Principi della filosofia dell'avvenire
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Principi della filosofia dell'avvenire

Ludwig Feuerbach

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Principi della filosofia dell'avvenire

Ludwig Feuerbach

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Nei Princìpi della filosofia dell'avvenire (1843) Feuerbach ricostruisce la genealogia dell'idealismo, mostrando il legame tra teologia e forme filosofiche sostenuto già nelle Tesi provvisorie per una riforma della filosofia. Tuttavia non si ferma ad una lettura, pur geniale, della storia della filosofia, ma prospetta una nuova soluzione del problema ontologico che eviti il vuoto di soggetto in cui incorre la logica di Hegel: l'essere non è solo pensato ma esperito come altro rispetto al pensiero.Feuerbach propone una nozione positiva della sensibilità, uno sguardo rinnovato che pone la causa del desiderio umano nel campo del visibile. Andare oltre Hegel non significa infatti recuperare il concetto romantico di sentimento, ma riconoscere la positività del reale.Nei Princìpi Feuerbach si interroga sugli effetti a lungo termine della verità. Il destinatario di questo manifesto filosofico non è l'uditorio universitario ma l'umanità futura. Qui l'universalità emerge come piano dell'intersoggettività. Solo dopo aver destituito l'Assoluto come soggetto, l'uomo incontra l'altro come simile: finito nella sua esistenza corporea, ma infinito nel genere in quanto umanità.

