La mente allargata
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Perché la coscienza e il mondo sono la stessa cosa

Riccardo Manzotti

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Perché la coscienza e il mondo sono la stessa cosa

Riccardo Manzotti

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Che cos'è la coscienza? È qualcosa di fisico? E che cos'è la realtà? È qualcosa di esterno, oggettivo, che possiamo davvero conoscere? E come? Dall'antichità a oggi, queste domande perturbanti non hanno smesso di far discutere filosofi e scienziati. Ma le loro risposte si sono sempre basate sul dualismo irriducibile tra mente e realtà, apparenza e mondo fisico, che ha scavato un fossato tra l'uomo e gli oggetti che lo circondano. Così la coscienza umana è diventata un mistero inafferrabile, un fenomeno interiore e soggettivo, e la natura un dato esteriore ed estraneo, come se tra le due esistesse una distanza incolmabile.Riccardo Manzotti rifiuta questa frattura e ci invita a cambiare prospettiva, a ripensare la relazione tra mente e realtà in termini di identità e corrispondenza, superando il pregiudizio secondo cui la nostra esperienza del mondo sarebbe diversa dal mondo di cui facciamo esperienza. Con un approccio che abbraccia corpi e vissuti, ma anche sogni e allucinazioni, in La mente allargata Riccardo Manzotti avanza una tesi radicale: che la nostra percezione sia un dato concreto, materiale; che coscienza e mondo, infine, coincidano.Con La mente allargata possiamo non solo capire come funziona la nostra mente, ma anche vedere la nostra esistenza sotto una nuova luce, e scoprire che non c'è alcun baratro a separarci dall'universo, che non siamo né scissi dentro di noi né divisi da ciò che ci circonda. Anzi, possiamo finalmente affermare «io sono il mondo».

