Lettere a James Joyce
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Lettere a James Joyce

Ezra Pound

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Ezra Pound

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Joyce era allo stremo delle forze. Lasciata la patria Irlanda, aveva vissuto a Pola, Roma e Trieste, lavorando come insegnante di lingua e impiegato di banca. Quel che aveva pubblicato aveva ricevuto scarsa attenzione; i sacrifici per far uscire Gente di Dublino avevano avuto come unico risultato contratti non rispettati, piatti rotti e un'edizione data alle fiamme.Pound, arrivato a Londra nel 1908, nel giro di cinque anni aveva conosciuto i più importanti artisti della capitale inglese e aveva pubblicato cinque libri di poesie. Quando incontrò le prose di Joyce si rese subito conto che quello era l'autore che aveva cercato, il nuovo grande scrittore urbano, il cantore della coscienza moderna. E così divenne l'uomo che cambiò la vita a James Joyce. Nel 1914 iniziò con lui una lunga corrispondenza, che divenne una duratura amicizia. Pound trasmetteva a Joyce le sue reazioni ai dattiloscritti di Gente di Dublino, Un ritratto, Esuli e Ulisse a mano a mano che gli arrivavano, poi li inoltrava alle riviste di cui era redattore, cristallizzando le sue intuizioni in una serie di recensioni e saggi – i primi a proporre una critica dell'opera joyciana. Poco a poco, Pound creò un pubblico e fece conoscere Joyce.Pound incoraggiò e spronò Joyce costantemente. Le scadenze che gli dava spinsero Joyce a lavorare al massimo dell'intensità e della rapidità alla composizione di Ulisse. Lo stesso Joyce si chiese se i suoi libri sarebbero mai stati completati o finiti davanti al pubblico senza gli sforzi di Pound. Da quel sodalizio nacquero Ulisse e i Cantos, le nuove forme della prosa e della poesia. È difficile indovinare che cosa sarebbe successo alla storia della letteratura senza questo carteggio.Lettere a James Joyce raccoglie tutte le lettere di Pound a Joyce e tutti i saggi e articoli di Pound sull'opera di Joyce, qui offerti per la prima volta al lettore italiano nella loro completezza. Un volume che attesta e dà conto del dialogo tra i due maestri che insieme hanno posto le pietre miliari dell'innovazione letteraria del Novecento.

