Partitocrazia
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Che cos'è la democrazia? O meglio in cosa si è trasformata la democrazia oggi? Partitocrazia cerca di rispondere a questa domanda. E non lo fa in modo teorico, bensì calandosi, con sguardo ironico e spietato, nella realtà della moderna società occidentale. Cos'è diventata la democrazia ai nostri occhi... e agli occhi dei politici? I luoghi comuni e meno comuni, la noia e la boria della vita politica vengono qui descritti e analizzati con lucidità fino a rivelare una sola, sconcertante verità... la democrazia non è altro che la maschera dell'oligarchia, il modo più efficace che la classe dirigente abbia trovato per dominare le nazioni senza poter essere scacciati dal popolo o tacciati di tirannia. The Party System è stato scritto nel 1911 ed è una descrizione della vita politica inglese di quel periodo. Eppure la forza profetica di questo libro è indiscutibile. L'ennesima dimostrazione di come un uomo, guardando con attenzione il suo passato e il suo presente, possa aiutarci a comprendere il futuro, il nostro tempo.

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III.

La Camera dei Comuni così com’è

Il controllo dell’ordine del giorno

ALL’INTERNO DEGLI STANCHI E SORPASSATI rituali del nostro Parlamento è possibile trovare ancora dei frammenti particolarmente pittoreschi e privi di sostanza, che in realtà si potrebbero definire come i reperti fossili di una realtà dimenticata. Uno di questi è la tradizione secondo la quale i rappresentanti rieletti devono sottomettersi ai propri elettori; e questo a partire da quando la Camera dei Comuni ha avuto il compito non di supportare il governo, ma di opporglisi e criticarlo. Un’altra è l’usanza, all’apertura dei lavori della Camera, di dare lettura di un disegno di legge senza senso prima che venga consegnato il discorso del re.
Lo scopo di questa curiosa cerimonia è di affermare l’antico privilegio dei Comuni di trattare qualsiasi faccenda piacesse loro senza doversi curare minimamente dei desideri della Corona o dei ministri. Questa tradizione risale a quando la Corona e la Camera erano in guerra tra loro, ed esiste per sottolineare il fatto che la Camera può prendere in considerazione qualsiasi argomento sia di suo gradimento e farlo nel modo e nell’ordine che gli pare, e che le sue priorità non sono influenzate dalle agende dei ministri. In altre parole, essa è una conferma dell’assoluto controllo che la Camera ha sulla gestione del proprio tempo.
Il simbolo è ancora visibile, ma, ahinoi, è totalmente privo di sostanza. La Camera non gestisce più il proprio tempo; e non sceglie più le questioni su cui dibattere. Sono i ministri e la Corona a scegliere per lei.
Cinque sesti e più dell’agenda della Camera è, nella situazione attuale, a totale disposizione del governo. Tutto il tempo è dedicato alla discussione di disegni di legge proposti dai ministri, o alla votazione riguardanti finanziamenti richiesti dai ministri. Sono i ministri quindi ad assegnare una certa durata a ogni dibattito, e allo scadere del tempo la chiusura mette automaticamente fine alla discussione. È vero che fa parte del gioco che l’opposizione protesti contro tale procedura, ma anche questa protesta ha solo un valore cerimoniale; perché quando capita che un governo succeda all’altro, i leader del nuovo mandato invariabilmente dimenticano i passati pronunciamenti e usano l’impostazione ereditata dal governo precedente per restringere ulteriormente i diritti dei singoli individui all’interno della Camera. A dire il vero la farsa delle proteste dell’opposizione ha cominciato a diventare palese agli stessi politici, tanto che Balfour ha disposto di eliminarla.
L’individuo singolo ha solo e soltanto due opportunità (non parliamo qui delle richieste di finanziamento, affronteremo questo discorso più tardi) per portare una qualsiasi questione all’attenzione della Camera. Solitamente il tempo disponibile a dibattiti che non vengano dai due fronti opposti è di un pomeriggio a settimana. Ma persino questo privilegio non è sempre garantito. Il governo ha il diritto di pretendere tutto il tempo possibile, e nella fase finale di una sessione molto piena questo succede quasi sempre; eppure durante la parte iniziale di ogni sessione un membro singolo può essere tanto fortunato da potersi assicurare quel pomeriggio e portare alla Camera la propria proposta. L’ordine di precedenza con cui le proposte dei singoli verranno affrontate è deciso con il sistema del ballottaggio.
