Sei
In seguito alla morte del padre, Aleks comprese che stava cominciando a fare cose che il padre gli avrebbe vietato. Poteva paragonarsi ad un uccello fuggito dalla gabbia, oppure ad un uccello che si solleva e che vola via dalla tomba che si sta chiudendo, come apparve ad Aleks nel sogno del funerale del padre. Si trovava nel passaggio tra una prolungata fanciullezza e la gioventù, in un’età in cui gli piaceva fare cose come quelle a cui accenneremo più avanti, e che facevano i suoi amici, i quali a quanto pare non avevano genitori così severi. Non che iniziò subito dopo la morte del padre: a partire da quel giorno la Terra aveva compiuto una buona parte della sua rotazione intorno al Sole, e comunque gli occorse un certo tempo per comprendere che essa aveva avuto inizio. Così, a poco a poco fece crescere i capelli, per quello che era permesso ai ragazzi in quegli anni, e restava davanti allo specchio per trovare una maniera di pettinarli, perché i capelli sembrassero a lui quanto più lunghi. E prese a restringere i pantaloni, da un sarto privato che lavorava di nascosto, a questi fece addirittura cucire due paia di pantaloni nuovi, stretti in alto e larghi in basso. E, le sere, tornava a casa piuttosto tardi, quasi ubriaco, pur avendo bevuto soltanto un cognac singolo oppure un punch all’arancio, al massimo un doppio. E, come crebbe ancora un poco, iniziò ad andare a serate danzanti in un circolo ristretto dove si ascoltava musica proibita e si ballava con musica proibita. O, durante un certo periodo, si chiudeva nella sua stanza e ascoltava quel tipo di musica, Radio Luxembourg, Radio France International, Radio Montecarlo. Forse faceva anche altre cose di quelle che il padre non gli avrebbe consentito, ma di questo non ne era sicuro perché, come mi disse spiegandomi il suo manoscritto, con il passar del tempo il confine della tolleranza si era fatto nebuloso. Ciononostante, di volta in volta, gli si riaffacciava l’ombra della colpevolezza, quella stessa ombra che lo aveva perseguitato fin dalla fanciullezza, e durante la malattia del padre, e durante le visite di condoglianze, e durante la sepoltura del padre, e durante il sogno di questa sepoltura. Se papà fosse vivo, rimuginava più o meno in questi istanti, non avrei osato fare questo o quello. Non soltanto quello che non avrebbe potuto nascondere al padre, come ad esempio i capelli lunghi, con tutto che li pettinasse perché sembrassero i più corti possibile, nondimeno anche ciò che faceva di nascosto. Ma non stava calpestando il ricordo del padre? Questa penosa domanda dava un sapore amaro alle sue gioie, comunque solo prima o dopo, e comunque pensò di cambiare. Anzi, quando terminò la scuola superiore e giunse il tempo di decidere in quali studi dovesse proseguire, quando giunse il tempo, dunque, di fare il passo più importante che avesse mai fatto fino ad allora, decise di studiare per diventare attore, benché fosse convinto che il padre, se fosse stato vivo, non glielo avrebbe consentito. Il desiderio di diventare attore gli era germogliato durante l’anno della maturità, quando prese parte ad una olimpiade teatrale delle scuole superiori della capitale, avendolo l’insegnante di letteratura selezionato dato che recitava piuttosto bene, mentre prima egli non aveva mai pensato a quale lavoro avrebbe fatto nella vita. La partecipazione alla troupe della scuola era forse all’interno dei confini nebulosi della tolleranza, dato che si trattava di una attività amatoriale e temporanea. E tuttavia altra cosa era essere un artista di professione, come lo era la mamma di un amico di Aleks, pittrice, e divorziata, e ad Aleks fu proibito dal padre di accompagnarsi con il figlio di lei, sostenendo l’idea che tutti gli artisti sono così, persone dissolute, di dubbia morale, oppure qualcosa di simile, espressioni che da lui Aleks ascoltò anche in seguito, soprattutto quando cominciò la campagna contro le manifestazioni straniere nella letteratura e nelle arti, la quale precorse quella delle purghe nell’esercito. Intanto, il padre non che non avesse voglia di vedere film, specialmente quando alla televisione davano quelli con i partigiani, e accadeva non di rado che facesse addirittura commenti elogiativi su uno o un altro attore. Comunque, la convinzione di Aleks che il padre gli avesse contestato con decisione il suo desiderio di studiare da attore venne a rafforzarsi ancor di più con le parole della madre, quando la madre gli disse che, se ci fosse stato il padre, Aleks questo non lo avrebbe fatto. E Aleks le rispose che avrebbe recitato film di guerra e recitato soltanto ruoli di partigiani. Non ti vergogni a deridere tuo padre morto, gli disse la madre, ed Aleks uscì dalla stanza sbattendo la porta, tanto per apporre definitivamente così il timbro alla sua decisione.
