Una misteriosa avventura, 1970-1998
Tutti in Veneto
Conegliano, 1970-1973
«Mariacristina, ma tu dove abiti? È vero che non hai una casa vera e propria?».
Sorrido, non senza un pizzico di imbarazzo: «Abito in un albergo, alla pensione Bernardi, a Vazzola, poco distante da qui. Ma non è la mia casa definitiva!».
Le mie compagne di scuola, alle medie di Conegliano, sono molto incuriosite dal fatto che io abiti in una casa un po’ particolare. Già è strano che una famiglia lasci Torino, la città dove fanno le macchine Fiat – lo so anch’io che ho appena undici anni – per venire a vivere in questa terra della provincia trevigiana, ma loro che cosa ne possono sapere del mio papà e del suo lavoro in Veneto? Siamo alla ricerca di un appartamento adatto ad ospitarci tutti e sei e che soprattutto sia vicino al centro di Conegliano. L’albergo di Vazzola, a pochissimi chilometri da Mareno di Piave dove papà lavora, è il primo posto che siamo riusciti a trovare per permettere a noi figli di cominciare regolarmente il nuovo anno scolastico. Mamma e papà hanno fatto una corsa pazzesca per riuscire a iscriverci in tempo a superiori, medie ed elementari, tutti a Conegliano. Alla fine, una quadra l’abbiamo trovata, e così è cominciata definitivamente l’avventura veneta di tutta intera la famiglia Gribaudi. A Torino ho lasciato zii, cugini e altri parenti. I nonni, purtroppo, uno dopo l’altro, sono già morti, compreso nonno Domenico, che diversi anni fa aveva dovuto chiudere la sua officina. Ogni volta che ci penso mi rattristo…
Anche Usseglio e ciò che ha rappresentato per noi ragazzi fino a quel momento – uno spazio di libertà, di contatto con la natura e la montagna – si è allontanata dal nostro orizzonte. Forse ci torneremo nelle vacanze estive. È stata una scelta difficile per i miei genitori, lasciare Torino e le rispettive famiglie di origine. Uno strappo. Anche per me…
La scelta di papà è stata presa in pieno accordo con mamma. Anche se un po’ interdetta, in un primo momento, mia madre ha dato subito man forte a mio padre. Si capisce benissimo, dai suoi gesti, dalle parole, dagli atteggiamenti, dagli sguardi che ha verso papà, che ha condiviso pienamente il cambio di vita che lui ci ha proposto. È chiaro come il sole che non l’ha lasciato solo. E questo, per me che sono poco più che una bambina, è qualcosa di molto prezioso. Ho davanti a me un papà e una mamma molto uniti, solidali tra loro in tutto, specialmente nei momenti più insidiosi.
Finalmente, dopo un breve periodo alla pensione Bernardi, siamo riusciti a trovare alloggio in un condominio, a Conegliano. Ora la nostra vita è più normale e tranquilla. Papà guida stabilmente, e con la sua continua presenza, la sua fabbrica di cucine industriali. Di domenica, mi porta volentieri con lui, quando vi si reca per qualche urgenza o per sistemare qualcosa in vista della ripresa del lavoro, il lunedì. E allora, come già accadeva a Torino nell’officina del nonno, mi piace passeggiare e curiosare tra le macchine di lavoro. Sento l’aria piena di quel profumo di acciaio lavorato, che mi ha sempre attratto, fin da piccola…
I primi mesi della nostra vita in Veneto, nella pensione Bernardi, sono stati duri. Anche dal punto di vista alimentare. Ci sono poche ed essenziali cose sulla nostra tavola, e alla sera i gestori della pensione ci offrono sempre lo stesso piatto: zuppa. Mentre a Torino eravamo abituati a pasti molto abbondanti e variegati. Ora le cose vanno meglio, ci siamo stabilizzati, non manca nulla a noi figli, ma la nostra vita familiare rimane improntata a uno stile sobrio ed essenziale, molto sabaudo, dove spreco e superfluo sono banditi, e dove l’essere tutto sommato dei benestanti non definisce le nostre persone e le nostre relazioni con gli altri. In ogni caso, di andare a mangiare fuori, nei ristoranti, proprio non se ne parla. Non ne abbiamo mai avuto l’abitudine e poi mamma cucina molto bene e papà, che è spesso fuori per lavoro, adora mangiare a casa. Anche quando siamo in giro per Conegliano per qualche necessità o commissione, guai a richieste del tipo: «Mamma, andiamo al bar?». Oppure: «Ci mangiamo un toast insieme?». Mi fa una faccia… Sarà che a Torino non tutti i bar erano un posto raccomandabile…
A Conegliano si vive proprio bene. Attorno ai due condomini dove abitiamo gravita una chiassosa banda di ragazzi della mia età, o quasi, di cui faccio parte stabilmente. È per me un divertimento continuo. I nostri genitori si fidano e ci lasciano piena libertà di movimento: andiamo sui pattini a rotelle, giochiamo anche a pallavolo e a basket. Ma, soprattutto, passo la gran parte del mio tempo libero in bicicletta, sulla bici da cross che mi ha regalato papà. Io mi sento spavalda, aperta, curiosa. Me lo dicono le stesse compagne di giochi.
