Una alternativa alla laicità
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Una alternativa alla laicità

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Una alternativa alla laicità

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È piuttosto raro trovare pronunciamenti critici a proposito della laicità. A volte se ne ammette un momento di difficoltà, ma per serrare le fila a sua difesa.La laicità è davvero un valore tra i più condivisi; non solo: spesso è addirittura identificata con la modernità, e quasi sempre con l'identità stessa dell'Europa.Dello stesso autore de Il rompicapo della secolarizzazione italiana, questo libro si chiede se non sia il caso di avviare una più attenta discussione sulla laicità, e se non sia il caso di sostituire alcune certezze con altrettante domande.La ricerca muove dalle spiegazioni del momento difficile attraversato dai regimi di laicità, le quali, curiosamente, sovrastimano il cosiddetto ritorno della religione. Dopo aver proposto una serie di interrogativi, termina avanzandone un ultimo: serve a qualcosa parlare di laicità «sana», o «buona», o «positiva», o …?E se si trattasse di riconoscere le alternative alla laicità?E dunque di relativizzare la laicità?

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1.

Deprivatizzazione della religione e crisi della laicità: un difetto di motivazione

«IN UN CONTESTO DI TENSIONI E DI RIMESSA in discussione dei valori, è importante […] porre in evidenza i principi sempre validi della laicità»1. La legge del 9 dicembre del 1905 – a giudizio della Commissione – non deve essere neppure rielaborata: «il quadro legislativo che ha definito, e che resta ancora oggi quello di riferimento, costituisce un plus di grande valore»2.
Le trasformazioni sociali hanno messo in crisi anche la laïcité, il prototipo francese della laicità. Anche chi intende difenderla e riproporla – come certamente la ormai celebre Commissione Stasi – è cosciente di doverlo fare di fronte a tensioni che l’hanno messa seriamente in discussione. La crisi della laïcité, in un certo senso, è misura estremamente significativa della crisi della laicità.
Dunque i regimi di laicità sono in seria difficoltà3. Se ad affermarlo sono anche documenti come quello appena citato, che con convinzione propongono di rinnovare la storia di questo valore e delle istituzioni che più scrupolosamente vi si ispirano, possiamo considerare ragionevole partire di qui evitando di documentare ulteriormente questa affermazione.

