lavorativa.
1.2 Problematica e metodologia nel calcolo costi-benefici del finanziamento alle confessioni religiose
In un momento in cui gli stati nazionali sono occupati a porre in essere vere e proprie politiche di “rastrellamento fiscale”7 per fronteggiare gli abnormi deficit pubblici di bilancio accumulati, sotto la lente di ingrandimento dei tecnici ministeriali scorrono i canali di spesa che rendono effettivo l’esercizio delle molteplici funzioni statuali. Dall’azione di controllo, è emerso che la spesa italiana per il finanziamento dei bisogni religiosi della popolazione è costantemente cresciuta nel corso degli ultimi anni, con finanziamenti (annuali) erogati alle confessioni religiose ammontanti oggi a circa 2000 miliardi di vecchie lire. Sennonché il c...