Nella nostra compagnia di ragazzi ci sono anche tanti maschi, ovviamente. Di spavaldi come me ce ne sono, eccome. Ma anche di taciturni e silenziosi. Come quel ragazzo là…
«Chi è?», domando, un giorno, a una delle mie amiche.
«Quale, quello bruno?»
«Sì, quello che abita proprio qui», e indico l’appartamento.
«Ah sì, si chiama Massimo. Ho sentito dire che è figlio di un industriale, un signore che ha una grande azienda che fa chiavi».
«Ah, anche mio papà ha una fabbrica… ma noi facciamo cucine!».
Volevo fare la maestra
Tra Conegliano e Treviso, 1973-1978
È noto, ho sempre sognato di fare la maestra. I miei genitori lo sanno bene. Sono una dalle idee chiare. Mi sento a mio agio con i bambini e mi attrae il loro linguaggio corporeo. Così, di fronte alle mie convinzioni, papà e mamma mi hanno iscritto alle Magistrali, a Treviso. Ci vado tutte le mattine in treno e provo un senso di libertà e di entusiasmo per questo viaggio – che non dura molto per la verità, poco più di una ventina di minuti – ma per me ha il sapore di un’avventura, di una crescita verso qualcosa di nuovo e che ancora non conosco.
Di questo – e altro… ovviamente – parliamo nel nostro cicaleccio tra noi ragazze e ragazzi che ogni giorno viaggiamo tra Conegliano a Treviso. Che corse per arrivare puntuale al passaggio del treno: vado in stazione con la “Vespa” azzurra che papà mi ha regalato, e respiro aria di libertà… Sono cresciuta, ci tengo ad essere carina e con la mia personalità. Mamma ha accettato di comprarmi vestiti non più fatti dalla sarta, a Torino, come il solito kilt, e ha cominciato a prendermi qualche capo firmato, il giubbottino di Fiorucci per esempio, che ho tanto desiderato.
A proposito della “Vespa”… Sono una ragazza studiosa, non nel senso classico del termine, ma curiosa di conoscenza, e faccio fino in fondo il mio dovere. Un giorno – eravamo tornati a Usseglio, in villeggiatura, dopo il mio primo anno di magistrali – papà mi ha chiamata: «Vieni un po’ a vedere…». Sotto casa ho visto un camion, proveniente da Torino. Quando sono arrivata lì il conducente è sceso dal posto di guida, ha aperto il furgone e che cosa vi ho trovato? Una “Vespa” tutta per me! Però mica nera o bianca come si usa tra i ragazzi di Treviso… È azzurra. Papà mi ha spiegato il perché: costava meno con quel colore non proprio alla moda… Ma a me va bene lo stesso: la trovo divertente e diversa da tutte e poi è del mio colore preferito.
Treviso: la città! E i suoi “fioi”… tra cui ci sono anch’io. Siamo eccitate noi ragazze della provincia e qualche volta ci capita di poterci fermare in città qualche pomeriggio dopo la scuola, per ragioni di studio, ma anche per andare un po’ in giro per il centro. Mi parlano tutti del “Biffi” di “Ciccio” Vanin… Ci sono stata. Che panini… e dire che mamma – mi è ritornato in mente – si infastidiva all’idea di fermarsi in un bar… Vedo i ragazzi più grandi che si prendono un’“ombra”, qualche altro la birra. La cosa, però, non mi attira minimamente... Siamo corse poi nel negozio di Vincenzo Fusco, a sfogliare nervosamente gli scaffali con i long playing dei gruppi pop e rock, mentre fuori dal negozio crepitano i motori degli scooter e delle “Vespa”. Treviso è piena di ragazzi con il “vespino”, come diciamo noi ragazzi. Tutti i miei amici hanno un “Ciao” o la “Vespa”. E io non sono da meno, infatti. Sono un maschiaccio, lo riconosco. Le moto mi piacciono davvero. Non vado solo in “Vespa”: quando mio fratello me lo presta salgo volentieri anche sul suo “Montesa 248” da trial. Tutti i miei amici maschi si fidano di me come “rider” e infatti mi lasciano volentieri fare qualche giro sulle loro moto, dal Caballero della Fantic al Puch al KTM.
