X
Io e Antonio eravamo a goderci il fresco, quel pomeriggio col sole già basso sulla linea dell’orizzonte a rendere il cielo striato di verde e il mare imporporato di riflessi violacei. La prua della Gloria sembrava sapere il fatto suo aprendosi varchi di spruzzi metallici, puntata verso una meta qualsiasi che lo sguardo rapace del Capitano inossidabile nella sua montura sembrava conoscere assai bene. Un cameriere con la faccia di uno di quelli del bar Margherita ci portò da bere un cocktail a base di Martini dry, appoggiò le olive da una parte e con una buffa piroetta che mi fece pensare ai mimi del circo sparì assieme al suo ingombrante vassoio di peltro sul quale avevo visto ondeggiare liquidi colorati in bicchieri ornati di bandierine e piccoli ombrelli di carta, certamente destinati a gusti femminili. Mi venne in mente Carlo al quale avrei assegnato quella parte, ma questo era un cameriere vero ed era impacciato e basta, senza i segni dell’arguzia.
«Ti voglio bene, Pupi.» Antonio prese il bicchiere tra le mani e lo fece tintinnare contro il mio.
«Te ne voglio anch’io fratellino. In modo sconfinato proprio come questo mare. Ed è lo stesso che ho voluto alla mamma.»
«Che abbiamo…»
«Certo, scusami. Al solito ho il vizio di prendermi per intero la scena. Ma sai che non lo faccio apposta, è il mio carattere…»
«Cosa ti manca di più di lei?»
«Tutto. Il suo buonumore, l’ottimismo, il non sapersi mai dare per vinta…»
«Credo che quello che siamo stati e soprattutto quello che saremo lo dobbiamo a lei, a quel suo coraggio da uomo a non tirarsi mai indietro di fronte a qualunque sacrificio da affrontare.»
«Pupi, mamma era una persona buona?»
«La bontà è un virtù difficile da raggiungere, perché rappresenta un ideale e come tutti gli ideali è illusorio e troppo ambizioso nel cercare scaglie di perfezione…»
«Non sapevo che fossi un filosofo. Lo sai io ho una mentalità concreta: ti avevo chiesto solo se pensavi a mamma come a una persona buona, ecco tutto.»
«Lo è stata certamente perché ci ha voluto bene e ha fatto più di quanto fosse nelle sue possibilità pur di renderci lievi le difficoltà . Ma lo è stata con se stessa? Si è assolta a sufficienza per non essersi data una vita dopo la scomparsa di nostro padre? Eppure abbiamo perfino giocato a cercarle marito. Tutto inutile. Lei è rimasta sposata al suo Angelo e di conseguenza a ognuno di noi, per patto mai scritto ma per lei vincolante come una tavola della legge. Perciò mamma Ines è stata un angelo per me, per te, per Mariella. Lei abitava in via degli Angeli, ricordi? Non pensi che sarebbe un bel titolo se volessi un giorno dedicarle un film?»
«Sì, un titolo fantastico e una bella idea. E io che parte potrei fare, quella della realtà : il figlio.»
«Questa è buona! Devo dirti una cosa, Antonio. Questa in cui ci troviamo è una nave magica in cui stanno accadendo fatti strani. Faccio sogni incredibili, mi immergo in fantasticherie impressionanti e con le cianfrusaglie da fiera del comandante vedo cose mai viste e cose che accadranno. Ad esempio, giorni fa, guardando dentro quella specie di cannocchiale dai vetri colorati ti ho visto al mio fianco a inventare, scrivere e produrre storie per fare film, i due Avati insieme a fare la storia del cinema, ci pensi?»
«Dovrei rinunciare a molti dei miei sogni, Pupi. Quello che mi hai detto è bello, bellissimo… perciò mi auguro che questa fantasticheria non si avveri mai!»
«Temo invece che tutto quanto ho visto accadrà , e sarà una esperienza entusiasmante. Non vorrei sembrarti blasfemo ma da quando ho visto quel film Fellini è diventato una specie di mio santo protettore personale. La sua stella porterà bene alla mia e se conosci la mia ambizione…»
«Molto bene, so di cosa parli. La mamma diceva spesso che sei un accentratore, egoista e anche bugiardo. Ma d’animo buono fino all’inverosimile. Ed è per questo che non smetterò mai di volerti bene anche se un giorno dovessimo litigare a morte.»
