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La piscina delle mamme
About this book
Dopo gli eventi della Seconda Guerra Mondiale, la Cecoslovacchia è sotto il dominio dell'Unione Sovietica e un'ondata di emigrazione porterà centinaia di cittadini a trovar fortuna altrove. Questa è la storia di Olga e Berta, due donne nate nella splendida città di Praga e che col cuore ferito dal dolore del passato giungeranno in un paese italiano che si affaccia su un suggestivo lago. Qui, attraverso la ricerca di nuove abitudini, sogni letterari, particolari vicini di casa e passioni artistiche e gastronomiche, saranno pronte a tuffarsi, insieme a voi, nell'originale e scanzonata visione di una vita che, nonostante tutto, riesce ancora a far innamorare anche chi è certo di aver perduto ogni speranza.
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Information
Terzo Tuffo
la spinta
Io ed Olga ci siamo conosciute che eravamo bambine. Ci siamo ritrovate anziane all’età di settanta anni, non siamo mai state un giorno lontane. Anche oggi quando ognuna se ne sta un po’ in disparte tra i fornelli o le pagine di un libro, c’è sempre la stessa armonia dei primi giorni e a colazione non mancano mai quelle soffici e calde fette di pane accompagnate da quella buona marmellata di ciliegie fatta in casa che fin da piccole ci è sempre piaciuta.
Ci manca spesso il senso acceso dell’abitudine, la complicità di una simbolica nuotata tra quegli attimi che ci passano rapidamente davanti agli occhi come fossero gli ultimi, per sempre. Ci sentiamo spesso come quelle grandi e vecchie navi che dal porto prendono il mare verso un viaggio che non ti aspetti ed hai paura di affrontare il futuro. Durante le nostre passeggiate sul lungolago ci ritornano in mente gli anni della nostra vita trascorsi nella nostalgica e surreale città di Praga.
Non c’è dubbio che si parte per ritornare, ma il ritorno rimane una lontana utopia, il compimento di un percorso, la fine di una condanna soprattutto quando si è stati costretti a lasciare la propria terra a causa di una guerra.
Un destino amaro che diventa vitale se non fosse che la nuova patria, l’Italia, ci accolse benevolmente tramutando il nostro esilio in un viaggio a tratti poetico dove la consapevolezza di ogni tempo è diventata alla fine la nostra vita.
In questa nuova terra sono mutate le persone, i sentimenti, i percorsi e noi stesse siamo mutate con questa terra.
La città da dove proveniamo, le persone che abbiamo perduto, rimangono unite nel ricordo e nel sentimento. Rimane fra le due terre uno spazio spettrale che possiamo percorrere, però con la coscienza che quando siamo partite, siamo partite per sempre.
Diventiamo più essenziali nel tempo che inizia a ridurre gli spazi della memoria dove i sogni hanno uno spazio privilegiato e per ritrovare, in qualche modo, il mondo lontano che ci portiamo dentro si desidera dormire per poter, per l’appunto, continuare a sognare.
Nel misterioso mondo dei sogni ci si ritrova prodigiosamente con chi ci ha lasciati, nel sogno ci burliamo di ogni distanza, della morte e di ogni logica. Abbiamo piccoli o grandi mondi da esplorare, finestre e porte da aprire o chiudere. Siamo bendisposti a condividere i nostri stati in un mondo che ne ospita uno dentro l’altro fino a che non siamo richiamati al risveglio. È nel sogno che respiriamo quella amara e sottile speranza di recuperare il passato, le parole, i sentimenti perfetti sinonimi alla nostalgia che in molti casi sfocia in una specie di malattia che scava nel ritorno delle nostre origini.
All’inizio, le nostre prime notti, diventavano delle finte scenografie e noi esuli attrici che attendevamo che le luci si spegnessero per dormire. Si piangeva e si cercava la sicurezza di un mondo che poteva farci crescere quell’ossessiva voglia di dormire che senz’altro ci avrebbe portato, attraverso il sonno, a nasconderci facendoci sentire protette fino a quando il risveglio non ci avrebbe nuovamente ferite.
I sogni continuano ad essere l’espressione dello stato d'animo e della riflessione di chi, in ogni tempo, come noi è stato costretto a lasciare la propria terra e non puoi fare a meno di pensare a nuovi sogni che incominci pian piano a seguire ascoltando i segnali che vita ed anima ti mandano, fidandoti anche delle tue convinzioni e dei tuoi istinti seguendo la tua strada fino alla fine.
Guardandoci attorno ci siamo accorte che si tende a concepire un mondo che dall’alba al tramonto si affanna ad andare avanti oltre le difficoltà, le delusioni, le apparenze.