Nei nostri discorsi tra amiche e amici ci scappa anche qualche discussione politica. A Treviso ci sono i ragazzi di destra che si ritrovano al Bar Italia, quelli di sinistra che vanno al Malibran. Noi preferiamo perlopiù parlare di morosi e i maschi di “tose”, ma io ho già le idee chiare sul rapporto con i maschi e certe tematiche del femminismo le condivido davvero. Mamma sa che ho uno spirito ribelle e, nonostante la sua educazione severa, capisce che ho bisogno dei miei spazi e mi concede le libertà che chiedo.
Amo le compagnie, ma mi piace anche ritagliarmi momenti di solitudine, in cui possa stare con me stessa. C’è un luogo che soddisfa questo mio bisogno: è la casa di Caorle, dove mamma e papà si sono ricavati uno spazio di relax nella loro vita intensa. Io ci vado sempre volentieri negli anni delle superiori. Ne approfitto spesso per andare a correre sulla spiaggia, sola, attenta al mio “cuore”, ai miei passi e alla natura che mi sta intorno. E rinasco...
Sono volati in questo modo i quattro anni delle Magistrali, a Treviso, come in un sogno, come una bella favola. Quattro anni di una “scuola di vita” dentro cui trovo anche le lunghe chiacchierate di filosofia fatte con la mia professoressa Sara. E ora, con l’esame di maturità alle porte, è arrivato il tempo delle scelte: intraprendere davvero la carriera dell’insegnante di scuola elementare, quella che ho sempre sognato, quella che per tanti anni ho dato come scelta scontata, già presa? Sì, è quello che desidero. Ma, nello stesso tempo, non voglio precludermi la strada dell’università. Così ho deciso di iscrivermi all’anno integrativo.
Sto vivendo un periodo strano, carico di attese. Tra Treviso, dove frequento le lezioni, e Conegliano, dove ho anche l’occasione di un primo apprendistato come maestra, con alcune supplenze alle scuole elementari. In tutto questo c’è che papà mi fa il “filo”: forse non ha rinunciato a un sogno che deve aver coltivato fin da quando mi portava in fabbrica la domenica.
È il 1978, e ho concluso l’anno integrativo. L’altro giorno, papà, mi ha preso da parte e mi ha fatto questa proposta:
«Mariacristina, avrei bisogno che seguissi per me a Torino un progetto commerciale particolare: sto per realizzare delle cucine economiche sullo stile di quelle che facevamo una decina di anni fa per le abitazioni; c’è mercato, credo valga la pena provarci. Vorresti occupartene tu?».
Papà, pur lasciando Torino per il lavoro e pur avendo sradicato la famiglia per venire a vivere a Conegliano, ha mantenuto rapporti e interessi costanti con la nostra città d’origine. E in questo l’aiuto fondamentale è arrivato dalla mamma che, da Conegliano, e con frequenti puntate a Torino, ha continuato a presidiare l’attività commerciale in Piemonte della nostra famiglia con la “Gricar”. Non l’ abbiamo chiusa venendo in Veneto, ma l’abbiamo affidata alla signora Teresina, che ha lavorato per anni a fianco della mamma.
Mi ha sempre affascinato l’approccio di papà verso il lavoro, il suo lavoro. È stato naturale per me dire sì alla sua proposta. Ho 19 anni e percepisco la mia vita come un ventaglio di possibilità e sento il mondo a portata di mano sull’onda dei miei sogni. Sogno un lavoro che mi soddisfi, sogno affetti travolgenti, sogno allegria e libertà. Tengo le porte aperte, non mi precludo nulla: ho fatto anche altre supplenze, perché il desiderio di fare la maestra è sempre vivo. È un mestiere che è una scuola di vita: chi sa relazionarsi con i bambini è capace di essere attento a tutto e a tutti. Allo stesso tempo ho fatto anche la venditrice di cosmetici rigorosamente naturali e ho dato pure una mano a mio padre, in fabbrica, il tutto per avere una mia autonomia finanziaria. Ma non solo. Soprattutto, lavorando con papà, ho voluto dare nuovi orizzonti alla passione per la fabbrica che mi ha contagiata da bambina: sarà per questo che all’università mi sono iscritta a Economia aziendale?
