Delitto a Nova Milanese
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Delitto a Nova Milanese

venticinque righe nelle "brevi"

Adriano Todaro

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Delitto a Nova Milanese

venticinque righe nelle "brevi"

Adriano Todaro

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Una donna uccisa ai giorni nostri. Una strage avvenuta nel 1944. E poi carabinieri, Servizi segreti, 'ndrangheta, massoneria più o meno deviata, e rifiuti illeciti. Un vecchio giornalista disilluso, ma caparbio fra Nova Milanese, Desio, la Costiera Amalfitana, la Calabria. Sono gli ingredienti di quest'opera che è più che un romanzo, un'opera che attraversa alcuni dei misteri più inquietanti degli ultimi decenni della storia del nostro Paese.

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Information

Publisher
ZeroBook
Year
2020
ISBN
9788867111718

Cap. 1 - PROLOGO

12 agosto 1944, sabato
Esterno giorno, ore 5
Il 12 agosto 1944 era un sabato, un sabato molto caldo che già si preannunciava fin dalle prime ore del mattino, ma a Sant’Anna di Stazzema, attorno alle 5 del mattino, non fa molto caldo. Posta a 600 metri di altitudine, in provincia di Lucca, nelle Alpi Apuane, si respira molto bene, l’aria è frizzante. A casa di Lucia Sarbiotti, di sveglio, c’è solo babbo Mauro. Lei, Lucia di 5 anni, la sorella Maria, di 13 anni e la mamma, Dina Chierici, stanno ancora dormendo.
Non è sveglio solo Mauro nel piccolo borgo chiamato Le Case poco sopra Sant’Anna di Stazzema, sono svegli anche altri contadini perché in montagna ci si sveglia presto per governare le bestie. All’improvviso vedono nel cielo un razzo e capiscono immediatamente che quel razzo significa l’inizio di qualcosa, qualcosa di brutto. Guardano verso valle e li vedono. Sono soldati tedeschi; una colonna scende da Ruosina, a nordovest, e un’altra arriva da Mulina, a sud. Un’altra ancora è rimasta in fondo alla vallata, sopra Valdicastello quasi a bloccare l’eventuale via di fuga.
Non c’è tempo da perdere, è un accerchiamento. Subito Mauro corre verso la sua abitazione. Dina, la moglie, sta cominciando a preparare la colazione. Mauro irrompe nella casa:
«Presto… Dina… Stanno arrivando i tedeschi! Butta fuori quello che puoi. Io scappo con gli altri nei boschi. Cercano gli uomini… a voi non faranno nulla…»
« … Ma cosa… come faccio… Bambine alzatevi subito. Tu Maria sistema Lucia e prendete tutto quello che potete…».
Non c’è tempo da perdere e quello che sta avvenendo a casa Sarbiotti sta avvenendo, in quello stesso momento, anche nelle altre case attorno a Sant’Anna. In questo piccolo centro di 400 abitanti sono arrivati molti sfollati per sfuggire ai bombardamenti alleati su Piombino, Livorno, La Spezia. In questa vallata non è mai avvenuto nulla, non ci sono stati scontri con i partigiani. È quella che i tedeschi chiamano “zona bianca”, una zona dove ci sono sfollati e pochi abitanti.
Attorno alle 7 del mattino i primi soldati tedeschi giungono nelle case di Argentiera e Moriconi e ordinano agli abitanti di uscire subito. «Raus! Raus!» è il grido gutturale, l'ordine di uscire, «Bald!», in fretta, «Schnell!», veloce. Sono tutti rinchiusi in una stalla, le abitazioni bruciate con i lanciafiamme, poi le persone vengono raggruppate e incolonnate. Sono costretti a seguire i tedeschi nella vallata di Sant'Anna mentre altre due colonne di militari stanno convergendo verso il piccolo paese.
Donne e bambini guardano il fumo che si leva dalle loro case a seguito dell’incendio. Nei loro visi, nei loro occhi che non hanno più lacrime, un interrogativo: perché? Perché quella violenza? Perché quell’odio nei confronti di donne e bambini? Perché bruciare loro le case? Quando si brucia, quando si distrugge un'abitazione, è come strappare a quei contadini, un pezzo del loro corpo.
A Mulina i soldati tedeschi hanno messo in una stalla i sei abitanti del borgo. Quando arrivano anche quelli di Moriconi e Argentiera, tutti sono rinchiusi in tre stalle poco sopra, a Vaccareccia. I tedeschi piazzano le mitragliatrici di fronte alle stalle e cominciano a sparare e a buttare bombe a mano. Poi buttano dentro fascine di paglia e di legna e danno fuoco.
