Composizione italiana in diacronia
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Composizione italiana in diacronia

Le parole composte dell'italiano nel quadro della Morfologia delle Costruzioni

M. Silvia Micheli

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  1. 330 pages
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Le parole composte dell'italiano nel quadro della Morfologia delle Costruzioni

M. Silvia Micheli

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This volume provides a detailed overview of compounding in Italian, from the earliest stages until today. Based on an analysis of data from different corpora, it describes the compound words that Italian has created in the course of the centuries, highlighting elements of continuity with Latin as well as innovative aspects.

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Information

Publisher
De Gruyter
Year
2020
ISBN
9783110652253
Edition
1

1La composizione

1.1La nozione di composto

Una parola composta in italiano si può intuitivamente definire come una parola nata dall’unione di due parole; meno intuitivamente si può aggiungere che in italiano le due parti di un composto sono legate da una relazione che non è esplicitata da nessuna marca formale. Nonostante si tratti di una nozione disponibile tra i parlanti a livello intuitivo, la ricerca di una definizione di composto sufficientemente stringente e soprattutto valida interlinguisticamente ha una lunga storia nella letteratura:1 la definizione di composto come ‘parola formata dall’unione di due (o più) parole’,2 infatti, porta con sé almeno due problemi: 1) non chiarisce che cosa si debba intendere per parola, se entità lessicale autonoma, lessema, radice, etc.; 2) include nella categoria di composto qualsiasi elemento lessicale costituito da più parti, come parole sintagmatiche, espressioni idiomatiche, etc. Il primo problema mette in luce che tale definizione non ha validità interlinguistica: lingue come l’inglese, l’italiano e il latino, infatti, si differenziano rispetto al tipo di unità che prendono parte al processo di composizione. In particolare, in inglese le parole sono generalmente monomorfemiche: un composto come blackbird ‘merlo’ è infatti costituito da due entità lessicali autonome, blackA e birdN, entrambe costituite da un solo morfema. In italiano, lingua in cui le parole hanno generalmente almeno due morfemi, i costituenti dei composti sono parole autonome e conservano il proprio morfema flessivo, es. cap-o-stazion-e (pl. cap-i-stazion-e).3 In latino, le parole composte sono costituite da entità lessicali non autonome, generalmente legate da un elemento di raccordo (linking element), come nel caso di pisciceps ‘pescatore’ (pisc- ‘pesce’ + -i- + -ceps da capio ‘prendere, afferrare’). Inoltre, anche all’interno di una stessa lingua, possono presentarsi situazioni diverse: è il caso dell’italiano, in cui il primo elemento dei composti V-N è interpretato da alcuni studiosi come un tema (o una radice morfomica, morphomic stem, nel senso di Aronoff 1994).4
Una diffusa e largamente accettata definizione di composto, che cerca di rendere conto della diversità con cui la composizione si presenta nelle lingue del mondo, è quella di Bauer (2003), secondo cui la composizione consiste nella formazione di un nuovo lessema attraverso l’unione di due o più lessemi. Il termine lessema è generalmente usato in lessicografia e lessicologia per indicare l’unità lessicale considerata come forma base alla quale sono ricondotte le forme flesse (Ježek 2016, 22). Analogamente, in morfologia, il lessema rappresenta un’entità astratta a cui vengono ricondotte le concrete realizzazioni (ad es. le forme flesse) con cui una parola può occorrere nell’uso.5
L’adozione della nozione di lessema per riferirsi alle unità di input della composizione ha il merito di essere allo stesso tempo abbastanza stringente da escludere gli affissi e sufficientemente larga da includere radici e parole libere di uno o più morfemi: essa permette quindi di superare i limiti alla validità interlinguistica della nozione intuitiva di composto. L’approccio basato su lessemi, proposto da Aronoff (1976; 1994) e ripreso da Scalise (1984), sembra quindi il più adatto a rendere conto della composizione, in cui le unità di input sono lessemi che assumono una determinata forma all’interno di un composto (ad es., nei composti del latino, facio può occorrere come -facio, -ficus, -ficium, - fex, -fico): come osservato da Montermini (2010, 87), infatti, assumendo la nozione di lessema, non è più fondamentale distinguere tra radice, tema, parola autonoma, dal momento che «[i]n this perspective, roots and stems are simply concrete manifestation of a lexeme in a subset of its syntactic and morphological usage».
Il secondo problema legato alla definizione di composto come ‘parola di più parole’ riguarda i confini della categoria di composto rispetto a quelli di espressione multiparola (multiword expression),6 categoria che include una varietà piuttosto ampia di fenomeni (espressioni idiomatiche, parole sintagmatiche, espressioni cristallizzate, etc.). La letteratura dedicata alle espressioni multiparola è decisamente ricca7 e numerosi sono i criteri proposti per delimitarle rispetto ai composti e ai sintagmi, a seconda dell’approccio adottato. Questo lavoro assume come quadro teorico la Morfologia delle Costruzioni (Booij 2010b), i cui assunti principali saranno oggetto del cap. 2: si rimanda quindi al §2.4.3 per la discussione sui confini tra fenomeni multiparola e composti all’interno di questo modello teorico e con particolare riferimento all’italiano.
Un’ulteriore osservazione sulla nozione di composto riguarda la collocazione delle parole composte tra il piano della morfologia e quello della sintassi:8 in questo lavoro, la composizione è considerata una categoria morfologica e, seguendo Grandi (2006, 36), «‹a doppio accesso›, in cui, cioè, trovano collocazione elementi lessicali che hanno origine produttivamente nella morfologia ed elementi lessicali che invece traggono origine nel componente sintattico. Questi ultimi subiscono processi di lessicalizzazione e fossilizzazione che possono di fatto rendere possibile un loro trattamento in termini morfologici». Questo presupposto teorico consente di considerare tra le parole composte dell’italiano anche entità nate dalla cristallizzazione (e successiva univerbazione) di espressioni che hanno avuto origine sul piano della sintassi ma che hanno gradualmente assunto caratteristiche formali assimilabili a quelle dei composti: è il caso, ad esempio, di molti composti N-A (es. camposanto, terracotta, etc.) o di forme che hanno origine dall’univerbazione di espressioni latine (es. palafitta da pala fixa, mappamondo da mappa mundi, etc.). Tali elementi lessicali, pur avendo un’origine non morfologica, presentano caratteristiche formali del tutto assimilabili a quelle dei composti nativi e possono costituire il modello per la creazione di nuove forme attraverso un procedimento, questa volta, propriamente morfologico.