Ha preso forma, in noi, una nuova sfida con noi stesse per far sì che si superassero i nostri limiti con la scoperta di nuovi orizzonti che pur portando con sé paure e altre delusioni ci hanno permesso di tuffarci nella bellezza di alcune parentesi di una felicità, se pur momentanea, essenziale per la nostra strada che sta a noi percorrere al meglio.
I sogni son fatti di scelte e fatiche ma solo alcuni lottano per realizzarli, qualunque sia il rischio. La maggior parte della gente cerca di ignorarli, per paura di perdere quel poco che hanno.
Noi dovevamo trovare nuovi sogni in cui credere, ma quello che nel frattempo potevamo fare era sentirci protette tra le braccia delle notti.
C’è chi afferma che durante le fasi del sonno, quella dei sogni chiamata REM si riduca progressivamente con l’età eppure Olga per assurdo riesce a collezionare sogni su sogni che hanno per protagonista quasi sempre il suo amato e celebre drammaturgo inglese William Shakespeare, autore degno di nota dei suoi numerosi studi giovanili universitari. Personaggio di indiscutibile personalità e bravura che però, per quanto mi riguarda e come alcuni studiosi hanno azzardato ad annunciare, potrebbe non essere mai esistito. Vi è un dibattito sul fatto che le opere attribuite al noto autore siano state scritte in realtà da un altro scrittore o da un gruppo di letterati, una teoria che per certi versi ho sempre condiviso e che ho cercato di tenere tra le mie supposizioni per non accendere stupidi litigi con chi, come Olga, ama e sostiene l’autenticità delle opere del grande William.
Eppure sono grata all’ascolto della descrizione della maggior parte dei sogni notturni di Olga che fanno capolino nelle suggestive ambientazioni shakespeariane che mi permettono di ispirarmi durante i miei pomeriggi dedicati alla mia più recente passione: la pittura. Se non erro credo sia stato il famoso pittore Vincent Van Gogh che in merito alla sue ispirazioni, affermò: “Sogno un dipinto e poi dipingo il mio sogno”, perciò mi sento abbastanza orgogliosa di avere con me un’amica che con i suoi sogni, rappresenta un po’ la mia dea ispiratrice.
William Shakespeare nella sua opera “La Tempesta” scrive: “siamo della sostanza di cui sono fatti i sogni, e la nostra breve vita è racchiusa da un sonno”. La stessa Olga è concorde con il messaggio espresso nell’opera del suo caro autore, sostenendo che gli spiriti introducono la vita dopo la morte, e la vita terrena non è altro che una minuscola parentesi in mezzo alla vita eterna: quando l'essere umano muore inizia un sogno che dura in eterno, la vita spirituale e il sonno di ogni notte sono la stessa cosa.
Interagendo con gli altri stati umani, i significati di un sogno diventano premonizioni, indicazioni da percorrere, rivelazioni, un coinvolgimento completo, totalizzante nell’autentica ricerca del vero.
Con noi interagisce il mondo esterno e in quella “materia dei sogni”, in quello spazio-tempo, l’anima parla e lancia i segnali che per una forma di “analfabetismo”, spesso non riusciamo a comprendere. Ma è proprio nel sogno che si celano risposte che aspettano di essere interpretate portando alla luce l’essenza di una realtà realizzabile.
I miracoli sono troppo spesso considerati impossibili e troppe volte si smette di sognare per paura di fallire o, ancor peggio, per paura di arrivare e non voler cambiare.
Chissà se un giorno avremo una sorta di miracolo, un forte segnale o un effettivo aiuto dal mondo degli spiriti. Potremmo avere un’ulteriore conferma di come spesso ci si radica troppo alle cose terrene, ad una vita che segue le solite logiche.

Tra le rivisitazioni oniriche di tragedie, drammi storici e commedie ritrovo quegli spunti che nelle forme e nei colori passano dal paradiso alla terra e dalla terra al paradiso e tracciano involontariamente tutto l’universo delle opere shakespeariane popolato di personaggi che abitano ed agiscono su vari piani e dimensioni sospese.
Così, se pur convinta della mia opinione sulla reale o meno paternità delle sue opere, non posso negare di essere stata stregata anch’io dalla raffinata essenza della sua scrittura.
I miei giovani studi universitari mi hanno portata ad interessarmi alle opere del padre della psicanalisi, seppur oggi contestato, Sigmund Freud il quale leggeva e rileggeva Shakespeare, ammirandone in special modo la superba potenza espressiva e anche più la conoscenza, così vasta, della natura umana. Freud afferma che i poeti sono come degli alleati preziosi nella descrizione della vita interiore dell'uomo. È suo il merito di aver dato vita agli studi sull'inconscio, agli scrittori va riconosciuto di aver mostrato da sempre la capacità di portarlo in scena, tanto che è proprio a figure della tragedia greca come Edipo, o all'Amleto del teatro shakespeariano, che Freud attinge per l’elaborazione delle proprie teorie. Il padre della psicanalisi aveva delle bizzarre idee sull’autore inglese: diceva che la sua fisionomia non poteva essere quella di un anglosassone, ma poteva invece essere francese, e questo dimostra, ancora una volta, la mia convinzione a riguardo.