A Vaccareccia i tedeschi ammazzano un centinaio di persone, tutte donne, vecchi e bambini. È il primo eccidio di quel 12 agosto 1944. Milena Bernabò è una delle superstiti e ricorda che
si è incendiata la porta, si è incendiati tutti i morti che erano lì, e cominciava a storcersi le persone per tutti i sensi. Poi è cominciato un puzzo che non si resisteva, perché fra il calore e il puzzo che c’era, la gente che si storceva, bruciava per tutti i versi… E ho cominciato a sentire dei lamenti, le parole chiamavano: mamma, mamma… E allora abbiamo cominciato a vedere che c’erano delle persone vive, eravamo tutti bimbi.
Anche Lucia grida «Mamma!» e si aggrappa al vestito della sorella Maria, ma Dina è stata appena uccisa, e anche Maria è a terra, la testa una poltiglia indescrivibile. Lucia è “coperta” dal corpicino della sorella e sente sul suo viso scendere un liquido vischioso e caldo: è il cervello spappolato di Maria perforato dai proiettili dei tedeschi. Poi più nulla. Silenzio. Un silenzio insopportabile e angoscioso. In quella posizione, sotto il corpo della sorella, Lucia ci resterà parecchie ore. Senza muoversi, infreddolita e impaurita, sospesa fra realtà e incoscienza, stato di torpore e lucidità. Quando riapre gli occhi vede un militare che guarda sorridente il cumulo di cadaveri mitragliati. Si è tolto l’elmetto con reticella usata dalle SS per rendersi irriconoscibili. È molto giovane, capelli a spazzola, occhi cerulei. Ha come una voglia sotto l’occhio sinistro. Dall’espressione del viso, sembra soddisfatto dalla visione di tutti quei cadaveri, ammonticchiati uno sull’altro.
Poi le SS arrivano a Sant’Anna, nella piazzetta davanti la chiesa. E lì, in quella piazzetta che vengono radunati i superstiti e i rastrellati dei borghetti, delle case sparse che hanno incontrato nel loro cammino. Don Innocenzo Lazzari, il parroco di un borghetto vicino è riuscito a nascondersi, ma quando vede quella gente radunata come bestie in quella piazzetta, esce dal suo nascondiglio e va a parlamentare con l’ufficiale tedesco. Chiede che siano risparmiati almeno i bambini. L’ufficiale accetta. Ma è un falso. Sul sagrato della chiesa si troveranno, dopo il massacro, i corpi di 32 bambini.
I contadini ammassati sul piazzale della chiesa hanno capito che per loro è finita. Molti tirano fuori dai portafogli le fotografie e se le tengono fra le mani così da farsi identificare dopo, quando saranno ritrovati. L’ufficiale tedesco dà l’ordine e le mitragliatrici cominciano a sparare, ammazzando tutti. Dopo l’eccidio le SS portano fuori le panche di legno della chiesa, le ammassano sui corpi che stanno sul sagrato e danno fuoco a tutto con il lanciafiamme. Non tutti sono morti. Ci sono alcuni feriti. Moriranno contorcendosi nelle fiamme.
Non basta ancora. Le SS danno fuoco a tutte le case di Sant'Anna. Mauro e altri quattro contadini si sono nascosti nel bosco per sfuggire al rastrellamento. Mentre tentano di attraversare la vallata per andare dall’altra parte della montagna, sono però avvistati e bloccati dalle SS. Di loro non si saprà più nulla.
Irma è una bambina di cinque anni e una SS la uccide fracassandole la testa contro un muro; Anna, invece, ha solo venti giorni e anche lei, evidentemente, rappresenta, per le SS, un pericolo: sarà uccisa con un colpo di pistola. Ma l’orrore non ha fine.
Elio Toaff, divenuto, in seguito, capo rabbino, è nascosto e ospitato nella zona. Il suo racconto è terribile:
Quello che mi ha colpito di più è stato quando sono entrato in una casa. C’era la porta aperta, spalancata, e ho visto che c’era una donna seduta su una sedia. Io sono andato lì per parlarle e ho visto una cosa atroce. Questa donna aveva il ventre squarciato. Aveva ancora il bambino, che avevano messo sul tavolo legato col cordone ombelicale alla madre. E un colpo di rivoltella alla tempia, questo povero bimbo, neanche nato e già ammazzato dalle SS.
Sono 130 i bambini uccisi nella strage di Sant’Anna di Stazzema. In quattro ore, dalle 7 alle 11 del mattino, nella vallata attorno a Sant’Anna vengono ammazzate 560 persone.
