1. Alcune riflessioni su tattica e strategia
«Perché il male trionfi è sufficiente
che i buoni rinuncino all’azione».
Introduzione
In questa sede siamo tutti decisamente convinti di alcune idee fondamentali per il miglior funzionamento della società o, ancor più chiaramente, per garantire il migliore rapporto tra le persone. Come presupposto altrove verificato facciamo coincidere queste “idee fondamentali” con il pensiero cosiddetto libertario. E senza mai distoglierci dalla riflessione dottrinale intorno a questa filosofia, proviamo a svolgere qualche considerazione propriamente “tattica” e “strategica”.
Inutile ripetere, quindi, che il primo “dovere operativo” è la diffusione culturale. Questa costituisce, semplicemente e puramente, una premessa implicita e soggiacente a ciò che stiamo per dire: «le idee sono la base — sosteneva il pensatore libertario Murray N. Rothbard (1926-1995) — e diffondere la corretta dottrina è una parte necessaria di qualsiasi strategia libertaria». Infatti, la nostra è innanzitutto una battaglia culturale, un Kulturkampf come scriveva Rothbard nell’ottobre del 1992: «sì, sì, corrotti ipocriti progressisti, è una guerra culturale! ed era anche ora!».
Questa battaglia culturale è tutta tesa a dimostrare che non solo un mondo senza violenza istituzionale sarebbe largamente preferibile, ma anche che questo traguardo dev’essere perseguibile. Quindi: non è solo un desiderio, ma anche un dovere. Non solo un auspicio, ma anche una missione. Alla battaglia culturale il compito di far comprendere che il mondo senza violenza istituzionale è largamente preferibile; alla battaglia politica il compito di realizzare il traguardo di un mondo con la dose più bassa possibile di violenza.
A proposito di traguardi… Nel linguaggio corrente, spesso, si usa parlare di “strategia” senza fare sottili distinzioni tra questa e la “tattica”. Ricorrendo al vocabolario, si deve precisare che la strategia (l’etimologia del termine richiama il comando) attiene alla individuazione soprattutto degli obiettivi generali da raggiungere con i mezzi utili allo scopo mentre la tattica è relativa al modo di agire e di comportarsi, alle specifiche modalità d’impiego dei mezzi (l’etimologia del termine “tattica”, infatti, evoca l’arte di disporre e di ordinare). Le distinzioni sono sempre utili; lo sono senz’altro anche in questa circostanza in cui vogliamo interrogarci sui passi immediati da compiere per portare avanti la missione libertaria che, ancora con Rothbard, riconosciamo essere quella di lottare per la libertà individuale quale «principio morale radicato nella natura umana» e, quindi, di combattere ogni forma di socialismo.
Le distinzioni, come dicevamo, sono sempre utili, ma vorremmo provare a offrire alcune considerazioni sia sulla strategia (più in generale) sia sulla tattica (più in particolare).
Senza mai rinunciare al primato della diffusione delle idee e senza in nulla abbandonare l’integralità della teoria della “non aggressione” — e su ciò i rothbardiani saranno senz’altro d’accordo —, occorrerebbe prestare attenzione alla discussione sulle necessità tattiche per trovare sintonia anche sulle strade da percorrere per rendere efficace la missione da compiere. Infatti, una cattiva tattica ritarda o addirittura compromette l’esito dei vari confronti che vanno intrapresi per estendere le libertà individuali. Non è secondaria, quindi, una riflessione attenta e scrupolosa sui modi con cui il pensiero libertario deve farsi strada.
La preoccupazione per l’identificazione di questa strada non è stata in cima ai pensieri dei filosofi libertari. Essi, assai giustamente, hanno privilegiato la verifica della correttezza della teoria e la diffusione del pensiero. Rothbard scriveva che i marxisti sono abituati a spendere quasi tutte le proprie energie per la definizione della strategia, trascurando ampiamente l’analisi delle teorie fondamentali mentre i libertari fanno sempre il contrario. Occorre, allora, che — già forti di un impareggiabile bagaglio di idee — i libertari riflettano anche sul modo con cui rendere anche politicamente operativa la “filosofia della libertà”.
Non ci si può nascondere le difficoltà. Non le celava lo stesso Rothbard che ammetteva: «se l’elaborazione di una teoria sistematica della libertà è già abbastanza rara, l’esposizione di una teoria sulla strategia per raggiungere la libertà è pressoché inesistente». Ma le difficoltà fanno parte del cammino dell’uomo e questo stesso cammino è teso a trovare i modi per superare gli impedimenti e per sciogliere i problemi. Il maggior teorico libertario, se da un lato riconosceva il dovere della filosofia «di affrontare la strategia, ovvero il problema di come procedere», scoprendo ed individuando le linee guida, dall’altro lato confessava che, in questa ricerca, «ci stiamo avventurando in un’area inesplorata».
Ancora a mo’ di premessa, occorre ribadire che non può esservi alcuna contrapposizione tra pensiero e azione o, più esattamente, nessun contrasto tra pensiero e azione quando l’uno e l’altra sono corretti e giusti. Non vi è alcuna teoria che non si inveri in azione e nessuna azione che non scaturisca da una teoria. Un altro grande scienziato sociale, Ludwig von Mises (1881-1973), perciò, sosteneva che «pensiero e azioni sono inseparabili».
Se quest’ultima affermazione rappresenta un dato di fatto — perché si applica ad ogni tipo di teoria e ad ogni tipo di azione —, non è, però, superfluo ricordare che non vi è nulla di sconveniente nell’azione “politica”, nulla che sia incompatibile, in linea di principio, con una corretta teoria. A condizione, ovviamente, che si tratti di azioni rette e giuste.
Tra breve torneremo su alcuni aspetti riguardanti la teoria. Ora, come preambolo, ci interessa, da un lato, dimostrare che non intendiamo minimamente trascurare la teoria e, dall’altro, riconoscere la necessità di azione e di operatività “politica”.
A superare alcuni pregiudizi nei confronti di questo tipo di operatività, tornano utili le parole del più grande teorico di riferimento — Rothbard — che, senza mezzi termini, dichiarava «il libertarismo […] una filosofia che cerca una politica». E, ancora, senza timore parlava della necessità di «attivismo».
Chi scrive si considera un teorico; ma, proprio per essere fedele a questa vocazione, non si stancherà di cercare strade “politiche” che diano realizzazione alle buone idee. Raccogliendo la lezione di Richard Weaver per il quale Ideas have Consequences (è stato questo anche il motto dello stesso Rothbard), occorre attingere in modo fecondo alle buone teorie ma, delle buone idee, anche favorire le fruttuose conseguenze.
Da un lato, sappiamo che la verità — quella che si può scrivere con la maiuscola perché coincide con Dio e tutte le altre che dalla prima derivano — è destinata, nel lungo tempo, a trionfare; dall’altro lato, sappiamo che il cammino per questo trionfo è quanto mai impervio e sofferto. Non è, quindi, affatto trascurabile domandarsi cosa fare per...