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Information

Publisher
Il Saggiatore
Year
2019
ISBN
9788865767702

1. La mente allargata

Io sono ciò che mi sta intorno.
Wallace Stevens, 1917
L’esperienza che abbiamo di un oggetto è l’oggetto che esperiamo. Questa idea, molto semplice, finora non è stata presa in esame. Facciamo un esempio. Quando Lucia guarda una mela rossa su un tavolo, che cosa è la base fisica della sua esperienza visiva? Non è il suo cervello, ma la mela rossa appoggiata sul tavolo, al di fuori del suo cervello e al di fuori del suo corpo. L’oggetto-mela è altrettanto fisico del cervello di Lucia. Né i dati sperimentali, né le leggi note della natura impediscono che l’esperienza di Lucia (della mela) sia tutt’uno con la mela rossa sul tavolo. Non è un’ipotesi diversa da quella tanto cara ai neuroscienziati, secondo cui la coscienza non sia altro che un fenomeno fisico, solo che, invece che i neuroni prendiamo in considerazione l’oggetto esterno, in questo caso la mela. Sia le mele sia i neuroni sono entità fisiche. Se l’esperienza cosciente di una mela rossa e succosa può essere una proprietà dell’attività neurale, perché non può esserlo della mela stessa? Che è proprio, guarda caso, rotonda, rossa e succosa, come la nostra esperienza della mela? A conti fatti, le mele sono molto più simili all’esperienza che abbiamo delle mele di quanto lo siano i neuroni.
L’idea secondo cui la nostra esperienza di un oggetto è l’oggetto che esperiamo è il fondamento della teoria chiamata spread mind o mente allargata. Questo libro elenca e descrive i numerosi vantaggi di questo cambiamento di prospettiva1 che superano il pregiudizio classico secondo cui la nostra esperienza del mondo sarebbe diversa dal mondo di cui facciamo esperienza. Finora, il senso comune e la scienza hanno ritenuto che la coscienza fosse una proprietà dell’attività neurale. Ma collocare l’esperienza all’interno del cervello ha generato un’infinità di problemi che nessuno ha saputo risolvere: se la nostra esperienza fosse separata dal mondo, come potrebbe raggiungere le proprietà del mondo esterno? Che rapporto ci sarebbe tra le proprietà fenomeniche dell’esperienza e quelle fisiche del mondo? Il mondo sarebbe per sempre irraggiungibile e noi vivremmo in una claustrofobica realtà virtuale creata dal nostro cervello.
L’idea della mente allargata risolve il problema del rapporto tra proprietà fenomeniche e proprietà fisiche in modo straordinariamente semplice: esperienza e mondo sono la stessa cosa. L’adozione di questa ipotesi, si deve ammettere, non è un piccolo passo. Lo scienziato dovrà considerare il cervello come un oggetto fra tanti altri invece dell’organo speciale che dovrebbe secernere la mente cosciente, come il pancreas produce l’insulina. Il filosofo dovrà rinunciare ai suoi castelli di carte costruiti con cura e pazienza in tanti anni di discussione tanto sottile quanto infruttuosa. La persona comune, infine, dovrà abbandonare la sua fede nell’esistenza di un mondo interiore privato e inaccessibile agli altri. In compenso, la nostra esperienza non sarà più prigioniera all’interno di un dominio mentale tanto rassicurante quanto inviolabile. La nostra esperienza è il mondo in cui viviamo. Saremo, per così dire, costretti a uscire dalla nostra pelle.
La buona notizia è che le neuroscienze potranno avere una nuova chiave per interpretare le prove empiriche a loro disposizione. Gli studiosi smetteranno di cercare proprietà mentali distinte dalle proprietà fisiche. E anche le persone comuni si avvantaggeranno dall’essersi finalmente liberate di un claustrofobico mondo interiore.
La coscienza – come viene intesa tradizionalmente – non si può vedere, né misurare né osservare. Possiamo vedere le tracce lasciate dalle nostre menti, ma non possiamo vedere le menti stesse. Qualcuno ha mai visto una mente? Avete mai visto la vostra mente? Io non ho mai visto la mia! Ho sempre visto e fatto esperienza solo di oggetti, ma non ho mai visto un’esperienza. Non facciamo esperienza delle nostre esperienze, facciamo esperienza del mondo. Secondo il senso comune, l’esperienza è invisibile e inosservabile dagli strumenti di misura. Nessuno scienziato ha mai osservato direttamente la coscienza (il dolore, il piacere) di un altro essere umano. Altri fenomeni sono stati oggetto di misura, per esempio il comportamento o l’attività neurale, ma