Cominciare dalla laïcité

Al lettore non sarà sfuggito il riferimento alla laïcité (invece che alla laicità in generale). Questa scelta è frutto di una decisione che orienta tutto questo lavoro e sulla quale dunque conviene essere chiari fin da principio. Operando tale scelta si è cercato di tenere nel massimo conto la situazione di tensione alla quale ci siamo riferiti. Questa situazione di tensione comporta inevitabilmente un aumento di confusione e impone al discorso un ulteriore sforzo di precisione e di trasparenza. Per questa ragione non si è ritenuto di prendere la strada – per altro legittima – spesso seguita: parlare di laicità e magari cominciare fornendone una definizione o una ridefinizione teoretica4. Per questa via, il ragionamento finisce per prendere troppo presto un andamento prescrittivo. Le tensioni che hanno messo in discussione la laicità hanno ulteriormente aggravato una situazione che già le vicende culturali e istituzionali avevano determinato. Prendendo ad esempio il dibattito italiano, è facilissimo osservare come con “laicità” si indichino ormai le cose più diverse e in contesti non meno diversi5.
Ora, come detto in premessa, il proposito non è quello di avanzare una soluzione, ma quello di porre in evidenza un problema o una serie di problemi spesso trascurati. Non si vuole sostituire né occultare una polisemia o forse addirittura una confusione, realissime, con una proposta teoreticamente convincente (per altro sempre benvenuta). Al contrario, ciò che qui si vorrebbe è mostrare che ridando evidenza a una alternativa (rimossa) si aiuta almeno un poco la gestione della polisemia e lo svolgimento dell’intricata matassa di quella confusione. In un certo senso, ciò che vorremmo non è definire (la laicità) allo scopo di compiere un passo avanti, ma compiere piuttosto un passo indietro allo scopo di fornire almeno un piccolo contributo al discernimento (intorno alla laicità)6. Partire da una originale definizione di laicità sarebbe funzionale all’elaborazione di un progetto, ma ciò che invece ci siamo riproposti è di contribuire a un discernimento7.
La vaghezza e a volte la contraddittorietà di quanto caso per caso si intende e si invoca con “laicità” non è qualcosa da superare ma, al contrario, qualcosa rispetto al quale fare un passo indietro al fine di ottenere un qualche vantaggio analitico. Ciò che proponiamo è di intraprendere questo passo indietro risalendo alla laïcité. Quest’ultima, le sue formulazioni e le sue istituzioni, ci forniranno un punto di riferimento un po’ meno vago.
La valutazione finale spetterà certamente al lettore e al critico, ma credo che la più generale controversia intorno alla laicità tragga anche vantaggio dal tener presente in modo particolare il caso della laïcité francese. Ciò facendo non si negano, ma anzi si mettono maggiormente in luce, le variazioni che hanno avuto luogo nel tempo e nello spazio, tanto con riguardo alle idee, quanto con riguardo alle istituzioni8.
Del resto, per un verso non è che in crisi siano solo i valori e le istituzioni della laïcité e non anche l’insieme di quanto, volta per volta, finisce sotto l’etichetta di “laicità” e, per altro verso, è fuor di dubbio che la vicenda che va dalle politiche ecclesiastiche della rivoluzione francese, attraverso le leggi di fine Ottocento e inizi Novecento in Francia9, per arrivare al conferimento del rango costituzionale alla laïcité con il passaggio alla v Repubblica nel 1958, non abbia avuto un’influenza di prim’ordine sulle esperienze di laicità avviatesi al di fuori dei confini francesi e sul dibattito culturale ed il confronto politico che le hanno accompagnate e le accompagnano.
Anche se ci spostiamo su di un piano meno immediatamente pratico, la situazione non muta e anzi si rafforza – credo – la scelta del punto di partenza: la laïcité, e più in generale la laicità, sono in discussione e a volte chiaramente in crisi. Le testimonianze per noi qui più importanti provengono da un fronte certamente avverso a quello del fondamentalismo religioso. Jürgen Habermas, sotto il titolo di “postsecolare”, ha sviluppato la ricerca di una «via media»10 tra le concezioni liberali, con pretese restrittive circa il ruolo pubblico della religione, e quelle dei revisionisti, impegnati a combattere quelle concezioni restrittive. Lo stesso Jean Baubérot parla di laicità minacciata “due volte”: minacciata da nuove espressioni del fattore religioso11 e minacciata dall’«integrismo laicista»12. Anche per chi invoca una “riscossa laica”, e imputa ad Habermas dei cedimenti, non ci sono dubbi sulla criticità del passaggio che stiamo attraversando. Il problema si manifesta in questo caso come «deficit di democrazia prodotto da politiche antilibertarie e/o disuguaglianze e/o di conformismo culturale e sociale», come «democrazia incompiuta», democrazia della quale la laicità sarebbe corollario13.