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Information

Publisher
Orthotes
Year
2016
ISBN
9788893140355
§ 1
Il compito dell’era moderna è stato la realizzazione e umanizzazione di Dio – la trasformazione e la dissoluzione della teologia in antropologia.
§ 2
La forma religiosa o pratica di questa umanizzazione è stata il protestantesimo. Il Dio fatto uomo, il Dio umano, Cristo – solo Cristo è il Dio del protestantesimo. Al protestantesimo non interessa più, come invece interessa ancora al cattolicesimo, cos’è Dio in sé, ma cosa è per l’uomo; pertanto non ha più una tendenza speculativa o contemplativa, come nel caso del cattolicesimo. Non è più teologia, ma essenzialmente cristologia, vale a dire antropologia religiosa.
§ 3
Il protestantesimo, tuttavia, ha negato Dio in sé, o Dio in quanto Dio – dal momento che solo Dio in sé è realmente Dio – solo in pratica; dal punto di vista teoretico lo ha lasciato intatto. Dio è, e non solo per l’uomo, intendendo con ciò l’uomo religioso, l’ente trascendente, l’Essenza, che solo nei cieli diventa un oggetto per l’uomo. Ma ciò che si trova nell’altro mondo per la religione si trova in questo mondo per la filosofia; quello che non è affatto un oggetto per la prima è precisamente l’oggetto della seconda.
§ 4
La filosofia speculativa è l’elaborazione e dissoluzione razionale o teoretica del Dio che, per la religione, è ultraterreno e non rappresentabile.
§ 5
L’essenza della filosofia speculativa non è altro che l’essenza di Dio razionalizzata, realizzata, resa presente. La filosofia speculativa è la teologia vera, coerente e razionale.
§ 6
Dio in quanto Dio – come essenza spirituale o astratta, vale a dire, come essenza non umana, non sensibile, accessibile e oggettivabile solo per la ragione o l’intelligenza – non è altro che l’essenza della ragione stessa. Tuttavia, è rappresentato attraverso l’immaginazione dalla teologia comune o dal teismo come un’essenza autonoma e indipendente dalla ragione. È dunque un’intima e sacrosanta necessità che l’essenza della ragione – ora separata dalla ragione – sia finalmente identificata con essa, e che l’essenza divina sia riconosciuta come l’essenza della ragione e sia compresa e presentata come tale. Su questa necessità riposa l’alta importanza storica della filosofia speculativa.
La prova che l’essenza divina è l’essenza della ragione o dell’intelletto sta nel fatto che le determinazioni o gli attributi di Dio – nella misura in cui questi sono razionali o spirituali, ovviamente – non sono determinazioni della sensibilità o dell’immaginazione, ma attributi della ragione.
«Dio è l’ente infinito, l’ente senza alcuna limitazione».1 Ma ciò che non costituisce un confine o un limite per Dio non lo è neanche per la ragione. Per esempio, se Dio è un ente elevato al di sopra dei limiti della sensibilità, anche la ragione sarà in grado di superarli. Chiunque non riesca a pensare a un ente che non sia sensibile, chiunque possieda una ragione limitata dalla sensibilità, avrà, proprio per questo motivo, anche un Dio limitato dalla sensibilità. La ragione che pensa Dio come ente illimitato rappresenta in Dio solo la sua stessa illimitatezza. Quella che per la ragione è un’essenza divina non è altro che l’essenza veramente razionale – vale a dire, l’essenza del tutto congruente con la ragione e che appunto per questo riesce a soddisfarla. D’altra parte, ciò in cui un’essenza trova la sua soddisfazione non è nient’altro che la sua essenza oggettivata. Colui che si soddisfa attraverso un poeta è lui stesso una natura poetica; colui che si soddisfa attraverso un filosofo è una natura filosofica; e il fatto che egli lo sia diventa un fatto per lui e per gli altri solo nel momento del soddisfacimento [Befriedigung]. La ragione, «non si ferma però agli oggetti sensibili e finiti; essa si soddisfa solo nell’essenza infinita». Quindi l’essenza della ragione si rivela a noi solo in questa essenza.
«Dio è l’ente necessario».2 La sua necessità, però, sta nel fatto che egli è un ente razionale e intelligente. Il mondo, e cioè la materia, non contiene la causa della sua esistenza e neanche del modo in cui esiste; il mondo è del tutto indifferente al fatto di esistere, o all’eventualità di esistere in questo modo invece che in un altro.3 Perciò, il mondo presuppone necessariamente un altro ente come causa [Ursache] e, in realtà un ente auto-cosciente e sensibile che agisce secondo ragioni e fini. E se non si attribuisce un’intelligenza a quest’altro ente, allora di nuovo ci si deve porre il problema della sua causa. La necessità del primo e più alto ente giace, pertanto, sul presupposto che l’intelletto da solo sia il primo, più alto, necessario e vero ente. Proprio come, in generale, le determinazioni metafisiche o ontoteologiche assumono verità e realtà quando vengono fatte risalire a determinazioni psicologiche o, meglio, antropologiche, così anche la necessità dell’ente divino nella vecchia metafisica o ontoteologia assume significato e intelligibilità, verità e realtà, nella determinazione psicologica o antropologica di Dio come ente intelligente. L’ente necessario è quello che deve essere necessariamente pensato, assolutamente affermato, che deve essere semplicemente innegabile o irriducibile – ma solo come ente che pensa se stesso. In questo ente necessario, dunque, la ragione manifesta e dimostra solo la sua necessità e realtà.
