Eyes Wide Shut
Film, Musica, Struttura*
LUIGI CECCARELLI
Introduzione
Il cinema è generalmente considerato il linguaggio artistico più vicino alla realtà, così come la percepiamo nella complessità della vita. La musica, di tutte le componenti che contribuiscono alla realizzazione del film, è quella che ha il ruolo più astratto. Questo è vero soprattutto quando essa non ha una relazione oggettiva con le immagini, quando cioè viene da fuori scena. È quella musica che, comunemente definita come “musica da film”, viene chiamata in termini tecnici – anche se non troppo poetici – musica “extradiegetica”. Tra le tante funzioni che la musica può svolgere nel film una è prevalente quella di amplificatore della forza emotiva delle azioni e delle immagini, e questo non ha un corrispettivo nella realtà, sebbene la cultura consumistica tenti di propinarci un sottofondo musicale per ogni istante della nostra vita. Visto che al cinema lo spettatore è completamente esterno alla scena e subisce passivamente la vicenda, la musica lo aiuta a ricreare quella intensità emotiva che avvicina il film alla vita reale.
In genere il musicista che compone musica da film ha un compito meno artistico che nella musica pura, perché deve sì amplificare emozionalmente l’azione, ma la sua musica non deve essere troppo invadente e tale da prendere il sopravvento sulle immagini e sul parlato. La regola accettata da tutti è che il miglior risultato si ottiene quando il commento musicale svolge il suo compito senza farsi notare.
Oggi le cose stanno cambiando, grazie anche alle nuove tecnologie che permettono una qualità di lavoro sul suono molto elevata, e la colonna sonora diventa sempre più importante in un film. Purtroppo però in molti casi la funzione comunicativa delle colonne sonore ad alta tecnologia si pone a un livello linguistico piuttosto elementare, soprattutto quando si riduce a fragorosi effetti con limitate variazioni espressive. Per questi motivi la musica da film è sempre stata considerata un’arte complementare e, sebbene diversi musicisti grazie a questo mestiere abbiano raggiunto una grande popolarità, quasi nessuno di loro gode di gran reputazione in ambito strettamente musicale.
Il totale asservimento della musica alla drammaturgia fa sì che siano pochi i film di cui ricordiamo distintamente le musiche. Ci sono però alcune eccezioni, oltre ai film musicali ovviamente, realizzati con musiche di grande impatto e di grande qualità, che si ricordano perfettamente e non sono affatto un ostacolo allo svolgimento dell’azione complessiva, ma al contrario ne sono il punto di forza. Queste rare e straordinarie eccezioni presuppongono ovviamente che il regista, che è colui che ha il controllo di tutte le componenti del film, abbia una visione del cinema come arte totale, in cui cioè ogni linguaggio contribuisce al pari degli altri alla realizzazione dell’opera nella sua totalità. Tra questi registi merita sicuramente un posto di primo piano Stanley Kubrick.
Molto è stato detto e scritto sull’importanza della musica nei film di Stanley Kubrick, sull’innegabile qualità e sull’inventiva con la quale la musica è stata scelta e montata con le immagini. Soprattutto a partire da 2001: Odissea nello spazio, costituisce una componente fondamentale nel lavoro del regista, senza la quale i suoi film non sarebbero gli stessi per intensità e per complessità di significato. Come scrive Michael Ciment, grande conoscitore e amico di Kubrick: «Le scene più forti, quelle di cui ci si ricorda, non sono scene in cui le persone si parlano, ma quasi sempre scene di musica e di immagini» [Ciment 1988, 156-157].
Oltre a 2001: Odissea nello spazio, anche molte scene di Arancia meccanica o di Barry Lyndon non sono immaginabili senza quelle musiche, scelte da Kubrick e inserite senza alcun arrangiamento, così come erano state create prima del film. Non solo la musica stabilisce nelle scene l’esatta gradazione emotiva, con scelte e accostamenti spesso del tutto originali, ma a volte ne determina la precisa collocazione temporale e storica o la scansione ritmica. Spesso è la musica a dettare il ritmo del montaggio. Esempi di questo tipo possiamo trovarne in gran numero e alcuni sono noti a tutti, come in 2001: Odissea nello spazio il valzer di Johann Strauss che trasforma l’atterraggio dell’astronave sulla base spaziale in un elegante ballo tra i due corpi meccanici, o le atmosfere tese e astratte di Lux Aeterna di György Ligeti, che rendono pienamente il senso di mistero dello spazio profondo e della natura dell’uomo. In Arancia meccanica le musiche di Beethoven e Rossini con il loro ritmo veloce e allegro, sovrapposte alle scene di violenza della banda dei Droogies (Drughi), sottolineando il divertimento dei quattro teppisti rispetto al supplizio delle vittime, esasperano ancor più l’assurda violenza. In Barry Lyndon le musiche rigorosamente settecentesche rappresentano con estrema fedeltà i luoghi e i tempi della vicenda, creando una immagine storica molto realistica, mentre invece per sottolineare le emozioni dei personaggi Kubrick, nello stesso film, sceglie intenzionalmente musiche di un’epoca successiva, storicamente sbagliate ma più espressive ed emotivamente più intense (si pensi al Trio op. 100 di Schubert scritto nel 1827). In Shining, infine, tutto l’orrore della vicenda è annunciato all’inizio del film da un sintetizzatore elettronico, strumento moderno per eccellenza, che intona le note del Dies Irae della liturgia gregoriana, melodia che nella cultura occidentale è simbolo di morte da oltre mille anni.
