Prima parte
PapĂ , la famiglia, i libri
Lâamore
Ogni nuovo libro risvegliava una gioia nellâanimo di mio padre.
Nonostante fossimo una famiglia numerosa, vivevamo in una casa piccola. Svariati oggetti riempivano lo spazio, giĂ gremito della nostra presenza. Non vi era posto in cui poter collocare seppur un solo libro, senza sconvolgere lâordine a cui eravamo abituati da anni.
Ă facile comprendere, dunque, che mia madre si spazientisse per ogni libro che papĂ acquistava, in primo luogo perchĂ© stavamo molto stretti a casa, e poi anche per via della riduzione del bilancio familiare. La mamma, tuttavia, come un vero angelo del focolare, trovava sempre un posto ai nuovi libri, sia pure fuori dalla libreria stracolma di papĂ . E cosĂŹ lei diventava anche la bibliotecaria invisibile dei suoi libri. Ogni volta che papĂ cercava qualche libro, e non era sicuro di averlo, alla mamma sarebbe venuto in mente di quale si trattava; con calma lâavrebbe tirato fuori da qualche cantuccio ricavato nel muro e, senza farsi notare, lâavrebbe lasciato sulla scrivania di papĂ , il quale, smarrito, fissava gli scaffali della libreria alla ricerca del libro che gli serviva, e con concentrazione serbava il pensiero che doveva formulare.
Quando la mamma si allontanava, con i suoi passi lievi, che rompevano il silenzio e annunciavano come sussurri il ritrovamento del libro, papà ritornava in sé.
Il destino dei libri
Habent sua fata libelli
Delle cose appartenute a mio padre, i libri, dopo la sua morte, costituiscono la testimonianza migliore di un tempo trascorso per sempre. Con grande probabilitĂ , il segreto della durata esistenziale e dellâarmonia coniugale dei miei genitori risiedeva nella magnanimitĂ di mia madre, la quale ha alimentato e sorretto lâamore di mio padre per i libri ed Ăš riuscita a elevarsi, per cosĂŹ dire, allâaltezza di una figura sacra della sua biblioteca.
E proprio alla luce di questa biblioteca vagante di mio padre puĂČ essere spiegata e compresa la storia della nostra famiglia, che i miei genitori non hanno mai smesso di alimentare. Di fatto, ovunque ci conducessero le migrazioni e lâistinto per la sopravvivenza della famiglia, ci accompagnavano anche i libri di papĂ .
Un nuovo libro era una nuova comparsa nella nostra famiglia; la sua presenza nella nostra esistenza era una nuova via per giungere al termine del lungo cammino della vita.
Non câĂš da sorprendersi, dunque, che durante gli spostamenti della famiglia â spesso attraverso i confini balcanici, che in maniera fatale e tragica stabilivano anche il destino degli uomini, delle famiglie, dei popoli â ci capitava di abbandonare ogni cosa, tranne i libri.
I libri ci accompagnavano anche nei momenti in cui avevamo appena il tempo di metterci in salvo: pensavamo che su qualche loro pagina si nascondesse lâenigma della salvezza della famiglia...
Alfabeti e differenze
GiĂ prima che imparassi a leggere e a scrivere, i libri di mio padre, accuratamente custoditi da mia madre, mi erano serviti come giocattoli. Da allora mi Ăš rimasta la passione per i grossi volumi con le copertine rigide, con mosaici di colori, a prescindere dal fatto di leggerli un giorno.
Da bambino, quando ancora non conoscevo le lettere dellâalfabeto, ero in grado di distinguere scritture differenti. GiĂ allora potevo «leggere», che papĂ possedeva libri nellâalfabeto arabo, cirillico e latino. A prima vista, tutti i libri di papĂ mi sembravano uguali, ma quando li sfogliavo, notavo immediatamente che erano diversi. Queste differenze, questi testi scritti in vari alfabeti, iniziarono a lasciare in me tracce indelebili, a radicarsi in fondo al mio animo, ancor prima che iniziassi a entrare nel comprensibile mondo dei loro segni.
Questi alfabeti differenti mi sembravano come specchi del mio futuro destino, nei quali vedevo la mia immagine e ogni volta scoprivo me stesso in modi diversi. Proprio nelle tre fogge riflesse nellâaspetto tipografico di quei testi, dovevo cercare lâunica immagine con cui avrei convissuto, come se fossi condannato a rimanere nel labirinto fino alla fine dei miei giorni.
Il giardino
Crescendo mi rendevo conto di come cambiasse anche il mio legame con i libri di papĂ : scritture ingiallite con lettere sbiadite, quasi cancellate, bizzarri atti di ricchezze perdute, decreti, diplomi con sigilli di cera spezzati, attestazioni varie, certificati, registri di tutti i tipi...
Vivevamo nella vecchia casa di un bey, proprio allâinizio del ponte di legno, che collegava il teatro, dotato di unâarchitettura pseudoclassica corredata da elementi barocchi, con un mercato coperto. Con le forme caratteristiche, che ne avevano preservato lâaspetto, quella vecchia casa sintetizzava a meraviglia lâarchitettura orientale e quella occidentale, in una sorta di amalgama visibile solo nei Balcani. Quella casa in riva al fiume era attraversata, da cima a fondo, dalla vivacitĂ del paesaggio naturale che la circondava e dallâincertezza delle onde nello scorrere incostante delle cose.