«Dio è l’ente incondizionato, universale, immutabile, eterno o senza tempo. “Dio non è questo o quello”».4 Ma l’assolutezza, l’immutabilità, l’eternità e l’universalità sono, secondo il giudizio della teologia metafisica, anche attributi della verità o leggi della ragione, e perciò attributi della ragione stessa; e quindi cosa sono queste inalterabili, universali, incondizionate verità della ragione che sono sempre e ovunque valide se non espressioni dell’essenza della ragione?
«Dio è l’ente indipendente e autosufficiente che non ha bisogno di alcuna altra essenza per la sua esistenza, ed è quindi in sé e per sé». Ma anche qui questa determinazione astratta e metafisica acquisisce senso e realtà solo come definizione dell’essenza della ragione e afferma, perciò, che Dio è un ente pensante e intelligente o, al contrario, che solo un ente pensante è divino; perché solo un ente sensibile richiede altri oggetti esterni per la sua esistenza. Io ho bisogno di aria da respirare, di acqua da bere, di luce per vedere, vegetali e animali per mangiare; ma non ho bisogno di niente, almeno direttamente, per pensare. Non posso immaginare un ente che respiri senza aria, un ente che veda senza luce, ma posso immaginare un ente pensante isolato in se stesso. L’ente che respira si mette necessariamente in relazione a un ente esterno a esso e ha il suo oggetto principale, quello per cui esso è quello che è, fuori di sé; ma un ente pensante si riferisce a se stesso, poiché è il suo stesso oggetto, ha la sua essenza in se stesso, ed è ciò che è per se stesso.
§ 7
Ciò che per il teismo è l’oggetto è il soggetto per la filosofia speculativa; ciò che nella prima è solo l’essenza della ragione rappresentata e immaginata, nell’ultima è l’essenza pensante della ragione in sé.
Il teista concepisce Dio come un ente personale esistente al di fuori della ragione e, in generale, dell’uomo; egli, in quanto soggetto, pensa a Dio come a un oggetto. Secondo la sua immaginazione, Dio è un ente spirituale e non sensibile, mentre secondo la realtà, e cioè secondo la verità, egli è un ente sensibile, poiché la caratteristica essenziale di un ente oggettivo, di un ente al di fuori del pensiero o della rappresentazione, è la sensibilità. Il teista distingue Dio da se stesso nello stesso modo con cui distingue gli oggetti sensibili e gli enti che esistono al di fuori di lui; in breve, egli concepisce Dio dal punto di vista della sensibilità. Il teologo speculativo o il filosofo, dall’altra parte, concepisce Dio dal punto di vista del pensiero; quindi egli non ha nel mezzo, tra sé e Dio, l’inquietante apparenza di un ente sensibile. Egli dunque identifica, senza alcun impedimento, l’essenza oggettiva pensata con l’essenza soggettiva pensante.
L’intima necessità per la quale Dio da oggetto dell’uomo diventa suo soggetto, suo io pensante, si può trarre più esattamente da ciò che è stato già esposto. Dio è un oggetto dell’uomo, e solo dell’uomo; non è un oggetto degli animali.5 L’essenza di un ente si riconosce, tuttavia, solo per mezzo del suo oggetto; l’oggetto al quale un ente si riferisce necessariamente non è altro che la sua essenza rivelata. Dunque, l’oggetto degli animali erbivori è la pianta; ma per mezzo di questo oggetto essi si differenziano sostanzialmente dagli altri animali, i carnivori. L’oggetto dell’occhio è la luce, e non il suono, né l’odore. Nell’oggetto dell’occhio si rivela a noi la sua essenza. Se uno non può vedere o non ha gli occhi, perciò, è irrilevante. Noi nominiamo le cose e gli enti della vita solo in forza dei loro oggetti. L’occhio è “l’organo della luce”. Colui che coltiva la terra è un agricoltore; colui che fa della caccia l’oggetto della sua attività è un cacciatore; chi cattura i pesci è un pescatore, e così via. Ora, se Dio è un oggetto dell’uomo – poiché è davvero, in realtà, un oggetto necessario ed essenziale – ciò che si esprime nell’essenza di questo oggetto è semplicemente la peculiare essenza dell’uomo. Immaginate un ente pensante su un pianeta o su una cometa che abbia di fronte qualche paragrafo di dogmatica cristiana riguardo all’essenza di Dio. Cosa dedurrebbe tale ente da questi paragrafi? Forse l’esistenza di un Dio nel senso della dogmatica cristiana? No! Inferirebbe soltanto che ci sono enti pensanti anche sulla terra; troverebbe nelle definizioni degli abitanti della terra riguardo al loro Dio solo definizioni della loro stessa essenza. Per esempio, nella definizione “Dio è Spirito” si troverebbe solo la prova e l’espressione del loro Spirito; in breve, l’essenza e gli attributi del soggetto deriverebbero dall’essenza e dagli attributi dell’oggetto. E con piena ragione, poiché, nel caso di questo oggetto, la distinzione tra ciò che l’oggetto è in sé e ciò che è per l’uomo è rimossa. Questa distinzione è giustificabile solo nel caso di un oggetto immediatamente percepito, un oggetto, dunque, anche degli enti diversi dall’uomo. La luce non esiste solo per