McJob
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Il lavoro da McDonald's Italia

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Il lavoro da McDonald's Italia

About this book

McJob. Con questo termine coniato in riferimento ai lavoratori della McDonald's, la multinazionale del panino piÚ famosa al Mondo, si indica nel linguaggio comune il lavoro sottopagato, sfruttato, mortificato e iper-flessibile. In sostanza i McJobs sarebbero il simbolo dei lavoratori "sfruttati" del XXI secolo globalizzato e le vittime estreme di una cultura del lavoro neo-predatoria espressa dalla McDonald's. Ma è davvero cosÏ? Questo libro sostiene la tesi contraria a quella denigratoria, spingendosi fino a definire il lavoro da McDonald's (Italia) un esempio virtuoso. Tesi sostenuta a seguito di un'indagine empirica sulla realtà dei McJobs made in Italy, e senza nessuna concessione a suggestioni ideologizzanti. McJob, quindi, come simbolo positivo di una cultura ispirata alla stabilità del lavoro, alla meritocrazia, a una sana flessibilità, alle pari opportunità e a concrete possibilità di carriera per tutti.

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Information

L’organizzazione del McLavoro

Il mondo McDonald’s
MCDONALD’S HA CREATO UN MONDO in cui il passaporto è stato abolito. Precursore e anticipatore di una moderna economia globalizzata, simbolo stesso della globalizzazione, si è arrivati al punto in cui ci si meraviglia se in un qualsiasi angolo del mondo in cui capitiamo, manca un ristorante McDonald’s. Ci sono numerosi libri, pubblicazioni e persino film che analizzano le profonde trasformazioni in atto in Paesi immensi, come la Cina, o nei cosiddetti Paesi emergenti o in quelli che sono usciti totalmente o parzialmente da regimi autoritari e illiberali, partendo dalla presenza in loco del fastfood americano. McDonald’s è diventato quasi un parametro della modernità. Un Paese è cool, per usare un’espressione di moda, se gli archi dorati più famosi al mondo spiccano sulle sue strade e nelle vie del consumo locale. È entrato talmente tanto negli usi e costumi dei tantissimi luoghi in cui è presente, che in alcuni casi, come di recente a Hong Kong, i neo sposini scelgono di fare il pranzo di nozze sotto le insegne di un fastfood McDonald’s.
Estremizzando il concetto, la presenza di un ristorante McDonald’s in un Paese è equiparata ad altri standard innovativi, come la diffusione di Internet e delle nuove tecnologie, il livello di democrazia, il rispetto dei diritti umani, dei diritti civili, e così via. Sembra un’esagerazione, ma nella percezione di moltissime persone sparse nel mondo e anche nei media, che quelle persone e quei luoghi raccontano, sembra passata l’idea che associa al fastfood dell’Illinois una delle bandiere della modernità. Come le bandiere blu che segnalano la qualità dei mari delle coste italiane. In alcuni casi il primo segno visibile dell’avvio del ripristino delle libertà (almeno di alcune) in un Paese a regime dittatoriale è coinciso con l’apertura di un ristorante McDonald’s, si pensi alla Russia o alla Cina, appunto. Come voler dire al mondo, in qualche modo, che se in un Paese si può aprire un McDonald’s significa che il Paese in questione è un Paese libero. Ovviamente, non è esattamente cosi, e tuttavia il concetto sembra essere passato.
Durante l’ascolto di un telegiornale di una tv regionale della Lombardia mi è capitato di sentire un adolescente sostenere che per il rilancio di un quartiere di una cittadina dell’hinterland milanese si sarebbe dovuto aprire un ristorante McDonald’s.
La potenza simbolica che ha raggiunto questa azienda è oggetto di studio di molti sociologi, economisti, intellettuali e uomini di cultura, che si interrogano sulla natura, sul segreto e sulle ragioni «nascoste» di un successo senza confini. Com’è possibile che dall’intuizione, nel 1955, di un venditore di frullatori elettrici dell’Illinois possa essersi sviluppata una delle esperienze imprenditoriali, e per certi versi sociologiche, più suggestive e conosciute al mondo?
I numeri chiariscono l’identikit del successo.
31 mila ristoranti aperti in giro per il mondo, di cui 13 mila negli Stati Uniti, 1 milione e 600 mila posti di lavoro, 52 milioni di clienti ogni giorno. Questi i fatti impressionanti del fenomeno McDonald’s. Un’industria del panino e delle patatine fritte, diventata negli anni un colosso economico che dà lavoro a centinaia di migliaia di persone sparse in molti angoli del nostro pianeta.