Al momento, insomma, tutti più o meno concordano, indipendentemente dalle posizioni anche opposte che difendono. I valori e le istituzioni della laicità, a partire dai valori e dalle istituzioni della loro radice di laïcité, manifestano serie difficoltà di tenuta e di efficacia. In particolare le istituzioni più o meno figlie della laïcité non ce la fanno a mantenere la religione nel privato e a generare quel tot di “religion civile14 di cui hanno bisogno, o almeno non riescono a produrne in misura sufficiente.
Il ritorno (sulla scena pubblica) della religione come spiegazione della crisi della laicità compare ancora una volta in modo abbastanza indipendente dalle preferenze dell’autore che vi ricorre. Volendoci limitare a una sola citazione, possiamo riferirci a quello che è forse uno dei contributi più citati a questo proposito. A partire dagli anni Novanta, José Casanova ha introdotto nel dibattito una serie di dati e di argomenti a sostegno dell’evidenza di un processo di “deprivatizzazione” della religione. In una citatissima sintesi, Casanova parla della
constatazione che le teorie sociologiche della religione dominanti e i modelli di analisi della distinzione pubblico/privato erano di scarso aiuto per chiunque volesse affrontare teoreticamente, analiticamente e praticamente questo nuovo fenomeno. In altri termini, c’era l’esigenza di ripensare sistematicamente la relazione fra religione e modernità, nonché i possibili ruoli che le religioni possono svolgere nella sfera pubblica delle società moderne15.
Con una serie di lavori, Casanova cerca di mostrare come gli attori religiosi siano in grado di mettere in difficoltà sia le teorie della secolarizzazione che le pratiche della distinzione pubblico/privato e dunque della laicità. In questo momento non importa controllare tutti i dettagli della sua tesi. Ci interessa solo ricordarla come auctoritas tra le più citate da parte di chi – per un motivo o per quello opposto – collega deprivatizzazione della religione e crisi della laicità. Lo stesso infatti vale anche per quella parte della cultura europea che si trova nella spiacevole condizione di dover difendere la laicità, non come istituzione vitale ed efficace, ma ormai quasi sempre come valore da dover sostenere nonostante o contro l’evidenza dei fatti, modalità ovviamente del tutto legittima. Su questo fronte, dopo lo scacco subito in sede scientifica16, il nucleo comune ad alcune delle teorie classiche della secolarizzazione si sarebbe trasformato in una sorta di mito fondatore o di schema prescrittivo usato per legittimare e sostenere un’azione di difesa della laicità e dell’estromissione della religione dalla sfera pubblica17.
In termini più distaccati è stato «The Economist» a fornire un riepilogo degli argomenti a sostegno dell’ipotesi che vede la religione avviarsi a giocare un ruolo importante nella politica di questo nuovo secolo18. Il business religioso è in crescita, contro ogni aspettativa.
Sia come sia, a chi scrive è sufficiente fissare due punti: (I) la larghissima maggioranza degli osservatori e degli analisti, indipendentemente dalle preferenze in materia, concorda circa la situazione critica in cui versano e i valori e le istituzioni di laicità (persino nel suo nucleo di laïcité) e (II) sovente comprende questa situazione innanzitutto come effetto di un processo di deprivatizzazione della religione.
In un certo senso il nostro percorso inizia da qui.
Di questo scenario tanto condiviso vorrei mettere un poco più in luce due elementi. Il primo manifesta un tratto caratteristico della cultura della laicità, tanto forte da essere assunto anche da coloro che combattono questa cultura. Il secondo elemento, invece, coincide con una “evidenza”, almeno così mi pare, assunta troppo sbrigativamente come tale, ancora una volta, tanto dai sostenitori quanto dagli oppositori della laicità.

Una sorta di complementarità

In breve, il primo elemento consiste nell’intendere laicità...

Table of contents

  1. Copertura
  2. Titolo Pagina
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Premessa
  6. 1. Deprivatizzazione della religione e crisi della laicità: un difetto di motivazione
  7. 2. Laïcité e stato: la stessa crisi
  8. 3. Una questione cruciale, anzi due
  9. 4. Religious freedom: alcuni aspetti del modello. (A proposito della prima questione)
  10. 5. Laïcité e religious freedom: due modelli. (Una risposta alla prima questione)
  11. 6. Religious freedom, laïcité e modernizzazione avanzata
  12. 7. Europa e crisi della laïcité. (A proposito della seconda questione)
  13. 8. Cattolicesimo e crisi della laïcité: “sana laicità”o libertà religiosa?
  14. Riepilogo
  15. Bibliografia