Ciononostante, indugiò ancora un anno. Sebbene la media dei voti gli desse la possibilità di presentarsi al relativo concorso subito dopo le vacanze estive, chiese di andare a lavorare per un anno, insieme con coloro che non avevano una tale media, e tuttavia neanche la avevano cattiva, e che, dunque, dovevano fare uno stage, transitare in un tipo di limbo o purgatorio prima di continuare gli studi universitari, come era la regola a quel tempo, nell’ambito della rivoluzionarizzazione della vita nel paese, affinché i risultati scolastici venissero completati oppure compensati con l’educazione in seno alla classe lavoratrice. A quanto sembra, questo andare a lavorare volontariamente era un suo tentativo di riappacificarsi con il padre defunto, per diminuire almeno un po’ l’ombra della colpevolezza che lo perseguitava anche dopo la morte del padre. Perché Aleks ricordava bene che il padre amava ciò che era definito il triangolo rivoluzionario istruzione – lavoro – preparazione militare, la qual cosa era stata inserita nei programmi scolastici a partire dalla fine degli anni Sessanta, come caratteristica che doveva distinguere l’istruzione proletaria da quella borghese, addirittura aumentando continuamente il peso dei due nuovi componenti, del lavoro e della preparazione militare, durante l’anno scolastico e al termine del ciclo scolastico. Così, Aleks andò a lavorare presso una delle fabbriche meccaniche della capitale. In questo frattempo di educazione in seno alla classe lavoratrice, l’unico evento che emerse dall’uniformità quotidiana, o dalla quotidianità uniforme, fu la sua prima esperienza sessuale, sulla quale vale la pena soffermarci anche per alcune conseguenze di altro tipo che essa ebbe nella sua mente. Gli successe con un’operaia poco più grande di età, durante un turno di notte. Si erano intesi con gli occhi e poi con le parole, poiché era sempre lei la prima a prendere l’iniziativa. E, essendo che lei conosceva molto meglio gli angoli della fabbrica, lo portò in un posto più o meno nascosto, e i loro corpi, nudi dalla cinta in giù, si allacciarono appassionatamente. Da quel momento in poi, stranamente Aleks prese ad evitare la ragazza. Provava una certa paura oscura, nel suo manoscritto la definì con questa espressione. Sia come sia, non ne comprendeva il perché. Forse aveva paura di se stesso, mi disse, anni dopo, in una delle nostre successive conversazioni sul manoscritto. Si può affermare che sia stata paura di una potenza oscura, sconosciuta, che si era risvegliata dentro di lui. Comunque, il suo comportamento dopo la prima esperienza con una donna fu simile a ciò che in parecchi casi segue l’inizio della masturbazione, alla soglia dell’adolescenza. Si può inoltre aggiungere che questo comportamento fosse un residuo della sua prolungata fanciullezza. Aleks Krasta era una persona un tantino fragile, che difficilmente sopportava i turbamenti interiori, e a quell’età doveva essere stato ancora più fragile di quando io lo conobbi da vicino. Ma, ad ogni modo, questo tipo di turbamenti venne a poco a poco a placarsi, e alcuni giorni dopo, il giorno in cui terminava la settimana del turno di notte, mentre il menzionato evento era accaduto il giorno in cui quella settimana era iniziata, cercò di nuovo di incontrarsi con la ragazza. E stavolta andò per le spicce, infiammato di desiderio quando le si avvicinò, e nondimeno anche ansioso perché difficilmente avrebbe trovato un’altra possibilità di parlarle, e ancor più difficilmente per ciò che le