La formula vincente, che ha portato l’azienda dell’Illinois a essere presente in 118 Paesi, si basa su tre colonne portanti: la company, il cervello che guida l’azienda ovunque, i ristoranti in franchising (oltre il 70 per cento dei ristoranti è gestito con questa formula) e i fornitori. Questo modello, definito come uno «sgabello a tre gambe», si basa sulla condivisione di un progetto comune da parte dei tre attori principali, i quali rimangono tra loro indipendenti, ma con un ruolo guida forte e deciso della sede centrale che vuole garantire i suoi parametri di qualità e di servizio ovunque. E su questo sgabello a tre gambe si regge un colosso del panino che dà lavoro in ogni punto cardinale della terra.
Le regole di fondo del servizio McDonald’s sono sintetizzate nell’acronimo qsp&v, in cui le singole lettere stanno per Qualità, Servizio, Pulizia e Valore. Questi quattro concetti fondamentali sono lo spirito che alimenta l’attività di ogni singolo ristorante McDonald’s, ovunque esso si trovi. Con il concetto di Qualità, si intende puntare su cibi prodotti con i migliori ingredienti e seguendo standard elevati e accurate procedure di preparazione. Con il concetto di Servizio, si intende una attività basata sul binomio della rapidità, distintiva di un fastfood, e della cortesia. Con il concetto di Pulizia, si fa riferimento alla accurata pulizia dei luoghi e delle persone, questione particolarmente sensibile e delicata quando si parla di ristorazione. I ragazzi che lavorano nei ristoranti McDonald’s, per esempio, devono lavarsi le mani con sapone battericida almeno una volta ogni ora, oltre tutti i casi straordinari in cui è necessario. Infine, il concetto fondamentale del Valore, ovvero prezzi accessibili a tutti in cambio di qualità, cortesia e pulizia.
Questi principi cardine della mission della McDonald’s si integrano con la dimensione locale e particolare dei vari Paesi in cui sono presenti i ristoranti, rispettando e valorizzando le specificità culturali e tradizionali delle popolazioni autoctone.
Questo è il glocalismo McDonald’s. Un modello di business decentrato basato su risorse lavorative, su tradizioni e prodotti alimentari locali. I fornitori (gran parte), il management, i franchisee (i licenziatari), i manager dei ristoranti e i crew appartengono tutti alla comunità del luogo in cui è presente il ristorante McDonald’s. Dal punto di vista del rispetto delle tradizioni locali, invece, insieme al classico Big Mac, in ogni Paese vengono proposti menù diversi, a seconda delle particolari usanze e tradizioni. In Israele, per esempio, ci sono tre ristoranti kosher, che non servono cheeseburger e latticini, mentre in India, per rispetto della popolazione indù, si trovano i soli McDonald’s che non servono carne bovina. L’hamburger indiano, che si chiama «Maharaja Mac», è preparato con agnello, salsa speciale e lattuga. In altri Paesi sono stati aggiunti piatti speciali alla tradizionale offerta di hamburger, pollo, pesce e patatine, quali il «McHuevo» in Uruguay, un hamburger con uovo al burro; il «Samurai Pork Burger» in Thailandia, con salsiccia; il «Chicken Tatsuta» in Giappone, con pollo fritto e salsa di soia; in Francia e in Italia, invece, è stato introdotto il toast.
Oggi McDonald’s è quotata presso le borse di New York, MidWest, Pacifc, Toronto, Francoforte, Parigi, Tokyo, Zurigo, Basilea e Ginevra. Durante il 1999 ogni 5 giorni è stato aperto un ristorante McDonald’s in qualche luogo della terra.
Tutto questo giro d’affari crea grandi opportunità di occupazione e di lavoro, soprattutto per i giovani alle prime esperienze. Ogni nuovo ristorante che apre in Italia genera circa 40 nuovi posti, a tempo pieno o part time e con reali opportunità di crescita professionale all’interno del gruppo. Oltre la metà dei manager, infatti, anche ai livelli più alti, ha iniziato la propria carriera nei ristoranti dell’azienda e quasi metà dei franchisee ha lavorato come dipendente in un McDonald’s. A dimostrazione della politica di valorizzazione delle risorse umane, ogni membro dello staff dell’azienda partecipa a un programma di training in ciascuna delle mansioni previste all’interno del ristorante. I manager di tutti i locali seguono un programma di sviluppo manageriale che include stage nei centri di formazione in Europa e negli Stati Uniti, fino alla nota Hamburger University a Chicago presso la quale, finora, si sono laureate oltre 65 mila persone.