Kubrick ha sempre avuto un rapporto piuttosto conflittuale con i musicisti scritturati per comporre le musiche dei suoi film, e con il tempo, essendo egli sempre scontento della qualità e della pertinenza di queste musiche, ha finito con il rifiutare i compositori di “colonne sonore”.
La grande intuizione di Kubrick, che non era musicista ma, indubbiamente, era dotato di un’eccellente cultura musicale, oltreché di una buona dose di spregiudicatezza, è stata quella di utilizzare composizioni preesistenti. Questa può sembrare una banalità, tanti altri registi lo fanno, ma difficilmente qualcuno è riuscito a rendere queste musiche parte integrante dell’idea e della struttura del film in modo così essenziale. Kubrick trasforma la sua scelta in un’arma creativa molto efficace: «A meno di non volere una musica pop, non vedo alcun motivo per non avvalersi della grande musica per orchestra del passato e del presente. Questa musica può essere utilizzata nella sua forma convenzionale oppure sintetizzata, come fu fatto per Beethoven in alcune scene di Arancia meccanica. Ma non c’è molta logica nell’assumere un compositore che, per quanto sia bravo, non è un Mozart né un Beethoven. Sicuramente esiste una vasta scelta di musica per orchestra, incluse le opere contemporanee e d’avanguardia. Ciò mi permette inoltre di sperimentare la musica durante la fase del montaggio e in alcuni casi di montare una scena in base alla musica. Non è una cosa che si usa fare facilmente durante la normale lavorazione di un film» [ibid., 183].
Se all’inizio della carriera Kubrick aveva lavorato in modo tradizionale, commissionando a vari compositori le sue colonne sonore, già da Dottor Stranamore egli utilizza sempre più musiche prese da svariati repertori e generi musicali. A partire da 2001: Odissea nello spazio questa pratica diventa una regola e l’intervento dei musicisti viene limitato a un riarrangiamento o al controllo del mixaggio.
A dir la verità, la prassi di commissionare le musiche originali per la produzione di un suo film Kubrick l’ha quasi sempre mantenuta, ma poi queste musiche venivano regolarmente scartate a favore di altre preesistenti. Questa sorte è toccata a compositori come Alex North per 2001: Odissea nello spazio e quasi lo stesso è avvenuto con Wendy Carlos che si è visto ridurre drasticamente gli interventi musicali originali in Arancia meccanica. Per non parlare di Shining per il quale era stato contattato John Williams, uno dei più famosi autori di colonne sonore americani, ma i cui polpettoni sonori, invadenti e sempre uguali, non dovevano essere congeniali a Kubrick al punto che la collaborazione tra i due terminò ancora prima di iniziare.
Questa dichiarazione rilasciata da Kubrick sul suo modo spregiudicato e intelligente, ma anche estremamente pratico, di scegliere le musiche è illuminante: «Quando si fa il montaggio di un film, è di grande aiuto poter sperimentare con diversi brani musicali per vedere come funzionano con una certa scena. Questa non è affatto una prassi poco comune. Bene, con un po’ più di attenzione e di riflessione, queste colonne sonore musicali provvisorie possono diventare le musiche definitive. Quando completai il montaggio di 2001: Odissea nello spazio, mi basai su una colonna sonora provvisoria per quasi tutte quelle musiche che alla fine vennero usate nel film. Poi, come si fa normalmente, assunsi un compositore molto famoso per scrivere la partitura. Lui e io esaminammo il film con grande attenzione, lui ascoltò queste musiche provvisorie e trovò che andavano bene e che sarebbero servite da traccia per le finalità musicali di ogni sequenza; eppure scrisse e registrò una partitura che non sarebbe potuta essere più distante dalla musica che avevamo ascoltato e che secondo me, cosa ben più grave, era completamente inadeguata al film. Il giorno della prima si avvicinava, non c’era neppure il tempo di pensare a un’altra partitura, e se non fossi stato in grado di usare quella musica che già avevo selezionato per la colonna sonora provvisoria, non so cos’avrei fatto» [ibid., 184].
Questi sono i principi su cui si basa il lavoro di Kubrick, fatto di metodo rigoroso e di libertà creativa. Nell’accostamento tra musica e immagine, le sue scelte sono sempre molto circostanziate, ma non seguono una regola prestabilita, cambiano di volta in volta ed è questo cambiare continuamente delle regole che costituisce il fascino dei suoi film.