Il rappresentante può fare la sua proposta in due forme: come proposta di legge o come risoluzione, ma nessuna proposta di legge avanzata dall’opposizione ha la più pallida possibilità di diventare legge a meno che i ministri non siano già preparati a garantire speciali facilitazioni. Se non è questo il caso, anche qualora la proposta di legge passasse con una maggioranza schiacciante dopo la seconda lettura, essa sarà archiviata a tempo indefinito. Non pensiamo ci sia mai stato in questi anni il caso di una proposta di legge avanzata da un singolo rappresentante che, pur senza incontrare alcuna opposizione, sia poi diventata legge senza speciali spinte da parte del governo. C’è tuttavia un numero considerevole di casi in cui proposte di legge sono passate con una larga maggioranza a sessioni successive, addirittura all’interno del Parlamento, eppure non sono mai riuscite ad andare oltre.
Se il rappresentante invece si limita a proporre una risoluzione, solo con il desiderio di ricevere l’opinione della Camera, non ci sono dubbi che gli sarà concessa la possibilità di farlo. Sta soltanto al presidente della Camera decidere di accettare la chiusura alla fine di un dibattito; e molto spesso questa chiusura non viene accettata così che il dibattito resta in sospeso indefinitamente. Di solito la chiusura viene utilizzata dal presidente solo quando il governo corre il rischio di esprimere opinioni contrastanti prima che la Camera si aggiorni automaticamente.
Inoltre è quasi sempre possibile al governo impedire la delibera sulla risoluzione, ordinando a un proprio gregario di proporre un emendamento di archiviazione. Non c’è un esempio migliore della crisi delle nostre istituzioni rappresentative, che la totale incapacità di queste stesse istituzioni nel portare avanti questioni di interesse pubblico. E questa metodica e meticolosa incapacità non può che essere frutto delle procedure della Camera. Un esempio utile a illustrare questo metodo può essere il frangente in cui uno degli autori di questo libro sollevò la questione sulla legge che garantiva la segretezza sull’uso dei fondi dati ai partiti. Un avvocato «liberale», Buckmaster, fu avvicinato da uno dei funzionari dell’esecutivo, dopo una lunga consultazione con il fronte dell’opposizione, e gli fu chiesto di prendersi l’impegno di far annullare il dibattito. L’argomento era uno di quelli scomodi; quando la mozione fu mossa per la prima volta, molti «esperti di procedura» suggerirono con tono grave che sarebbe stato «non convenzionale» – il lettore deve sapere che una mozione può essere dichiarata tale solo nell’esatto momento in cui viene proposta. Altri tentativi di «suggerimento» furono bloccati a causa della «pressione» – che è ciò che garantisce un vantaggio alla mozione – cui essi avrebbero portato. Il compito di annullare il dibattito fu rifiutato da più di una persona; ma alla fine l’avvocato in questione, probabilmente sospinto da qualche accordo a lui conveniente, propose un emendamento in merito al fatto che la segretezza sull’uso dei fondi era una faccenda particolarmente disdicevole per quanto riguardava la Tariff Reform League1. Questo ovviamente mise fine al vero dibattito. Gli unionisti proposero un emendamento simile in merito alla Free Trade Union2; e la discussione, invece di vertere sulla segretezza sull’uso dei fondi, fu una normale discussione sulla spartizione di diritti tra tories e liberali.
Un forte esponente dei radicali (uno dei tanti che avrebbe voluto affrontare seriamente la mozione) addirittura minacciò Buckmaster di andare a Cambridge a sfidarlo nelle elezioni seguenti, ma dà soddisfazione sapere che ciò non fu necessario. Alle elezioni successive Buckmaster perse comunque il suo seggio e i fronti opposti si saranno sentiti senza dubbio sollevati di non trovarsi più costretti a tener fede alla promessa fattagli.
Un altro espediente per evitare dibattiti scomodi, sollevati da uomini che agiscono nell’interesse dei loro elettori, è «la mozione blocco».
Esiste una regola assurda secondo la quale se un membro della Camera dà avviso di volere avanzare una certa mozione, nessun altro membro può dibattere la stessa finché la prima mozione non sia stata considerata conclusa.