La mamma si dava molto da fare per tenere in ordine quella casa, che tendeva a dilatare nello spazio. La spazzava con assiduitĂ . Iniziava dal lungo cortile, proseguiva con le grandi stanze, per finire allâalta veranda. Dopo una piccola pausa, scendeva a sistemare il giardino recintato, nel quale sembrava essere imprigionato lo spazio, rinchiusa la bellezza e deviato lo spettro naturale dei raggi di luce.
Come per compensare tutto quello che aveva perso per via della recinzione, risaltava allâocchio il fitto mosaico dei suoi vialetti lastricati di pietra e, al centro, la fontana che spruzzava continuamente le rose, i garofani e il basilico, a cui la mamma Ăš rimasta sempre affezionata. In quel giardino, assieme ai semi dei fiori, la mamma seminava anche le sue preoccupazioni.
Dopo i grandi trasferimenti della famiglia, questo posto creava la tranquillitĂ incerta e temporanea che precedeva le nuove istanze del destino.
La veranda
Un buon libro parla sempre
di famiglie felici e libere
Detto popolare
Oltre che del giardino con la fontana, che sussurrava incessante una parte della cronaca familiare, serbo un particolare ricordo della veranda a strapiombo, la quale sembrava tenere la casa in uno stato di allerta costante, pronta alla partenza e allâallontanamento.
Nelle notti insonni, papĂ usciva sulla veranda e osservava lo scorrere rapido del fiume. Proprio lĂŹ, ancor prima dellâalba, gli sorgeva un pensiero, si fissava in lui, per poi svanire, con il balenare di qualche nuova idea, a lungo covata nella sua coscienza.
La strada dei pensieri cruciali di papĂ terminava in veranda. LĂŹ, a volte, gli prendeva anche il sonno; a quel punto, tutta la casa era assalita da un profondo silenzio, mentre la mamma, custode del sonno, anche cosĂŹ leggero di papĂ , lo copriva con una coperta sottile.
Talvolta, anche papĂ si svegliava a notte fonda e si preoccupava se noi bambini, che dormivamo nelle stanze accanto, stessimo bene. Come se assorbisse lâenergia che emanava dai nostri sogni, egli si calava in una nuova lettura, con lâattenzione piĂč assoluta, con una tenacia e un entusiasmo rinnovati. E cosĂŹ, il nostro sonno spesso diventava il suo risveglio.
La mamma seguiva con attenzione questi momenti della nostra vita familiare e sentiva in fondo allâanima che papĂ si trovava davanti a qualche nuova decisione di grande importanza per la famiglia...
Lâarmadio a muro
Quando la mamma trovava in veranda qualche libro che papĂ aveva dimenticato, sapeva bene che a suo marito, dopo un giorno e una notte di fatica estenuante, era balenato un pensiero, in un istante tra il sogno e la realtĂ , e aveva trovato in quel libro la soluzione tanto attesa, che avrebbe dovuto mettere in atto nellâarco di quella giornata.
La mamma prendeva con tenerezza il libro abbandonato e, come per protrarre il legame con papĂ , lo metteva con cura su uno dei ripiani dellâarmadio incassato in una parete della veranda, e non nella biblioteca, dove erano custoditi quasi tutti i suoi libri.
Accanto alla veranda si trovava il soggiorno, nella cui parete grande senza finestre era collocato lâarmadio a due ante, che a noi bambini risvegliava la curiositĂ per il mondo oltre la parete, per le cose che vi erano dentro...
Proprio perchĂ© quellâarmadio veniva aperto molto di rado, risvegliava tanto la nostra curiositĂ infantile. Ma era sempre chiuso a chiave e con un apposito lucchetto.
Serviva da libreria complementare per mio padre. In realtĂ , era il cuore della sua biblioteca. LĂŹ conservava manoscritti antichi, libri sacri scritti a mano, rare carte geografiche di Stati balcanici immaginati, documenti sacri della famiglia, lettere che testimoniavano la sua identitĂ .
Lâarmadio a muro era largo, profondo, infinito. Vi accedeva perlopiĂč papĂ e piĂč raramente la mamma, quando doveva spolverare i libri. Quando papĂ vi si addentrava, noi bambini avevamo lâimpressione che si calasse in unâaltra dimensione temporale, nel labirinto dei suoi libri.
Nellâarmadio a muro di papĂ , in quel laboratorio del tempo perduto â e solo Dio sa con quanta leggerezza si perde tempo nei Balcani! â noi bambini pensavamo che fossero custoditi i «libri ammalati», danneggiati dalle troppe letture, dallâutilizzo prolungato. E dopo che «qualcuno dei suoi libri malati guariva», papĂ si affrettava a rimetterlo nel suo posto di sempre nella biblioteca.
Solitamente papĂ teneva lâarmadio serrato con doppia chiusura. Tuttavia, quando usciva di casa, spesso affidava la chiave alla mamma, nel caso in cui i libri si fossero ribellati.