Kubrick era anche cosciente che la musica classica, più che ogni altro genere musicale, ha una sua vita e un significato intrinseco autonomo. Questo significato va molto oltre il suono “in sé” e può essere anche estremamente complesso a seconda del peso storico e culturale del brano scelto. Scegliendo di lavorare con queste musiche, invece che con una musica confezionata apposta, magari come rifacimento inoffensivo di un genere preesistente, Kubrick è ben consapevole di aver a che fare anche con questi significati extramusicali, e proprio partendo da questi reinventa un rapporto suono-immagine complesso. «Si tratta, in pratica, di spogliare le musiche dei loro referenti culturali, delle loro intenzioni programmatiche, e assumerle come sonorità direttamente provenienti dalle immagini; naturalmente, poiché la popolarità di queste musiche è spesso enorme, l’effetto all’ascolto e alla visione è duplicato; cioè quelle musiche mantengono intatti i loro codici di riferimento, il loro bagaglio di tradizione auditiva, ma si trovano improvvisamente e inesorabilmente a significare altro da se stesse» [Bernardi 1990, 93].
Per fare questo è indubbio che Kubrick abbia operato sempre scelte attentamente documentate e che spaziano ampiamente nella storia andando dal canto gregoriano alla musica contemporanea, senza pregiudizi di genere.
Di particolare interesse è il fatto che Kubrick sia uno dei pochi registi ad aver utilizzato diffusamente la musica di compositori contemporanei d’avanguardia, come Ligeti e Penderecki, riuscendo a far trasparire il significato della loro poetica. Nel caso di Ligeti, la cui musica è impiegata in ben tre film, Kubrick, basandosi proprio sulla struttura delle sue composizioni, ha costruito l’atmosfera e il ritmo delle scene. In questo modo anche il grande pubblico è riuscito ad apprezzare un genere musicale ritenuto da molti troppo ostico.
Eyes Wide Shut
Eyes Wide Shut è l’ultimo film di Stanley Kubrick ed è tratto da Doppio sogno, racconto di Arthur Schnitzler, al quale si mantiene piuttosto fedele, anche se ambientato in un’epoca e in una città diversa. La storia serve da tramite per una introspettiva esplorazione dei gorghi della psiche e dell’erotismo di una coppia benestante attraverso il passaggio in una crisi di gelosia. Un film difficile da realizzare perché, se si esclude la parte centrale dell’orgia nel castello, il racconto non concede molto a effetti speciali e a forti emozioni esteriori ma è fatto di piccoli dettagli quotidiani della vita di una normalissima coppia di oggi. Per la realizzazione di questo film Kubrick si affida principalmente alla rigorosa perfezione del dettaglio, creando ambienti essenziali ma curati con puntigliosa meticolosità, e alla complessità della struttura a cui aggiunge ancora più particolari rispetto al racconto originale. Anche l’emozionalità del film non è mai espressa in forti gesti esteriori, ma tutta interiorizzata dai personaggi, o per meglio dire, lasciata libera all’immaginazione e all’interpretazione dello spettatore. Per esempio la molto criticata espressione di rigidità, quasi di trance, che assume per quasi tutto il film Tom Cruise nell’interpretazione di Bill non è del tutto fuori luogo, ma funzionale alla rappresentazione dell’uomo abituato, per educazione e cultura, a celare i propri sentimenti più intimi.
Struttura formale1
La struttura formale che è stata ricavata dall’analisi del film (e di cui si può vedere lo schema nella figura a parte) serve a mettere in luce alcune simmetrie che sono probabilmente state stabilite da Kubrick. Questo schema ovviamente non esaurisce tutti gli aspetti del film che è estremamente complesso e che, come ogni opera d’arte, lascia ambigui molti punti, non facilmente assimilabili quindi a una schematizzazione.
La struttura formale del film è divisa in sette sezioni secondo uno schema A B C A’ B’ C’ A”.
A – Il Dottor Bill Harford e sua moglie Alice, una tipica coppia della borghesia di New York, si preparano per uscire la sera, invitati alla festa di Victor Ziegler, facoltoso paziente di Bill. Durante il party Bill e Alice si separano per un po’ e subiscono ambedue un tentativo di seduzione: Alice da parte di un attempato playboy ungherese, Bill da parte di due modelle. Entrambi inizialmente sembrano disponibili, ma poi si ritraggono, Alice per sua volontà, Bill perché viene chiamato ad assistere una occasionale amante di Ziegler, Mandy, in crisi di overdose.
B – La sera dopo, a casa, la coppia inizia una discussione sulle tentazioni alle quali essi non hanno ceduto, e mentre Bill si mostra molto sicuro della fedeltà sua e della moglie, Alice lo rimprovera di essere in malafede. I toni diventano sempre più accesi finché Alice, per dimostrare quanto il sentimento di fedeltà non sia una condizione assoluta e a volte possa vacillare, confessa di una sua improvvisa e incontrollabile passione provata in segreto per un altro uomo, un ufficiale di marina, con il quale c’era stato soltanto un incrocio di sguardi l’estate appe...