A compiere il terribile eccidio sono stati gli uomini della compagnia del capitano Antonio Galler, sedicesima divisione Panzergrenadier Reichsführer SS. La compagnia è formata per almeno due terzi da soldati fra i diciassette e i venti anni, e un quinto di questi non sono neanche tedeschi ma romeni, ungheresi, alsaziani e anche qualche italiano.
Molti di questi militari, vengono dalla divisione Totenkopf, testa di morto, quella che fornisce i comandanti e le guardie dei terribili lager, da Dachau ad Auschwitz, e prima ancora i membri degli Einsatzgruppen, che seguivano il fronte con il compito di uccidere sul posto prigionieri di guerra scomodi, ebrei e altri elementi indesiderati.
A capo del battaglione da cui dipende la compagnia Galler c’è un maggiore che viene dalla Totenkopf. Si chiama Walter Reder.
Fin dal 6 maggio 1944 esiste un manuale della Wermacht scritto per contrastare le bande partigiane, il Bandenbekämpfung, guerra alle bande, ed è regolata da ordini emanati direttamente da Hitler. L’attività partigiana, prima nei Paesi occupati dell’Est poi in Francia e in Italia, si è fatta sempre più intensa e rappresenta un problema per l’esercito tedesco che ha occupato l’Italia dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Il principio che sta alla base di questo manuale è quello di «togliere l’acqua dove nuota il pesce». Il pesce sono i partigiani e l'acqua sono i contadini di montagna che li proteggono e li aiutano. Chi deve mettere in pratica queste disposizioni è il generale Albert Kesserling che comanda le truppe di occupazione tedesche e che subito invia ai comandanti di reparto la seguente disposizione:
La serie di questi fatti scandalosi è senza fine. Poiché gli assalti insidiosi non sono cessati, in esecuzione degli avvertimenti del feldmaresciallo Kesserling diffusi da 8 settimane due volte al giorno per radio e mediante manifesti, le truppe hanno ormai agito, per finalmente proteggere, mediante duri esempi, alle spalle i soldati combattenti al fronte per la libertà dell’Italia e della Germania e noi tutti dal deleterio caos. Le misure sono dure e dure devono essere. Poiché i ribelli battono all’imboscata, vengono punite le famiglie loro, per colpire in tal modo loro stessi.
Il 17 maggio 1944 si chiarisce che la lotta contro i partigiani «deve essere combattuta con tutti i mezzi a nostra disposizione. Io proteggerò quei comandanti che dovessero eccedere». La “Direttiva di combattimento lotta alle bande dell’Est, foglio d’ordine 69/2, lotta alle bande” è ancora più chiara:
Uccidere immediatamente i partigiani catturati dopo averli interrogati, bruciare i paesi e i villaggi che possono averli ospitati o riforniti, sterminare per rappresaglia la popolazione sospettata di fiancheggiare la resistenza. Non importa se si tratta di vecchi, donne e bambini piccoli: chiunque può essere un partigiano, e i comandanti dei reparti possono fare quello che vogliono.
«Chiunque può essere un partigiano». Da quando l’8 settembre 1943 molti militari non hanno accettato di essere disarmati dai tedeschi e sono andati in montagna ad ingrossare le fila dei partigiani, dei ribelli, i tedeschi hanno paura. Piccoli gruppi da loro chiamati banditen, banditi, disturbano le retrovie e le linee di comunicazione tedesche. Per il governo fantoccio di Salò sono dei traditori. Più semplicemente sono, invece, giovani studenti e operai, contadini e intellettuali che non vogliono più sottostare alle imposizioni tedesche e fasciste, che sognano un’Italia democratica dove tutti possano vivere con il proprio lavoro, riconquistare la dignità perduta di un popolo. Sono so...

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Todaro, Adriano. (2020) 2020. Delitto a Nova Milanese. [Edition unavailable]. ZeroBook. https://www.perlego.com/book/1385815/delitto-a-nova-milanese-venticinque-righe-nelle-brevi-pdf.

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Todaro, A. (2020) Delitto a Nova Milanese. [edition unavailable]. ZeroBook. Available at: https://www.perlego.com/book/1385815/delitto-a-nova-milanese-venticinque-righe-nelle-brevi-pdf (Accessed: 14 October 2022).

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Todaro, Adriano. Delitto a Nova Milanese. [edition unavailable]. ZeroBook, 2020. Web. 14 Oct. 2022.