Ragazziii, si va a Veneziaaa! Cà Foscari, arrivo!
Francesco
Tra Venezia, Candide e Caorle, 1978-1980
Per frequentare Cà Foscari ho trovato casa a Lido di Venezia. Vivo con due ragazzi, che sono fratelli, Emanuele e Paolo, e la loro sorella, che si chiama Cinzia. L’appartamento è grande e molto luminoso. Tra quelle stanze aleggia uno spirito di indipendenza e di libertà. Per andare a Cà Foscari impiego circa tre quarti d’ora, ed è qualcosa di incantevole passare dalle strade del Lido e attraccare a Venezia con il servizio di linea su acqua e poi, in una decina di minuti, poter entrare in quel tempio della cultura. Ogni giorno è una sorpresa, vivo questo momento con un entusiasmo che mi allarga il cuore, anche verso i miei compagni di studi…
Economia aziendale è davvero interessante. Dalle prime lezioni comprendo di aver fatto un’ottima scelta. Per me un’azienda non è qualcosa di astratto, è nel cuore stesso della mia famiglia. Sento parlare di grandi imprese, ma spesso mi sovviene l’immagine di papà nella sua fabbrica e penso alle fotografie dell’attività di mio nonno, lui che portava le sue cucine economiche al mercato di Porta Palazzo, a Torino, per venderle.
Il clima tra noi ragazzi è elettrizzante. Ho conosciuto un giovane, della mia età, che frequenta le mie stesse lezioni. Si chiama Francesco. Parliamo a lungo, ci confrontiamo su quanto abbiamo ascoltato a lezione e così facendo ci siamo conosciuti meglio.
È un bel ragazzo, Francesco. È alto un metro e ottantacinque, è snello, moro di capelli, e ha lineamenti del viso delicati e lo sguardo malinconico. Il tutto del suo fisico trova corrispondenza nell’animo: dolce, riservato e amante, come me, della musica. Ci piace Pino Daniele, tra i cantautori preferiti di entrambi, e andiamo matti per il reggae, la musica giamaicana di Peter Tosh e quella di Bob Marley.
Siamo diventati molto amici… io e Francesco… L’altro giorno abbiamo sentito per strada, proveniente da un bar, una delle canzoni che preferisco: Nooo, woman no cryyy, nooo, woman no cryyy… ‘cause I remeber, when we use to sit, in a government yard in Trenchtown, Obaobaserving the ypocrites, yeah, mingle with the good people we meet, yeah!... E, allora, anche noi, ci siamo messi a cantare: Nooo, woman no cryyy… nooo, woman no cryyy…
Ora Francesco viene spesso a trovarmi nella casa al Lido. Trascorre la sera con noi e qualche volta si ferma anche a dormire. E alla sera, o di mattina, andiamo a correre in spiaggia prima di andare all’università. Mi parla spesso della sua passione, la montagna: mi ha detto che vuole portarmi lassù, a Candide, ai piedi delle Dolomiti del Comelico… per farmi capire quello che lui prova in mezzo a quelle “sue” montagne.
Alla fine, mi ci ha portato. È stato di parola. Sono alcuni mesi che ci frequentiamo… Credo di poter dire che siamo morosi… Siamo andati in auto da Venezia fino a Candide. Passando per la “mia” Treviso e la “mia” Conegliano, e su su, fino a Belluno e Longarone, per arrivare poi a Tai di Cadore e al bivio di Pieve. Allora, rapidamente, siamo arrivati alla sua casa di famiglia.
Che spettacolo! Mica solo l’arco di montagne che ci sta circondando… Il grande palazzo Monti Giacobbi, risalente al XVII secolo, conta almeno una quarantina di stanze: ci abbiamo impiegato molto più di un’ora per visitarlo tutto. Le stanze sono arredate elegantemente, con un continuo di divani, poltrone, ribaltine, tavolini e tappeti nei salotti. Alle pareti quadri di paesaggisti. E poi camere da letto, tante, con stufe in ceramica dovunque. E poi ancora, le cucine, con quelli che a Torino chiamano “putagè”, per scaldare la stanza e per cucinare. Francesco mi ha portato poi a visitare le cantine, meravigliose!
Siamo tornati altre volte a Candide, nei fine settimana: spazi e tempo di relax rispetto allo studio, a cui ci dedichiamo entrambi con impegno. Ci diamo dentro, infatti, sgobbiamo sui libri di Economia aziendale.
Francesco è proprio innamorato, mi fa trovare bigliettini un po’ dovunque, tra i libri, tra i q...