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Information

Publisher
Il Saggiatore
Year
2019
ISBN
9788865767405
1913-1918
Quando Ezra Pound scrisse a James Joyce per la prima volta, nel dicembre del 1913, si stava prendendo una pausa dai suoi mille impegni londinesi e americani. Era andato allo Stone Cottage di Coleman’s Hatch, in Sussex, dove lavorava come segretario per Yeats, in parte per corroborare le sue scarse finanze, in parte come «dovere nei confronti della posterità». Era alle prese con gli appunti di Ernest Fenollosa sulla lingua e sulla poesia cinesi e sul teatro Noh giapponese, avuti di recente dalla vedova dello stesso Fenollosa, e al tempo stesso dava gli ultimi ritocchi a Des Imagistes, la sua summa sull’imagismo; scrisse all’incirca venti nuove poesie. Aveva anche fatto da poco la conoscenza di Henri Gaudier-Brzeska, le cui sculture lo avevano entusiasmato tanto che si accingeva con tutta probabilità a lanciare il vorticismo e ad aiutare Wyndham Lewis e Brzeska con Blast. Pound si presentò a Joyce come inviato dei londinesi The Egoist e The Cerebralist (di cui uscì un solo numero), del Mercure de France di Parigi, di The Smart Set di New York, e di Poetry di Chicago. Era tornato a Poetry da poco, dopo aver dato, disgustato, le dimissioni, «finché la rivista non fosse migliorata». Era un momento per lui di contatti editoriali vasti e in via d’espansione.
Joyce, dal canto suo, aveva appena avuto un inaspettato colpo di fortuna: a novembre, Grant Richards, l’editore di Londra col quale in passato aveva firmato un contratto per la pubblicazione di Gente di Dublino ma che poi aveva cambiato idea, accettò di prendere di nuovo in considerazione la cosa. Quasi simultaneamente, Joyce ricevette da Pound una offerta d’aiuto, pur non avendogli chiesto nulla. Pound, per pura fortuna, aveva colto proprio il momento giusto. Intorno al capodanno del 1914 arrivò la risposta dell’autore irlandese a questa lettera, e cominciò così il decennio di Joyce.
15 dicembre 191310, Church Walk, Kensington. W.
Egr. James Joyce
Gentile signore, Yeats mi ha parlato dei suoi scritti. Collaboro in maniera informale con un paio di riviste giovani e squattrinate («The Egoist», che fino a ora è uscito con il nome poco adatto di «The New Freewoman», «guere que d’hommes y collaborent» come ha sottolineato il Mercure, e il «Cerebralist» che vuol dire Dio sa cosa), in sostanza le uniche in Inghilterra impegnate per la libertà di parola e che vogliono [a mano: (ma non dico che le ricevano)] cose letterarie. La seconda, qualcosa paga, la prima in pratica no; lo facciamo per piacere e per avere un posto per le cose davvero moderne.
Raccolgo anche manoscritti per due riviste americane che pagano molto bene, ma lì non posso garantire la pubblicazione perché sull’accettazione non ho poteri assoluti.
È la prima volta che scrivo a qualcuno al di fuori della mia cerchia di conoscenze (a parte il caso degli autori francesi). Di queste faccende si parla meglio di persona, ma poiché è impossibile, le scrivo.
«The Smart Set» vuole racconti di prim’ordine. «Poetry» vuole poesie di prim’ordine. Non rispondo io di quello che per i loro redattori è «di prim’ordine», ma pagano 2 scellini a verso e per loro scrivono i migliori (ma pubblicano anche un sacco di robaccia). Io non conosco per nulla le sue cose recenti, ma posso offrirmi di leggere ciò che mi manderà; saggi ecc. vanno bene solo per «C» o «E» [a mano: sono entrambe buone sedi se vuole dire la sua su qualcosa che lo Spectator non accetta]. Scrivere su The Egoist può essere meglio come pubblicità, se vuole far girare il nome.
Ecco, in sostanza, i fatti, per quel che valgono. Per favore, se mi manda qualcosa, sia chiaro nell’indicare cosa vuole che io ne faccia, il prezzo minimo e il prezzo desiderato. [a mano: ecc.
Sono un uomo di buona volontà, e non ho idea se potrò essere io di qualche aiuto a lei – o lei a me. Da quello che dice W.B.Y. ci sono un paio di cose che entrambi detestiamo, ma cominciare una conoscenza così mi pare molto problematico.]
Mi creda suo,
Ezra Pound
26 dicembre 1913Stone Cottage, Coleman’s Hatch, Sussex
Egr. James Joyce
Gentile Mr Joyce, Yeats ha appena trovato la sua «Odo un esercito» e siamo rimasti entrambi molto colpiti.
Questa è una lettera d’affari da parte mia e di complimenti da parte sua.
Le chiedo di autorizzarmi a usare la poesia nella mia antologia di imagisti. Se lo ritiene sufficiente, le posso dare come compenso una ghinea, oltre alla sua parte dei profitti dell’antologia (sempre se ce ne saranno, questa non è la solita antologia fatta per spillare soldi e gli autori riceveranno una quota in proporzione al contributo, nel caso in cui il libro guadagni qualcosa).
mi creda suo,
Ezra Pound
4 gennaio 1914Stone Cottage, Coleman’s Hatch, Sussex
(indirizzo postale: 10, Church Walk, Londra W.)
Gentile Mr Joyce
[a mano: Grazie per avermi concesso l’uso della poesia] Le ho inviato il compenso da Londra ieri (per la poesia che andrà nell’Antologia). Le manderò le copie delle riviste tra domani e dopodomani, se ne trovo.
A proposito delle cose che ha per le mani, chiaramente non posso dirle nulla fino a che non le vedo, ma le inoltrerò in questo modo: le storie, le mando a Smart Set (senza dire niente dei tagli [a mano: da quel che capisco non ne è stata pubblicata neanche una]) mi sa che la rivista la conosce, PERÒ c’è un nuovo direttore.1 Gli piacciono i lavori di D.H. Lawrence ma di recente ha scritto così a proposito di un racconto: «È grandioso, volesse il cielo potessimo stamparlo, ma ci chiuderebbero la rivista e io finirei a languire in prigione, come si dice» [a mano: dice di volere realismo e lo vuole davvero.]
In ogni caso possiamo provare prima con lui, visto che paga in maniera più o meno decente. Yeats dice che i racconti hanno turbato la pudicizia di Maunsell, o una cosa del genere. Per «The Egoist» non ci sarebbe questi problemi (The Egoist è il nome attuale della rivista che è intitolata FREEWOMAN nelle copie che le mando), ma il fatto è che l’Egoist non può pagare, e come le dissi, ce lo teniamo per [cancellato: scritti personali] propaganda, o per cose troppo personali da dare alle solite riviste, o troppo schiette.
Vogliamo che sia il luogo da cui far sentire la nostra voce. Non è un modo per far lavorare gratis autori che sarebbe giusto pagare, come certe rivistine pretenziose e nient’altro. . Credo gli possa far piacere ricevere alcuni dei saggi, o magari il romanzo se le sembrasse opportuno darlo a loro. Smart Set non credo faccia pubblicazioni a puntate, e io non ho alcuna influenza su riviste che potrebbero farlo.
Con «I cavalli di Diomede»,2 mi sono reso conto che è stato abbastanza facile trovare un editore dopo che Freewoman ne a...

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