Un nuovo senso di abitudine è riuscito negli anni a diventare protagonista delle nostre giornate. Ha cercato di mettere da parte le nostre vecchie abitudini familiari e lavorative, cercando si smuovere tutto attraverso nuove strade, nuove forme di intrattenimento, nuove persone.
Ogni mattina Olga sostituisce il più comune “Buongiorno” con un: « Berta, non sai chi ho avuto il piacere di sognare questa notte » e nello stesso tempo ci arriva dalla finestra del nostro balcone il suono della grossolana voce del vicino del piano superiore Antonio Spaccaprimo, un pezzo d’uomo sulla sessantina, alto, grosso e con due braccia da lottatore.
« La mia vita va sempre peggio, basta cambio casa! » è quello che ogni mattina alle sette in punto, il signor Spaccaprimo, affacciandosi dal suo balcone, annuncia al mondo intero sempre con la stessa intonazione. Fatto sta che il signor Antonio, da molti chiamato Tonino, è lì nella sua casa da oltre cinquanta anni e fino ad oggi, ai tanti mattinieri o costretti ad alzarsi di soprassalto per le sue urla quotidiane, le sue intenzioni di andar via restano frasi pronunciate semplicemente per decorare il già acceso ed evidente carattere burbero che si ritrova incollato come un secondo strato di pelle ruvida e stressata che nemmeno le migliori creme anti-age sul mercato potrebbero ringiovanire.
Ad Antonio Spaccaprimo piace tanto curare i fiori del suo balcone, e passa tantissimo tempo a bagnarli. E’ molto orgoglioso del suo piccolo spazio fiorito ed è sempre molto attento a tenerlo in ordine e pulito. Tutto dev’essere sempre a posto. Tanta gente passa dalla stradina che si affaccia dai nostri balconi e che confina sul lungolago, solo per poter dare un’occhiata al suo balcone e vedere i suoi fiori. Si ha come la sensazione che riescano a trasmettere allegria per via dei loro vivaci colori.
Tra le diverse varietà di fiori, spuntano i suoi gerani, e quando li cura canticchia sempre un motivetto che ricorda un po’ il canto del lavoro dei sette nani della fiaba di Biancaneve.
A volte quando siamo tristi, ci basta aprire la finestra del nostro balcone e con le nostre orecchie tese verso l’alto lo ascoltiamo fischiettare e così diventiamo più contente.
Anche quando fuori il tempo è bello e c’è il sole il signor Spaccaprimo corre in casa e chiude tutte le finestre. Io ed Olga crediamo che forse ha paura di qualcosa, oppure che vuole stare da solo e c’è chi sospetta che veda cose che non esistono come i fantasmi. Ci sono molte persone in paese che parlano di lui. Si pensa abbia addirittura una doppia identità, che sia posseduto da un demonio e che abbia problemi di stitichezza, quest’ultima osservazione arriva dalla signorina Carmen, cassiera di un minimarket presente su una delle strade vicine al nostro palazzo che, guardando ogni singolo prodotto acquistato da ogni cliente, riesce a tracciare un quadro psico-attitudinale della persona che ha di fronte. Una volta riuscì addirittura a riconoscere dalla merce acquistata una signora che cercava disperatamente un aiuto già precedentemente e animatamente mostrato ed urlato in tutto il negozio. Questo esempio lascia bene intendere il tipo di pregiudizio che si etichetta sulla gente che, nel caso del signor Spaccaprimo, prima parlano dei suoi fiori e dicono che sono bellissimi, poi però i loro discorsi si soffermano sul suo carattere scontroso e solitario.
Non crediamo abbia tanti amici. Lo vediamo sempre da solo, anche quando va al mercato a comprare il concime per le piante o qualche fiore nuovo. Anche in mezzo a tanta gente intorno, lui non parla mai con nessuno e saluta solo poche persone. Forse non va d’accordo con la gente del paese. Invece sorride sempre ai bambini, e a volte gli regala qualche fiore, ma i genitori non dicono mai ai propri figli di ringraziarlo, e a volte buttano anche via i fiori per paura che siano avvelenati. Il nostro vicino potrebbe anche sembrare abbastanza strano o scorbutico, ma non crediamo che arrivi ad avvelenare i suoi fiori per f...
Table of contents
- Prefazione
- Primo Tuffo
- Secondo Tuffo
- Terzo Tuffo
- Quarto tuffo
- Quinto tutto
- Sesto tuffo
- Settimo tuffo
- Un tuffo nella poesia
- I commenti dei lettori
- Postfazione
- Collana "I destrieri di Aphorism.it"
- Altri titoli della collana