E dato che il primo membro proponente non ha nessun obbligo a muovere la mozione dopo averne dato avviso, per il governo è facilissimo insabbiare un dibattito quando più gli piace. Gli basta indurre uno dei suoi obbedienti sostenitori a dare avviso di una mozione che egli non ha la minima intenzione di muovere, e tenendola costantemente e indefinitamente sul foglio d’avviso impedisce così a qualunque altro membro di sollevare la questione che desidera dibattere e risolvere. Fu proprio in questo modo che Rees (ora cavaliere o baronetto per un verso o per l’altro) si distinse durante il Parlamento del 1906. L’esempio più evidente di questo artificio fraudolento è stato quando i fronti opposti lo hanno usato per bloccare la discussione sull’India, un argomento che stava a cuore a tutta l’Inghilterra.
Si possono sollevare questioni anche con una mozione per l’aggiornamento della Camera, ma questa procedura è piena di restrizioni. Una situazione del genere può verificarsi solo in caso di «una questione urgente di pubblica importanza», e il presidente della Camera è l’unico che può giudicare una situazione degna di tale titolo. La posizione e la reputazione del presidente in queste questioni dipende, più che in altre, dalla sua imparzialità tecnica, e si deve riconoscere che in nessun altro frangente questa imparzialità è esercitata con più costanza e onestà. L’aggiornamento della Camera è una faccenda seria che interferisce con gli interessi di molti; e impedire che venga dichiarato per futili ragioni è di estrema importanza. Dobbiamo sottolineare che, se la questione è davvero di pubblica importanza, il presidente è effettivamente in grado di permettere l’aggiornamento. Ma – e questo è essenziale – chi lo propone deve trovare quaranta membri disposti a sottoscrivere la sua mozione, e se i due fronti fanno fronte unico per impedirlo, questo è solitamente molto difficile; perché se escludiamo il Partito irlandese, che probabilmente non avrà nessun interesse a sostenere il proponente, non è facile che alla Camera siano presenti quaranta membri tutti nello stesso momento (alla Camera dei Comuni ne sono presenti di solito da dieci a venti al massimo) che siano disposti a sacrificare l’onore e il denaro che i fronti opposti hanno da offrire.
La verità insomma è che la gestione del tempo della Camera dei Comuni è passata ormai completamente nelle mani del gruppo al governo. I membri della Camera, in altre parole, non possono sollevare le questioni che stanno loro a cuore, o far passare le leggi che ritengono importanti. Possono solo aspettare obbedienti le leggi che verranno proposte dal governo, e votare con fede cieca le leggi che il governo sceglie di sottoporre loro.
L’importanza vitale dell’espressione «i tempi della Camera» può sfuggire all’attenzione del lettore comune. E la sua importanza risiede proprio in questo: che il governo (o «la Corona», come i nostri antenati l’avrebbero chiamata) non solo ha automaticamente il potere di fissare i tempi della Camera, ma anche di decidere quanto tempo sarà concesso. E questo è il punto vitale. È come se durante una riunione i direttori potessero decidere non solo di quali questioni i manager possano o non possano parlare, e non solo di come il tempo sarà distribuito per ciascuna questione, ma anche del numero degli incontri. In questo modo gli affari esteri non sono mai discussi dal Parlamento inglese; a essi sono dedicate non più di un paio d’ore all’anno; e lo stesso vale per tutti quegli argomenti che si cerca con cura di evitare. Se questo processo continuerà ad attecchire, in un paio d’anni non ci sarà più la possibilità di dibattere nessuna questione di vitale importanza, per un tempo lungo abbastanza da dare la possibilità alla pubblica opinione di esprimersi o a qualsiasi altra critica di avere un qualunque peso.
Rimane solo un altro modo, oltre alle mozioni e alle proposte di legge, ed è quello di fare un’interrogazione parlamentare al governo. Ovviamente in questo tipo di occasione non è possibile fare alcun tipo di discorso, e la domanda non può portare il Ministero ad alcun tipo di azione politica effettiva (anche se il ministro può fare un discorso in risposta e dire quello che gli pare riguardo all’interrogazione): non ci si può dunque aspettare niente tranne che una semplice risposta, e anche questa può essere rifiutata. Ma, per com’è la situazione, il tener viva una questione tramite domande è, per quanto insignificante, l’unica misura che resta a un membro della Camera dei Comuni che desideri agire all’interno dell’assemblea con l’atteggiamento di un reale rappresentante dei propri elettori3.
Tratteremo della sua efficacia nel prossimo paragrafo.