chiese senza peli sulla lingua, e tuttavia anche le circostanze erano tali che lo spingevano a parlare il meno possibile, in un corridoio appartato dove trovò la ragazza da sola, e dove potevano sopraggiungere altre persone da un attimo all’altro. Ella, comunque, si sentì offesa, oppure con ogni probabilità si era sentita offesa fin da prima, durante tutta quella settimana in cui lui l’aveva in ogni modo evitata. Pensi, gli disse, che io sia una specie di troia? Siete così voi, figli dei quadri. Quando ti viene voglia, mi chiami, quando non ti va, dici vattene che mi annoi. Beh, uno straccio di operaia! Sparisci, ragazzo, e non rivolgermi mai più la parola! Vattene, dunque! E le lampeggiavano gli occhi. Aleks rimase muto. E si allontanò, con un indubbio sentimento di confusione e stupore. Non per la dignità di lei, per la qual cosa egli non aveva dubitato, ma per alcune delle sue parole che indicavano a dito un fossato oppure meglio un baratro che si apriva tra gli operai, o le persone semplici, e quelli definiti quadri, e queste parole rivelavano il grande e reciproco disprezzo che li separava. Questo non lo avrebbe mai immaginato, e lo negava caparbiamente a se stesso, perché un tale fossato oppure baratro oppure anche disprezzo oppure baratro di disprezzo lo aveva considerato soltanto in relazione al vecchio e deposto regime antipopolare, o feudo-borghese, ad esempio tra i figli dei nobili e le povere ragazze del villaggio, le cafoncelle secondo il linguaggio delle classi dominanti di un tempo, cose che aveva appreso dai film e dai testi scolastici, o dagli infiniti frammenti di un unico e onnipresente discorso che roteavano nell’aria divenendo una sola cosa con i brividi inafferrabili dell’aria. E tanto più contestava interiormente quell’espressione della ragazza dato che egli stesso non aveva mai nutrito un simile disprezzo nei confronti degli operai, e mai si era ritenuto più in alto di loro per la ragione che apparteneva ai figli dei quadri, eppure nonostante ciò doveva esserci una certa verità in quell’espressione della ragazza, ancorché egli non lo sapesse, e tutto ciò faceva sì che si sentisse colpevole. Questa fu, dunque, la lezione che Aleks ricevette durante l’anno di educazione in seno alla classe lavoratrice, ciò a causa della sua prima esperienza sessuale. Era, dunque, la prima volta che, attraverso il disprezzo di quella ragazza e delle sue parole, Aleks aveva vissuto la separazione tra i quadri e le persone semplici, ovvero il popolo, cosa che era la vera separazione classista in Albania, come sarebbe stata definita in un giornale di opposizione di quelli che potè leggere mezzo di nascosto durante gli ultimi mesi di prigionia, nell’inverno tra il 1990 ed il 1991, trovandosi da anni nelle condizioni di un sottoclasse, quando in precedenza aveva appreso che esisteva anche una classe superiore, che viveva separata da tutte le classi, cosa che gli divenne oltremodo tangibile in un ambiente diverso da quello della prigione, sulla spiaggia di Durazzo, dove, per andare dalla parte dove si trovavano l’albergo estivo del Ministero dell’Interno e quello del Ministero della Difesa, in cui egli trascorreva l’estate con la famiglia, fino alla parte della spiaggia per il popolo, nella quale vi era maggiore animazione, doveva passare intorno ad una zona vietata di un paio di chilometri, che era il Blocco dei Dirigenti - se ne poteva vedere qualcuno da una parte all’altra dell’arenile- e che sembrava come un miraggio, come un’allucinazione dei sensi.
