1. Diversità e divari dopo l’Unità
Ci sono tanti divari: fra individui, gruppi sociali, paesi; nella ricchezza, nel reddito, nei caratteri fisici delle persone... In tutti i casi, parlando di divario s’intende l’allontanamento di individui, gruppi sociali, territori, da un carattere assunto come riferimento; spesso un valore medio. All’epoca dell’Unità esistevano tanti divari in Italia. Ce n’erano nel Nord e ce n’erano nel Sud. Fra villaggio e villaggio, fra città e città, fra territorio e territorio; fra individui nella lingua, nella statura, nella ricchezza. Molti di questi divari erano allora assai più profondi di quanto non siano oggi. La modernizzazione del paese ha eliminato le diversità locali e appiattito le differenze (almeno quelle culturali).
È opinione di molti storici, che esistesse un divario profondo anche nell’economia fra il Nord e il Sud dell’Italia, e che esso affondasse le sue radici in differenze di sviluppo economico, politico, culturale anche molto remote. Qualcuno ha ricordato divari esistenti nell’antichità greco-romana e anche precedenti fra le due parti del paese. Secondo altri, già dall’epoca tardo-medievale sarebbe evidente l’esistenza di «due Italie»1. Le differenze di sviluppo si sarebbero approfondite nei secoli successivi. Molti sono dell’opinione che, all’epoca dell’Unità, «le differenze fra Nord e Sud» fossero «già nettamente marcate»2.
È obiettivo di questo capitolo passare in rassegna queste differenze. Si vedrà che molte diversità esistevano, nel 1861 e nei decenni immediatamente successivi, nel mosaico di territori che formavano lo Stato unitario. È discutibile il fatto che ci fosse allora un vero divario economico fra Nord e Sud; un divario, cioè, nella capacità produttiva e nel reddito medio degli abitanti delle due parti del paese. Gli indicatori sociali testimoniano diversità fra Nord e Sud. Non necessariamente, però, le diversità sociali implicano l’esistenza di diversità economiche. Si vedrà che un divario economico profondo si generò, in Italia come in altri paesi, durante lo sviluppo che iniziò alla fine dell’Ottocento e che oggi viene indicato con l’espressione di «crescita moderna». Da allora questo divario si è approfondito.
1. L’INSIDIA DELLE CIFRE
1.1. La popolazione
All’epoca del primo censimento unitario, effettuato nel 1861, l’Italia, con 25,8 milioni di abitanti3, era uno dei paesi più popolosi d’Europa: al quinto posto nel continente dopo la Russia, la Germania, la Francia e l’impero austro-ungarico4.Per densità di abitanti, l’Italia era seconda soltanto al Belgio e ai Paesi Bassi e stava alla pari con l’Inghilterra e l’Irlanda. Se si eccettua la Campania, che è sempre stata la regione più densamente popolata del paese, ieri come oggi, la densità era superiore nel Nord (Fig. 1)5. Al di sotto della media nazionale, di 85 abitanti per km2, l’unica regione settentrionale era il Veneto. Tutte le altre erano regioni del Mezzogiorno6. Nel complesso la densità a In questo, come nei grafici seguenti in questo Capitolo, la retta verticale indica il valore medio dell’Italia. Il coefficiente di variazione delle densità regionali è 0,44. Il coefficiente di variazione è una misura della dispersione dei valori intorno alla media e, quindi, delle differenze dei singoli casi regionali rispetto alla media italiana (il cui valore è scritto a fianco della linea verticale). Riporteremo il coefficiente di variazione in nota ai grafici seguenti su base regionale e ne discuteremo i valori.
Fonte: Appendice 3.2.
FIGURA 1
Densità della popolazione nelle regioni italiane nel 1861 (abitanti per km2)
Nord era di 91 abitanti per km2, mentre a Sud era di 77. Una differenza stimabile fra 10 e 20 abitanti per km2 in più nel Nord rispetto al Sud era esistita anche in epoche precedenti, almeno da quando disponiamo di dati relativamente attendibili per stimare la popolazione italiana, e cioè dal xvi secolo7.
Nelle regioni del Mezzogiorno vivevano, nel 1861, 9,5 milioni di abitanti. A Nord erano ben 16,3 milioni8. Gli abitanti del Sud erano allora il 37 per cento della popolazione italiana. Da quella data non ci sono stati cambiamenti di rilievo nel peso relativo delle due parti del paese9. Al censimento del 2001 la popolazione del Sud era il 36 per cento; più o meno come 140 anni prima.
1.2. L’urbanizzazione
Parlando di divari economici nell’Ottocento e prima, un indicatore fondamentale è sempre stato considerato l’urbanizzazione. Quanti più sono gli abitanti urbani rispetto al totale, tanto più sviluppati sono i settori dell’industria e dei servizi e tanto più avanzato è un paese. Così si pensa. Anche il settore agricolo deve essere più sviluppato in un’area con elevata urbanizzazione, perché la popolazione contadina, oltre che se stessa, deve nutrire un numero elevato di abitanti che non lavorano la terra e vivono nelle città. L’agricoltura deve, perciò, essere più produttiva. Ragionando in questi termini e considerando come urbano (nell’Ottocento) un centro di almeno 5.000 abitanti, allora l’area più avanzata di tutto il mondo risulterebbe la Sicilia, con 66 abitanti urbani su 100 sia nel 1800 che nel 1861. Proprio così! Per un confronto, si tenga presente che in Inghilterra, il paese con l’economia più sviluppata, il tasso di urbanizzazione era allora di meno di 50 abitanti su 100; in Europa nel suo complesso sfiorava i 2010. L’Europa, in media, era, dunque, tre volte meno urbanizzata della Sicilia. Ragionando negli stessi termini, il Mezzogiorno era assai più avanzato del Nord. Nel 1861, per quanto meno esteso e con meno abitanti del Nord, il Sud aveva il doppio di centri urbani. Aveva l’unica grande capitale, Napoli, che contava 320.000 abitanti nel 1800 e 420.000 nel 1861; mentre Roma ne aveva rispettivamente 153 e 188. Il tasso d’urbanizzazione, sempre calcolato considerando come città i centri con più di 5.000 abitanti, era del 43 per cento11. Nel Centro-Nord l’urbanizzazione, in calo rispetto al tardo Medioevo, ristagnava intorno al 17-18 per cento12 (Tab. 1).
TABELLA 1
Numero di città, abitanti urbani, popolazione e urbanizzazione (%) nel 1800 e 1861 nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno
I dati si riferiscono ai centri abitati con almeno 5.000 abitanti.
Fonte: database in www.paolomalanima.it. Per il 1811 si veda anche MARTUSCELLI, La popolazione del Mezzogiorno nella statistica di Re Murat.
Le cifre, come si sa, possono essere insidiose. Lo sono certamente in questo caso! È quasi sempre vero che, nelle economie del passato, un’area più urbanizzata è più avanzata e ...