«Non succederà mai, ne sono sicuro. Quanto al mio carattere, beh sì… qualche denigratore dipinge il segno dello scorpione a tinte ingiustamente troppo cariche, anche se devo ammettere che quasi sempre al parere altrui preferisco il mio. Piccole debolezze, in fondo…»
«Quindi se ho ben capito alla fin fine tu diventerai il regista, il direttore della pellicola e il supremo demiurgo. Serate in smoking, interviste, giornali, massima visibilità , e perché no, donne a non finire. E io in disparte, dietro le quinte, sconosciuto a tutti, a farmi un bel mazzo per te destinato a essere l’uomo dei conti.»
«E dei racconti! Fratellino, sarà un’avventura eccitante, splendida e unica. Io e te sempre insieme. E nei titoli di testa come in quelli di coda: Antonio e Pupi Avati. Me lo vedo, un successo dopo l’altro. Ma, aspetta, guarda un po’ chi sta arrivando… il nano!»
Bob Tonelli si era agghindato come un piccolo boss. Gessato marrone a sottilissime righe gialle, panama d’ordinanza e un garofano bianco all’occhiello.
«Mi è sempre piaciuto il bianco. Il marrone meno, mi sembra un colore che puzza… al nano poi non sta per niente bene.»
Antonio continuava a vedere in Tonelli il suo antagonista, quello che gli avrebbe potuto rubare il posto da protagonista nei miei prossimi film.
Con lui un tipo dall’aspetto poco raccomandabile: capelli ondulati neri, fronte bassa, viso quadrato da pugile. Anche lui vestiva in doppiopetto gessato, ma niente cappello. Li avrei scritturati per fare i gangster perché le facce da gente di Cosa Nostra l’avevano entrambi anche se uno dei due valeva la metà .
«Signori, vi presento Mister X! L’uomo che vuole investire nel vostro talento. L’uomo il cui nome è destino disposto a credere in quel che farete. Un calabrese che ha costruito il suo impero a Bologna e che ha soldi da buttar via. Lo sapete che è tra i più tassati d’Italia?»
«E ne sono fiero! Piacere di fare la vostra conoscenza. E ora ditemi un po’ dei vostri progetti per favore.»
Antonio restava in silenzio, ammutolito da quell’incontro incredibile. Mi lanciava sguardi d’allarme, pensando di essere nel bel mezzo di un raggiro. Io sono uno che si fida di tutti per istinto, lui no. Ed è per questo che mi sarebbe stato sempre prezioso nella vita.
«Ho in mente di girare un film. Ho già scritto la storia. Lei conosce il Conte di Cagliostro?»
«Certo che lo conosco. Era quasi mio paesano, Giuseppe Balsamo. O sbaglio?»
«Sì un palermitano che si faceva passare per conte oltre che per esperto di arti magiche. Sosteneva di essere stato iniziato a Messina da un maestro di origini greche, tale Altotas che lo avrebbe portato in giro per il mondo a compiere esperimenti di magia.»
«Ha già in mente il cast degli attori? Chi farà la parte di Cagliostro?»
Bob Tonelli allargò le braccia in maniera plateale come ad aspettarsi l’applauso di un immaginario pubblico.
«Chi se non io?»
Io e Antonio non riuscimmo a trattenere le risate. Era troppo. Ci ricordammo di quando il suo gatto era sgusciato via in modo bizzarro e in quell’istante il nano aveva proclamato che il protagonista sarebbe stato lui, indovinando anche il titolo del film che mi balenava in mente.
«Balsamus è un ruolo che mi sta a pennello. Mi vedo: abiti settecenteschi, libri antichi, alambicchi e donne da amare… Il potere del mago!»
Lo aggredii: «Ma io credevo che scherzasse, non penserà sul serio…».
«Sì lo so. E ho anche sentito suo fratello chiamarmi nano, prima. Ebbene, datemi dello storpio, del mostro se volete. Ma non voglio sentire mai più quell’espressione. Forse sarò nano nel fisico, ma vi assicuro che sono un gigante nello spirito. E immenso nel recitare. Inoltre sono queste le condizioni, come av...