McDonald’s in Italia

Nel Paese famoso in tutto il mondo per la straordinaria bontà, delizia e varietà della sua cucina, i ristoranti McDonald’s contano su 650 mila clienti al giorno. Ebbene sì, tanti sono gli affezionati del McMenù. I ristoranti in Italia sono ad oggi (2010) 411, disseminati in 19 regioni e 90 province per un totale di 14.500 addetti e un fatturato, nel 2010 di 904 milioni di euro (+8,4 per cento di crescita rispetto al 2009). E mentre nel nostro Paese assistiamo al ridimensionamento di importanti e grandi aziende nei settori più diversi – come la Telecom (3900 esuberi solo nel 2010), la Unicredit (-4.700 addetti nel 2010) e la Fiat (chiusura di Termini Imerese -5.500 addetti) solo per fare qualche esempio – nel 2009 e in piena crisi mondiale, McDonald’s ha aperto 29 nuovi ristoranti con una media di 30-40 nuovi posti di lavoro ciascuno, nel 2010 altri 30 ristoranti con oltre 800 nuovi dipendenti e nel 2011 sono previste ulteriori 1000 nuove assunzioni.
Questi dati concreti dimostrano la crescente diffusione degli archi dorati anche nel nostro Paese con notevoli ricadute in termini occupazionali. Con oltre 13.500, addetti la McDonald’s in Italia rappresenta un importante soggetto imprenditoriale e occupazionale.
Significativo pure il discorso sull’indotto che genera in Italia l’attività di McDonald’s. All’interno di una generale politica di ricerca di fornitori locali, i fornitori italiani giocano un ruolo importante. Negli ultimi anni sempre più realtà produttive made in Italy sono entrate nella lista dei fornitori non solo nel nostro Paese, ma anche in altri. Per esempio in.al.ca del gruppo Cremonini fornisce oltre che McDonald’s Italia altri Paesi, quali la Danimarca, la Grecia, Malta, Francia e ha aperto uno stabilimento in Russia che fornisce sempre la McDonald’s. Amadori, fino a qualche anno fa fornitore solo di McDonald’s Italia, ora fornisce anche la Germania, mercato che vale in termini di volume più di quello sviluppato con McDonald’s in Italia. Molti altri esempi posso essere fatti: EastBalt per il pane, Fresystem per i dolci (brioche) di McCafè, Bindi per le torte, e via discorrendo.
Inoltre, progressivamente si è rivolta sempre più attenzione anche all’utilizzo di ingredienti tipici italiani, specialmente per le attività promozionali. Il parmigiano reggiano, l’asiago, la mozzarella di solo latte italiano, il pecorino, lo speck e molti altri prodotti italiani sono stati utilizzati nelle ricette di panini e insalate promozionali. In parallelo si è anche chiesto ai fornitori di utilizzare materia prima italiana per la loro produzione. È stato, per esempio, il caso della bresaola, che per McDonald’s è stata prodotta con carne bovina solo italiana, della pancetta della Val Venosta, per cui si sono utilizzati solo maiali italiani, e del pane, che per buona parte dell’anno è fatto con farine italiane.
Questi tipici ingredienti italiani sono poi anche stati usati da altri Paesi: McDonald’s Francia ha utilizzato il parmigiano reggiano,lospeckeilformaggioAsiago,McDonald’s Germania la pancetta della Val Venosta eil Parmigiano Reggiano,utilizzato anche da McDonald’s Portogallo. Non ultimo un’alta percentuale di prodotti vegetali utilizzati nei Mcmenù,quali radicchio, cipolle, carote, pomodori ciliegia, sono di origine italiana.
Da questi dati si capisce come il mercato e l’industria agroalimentare italiana abbiano negli ultimi anni sempre più ricoperto un ruolo importante e strategico per McDonald’s Italia, portando anche oltre confine i loro prodotti proprio in virtù del rapporto con il gruppo americano.
Quindi, c’è un indotto McDonald’s che cresce economicamente, grazie al rapporto strategico sviluppato con l’azienda, e crea importanti e ulteriori ricadute positive sull’occupazione indiretta.