la coscienza no. Grazie alle tecniche di brain imaging come la risonanza magnetico-funzionale (fmri), vediamo immagini vivacemente colorate che sono pubblicate su riviste scientifiche di tutto rispetto. Queste figure colorate, però, non sono l’esperienza cosciente. I neuroscienziati hanno mai visto un’esperienza di una mela, come molti pensano? No, mai. Al massimo, hanno registrato, misurato e fotografato altri fenomeni fisici – per esempio l’attività neurale di una delle circonvoluzioni fusiformi – che, in condizioni normali, accompagnano e sono correlati all’esperienza.2 Come ha detto il filosofo Tim Crane «la tecnologia della fmri non risolve il problema mente/corpo; al massimo lo mette più chiaramente in risalto». Questa mancanza assordante di testimonianze dirette è, come minimo, molto sospetta. Perché l’esperienza dovrebbe essere qualcosa di anomalo ed estraneo rispetto ai fenomeni naturali? Al contrario, io sono convinto che l’esperienza non possa che essere dentro la natura, non diversamente da quello che succede a elettroni, sassi, rocce, nuvole e pappagalli.
Molti in verità hanno osservato che la nostra esperienza non sembra essere diversa dal mondo che ci circonda.3Se guardiamo dentro la nostra esperienza troviamo oggetti, persone, automobili, edifici, alberi, nubi, Sole e stelle. Nella nostra esistenza non c’è alcuna differenza, per esempio, tra il Sole che vedo nel cielo e il Sole di cui ho esperienza. Tutto ciò che fa parte della nostra vita è un oggetto fisico. Tutto è fisico. A loro volta gli oggetti fisici hanno sempre un ruolo causale; cioè possiamo farne esperienza perché fanno succedere qualcosa. Questa nuvola di oggetti, in ultima analisi, è quello che chiamiamo il qui e ora. Il nostro presente è una collezione di oggetti. Nel mondo fisico fatto di oggetti che cos’è che si identifica con la mia esperienza? È qualcosa dentro il nostro corpo, misterioso e invisibile, o è il mondo stesso? Che cos’è la cosa che sono io? Quali sono i limiti fisici, temporali, spaziali e causali della mia esistenza? Dove e quando inizio e finisco? Se io fossi soltanto il mio cervello, come potrei avere esperienza del mondo al di fuori del mio corpo? Come potrei esperire un mondo che è distinto dal mio corpo? Siamo davvero dentro i nostri corpi?
L’idea della mente allargata propone una soluzione nuova e originale a tutte queste domande, specificando che cos’è la coscienza e dove si trova. La teoria mostra che l’esperienza, per esempio, del bel salice fiorito davanti a me è identica al bel salice fiorito. La chiave per capire come sia possibile è prendere seriamente in considerazione la possibilità che la nostra coscienza non sia dentro il cervello ma sia tutt’uno con gli oggetti che abbiamo intorno. La nostra coscienza è fuori dal nostro corpo ed è per questo che nessun neuroscienziato l’ha mai trovata. Noi siamo il mondo che abbiamo intorno.
Questa proposta deve far fronte, come minimo, a tre obiezioni. La prima è basata sul presupposto per cui, riconoscendo l’esistenza di un mondo privato e interiore, apparenza e realtà siano separate. La seconda è un insieme di argomentazioni basate sulla percezione non veridica, sulle illusioni e sulle allucinazioni. La terza è il frutto di un’idea eccessivamente semplificata di oggetto fisico. Sono fiducioso del fatto di poter risolvere e controbattere a tutti questi dubbi nelle pagine seguenti.
Tanto per cominciare voglio sottolineare che la mente allargata è un’ipotesi empirica sui fondamenti fisici della coscienza e non semplicemente un gioco di prestigio filosofico-concettuale. È un’ipotesi forte ed empiricamente precisa che ha lo scopo di individuare la nostra coscienza nel mondo fisico. Un’ipotesi di questo tipo è in grado di produrre previsioni falsificabili. Pertanto la teoria della mente allargata si qualifica come una teoria scientifica sulla natura della coscienza. Questo non è un libro di filosofia, ma la difesa di un’ipotesi scientifica su ciò che noi siamo.