Lo scempio
Un giorno, mentre la mamma era al mercato e i miei fratelli erano sparpagliati, chi a scuola e chi dagli amici, io rimasi completamente solo a casa. Ovviamente, gli occhi mi andarono allâarmadio a muro. Come per incanto, forse per la prima volta, la chiave era stata dimenticata nella serratura. Mi assalĂŹ una forte tentazione. Girai la chiave. La nostra torre di Babele familiare sâaprĂŹ ed ebbi lâimpressione di inoltrarmi nei segreti dei sogni proibiti.
Lâincontro con i libri mi provocĂČ una sensazione fortissima, tanto da sembrarmi oggetti viventi. Allâinizio, ad attirare la mia attenzione furono le grandi enciclopedie, poi i vecchi libri sacri, i titoli di proprietĂ , i papiri, i documenti familiari. Ma ben presto mi attrassero i fogli con i francobolli variopinti, bollati con timbri verdi.
E chi poteva saperlo, allora, che in quei manoscritti era descritta lâintera odissea familiare?!
Quei francobolli, danneggiati o ben conservati, suscitavano lâimpressione che fossero tornati in vita i monarchi, i despoti, i sovrani di regni perduti, che avevano imperato, in periodi differenti, sul destino della nostra famiglia. Ora essi si trovavano rinchiusi, sottomessi, abbattuti, deportati nel grande armadio a muro di papĂ . In questo momento ero pronto a misurarmi con la loro potenza, ormai sconfitta, a staccarli dagli atti familiari, perchĂ© per me questo avrebbe segnato la loro definitiva disfattaâŠ
Scollai, dunque, i francobolli dai documenti familiari molto importanti, senza sapere che cosĂŹ facendo avrei danneggiato lâidentitĂ , che la mia famiglia aveva custodito con tanta difficoltĂ nel corso dei consecutivi tumulti nei Balcani.
E in tal modo imposi un nuovo ordine negli atti e nei manoscritti di papĂ . Tra quelle pagine ingiallite, in particolare, era stato sigillato il tempo balcanico, che era riuscito a resistere.
In effetti, tutti avevano tentato di rubarci il tempo nei Balcani. Allora alimentavo lâillusione che il nostro tempo perduto ed esanime fosse rinchiuso in quellâarmadio con i libri rari.
Mi divertii a ritagliare le fotografie, forse dalle uniche enciclopedie esistenti da queste parti nei Balcani, staccai anche i francobolli dai certificati di nascita, pensando di liberarli dalla schiavitĂč dei passati regimi.
PiĂč tardi, i francobolli scollati dai documenti piĂč importanti della famiglia, irrimediabilmente danneggiati, li scambiavo con i francobolli dei bambini del quartiere. In cambio dei francobolli con lâimmagine dei sovrani decaduti, ricevevo francobolli con lâimmagine dei governanti al potere e antiche monete con i ritratti degli imperatori romani. Questo tipo di commercio Ăš sempre rifiorito nei Balcani, no?
Addirittura, avevo scambiato un intero regno per due, tre monarchie. Tanto era rapida la caduta del loro prezzoâŠ
* * *
In breve, lasciai un gran disordine nellâarmadio a muro di mio padre, come se avessi voluto sovvertire per sempre quellâordine con cui aveva preservato il tempo. Di certo sono dovuto rimanere a lungo lĂŹ dentro, poichĂ© quando uscii, mi accolse lo sguardo atterrito di mia madre. Stava piangendo, e simili lacrime le avevo viste raramente nei suoi occhi belli.
Tutte le porte e le finestre della vecchia casa erano spalancate. La corrente dâaria faceva volare dallâarmadio i materiali di mio padre, la maggior parte dei quali sâammucchiava in veranda. La mamma, terrorizzata, vi correva dietro e non ne lasciava volare via uno. Quando si riebbe, chiuse le finestre e si avvicinĂČ allâarmadio. Che scena! Un simile disordine non lâaveva mai visto. Di certo le ci volle molto tempo per rimettere tutto a posto, ma a me sembrĂČ unâeternitĂ .
Mise in ordine come potĂ© i libri e i documenti, ma non indovinĂČ affatto la loro disposizione precedente.
In tutta la storia della famiglia, non si ricordava una preoccupazione maggiore di questa; la cosa che avevamo di piĂč sacro era stata messa in discussione. E solo Dio sa quello che avevamo sofferto nel tempo in cui la mia famiglia aveva vissuto nei Balcani: guerre mondiali, guerre civili, terremoti, grandi epidemie, dannate migrazioni â duri colpi del destino alle nostre porte. E, impotenti di fronte alle morti frequenti, ci abituammo, in un certo senso, anche alla scomparsa dei nostri cari, che ci abbandonavano per sempre.
Lo ribadisco: non avevo mai visto prima mia madre tanto turbata e non la vidi in questo stato neppure negli anni a venire.
Le vicende drammatiche lasciavano tracce indelebili sui capelli della mamma. I suoi capelli incanutiti erano un vero archivio della vita della nostra famiglia.
Nonostante fosse riuscita ...