Il Mc lavoro

Un’istantanea numerica sul quadro generale del lavoro da McDonald’s nel Belpaese dà immediatamente l’idea di cosa stiamo parlando. I numeri hanno la capacità di offrirci, in un flash e in poche righe, un’immagine immediata di una qualsiasi situazione. Poi, ovviamente, bisogna scavare in quei numeri per capire più chiaramente qual è la realtà che si cela dietro a essi. E allora ecco i numeri del Mc lavoro, nudi e crudi.
I dipendenti in Italia, come visto, sono 14.500 l’83 per cento ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato e il restante 17 per cento ha un contratto di apprendistato che nel 99 per cento di casi si trasforma in contratto a tempo indeterminato. Insomma, qui c’è il nuovo posto fisso, che per altre realtà, ormai, è solo un mito. E allo stesso tempo c’è il tempio della flessibilità positiva: il 75 per cento dei dipendenti, infatti, sceglie il part time, ovvero una formula contrattuale che permette di conciliare le esigenze e i tempi della vita privata, di studio e familiari con quelli del lavoro.Infatti, i dipendenti che fanno questa scelta sono giovani studenti e madri di famiglia. Significativo anche il tasso del turn over annuale, che è del 25 per cento per i crew e del 7,8 per cento per i manager (dato del 2009).
McDonald’s è un’azienda giovane, nel senso che l’età media è di 28 anni, media che sale a 30 anni se si includono anche gli store manager.
Valori come pari opportunità, meritocrazia e integrazione, a vedere certi numeri, sono segni distintivi del McLavoro. Oltre a essere un’azienda «giovane», è anche tinta di rosa. Il 50,8 per cento del personale di staff, infatti, è formato da donne. Inoltre, per il mondo dei ristoranti il 55 per cento del personale nel ruolo di manager è donna.
Il 18 per cento dei dipendenti è di origine straniera (comunitaria ed extracomunitaria), così come sono stranieri il 14 per cento dei manager dei ristoranti. Esistono altre aziende in Italia in cui i cittadini immigrati hanno ruoli di responsabilità e di dirigente in percentuali così elevate? Un altro dato che fa intuire come la meritocrazia sia uno dei valori di fondo dell’azienda dell’Illinois riguarda la percentuale di coloro che entrano in un ristorante McDonald’s iniziando col friggere le patatine e si ritrovano dopo qualche anno nel ruolo di dirigenti: il 39 per cento dei dipendenti della sede centrale proviene, infatti, dai ristoranti. Se hai voglia di fare, a giudicare da questi dati, qui le capacità vengono premiate. Il nepotismo non esiste oppure è a livelli fisiologici e non patologici come nel resto del mercato del lavoro italiano. Nel giro di 2 o 3 anni, se chi lavora in un ristorante McDonald’s dimostra impegno, capacità ed entusiasmo, può concretamente diventare direttore di ristorante e dirigente per la company.
Questi numeri spiegano (in parte) la presenza per la quarta volta in pochi anni della McDonald’s Italia nella classifica nazionale dei migliori luoghi in cui lavorare. L’azienda ha vinto il premio Best Work Place, concesso dal Great Place to Work Institute, una società americana di ricerca e consulenza manageriale mondiale. Questo istituto internazionale, attivo nel campo della valutazione delle aziende dal 1980, ha uffici affiliati in tutto il mondo. Il metodo di rilevazione dell’istituto americano si fonda sull’ascolto (anonimo) dei dipendenti e sulla valutazione delle attività di gestione delle risorse umane da parte dell’azienda, oltre che sulla convinzione secondo la quale alla base di ogni eccellente ambiente di lavoro c’è la fiducia tra dipendenti e management.
