Un'escursione in Calabria
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Un'escursione in Calabria

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Un'escursione in Calabria

About this book

Quando nell'aprile del 1871 Gerhard vom Rath visita la Calabria erano passati appena dieci anni dall'Unità d'Italia. Anche se non era ancora tempo di bilanci, una cosa era comunque certa anche per chi si era fatta qualche illusione al momento dell'Unità: i problemi della Calabria erano troppo gravi perché un semplice mutamento di regime e di casa regnante li potesse risolvere in pochi anni. È di questa realtà che riferisce Gerhard vom Rath, persona non sprovveduta, culturalmente attrezzata, ma, certo, condizionata nel giudizio, oltre che da un certo immaginario collettivo, dalle narrazioni dei suoi informatori locali, per lo più funzionari piemontesi, nobili calabresi antiborbonici, intellettuali di provincia. Il volume ci conserva le voci e i giudizi di questi attori-spettatori ma anche le impressioni e le riflessioni dell'autore. Il quadro che ne esce non è però appiattito sulla rappresentazione che ne dà il ceto dirigente, ma accoglie anche aspetti che in quella rappresentazione restano in ombra: la chiusura delle ferriere di mongiana, la pratica feroce della lotta al brigantaggio che si pretende rappresentare come un fenomeno di criminalità comune se non come dato antropologico del popolo calabrese. Le pagine sul paesaggio sono esemplari dal punto di vista della descrizione geologica e mineralogica non disgiunta dalla consapevolezza dell'importanza che la configurazione idro-orografica del territorio ha avuto, ed ha, nella vita sociale ed economica della regione.

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Information

Note

INTRODUZIONE

1. Per ulteriori notizie biografiche cfr. H. Laspeyres, Gerhard vom Rath. Eine Lebensskizze [Gerhard vom Rath. Un profilo biografico], (Bonn 1888).
2. Così si legge in una relazione ministeriale del 1868 riportata da G. Masi, La Calabria nell’età liberale. Economia e società, in Storia della Calabria moderna e contemporanea a cura di A. Placanica, Gangemi Editore, Roma 1992, p. 554, contributo al quale si rinvia per un’informazione più dettagliata sul contesto storico.
3. A. Placanica, I caratteri originali, in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi. La Calabria, a cura di P. Bevilacqua e A. Placanica, Einaudi, Torino 1985, p. 11.
4. Si vedano, per l’area tedesca, le relazioni di viaggio di J.H. von Riedesel (T. Scamardi, Un barone assiano nella Calabria del Settecento: Johann Hermann von Riedesel, con in appendice la traduzione italiana, in: «Daedalus», n. 0- 2006 http://www.sociologia.unical.it/daedalus/home.htm); F.L. Stolberg, Viaggio in Calabria, Rubbettino, Soveria Mannelli 1986; J.H. Bartels, Lettere sulla Calabria, Rubbettino, Soveria Mannelli 2007; J. Tommasini, Passeggiata per la Calabria, Rubbettino, Soveria Mannelli 2009; E. Melena, In Calabria e alle Isole Eolie nell’anno 1860, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997. Per un inquadramento generale rinvio al mio volume, T. Scamardì, Viaggiatori tedeschi in Calabria. Dal Grand Tour al turismo di massa, Rubbettino, Soveria Mannelli 1998.
5. A. Placanica, I caratteri originali, cit., p. 613.
6. «Da queste parti il maschio, rozzo, fa sì che la donna capisca subito che essa sta un gradino sotto di lui. In tutti posti dove mi è capitato di vedere un’allegra tavolata, non c’erano mai donne […]. Quando una donna torna a casa dal lavoro col marito, essa lo segue sempre a debita distanza, carica come un ciuco, mentre il marito, un pezzo d’uomo, la precede trotterellando tutto tronfio in groppa all’asino. L’uomo saluta quasi sempre, la donna mai; anche quando le rivolgete un saluto, sorride, e continua per la sua strada» (J.H. Bartels, op. cit.,p. 134).
7. «Il popolo [tarantino] passa la più gran parte del tempo a giocare e a ballare, al contrario, per questo riguardo, dei Calabresi, che sono molto laboriosi, e che han conservato la rozzezza dei costumi dei loro antenati, gli antichi Bruzi. I Calabresi hanno una pronuncia rude, e molto forte, e fanno l’istessa distinzione tra il D e il T, il B e il P, che fanno i Toscani, e parlano con suoni gutturali, più degl’istessi Napoletani, e, parlando, aprono molto la bocca e nel loro dialetto provinciale han conservato molte parole greche» (T. Scamardi, Viaggiatori tedeschi in Puglia nel Settecento, Schena Editore, Fasano 1988, p. 95 ss.).
8. Le Lettere meridionali di Pasquale Villari pubblicate dapprima dal giornale moderato «L’Opinione» (1875), poi raccolte in volume (1878), segnano la nascita del meridionalismo liberale, l’inizio della riflessione critica sulle condizioni del Mezzogiorno.
9. J.H. Bartels, op. cit.,p. 105.
10. A distanza di appena dieci anni la figura dell’emigrante farà il suo ingresso nella letteratura di viaggio tedesca: «Una cinquantina di persone – racconterà nel 1880 Waldemar Kaden – fra uomini, donne e bambini, fra i quali alcuni piccolissimi, si preparavano per la partenza per l’America. I loro poveri averi, impacchettati in valige, casse e sacconi, venivano caricati sui carri per la stazione ferroviaria più vicina. Uomini induriti dal lavoro, cresciuti con l’aratro, povere donne smilze, avvolte in poveri abiti in mussolina, andavano verso un destino incerto dall’altra parte dell’oceano» (W. Kaden, Sommerfahrt. Eine Reise durch die südlichsten Landschaften Italiens, [Viaggio d’estate. Un viaggio attraverso le contrade più a sud dell’Italia], Berlin 1880, p. 318).
Dove non diversamente specificato, le note sono dell’autore

