1.
Il Riformismo
IL RIFORMISMO (
ILH) nel mondo musulmano deve essere considerato, a differenza di quello europeo, non come un movimento fortemente innovativo e, a volte, di rottura col passato (anche se non si possono ignorare momenti quasi rivoluzionari come quello della Turchia di Mustafa Kemal detto Atatürk). Al contrario, per molti, vuole essere un elemento di continuità nella tradizione per rispondere a quella modernità che l’Occidente aveva così repentinamente proiettato nel decadente Impero ottomano. Riformismo, quindi, che assume il significato di un ritorno alle origini per il recupero dell’Islam nella sua purezza coranica. Da qui il proposito di reislamizzare il presente perché, nel recupero della sua integrità, possa trovare le contromisure per opporsi ad una occidentalizzazione “dilagante”.
1. Caratteristiche generali
La decadenza della realtà politica ottomana era stata accelerata già a partire dalla campagna napoleonica del 1798 durante la quale il mondo arabo venne a contatto con la scienza e la tecnologia europea. La reazione islamica fu quasi istintiva: ci si rinchiuse in concezioni teocratiche di tipo medievale richiamando le autorità civili a sottomettersi ai dettami religiosi con l’intento di recuperare la possibilità di essere musulmani a tutti i livelli della società. Il movimento riformista, nella sua genesi, si presenta così con caratteristiche tipicamente “puritane”.
A partire dall’epoca napoleonica sino a tutta quella dell’imperialismo, arabi ed europei si trovarono a vivere faccia a faccia come non gli era mai capitato ed è quindi logico che le loro reciproche opinioni erano destinate a cambiare. Gli studi, gli insegnamenti, ma anche la creazione di nuove istituzioni (come ad esempio quella fondata da Sir Williams Jones in Bengala ben prima dell’arrivo dei napoleonici in Egitto) riavvicinarono le due culture e le portarono a confrontarsi. Di lì a pochi anni persino Hegel, nella sua analisi della filosofia della storia, rianalizzando il mondo arabo lo considerava come una tappa, ormai appartenente in modo definitivo al passato, dello sviluppo dello spirito umano. Anni dopo, anche la teoria evoluzionistica, grazie al suo principio della lotta per la sopravvivenza, rafforzava in alcuni la convinzione che le culture ormai tramontate dovessero essere dominate da quelle più avanzate ed “evolute”. Tranne qualche eccezione, la classe intellettuale musulmana, recepiva queste convinzioni in modo tutt’altro che passivo e ipotizzava governi riformatori capaci di far uscire il mondo islamico dalla sua arretratezza. Secondo alcuni questo poteva avvenire recependo ciò che non appariva in contrasto con la tradizione. Questo è quello che avvenne in alcune scuole universitarie di diritto in Egitto ed in Algeria che proposero riforme della burocrazia ed in genere dell’educazione1. Fondamentale fu in Egitto, in Siria e in Libano il ruolo svolto dalle scuole cristiane, aperte per le comunità dei fedeli locali, ma che finirono per essere anche momento di formazione per i figli di non poche famiglie arabe. Fu così che le scuole cristiane si moltiplicarono e portarono poi anche alla creazione, come in Libano, di alcune facoltà universitarie.
Aspetto cruciale del riformismo nascente è il riappropriarsi di una delle tesi di fondo della religione islamica: la sua universalità dovuta alla capacità di sintetizzare l’essenziale di tutte le altre religioni. Una particolare presa di distanza si ha nei confronti del cristianesimo ritenuto la religione dei misteri e del sentimento e, quindi, inferiore alle capacità razionali presentate dal Corano. Si tratta ovviamente di una ragione moderata, come tutto lo spirito del primo riformismo per il quale, se è vero che la prassi è più importante della teoria, il ritorno alla tradizione non sconfina ancora nel fondamentalismo. La prassi si inquadra in uno spirito di moderazione che ritiene persino il sufismo movimento estremistico. È il Corano stesso che consiglia la riforma così intesa.
Il termine
ilh (con i suoi radicali
-l-h) è molto comune nel vocabolario coranico. In senso religioso, perciò come tentativo di uniformare la vita all’insegnamento del Profeta, il termine
ilh costituisce una continuità nella storia dell’Islam tesa anche a conformare le norme della vita ai valori della religione
2. Non è un caso che il
ritorno ai primi principi islamici è una costante di tutta la letteratura riformista. Questa posizione di completa aderenza al Corano poneva anche problemi di natura esegetica. Certo gran parte dei versetti avevano un significato di per sé evidente e non ponevano questioni interpretative. Per i versetti più complessi, e non di rado incerti, si consigliava di attenersi al senso letterale, ritenendo la verità in essi contenuta così trascendente da rendere difficile l’interpretazione. Resta il fatto che il riformismo condanna severamente l’interpretazione personale (
ta’wl) che pretende di andare oltre i sensi letterari per fare analisi più profonde e metodologicamente nuove. Anzi i riformisti tenderanno anche a banalizzare il
ta’wl favorendo i semplici commentari che abbonderanno in tutta l’epoca e in ogni angolo del mondo islamico
3.
I due fondamenti dell’intero sistema legale dell’Islam, Corano e Sunna, costituiscono anche i fondamenti metodologici per una conoscenza che si può ben definire canonica. Non meraviglia perciò che uno dei temi ricorrenti negli scritti dei riformisti sia quello apologetico, così come appare presso i Sunniti conservatori capaci di riprendere la religione popolare anche nei suoi risvolti magici e super...