1.2Delimitazione

La categoria di composto è stata spesso discussa in relazione ai confini che la separano da altre categorie: di seguito si discute la delimitazione tra ciò che in questo lavoro si considera composizione nativa, la quale sarà oggetto di analisi nei seguenti capitoli, e altri due meccanismi di formazione di parola, ossia la derivazione (in particolare, la prefissazione) e la composizione neoclassica.9
In italiano, le parole derivate si distinguono da quelle composte in quanto costituite da uno o più affissi e una parola autonoma, laddove i composti sono definiti dall’unione di due parole autonome: questa distinzione, pur permettendo di tracciare una linea di demarcazione piuttosto netta tra i due meccanismi, non fornisce una spiegazione ad alcuni casi dubbi, la quasi totalità dei quali coinvolge prefissi invece che suffissi.10 Vale quindi la pena richiamare in questa sede le proprietà che sono state individuate per identificare i prefissi dell’italiano da Iacobini (2004b, 105–108):
  1. sono affissi privi di categoria sintattica, che si premettono a una base lessicale con lo scopo di modificarne la semantica;
  2. formano parole nuove premettendosi a parole;
  3. non possono costituire base di derivazione né hanno una flessione;
  4. costituiscono un inventario tendenzialmente chiuso;
  5. possono occorrere soltanto in posizione iniziale di parola;
  6. presentano restrizioni circa la lunghezza;
  7. non influiscono sull’accento primario;
  8. sono in rapporto di subordinazione con la base lessicale rispetto a cui svolgono la funzione di determinante;
  9. selezionano la base...

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