MESSINA, 3 APRILE

1. Secondo una leggenda raccolta da Diodoro Siculo le isole eolie sarebbero state colonizzate dagli Ausoni del re Liparo. Questi sarebbe venuto dalle coste campane in seguito a una lite con i fratelli e avrebbe dato il proprio nome alla maggiore delle isole. Alla corte di Liparo sarebbe giunto in un secondo momento il saggio Eolo che, dopo avere reintegrato il Re Liparo nel suo originario regno sulle rive di Sorrento, avrebbe instaurato il proprio dominio sull’arcipelago [N.d.C.].
2. Lo Stretto di Messina, il Fretum Siculum degli antichi, era chiamato in epoca tardo-medievale e moderna Faro di Messina. Il termine Faro indicava lo stretto braccio di mare fra due terre (per la presenza di un faro sulla punta di terra che penetra nel mare) ed era riferito prevalentemente allo Stretto di Messina. Conseguentemente con l’espressione al di là del Faro e al di qua del Faro si indicava, rispettivamente, la Sicilia e la parte peninsulare (continentale) del Regno di Napoli [N.d.C.].
3. In italiano nel testo [N.d.C.].
4. In italiano nel testo [N.d.C.].
5. In italiano nel testo [N.d.C.].
6. In italiano nel testo [N.d.C.].
7. In italiano nel testo [N.d.C.].
8. Un miglio tedesco corrisponde a 4 miglia italiane pari, in Prussia, ad esempio, secondo una normativa del 16 maggio 1816 che aveva cercato di uniformare il sistema dei pesi e delle misure, a 7532,485 m. Il piede (24.000 piedi formavano un miglio) era pari a 0,313854 m. [N.d.C.].
9. Dal greco Zὰγκλης, falce [N.d.C.].
10. Fu Messina, con i moti dell’1 settembre 1847 a dare inizio al Risorgimento italiano. Quando nel 1848 si ribellò di nuovo ai Borboni, Messina subì per otto mesi un pesante bombardamento da parte dei cannoni della sua stessa cittadella, in mano ai nemici superstiti, e dovette capitolare un’altra volta all’esercito borbonico. I messinesi si difesero eroicamente, ma alla fine dovettero cedere ai Borboni. La città venne presa il 7, dopo che erano state aperte delle breccia nelle mura. La piazzaforte non si era arresa e, come già altre volte in passato, le truppe vincitrici procedettero a un feroce saccheggio durato oltre otto ore. Ciò valse a Ferdinando II l’appellativo di «re Bomba» [N.d.C].