Con altrettanta convinzione, nego che esista una separazione tra esperienza e mondo. Questa distanza è basata su interpretazioni sbagliate riguardo la natura degli oggetti e dell’esperienza che non ci hanno mai permesso di comprendere che cosa siamo. In filosofia come nelle neuroscienze siamo stati afflitti da troppe distinzioni concettuali che hanno finito solo con il confondere le acque. Come chiarirò, ogni volta che un oggetto fisico – per esempio la nostra cara mela rossa – sembra diverso dalla nostra esperienza, vi mostrerò che esiste un oggetto fisico che è proprio come la nostra esperienza. Dovremo rivedere anche il concetto familiare di istante presente: la nozione di «essere qui e ora» sarà rivista sulla base delle più recenti teorie scientifiche. Si vedrà che il «qui e ora» racchiude una regione spaziotemporale estesa (allargata) che include tutto il mondo in cui viviamo. Se interpreteremo correttamente il significato di «esserci», compiremo un passo radicale e troveremo che la nostra esperienza non è un processo neurale nel cervello ma, al contrario, è un insieme di oggetti esterni al sistema nervoso.4
Lasciatemi citare una conversazione famosa che i filosofi amano molto anche se forse non è mai avvenuta. Si dice che un giorno Ludwig Wittgenstein chiese a un amico: «Perché diciamo sempre che era naturale per la gente presumere che fosse il Sole a girare intorno alla Terra e non la Terra a girare intorno al Sole?». Al che l’amico avrebbe risposto: «Perché sembra proprio che il Sole giri intorno alla Terra». Dopo un attimo di riflessione, Wittgenstein avrebbe risposto: «Non capisco, che cosa ti aspetteresti di vedere se fosse la Terra a ruotare intorno al Sole?». Allo stesso modo, se uno scettico affermasse che collocare la nostra esperienza nell’oggetto esterno è controintuitivo, la mia risposta sarebbe: «Che cosa ti aspetteresti di vedere se la nostra esperienza fosse proprio l’oggetto esterno?». Ed è evidente che non noteremmo nulla di diverso. L’interpretazione della mente allargata è in linea con la nostra esperienza del mondo – mentre è in contrasto soltanto con pregiudizi ormai vecchi e superati.
L’idea della mente allargata elimina la necessità di contrapporre apparenza e realtà. Illusioni, sogni e allucinazioni saranno spiegati in termini di oggetti fisici che finora abbiamo guardato con disattenzione. Per sognare un elefante rosa, come spiegherò fra poco, è necessario aver incontrato un vero elefante e del vero rosa. Un’analisi accurata dei dati sperimentali dei casi più difficili – dalla stimolazione diretta delle aree cerebrali di Roger Penfield fino ai presunti colori supersaturi di Leo Hurvich – rivelerà che, anche in questi casi, l’esperienza è sempre tutt’uno con il mondo esterno. Affronteremo tutti i casi in cui, apparentemente, si percepisce qualcosa – come l’elefante rosa – che non sembra esistere. Vedremo insieme che la differenza tra apparenza e realtà è stata enormemente esagerata. Le allucinazioni saranno riviste e si scoprirà che sono molto più simili alla percezione e che la differenza tra le due è pratica e non filosofica. La conclusione inattesa per molti sarà che ogni forma di esperienza (sogni, illusioni e allucinazioni) è spiegabile in termini di percezione di oggetti esterni. A sua volta la percezione sarà spiegata come identità con tali oggetti.
Come ho detto all’inizio, la teoria della mente allargata deriva da un’ipotesi su come possiamo concepire la natura in modo che l’esperienza e il mondo non siano più termini contrapposti. Se la natura è rivista in termini di relazioni causali distribuite nello spazio-tempo, gli oggetti fisici avranno caratteristiche nuove che permetteranno loro di coincidere con l’esperienza. La distinzione tra coscienza e mondo potrà così essere dimenticata come una reliquia dei tempi passati. La nostra esperienza è identica a una parte della natura e ogni cosa nella natura – mele rosse, l’esperienza delle mele rosse, i sogni delle mele rosse e così via – è fisica.5 E non può essere altrimenti. Il concetto magrittiano – così ben espresso nel dipinto La condition humaine (1933) – secondo cui conosciamo il mondo fisico soltanto tramite le rappresentazioni interiori, gli stati mentali, le esperienze fenomeniche e i qualia è soltanto la conseguenza di pregiudizi privi di fondamento empirico. Ammaliata dalle meraviglie della percezione, la tradizione moderna è stata troppo frettolosa nel trarre conclusioni sulla differenza metafisica tra esperienza e mondo. Al contrario, la teoria della mente allargata suggerisce che il mondo è esattamente ciò che appare. L’unica relazione necessaria tra noi e il mondo è la relazione più semplice: la relazione di identità A = A. Buona parte dei prossimi capitoli sarà dedicata a mostrare nei dettagli come far funzionare questa intuizione. Tutti i casi ben noti di esperienze coscienti – come percezione, percezioni non veridiche, immagini mentali, afterimage (o immagini consecutive), illusioni, allucinazioni, fosfeni e arto fantasma – saranno spiegati in termini di identità con gli oggetti fisici. Dimostrerò che quanto chiamiamo esperienza non è altro che essere identici con una parte del mondo, attimo per attimo. In sintesi, la mia esperienza della mela rossa e rotonda sul tavolo accanto a me è tutt’uno con la mela rossa e rotonda. Né più né meno.
