Economia dei sentimenti
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Ă possibile una societĂ armoniosa basata sulla libertĂ individuale, i cui appartenenti non siano giĂ tutti saggi? Quale potrebbe essere l'origine di questa armonia? Ecco il nocciolo della questione che affrontò Adam Smith con le sue due opere, La ricchezza delle nazioni e la Teoria dei sentimenti morali, sopravvissute alla mummificazione degli storici grazie al dibattito che seppero suscitare. Oggi, però, il suo pensiero è ostaggio di un'ideologia che oblitera le sue domande e trasforma le sue battute in sentenze. Sottrarlo a letture avventate o volutamente parziali significa riprendere in mano i suoi testi, cosĂŹ tanto citati quanto poco letti. Egli è noto per aver focalizzato l'attenzione sulla produttivitĂ del lavoro, piuttosto che sull'oro o sulla produttivitĂ della terra, mediante l'astrazione del lavoro in quantitĂ di tempo, sulla quale Marx costruĂŹ la sua teoria dello sfruttamento eclissando la questione della morale individuale. Attenzione poco gradita ai neoliberali, che si sono assunti l'onere di condurre Smith nel Terzo millennio, preferendo rappresentarlo come colui che ha mostrato la possibilitĂ di un ordine sociale meccanicistico, basato sull'isolamento egoistico, e quindi di uno svincolamento dell'economia dalla morale. Ma è possibile leggere Smith attraverso Marx o fermarsi alla sua lettura? Siamo inoltre sicuri che Smith parlasse di individui egoisti? La Teoria dei sentimenti morali e La ricchezza delle nazioni sono realmente in contraddizione come si è lungamente sostenuto? Nel caso contrario, cosa potrebbe davvero significare? Il rapporto tra economia e morale non è chiuso ma fruttuosamente problematico: la possibilitĂ di un accordo tra uomini nel pensiero di Smith ruota intorno a un equilibrio interiore, che ciascuno può guadagnare nel commercio dei sentimenti quotidiani e che costituisce il perno â anzi, i perni, per quanti sono gli uomini â di un equilibrio economico. C'è forse uno Smith tutto ancora da scoprire? C'è forse un abisso tra il liberalismo smithiano e la sua versione ipermoderna? L'ultima parola non spetta nĂŠ a Marx nĂŠ ai neoliberali, ma all'attento e libero lettore, che potrĂ giudicare cosa sia propriamente in gioco nel pensiero di Smith.
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