Intanto, al termine di quell’anno di lavoro, Aleks si presentò al concorso di arte drammatica presso l’Istituto Superiore delle Arti. Si presentò recitando la prosa poetica La procellaria di Maksim Gorki ed il monologo di un ballista6 ubriaco tratto da un film sul tempo di guerra, e vinse il concorso. Iniziò e proseguì con piacere la scuola per attori, ma molto probabilmente non era tra gli studenti più talentuosi, perché non fu mai chiamato dalla Kinostudio7 per recitare in un qualche film, foss’anche in un ruolo secondario. Venne chiamato soltanto in un’occasione, per un provino di un ruolo episodico, ma importante, dal momento che veniva fatto il provino, ed era esattamente il ruolo di un ragazzo che studiava da attore, dunque in un certo senso doveva recitare se stesso. E tuttavia non passò il provino e il ruolo venne dato a un suo compagno di corso, per il quale sarebbe stato l’inizio di una serie di successi che lo avrebbero reso uno degli attori più noti del paese, almeno di quelli della sua generazione. Aleks invece non si sentiva a suo agio in quel ruolo e non recitò affatto bene, perché era come se gli altri lo vedessero allorquando egli si vedeva allo specchio, secondo le sue parole nel manoscritto, con l’unica differenza che rendo la prima persona con la terza. E era così come diceva Aleks, sembrava che non si sentisse bene in quel ruolo, cosa che all’osservazione di un terzo, in questo caso alla mia osservazione, si palesava come incertezza di movimenti e di parole. A quel tempo lavoravo presso la Kinostudio e mi accadde di trovarmi vicino alla macchina di montaggio dove il regista di quel film stava controllando il materiale dei provini e, attirandomi l’attenzione il volto che mi pareva di conoscere, presi a guardare quel frammento. E tuttavia non mi accadde di incontrarmi con lo stesso Aleks quando venne per il provino. Il nostro incontro, casuale, prima di rivederci nuovamente al campo o al Reparto di rieducazione 305/2, era avvenuto prima della vicenda di quel provino, eppure di questo si parlerà un po’ più avanti, in uno dei capitoli seguenti.
Aleks Krasta, comunque, non divenne un attore, non perché non gli venne dato il ruolo per il quale aveva fatto il provino, ruolo che avrebbe portato una grande fortuna al suo compagno, ma perché dopo circa un anno e più venne estromesso dall’Istituto Superiore delle Arti. Ciò accadde nel 1982, quando aveva iniziato il terzo anno di studi, al tempo in cui il padre era appena stato espulso dal Partito. Più o meno allora ci fu un’ondata di purghe presso il Bureau Politico del Comitato Centrale ed anche presso il Ministero dell’Interno e l’esercito, addirittura nell’esercito ci furono persone che furono condannate all’internamento durante la purga di alcuni anni prima al Ministero della Difesa Popolare e ora la condanna era divenuta più pesante trasformandosi in condanna al carcere, o alla privazione della libertà, secondo il linguaggio giuridico. In questa nuova ondata di purghe, che fece seguito al suicidio del primo ministro di quegli anni, al tempo stesso membro del Bureau Politico, suicidio che sarebbe stato avvolto dal mistero e dalle più svariate leggende, mentre il suicida sarebbe stato proclamato capo di tutti i complotti volti a rovesciare il Potere Popolare, a partire dal 1944, in contemporanea collaborazione con alcuni servizi segreti stranieri, venne arrestato pure il ministro della difesa, anche costui al tempo stesso membro del Bureau Politico, mentre fino a pochi anni prima era stato ministro dell’interno, per un quarto di secolo, dunque anche nel periodo della condanna dell’ex-comandante delle Forze Navali, e durante la visita di quest’ultimo alla base di Pashaliman poco prima di essere arrestato e condannato. E una delle accuse rivolte all’ex-ministro si collegava per l’appunto all’attuazione di questa condanna, più esattamente ad una inesistente fucilazione, un evento fantasma, e l’ex-ministro fu interrogato su come avesse organizzato la fuga del condannato a morte ed in quale Paese avesse inviato questo suo collaboratore a compiere attività dei servizi segreti e come d’ora in avanti avesse mantenuto i contatti con lui. Questa accusa non era sostenuta da alcun fatto, tranne che da alcune piccole irregolarità, casuali con ogni probabilità, che vennero trovate nel verbale di esecuzione della condanna a morte. Aleks Krasta apprese queste cose all’inizio degli anni Novanta, a seguito del cambiamento del regime e dopo essere uscito dal