l’uomo, ma influenza anche gli animali, le piante, e le sostanze inorganiche; è un’entità universale. Per sapere cos’è la luce consideriamo, perciò, non solo il suo impatto e i suoi effetti su di noi, ma anche sugli altri enti distinti da noi. La distinzione tra l’oggetto in sé e l’oggetto per noi – vale a dire, tra l’oggetto nella realtà e l’oggetto nel nostro pensiero e nella nostra rappresentazione – è dunque necessariamente e oggettivamente fondata qui. Dio è, tuttavia, solo un oggetto dell’uomo. Gli animali e le stelle lodano Dio solo nella mente dell’uomo. È quindi una innata caratteristica dell’essenza di Dio quella di non essere l’oggetto di nessun altro ente che non sia l’uomo, di essere uno specifico oggetto umano, un segreto dell’uomo. Ma, se Dio è solo un oggetto dell’uomo, cosa si rivela a noi nella sua essenza? Nient’altro che l’essenza dell’uomo.6 Colui il cui oggetto è l’ente supremo è lui stesso l’ente supremo. Più l’uomo è l’oggetto degli animali, più questi sono elevati e più si avvicinano all’uomo. Un animale il cui oggetto fosse l’uomo in quanto uomo, l’essere umano nella sua essenza, non sarebbe più un animale ma esso stesso un uomo. Solo enti di pari rango – come tali sono, infatti – sono oggetto l’uno per l’altro. A dire il vero, anche il teismo è a conoscenza dell’identità dell’essenza divina e umana. Ma, dato che il teista immagina Dio come un ente sensibile che esiste separato dall’uomo – senza considerare il fatto che allo stesso tempo egli colloca l’essenza di Dio nell’intelletto – anche questa identità è per lui un oggetto, ma solo come identità sensibile, come somiglianza o affinità. L’affinità esprime lo stesso tipo di relazione dell’identità; ma allo stesso tempo è legata alla rappresentazione sensibile per la quale due enti correlati sono indipendenti, e cioè sensibili, ed esistono separati l’uno dall’altro.
§ 8
La teologia comune fa del punto di vista dell’uomo il punto di vista di Dio; la teologia speculativa, dall’altra parte, fa del punto di vista di Dio il punto di vista dell’uomo, o meglio, del pensatore.
Per la teologia comune Dio è un oggetto e, in realtà, un oggetto come qualsiasi altro oggetto sensibile; ma, allo stesso tempo, per la teologia comune è anche un soggetto, proprio come il soggetto umano. Dio crea le cose fuori da sé, si lega a se stesso e agli altri enti che esistono al di fuori di lui, ama e pensa se stesso e gli altri enti allo stesso momento. In breve, l’uomo fa dei suoi pensieri e delle sue emozioni i pensieri e le emozioni di Dio, della sua essenza e del suo punto di vista l’essenza e il punto di vista di Dio. La teologia speculativa, invece, inverte tutto questo.7 Quindi, nella teologia comune, Dio è in contraddizione con se stesso, poiché dovrebbe essere un ente nonumano e sovrumano, mentre in realtà è – secondo tutte le sue determinazioni – un ente umano. Nella teologia speculativa o in filosofia, dall’altra parte, Dio è in contraddizione con l’uomo; egli dovrebbe essere l’essenza dell’uomo, o almeno della ragione, e in realtà è un ente non-umano e sovrumano, vale a dire astratto. Nella teologia comune il Dio sovrumano è solo una metafora edificante, un’idea, un gioco di fantasia; nella filosofia speculativa, invece, è seria e grave verità. L’aspra contraddizione in cui la filosofia speculativa è coinvolta è stata causata solo dal fatto che essa ha reso Dio – che nel teismo è solo un essere di fantasia, un ente incondizionato, indefinito e nebuloso – un ente presente e definito, distruggendo in tal modo l’incanto illusorio che un ente incondizionato esercita sulla foschia dell’immaginazione. Perciò, i teisti si sono molto scandalizzati per il fatto che, secondo Hegel, la logica debba essere l’esposizione di Dio nella sua eterna essenza prima della creazione,8 eppure, per esempio, nella sezione dedicata alla quantità, tratta anche di quantità estensiva e intensiva, di frazioni, potenze e proporzioni. Come, gridano costoro scioccati, questo Dio dovrebbe essere il nostro Dio? E che cos’è questo Dio della logica hegeliana se non il Dio del teismo che, venuto dalla nebbia di un’idea indefinita, arriva alla luce del pensiero definito? Il Dio del teismo che, per così dire, ha cr...

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Feuerbach, L. (2016). Principi della filosofia dell’avvenire ([edition unavailable]). Orthotes. Retrieved from https://www.perlego.com/book/1096077/principi-della-filosofia-dellavvenire-pdf (Original work published 2016)

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Feuerbach, Ludwig. (2016) 2016. Principi Della Filosofia Dell’avvenire. [Edition unavailable]. Orthotes. https://www.perlego.com/book/1096077/principi-della-filosofia-dellavvenire-pdf.

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Feuerbach, L. (2016) Principi della filosofia dell’avvenire. [edition unavailable]. Orthotes. Available at: https://www.perlego.com/book/1096077/principi-della-filosofia-dellavvenire-pdf (Accessed: 14 October 2022).

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Feuerbach, Ludwig. Principi Della Filosofia Dell’avvenire. [edition unavailable]. Orthotes, 2016. Web. 14 Oct. 2022.