Come funziona

L’aspetto con cui il pubblico ha meno confidenza riguardo alla vita politica è anche l’aspetto di cui esso dovrebbe preoccuparsi di più: il meccanismo tramite il quale viene neutralizzata qualsiasi azione di reale rappresentanza.
Ma per prima cosa è bene sottolineare che questo meccanismo non è la causa del declino del Parlamento; è anzi una condizione che argina questo declino. In altre parole, le procedure grazie alle quali viene soppressa ogni azione di rappresentanza politica non vengono applicate in modo continuativo e sistematico, e non vengono utilizzate per difendersi da un gruppo di resistenza organizzata. Di fatto sarebbe molto meglio se fosse così, perché il loro uso quotidiano e le frizioni e i pubblici dibattiti che ciò susciterebbe potrebbero nuocere alla condizione patologica che stiamo qui prendendo in analisi. Vi si potrebbe forse addirittura trovare rimedio.
Ed è appunto per questo motivo che il meccanismo qui descritto è attivato in modo molto incostante e assolutamente non in modo da attrarre l’attenzione dell’opinione pubblica. Lo si usa solo nei casi eccezionali in cui sia necessario mettere a tacere una resistenza al sistema.
Al fine di spiegare come funzioni tutto questo, permetteteci di immaginare una qualche prorompente richiesta da parte del popolo, così come fu quella riguardo alla manodopera cinese nelle miniere sudafricane.
In quel frangente sappiamo tutti cosa accadde. Il popolo inglese diede il mandato al governo di far tornare i cinesi nella loro madre patria, tutti in una volta, senza indugi; e il popolo diede questo mandato non solo con una maggioranza schiacciante di voti, ma anche con grande determinazione. Fu insomma un mandato politico basato su un misto di sentimenti popolari, il più importante dei quali era il desiderio di castigare quegli ebrei che in Sudafrica avevano trattato i nostri politici alla stregua di servi e li avevano costretti a sfruttare l’entusiasmo popolare cresciuto in seguito alla guerra verificatasi nel loro Paese. Per il popolo inglese era insomma un modo per punire un primo tentativo da parte del capitalismo moderno di muovere grandi quantità di manodopera da un posto all’altro senza alcuna cura per la persona, concentrandosi esclusivamente sull’interesse del capitale. Il popolo afferrò istintivamente e immediatamente le gravi conseguenze di un tale esperimento, e percepì con chiarezza che se non si fosse intervenuti subito contro questa iniziativa facendo di quest’intervento un esempio, e se non si fosse data una bella lezione a questi imprenditori ebrei in Sudafrica, il pensiero su cui si basava quel vile esperimento sarebbe diventata la mentalità del capitalismo mondiale.
Ovviamente, la richiesta che il popolo faceva al governo presentava altri aspetti: alcuni denotavano ignoranza, altri stupidità, ma il punto centrale era senz’altro questo.
Quando il Parlamento del 1906 si fu riunito, i politici non spesero un solo minuto sulla faccenda. I capi dei fronti opposti si consultarono con gli imprenditori ebrei per capire che misure sarebbero potute andare bene a questi ultimi. E questi imprenditori guarda caso decisero che le loro imprese avrebbero subito un danno, a meno che i cinesi non fossero fatti restare in Sudafrica a lavorare fino alla scadenza del contratto, e insistettero in particolar modo affinché il governo inglese fornisse loro le forze fresche che avevano già ordinato dalla Cina. Gli imprenditori dichiararono che non importava loro che cosa sarebbe successo ai cinesi dopo che il loro contratto di quattro anni fosse scaduto, e questo perché, per quella data, la manodopera locale non sarebbe più mancata, e sarebbe stata a buon prezzo – forse sarebbe risultata addirittura più economica di quella cinese.
Furono questi gli ordini dettati da questi gentiluomini, e i nostri politici non poterono far altro che chinare il capo e obbedire. Ma come poté accadere una cosa simile, con la Camera dei Comuni stipata di uomini che dai propri elettori avevano ricevuto il preciso mandato di fare l’esatto contrario?
Milioni di elettori si saranno posti questa domanda in seguito alle decisioni che il Parlamento, con loro sconcerto, prese subito dopo le elezioni; e su quei milioni, al massimo alcune centinaia sanno come sia andata davvero, tanto segreti e astuti sono i metodi di cui si avvale il vecchio e fraudolento sistema politico.
Supponiamo tra qualche anno (perché la gente oggi è troppo stanca dei politici per dare vita a un movimento democratico) si verificasse una situazione simile.
Per esempio, mettiamo che il Duca di Battersea, un uomo d’affari venuto dal nulla, in futuro cominci a portare avanti un grande progetto che consista nel totale controllo di molte migliaia di operai e nella vendita forzata di molta terra da parte dei proprietari; un’operazione che gli permetta di acquisire il diritto di avere un corpo di polizia speciale che possa esercitare costrizioni, punizioni e segregazioni sui lavoratori; insomma un progetto abbastanza grande da costringerlo ad aver bisogno di cambiare la legge.
L’ipotesi non è poi così fantasiosa se consideriamo sia il ritmo di crescita dell’industr...

Table of contents

  1. Partitocrazia
  2. Colophon
  3. Presentazione di Gilbert Keith Chesterton
  4. Prefazione
  5. I. Il sistema rappresentativo
  6. II. La casta al governo
  7. III. La Camera dei Comuni così com’è
  8. IV. I fondi segreti
  9. V. Il controllo delle elezioni
  10. VI. La difesa
  11. VII. C’è una cura?
  12. Dal sistema dei partiti alla partitocrazia di Maurizio Serio
  13. Indice