carcere. Indotto dalla vicinanza cronologica delle suddette purghe con l’espulsione del padre dal Partito, si mise a spulciare gli archivi per mezzo di un amico e compagno di sofferenze che ora occupava un posto importante nei servizi segreti, e a scavare così nei relativi processi investigativi e giudiziari. Per davvero, in una sessione di indagini compariva il nome di Behar Krasta, capo del Sigurimi della base di Pashaliman al tempo della visita del contrammiraglio condannato, e vi era una referenza documentaria riguardo ad un rapporto del capo del Sigurimi nelle indagini svolte per questa visita, nel quale si evidenziava che tale rapporto non aveva portato alcunché alla luce, anzi neanche era stato scritto che il contrammiraglio S. si era incontrato da solo a solo con il più alto militare sovietico del comando congiunto, l’ammiraglio J.; e più avanti si faceva una domanda al sospettato che lasciava intendere che egli avesse inviato il contrammiraglio S. dai sovietici come agente di collegamento con i servizi segreti, domanda alla quale il sospettato rispose in maniera negativa, così come a tutte le domande, poiché, dato che era stato ministro dell’interno, e anzi lo era stato per un quarto di secolo, sapeva perfettamente che l’ammissione delle accuse non gli avrebbe mai mitigato la condanna, almeno non a lui. Il nome del padre di Aleks appariva anche da un’altra parte, in una dichiarazione di uno degli ufficiali mandati in internamento durante la precedente ondata di purghe e arrestato durante l’ondata corrente, dichiarazione secondo la quale Behar Krasta era stato una persona di grande fiducia del direttore dell’ex-Direzione Politica, fucilato durante la precedente ondata di purghe, e tuttavia ciò bastò, senza alcun dato concreto o generale che dimostrasse un qualche legame di collaborazione nell’attività di spionaggio. Sia come sia, pur se non venne alla luce da nessuna parte un qualche dato da utilizzare per accusare esplicitamente il padre di Aleks, questi venne espulso dal Partito come nemico, sei anni dopo la morte, come se potesse cospirare nell’al di là e farlo in collaborazione con altri defunti.
Lo stesso Aleks, che a quel tempo non sapeva esattamente perché fosse avvenuta questa espulsione, benché comprendesse che suo padre era stato dichiarato nemico del Partito e del popolo, soffrì un importante cambiamento, che possiamo considerare come una svolta nella sua autobiografia, e che segnò il suo distacco una volta per sempre dalla fanciullezza, dall’ombra prolungata della fanciullezza. Secondo Aleks, questo cambiamento, che era stato molto veloce, si era inizialmente prefigurato come rammarico nei confronti del padre, ma ormai affrancato dalla colpevolezza, e poi, a poco a poco, assieme al suo odio nei confronti di coloro che stavano distruggendo la pace del padre nella tomba, e che in seguito avrebbe definiti potere dei nemici del popolo, e scosso da quest’odio, prese a sentirsi colpevole per il padre, il quale in ogni caso si identificava nella sua mente con ciò che egli più tardi avrebbe chiamato potere dei nemici del popolo, e a causa delle cose che il padre poteva aver fatto servendo quelli, e che egli non sapeva. E non voleva saperle. Dunque, sulla soglia degli anni Novanta, benché avesse la possibilità di venire a conoscenza di cosa avesse fatto il padre soprattutto nel periodo in cui aveva lavorato per il Ministero dell’Interno, nulla chiese all’amico e al compagno di sofferenze che in questo poteva aiutarlo spulciando negli archivi segreti. L’esumazione di tali fatti sarebbe stata come l’esumazione del padre, aveva scritto. Solo in un caso era stato tentato, quando aveva domandato ad un altro amico e compagno di sofferenze, padre Stefano, che gli disse di non saperne alcunché, cosa che era una risposta stranamente insoddisfacente. Ma ciò accadde più tardi. Anni più tardi.
Comunque, la relazione tra l’espulsione del padre dal Partito e l’espulsione di Aleks dalla scuola e, conseguentemente, il suo internamento, per Aleks fu più che chiara fin dall’inizio, e non semplicemente a causa dell’analogia cronologica. Durante la riunione che si svolse all’Istituto Superiore delle Arti all’inizio dell’inverno del 1982, indetta dall’organizzazione della gioventù del terzo corso di arte drammatica allo scopo di esaminare il comportamento dello studente Aleks Krasta, che era stato qualificato indegno per la nostra gioventù rivoluzionaria o semplicemente comportamento degenerato, tanto meno egli...