Mi guardo intorno. Vedo un mondo fatto di oggetti con le loro proprietà. In linea di massima, se qualcosa è fisico, dovrebbe avere una collocazione nello spazio e nel tempo. Tutto, in quanto parte della natura, deve essere in qualche luogo e in qualche momento. Non è indispensabile che le cose abbiano una collocazione esatta, puntuale. Una collocazione spaziotemporale può essere vaga, estesa, afflitta dall’incertezza. Se l’esperienza è reale, dove è? E in quale momento avviene? Dovremo stare molto attenti a non fare un errore comune: confondere lo spazio e il tempo dell’esperienza con lo spazio e il tempo del corpo. Al contrario troveremo che lo spazio e il tempo dell’esperienza sono lo spazio e il tempo degli oggetti.
Partiamo dal facile. Più o meno sappiamo dove si trovano i nostri corpi. Allo stesso modo sappiamo abbastanza bene dove sono la Luna o la mela rossa sul tavolo. E la nostra esperienza della Luna o della mela dove è? La tentazione sarebbe di metterla dentro il corpo. Ma non c’è nessun motivo per farlo. La mia sfida è localizzare la mia esperienza tanto quanto si può collocare, per dire, il Gloria di Vivaldi eseguito dalla Boston Symphony Orchestra a Boston il pomeriggio del 12 marzo 2014. Possiamo localizzare in modo simile un pensiero? Un ricordo? Il sogno di un elefante rosa? Dove, quando? E di che cosa sono fatti i nostri sogni, ricordi e pensieri? Finora scienziati e filosofi hanno vacillato di fronte a domande di questo tipo – che si trattasse di sogni, allucinazioni o percezioni. Al massimo, i neuroscienziati più coraggiosi hanno indicato correlati neurali, basi di sopravvenienza, veicoli rappresentazionali e altre cose esotiche e misteriose. Il loro imbarazzo però rivela che queste proposte non trattano l’esperienza come gli altri fenomeni naturali, ma come qualcosa che sfugge. Tuttavia porre la mente dentro il cervello non ha prodotto nessuna scoperta definitiva in quanto, banalmente, dentro il cervello nulla ha le proprietà della nostra esperienza. Così, di nuovo, che cos’è l’esperienza e dove e quando si colloca?
Come ho detto prima, secondo l’ipotesi di questo libro, l’esperienza di un oggetto non si trova dentro il cervello ma piuttosto dove si trova l’oggetto che esperiamo. Più precisamente suggerisco che la nostra esperienza di un oggetto sia identica all’oggetto che esperiamo. Finora, in seguito a molte vecchie teorie che però sono accettate senza discussioni, la maggior parte dei ricercatori ha continuato a cercare la coscienza dentro il cervello. Qualcuno, più coraggioso, come la tradizione enattivista o i sostenitori della cognizione incarnata, hanno preso in considerazione i processi tra corpo e mondo.6 Ma anche questo non è sufficiente. In questo libro, facciamo il passo decisivo. La proposta che avanzo è molto più radicale: l’esperienza è esattamente l’oggetto che esperiamo. L’esperienza non è né un processo neurale dentro il cervello, né un processo che collega ambiente e cervello attraverso il corpo. L’esperienza è l’oggetto esterno. Per esempio è la mela rossa che possiamo afferrare e mordere, è la nube che appare minacciosa sulla nostra testa, è il Sole che brilla nel cielo. Quindi la nostra esperienza è parte del mondo. Sta di fronte al nostro corpo. Mentre il nostro corpo è qui, chiuso all’interno del sacco-pelle, l’esperienza è altrove – più precisamente l’esperienza è qui, davanti ai nostri occhi – fisicamente qui – e non dietro gli occhi. Anche noi siamo qui dove sta la nostra esperienza. Noi non siamo dietro gli occhi. Il nostro corpo è dietro di loro. Noi siamo davanti a loro. La mela rossa è un oggetto fisico anche se non è fatta di neuroni. È un’ipotesi molto concreta e completamente fisicalista. Non si corre il rischio di cadere fuori dalla scienza empirica.
L’esperienza è ciò che guar...

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