Gli standard di valutazione utilizzati sono gli stessi per tutte le aziende che partecipano a livello mondiale. Come detto, un ruolo rilevante nella valutazione dell’azienda per la concessione del premio è interpretato dai dipendenti e in particolare da un campione rappresentativo del totale (350 nel caso della McDonald’s Italia), che, attraverso la compilazione di un questionario anonimo, danno il loro giudizio, poi elaborato dall’istituto americano. Ottengono il premio le aziende che si collocano nella classifica generale tra le prime 35, su un totale di circa 100. Nello specifico, la McDonald’s Italia, nei quattro anni in cui ha vinto, è arrivata 24esima nel 2007, 26esima nel 2009, 23esima nel 2010 e 25esima nel 2011.
Per amor del vero, bisogna aggiungere tuttavia un chiarimento. Questo premio riguarda solo i ristoranti di proprietà diretta della McDonald’s Italia, che sono circa il 30 per cento del totale (392 ristoranti nel 2010) e non include i ristoranti in franchising che sono la maggioranza, ovvero il restante 70 per cento.
La McDonald’s, oltre a essere una azienda «giovane» con una forte presenza femminile, è anche una sorta di melting pot, un crogiuolo di identità ed etnie. È un ambiente di lavoro multietnico e multiculturale. Convivono, infatti, nello stesso luogo di lavoro dipendenti provenienti da Paesi diversi, con culture, religioni e tradizioni differenti, e la loro convivenza presuppone regole e criteri di gestione e di organizzazione del lavoro conseguenti e illuminati. È il cosiddetto diversity management, una nuova disciplina, sorta in epoca di globalizzazione dell’economia e delle genti, che soprattutto le grandi aziende, ma non solo, utilizzano per gestire al meglio ambienti di lavoro con molte diversità, non solo etniche, ma anche di altra natura, come di genere e che riguarda anche la condizione degli omosessuali.
Nella McDonald’s statunitense esiste un dipartimento, chiamato Inclusion and Diversity (Integrazione e diversità), il cui obiettivo è conoscere e comprendere le caratteristiche e le diversità all’interno del «mosaico» del gruppo dei suoi dipendenti. Il fine ultimo di questo dipartimento è aiutare le persone che lavorano in McDonald’s a esprimere e sfruttare il loro potenziale. Questo dipartimento funziona come un catalizzatore per la comprensione culturale, istruisce sulle tecniche di leadership interculturale e guida la crescita di sviluppo delle reti e dei gruppi di dipendenti in tutto il mondo.
L’origine di queste iniziative in McDonald’s risale a circa 40 anni fa con la formazione di associazioni di dipendenti sorte spontaneamente negli Stati Uniti. All’inizio degli anni Settanta il primo gruppo è stato il McDonald’s Black Operators Association che già nel 1972 ha organizzato un convegno. In quell’iniziativa i membri dell’associazione hanno subito riconosciuto il valore dello stare insieme per condividere esperienze comuni, imparare come superare le barriere culturali e crescere personalmente e professionalmente. I vertici aziendali a quel tempo hanno cominciato a supportare questo tipo di associazioni tra dipendenti, fornendo uno spazio per le riunioni durante l’orario di lavoro.
Dopo i primi successi, questi gruppi sono stati riconosciuti a poco a poco da tutto il sistema e nel 1977 è stata istituita la Hispanic Operator Association, seguita dal Women’s Operator Network nel 1988.
Le associazioni inf...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Titolo
  3. Colophon
  4. Dedica
  5. Introduzione
  6. L’organizzazione del McLavoro
  7. Una tipica giornata di lavoro da McDonald’s
  8. Storie di successo in McDonald’s made in Italy
  9. La straordinaria vita del fondatore di McDonald’s
  10. Postfazione
  11. Indice