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I dieci comandamenti dell'economia italiana
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Prefazione di Lorenzo InfantinoQuesto libro si propone di affrontare in modo rigoroso ma divulgativo i principali nodi da sciogliere dell'economia italiana. Attraverso il contributo di specialisti delle diverse materie vengono analizzati temi che sono tutti i giorni dibattuti, con più o meno competenza sui media, come i conti pubblici o la tassazione, insieme ad altri dai quali dipenderà l'assetto della struttura economica del nostro Paese come i trasporti, le liberalizzazioni, le privatizzazioni, il sistema bancario e finanziario nonché la politica industriale. Ma anche argomenti che hanno certamente un pregnante risvolto economico e una valenza sociale di primaria importanza, come la previdenza, l'università e la sanità.
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Information
Note
PRIMO COMANDAMENTO
Spendi meno e, soprattutto, spendi meglio
Spendi meno e, soprattutto, spendi meglio
* Ringrazio Edoardo Frattola per il prezioso aiuto fornito nella preparazione di figure e tavole e per gli ottimi commenti.
1. I dati sulle pubbliche amministrazioni includono però quelle imprese pubbliche che, sulla base dei criteri definiti da Eurostat, rientrano nel perimetro delle pubbliche amministrazioni (questi criteri riguardano essenzialmente la percentuale di spese coperte da entrate proprie rispetto a quella coperta da trasferimenti da parte di altri enti della pubblica amministrazione).
2. Un ultimo chiarimento: i dati che sono discussi nel seguito sono al netto delle operazioni all’interno delle stesse pubbliche amministrazioni. Sono dati “consolidati”: cioè se lo stato trasferisce soldi a un comune e il comune li spende, solo quest’ultima spesa è considerata nei dati perché la prima spesa (il trasferimento) avviene tra due entità operanti all’interno della pubblica amministrazione.
3. Per consentire una corretta lettura dell’andamento temporale della spesa, i dati pubblicati dall’Istat discussi in seguito sono stati rielaborati per escludere due componenti. La prima è relativa al cosiddetto “bonus 80 euro”: questo bonus rappresenta economicamente una detassazione sui redditi da lavoro più bassi, ma l’Istat, a causa delle modalità tecniche con cui tale detassazione è stata effettuata, lo contabilizza come un aumento della spesa, gonfiando artificialmente la spesa per gli anni a partire dal 2014 (per circa 7 miliardi) in poi (per circa 10 miliardi). La seconda componente riguarda la detrazione delle spese sostenute dalla Rai, che viene inclusa nel perimetro delle amministrazioni pubbliche dell’Istat soltanto a partire dal 2016.
4. Il deflatore del pil viene utilizzato nella figura 1 per passare dai dati a prezzi correnti ai dati a prezzi costanti (“reali”).
5. Confronti internazionali sui livelli di spesa per valutarne l’adeguatezza dovrebbero tener conto anche di altri fattori. Il rapporto tra spesa pubblica e pil risente del ciclo economico, cioè di quanto il pil dista dal pil potenziale, quello di “piena occupazione”. In altri termini, il rapporto tra spesa e pil risulta gonfiato in periodi di recessione. La misurazione del pil potenziale però non è semplice anche perché parte della disoccupazione osservata (e quindi della deviazione tra pil e pil potenziale) può essere strutturale, cioè di lungo termine e non dovuta alla mancanza di domanda a livello aggregato. Nel valutare l’appropriatezza dei livelli di spesa rispetto ad altri Paesi, occorrerebbe anche considerare i piani di possibile riduzione di spesa di tali Paesi, e non focalizzarsi solo sulla situazione attuale. Se poi si vogliono utilizzare confronti internazionali per valutare eccessi di spesa in certi settori, occorre anche considerare altri vincoli cui un Paese potrebbe essere soggetto. Per esempio, se per motivi demografici, o per scelte politiche irreversibili, la spesa per pensioni in un Paese è più elevata, questo toglie spazio alla spesa in altri settori. Valutazioni dello stesso tipo valgono anche per i confronti internazionali relativi all’occupazione pubblica. Per valutarne l’adeguatezza occorre anche in questo caso tener conto dei vincoli di bilancio cui un Paese è sottoposto. Inoltre occorre anche considerare il livello dei salari pubblici rispetto a quelli privati: Paesi dove i salari pubblici sono più bassi possono sostenere un livello più elevato di occupazione pubblica. Infine, occorre anche considerare il numero di occupati in imprese pubbliche: in Italia queste sono state spesso utilizzate per aggirare vincoli esistenti all’assunzione in certi settori della pubblica amministrazione, in particolare negli enti locali.
6. Occorrerebbe anche tener conto del fatto che parte della perdita di pil a seguito delle due recessioni del 2008-’09 e del 2011-’13 è di natura permanente e non congiunturale, il che richiederebbe un abbassamento della spesa nel lungo periodo.
7. Un altro motivo per preferire la riduzione della spesa, piuttosto che l’aumento della tassazione, come strumento di correzione dei conti pubblici riguarda l’impatto immediato che tale riduzione avrebbe sul pil. Alcuni lavori econometrici, tra questi quelli condotti da Alberto Alesina, Carlo Favero e Francesco Giavazzi, suggeriscono che l’effetto restrittivo sull’economia associato a un taglio della spesa pubblica è molto inferiore a quello relativo a un aumento delle tasse. Resto non del tutto convinto da tale evidenza empirica per quanto riguarda gli effetti di breve periodo, ma, in una situazione in cui la spesa resta altamente inefficiente, come nel caso italiano, e il livello di tassazione resta piuttosto alto, in una prospettiva di medio-lungo periodo un taglio della spesa risulta probabilmente meno dannoso alla crescita potenziale di un aumento delle aliquote di tassazione.
8. Occorre sottolineare che superare questo ostacolo non comporta per nulla il licenziamento dei dipendenti pubblici. Occorre però avere una strategia ben definita, anche di medio o lungo termine, per evitare che lavoratori resi ridondanti per l’introduzione di riforme di efficientamento restino senza una mansione precisa nella pubblica amministrazione, una forma di disoccupazione occulta con costi potenzialmente elevati per le finanze pubbliche. Purtroppo questo è avvenuto in passato. Basti pensare all’introduz...
Table of contents
- Cover
- Sinossi
- Profilo biografico dell'autore
- Indicazione di collana
- Colophon
- Prefazione
- Introduzione
- PRIMO COMANDAMENTO
- SECONDO COMANDAMENTO
- TERZO COMANDAMENTO
- QUARTO COMANDAMENTO
- QUINTO COMANDAMENTO
- SESTO COMANDAMENTO
- SETTIMO COMANDAMENTO
- OTTAVO COMANDAMENTO
- NONO COMANDAMENTO
- DECIMO COMANDAMENTO
- Note
- Gli autori