SIDERNO, 4 APRILE

1. Il Ministro di cui parla il vom Rath è Quintino Sella (1827-1884), mineralogista ed economista, ministro delle Finanze in diversi governi, che riuscì a pareggiare il bilancio dello Stato con un regime di economie e di imposte. Sua è l’impopolare tassa sul macinato proposta già nel 1862 all’epoca del governo Rattazzi e nel 1865 all’epoca del governo La Marmora ma che divenne legge solo nel 1868 e venne applicata a partire dall’1 gennaio dell’anno dopo, quindi due anni prima del viaggio del vom Rath [N.d.C.].
2. La frase attribuita all’imperatore Tiberio, che amava citarla, deriva probabilmente da una tragedia di Lucio Accio, Atreus, andata persa [N.d.C.].
3. Si tratta di una citazione da Mignon la lirica che apre il Libro Quarto del Wilhelm Meister. La vocazione teatrale diventata per i tedeschi l’icona dell’Italia. Ecco la strofa intera nella traduzione di Marta Bignami (Garzanti, Milano 2010, p. 185): «Conosci il paese dove fioriscono i limoni?/Nel verde fogliame splendono arance d’oro/Un vento lieve spira dal cielo azzurro/Tranquillo è il mirto, e sereno l’alloro/Lo conosci tu bene?/Laggiù, laggiù/Vorrei con te, o mio signore, andare» [N.d.C.].
4. Si tratta di Francesco Saverio Falletti (1813-1909), che aveva partecipato ai moti del 1847, amico di Michele Bello, uno dei martiri di Gerace (vedi infra nota 12). La famiglia Falletti è un antico casato piemontese di origine francese, i de Faillets, con ramificazioni meridionali, i Falletti di Grotteria che nel corso del secolo XVII si erano trasferiti a Siderno Superiore dove Simone Falletti aveva costruito assieme al figlio Gaetano il palazzo Falletti, il cui portale è stato ora dichiarato monumento nazionale [N.d.C.].
5. Si tratta del barone Raffaele Crea, nato nel 1801, eletto a Caulonia al primo parlamento italiano, membro dell’Accademia degli Affaticati di Tropea. Si era dimesso da parlamentare già nel 1863 perché, come egli stesso racconta nel testo, ci sentiva poco. Scrisse una raccolta di oltre cento sonetti che intitolò La Muleide, in quanto le composizioni trattano dei pregi e dei difetti di un mulo che muore improvvisamente lasciando nello scoramento più totale il proprio padrone Don Ciccio [N.d.C.].
6. In italiano nel testo [N.d.C.].
7. In greco Λευκοπέτρα άκρωτήριον = promontorio di pietra bianca. Ecco cosa ne scrive Strabone (Geografia, VI,1,7): «Chi naviga da Rhegion verso levante per una distanza di 50 stadi, trova quel promontorio che dal colore chiamano Leucopetra, col quale, dicono, finiscono gli Appennini». Il promontorio è da un punto di vista archeologico interessante anche per il rinvenimento di tracce di presenza dei primi cristiani fra cui un’iscrizione sepolcrale dalla Lettera ai Romani di san Paolo, un mattone con graffito cristiano etc. [N.d.C.].
8. Il nome della fiumara è oggi Amendolea [N.d.C.].
9. Per «ora di cammino» ( Wegstunde in tedesco) si indicava il percorso compiuto a piedi in un’ora (secondo l’andatura dai 3,5 ai 5 km all’incirca). Ci fu nel corso dei secoli una standardizzazione di questa misura, che però variava, anche se di poco, da paese a paese. In Sassonia, ad esempio, un’ora di cammino corrispondeva a 4,531 km. In Svizzera la corrispondenza in piedi (e in metri) venne fissata ufficialmente in un’ordinanza del 17 agosto 1835 (Schweizerische Maß-und Gewichtsordnung [Regolamento dei pesi e delle misure della Svizzera]) secondo il seguente parametro: un’ora di cammino (Wegstunde) = 16.000 piedi = 4,8km. [N.d.C].
10. Il vom Rath, come altri viaggiatori, non fa distinzione fra greci e albanesi [N.d.C.].
11. Il vom Rath riporta più volte attestazioni di ammirazione e di simpatia per la Prussia che potrebbero trovare una qualche spiegazione negli avvenimenti del 1866 che videro l’Italia alleata della Prussia nella guerra contro l’Austria. L’It...

Table of contents

  1. UN’ESCURSIONE IN CALABRIA
  2. Colophon
  3. Indice
  4. Introduzione di Teodoro Scamardì
  5. Messina, 3 aprile 1871
  6. Siderno, 4 aprile
  7. Siderno, 5 aprile
  8. Stilo, 6 aprile
  9. Stilo, 7 aprile
  10. Soverato, 8 aprile
  11. Catanzaro, 9 aprile
  12. Tiriolo, 10 aprile
  13. Cosenza, 11 aprile
  14. Foggia, 13 aprile
  15. Note