25 anni da preside
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25 anni da preside

Oh, come ci siamo divertiti!

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25 anni da preside

Oh, come ci siamo divertiti!

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1989-2014: esattamente un quarto di secolo di vita scolastica italiana, vissuta realmente al liceo scientifico “Filippo Lussana” di Bergamo e raccontata con passione civile e con amore dal suo preside.
Il racconto ha a che fare col grande problema della sopravvivenza in un mondo così discutibilmente governato come quello scolastico e di come essa sia possibile solo ad una condizione: di puntare sulla naturale aspirazione di tutti (studenti compresi) ad essere migliori.

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Information

1. Il Vicepreside

Negli ultimi anni della mia permanenza al liceo come professore, il Lussana era passato in una vera e propria guerra fra due fazioni, quella pro maxisperimentazione e quella antimaxi. La maxi, nata nel 1972, apparteneva alle maxisperimentazioni storiche, sorte contro e nell’impotenza del parlamento di varare la riforma della secondaria e, come tali, fortemente antisistema sia strutturalmente [1] , sia ideologicamente [2] . Questi caratteri avevano dovuto essere annacquati e così, dopo i primi anni, nel curriculum erano stati fatti rientrare sia il latino sia la filosofia, che all’inizio non comparivano. Ciò aveva reso possibile una tollerabile convivenza fra i tre corsi sperimentali e il resto del liceo (rappresentato da circa una dozzina di corsi), al punto che una persona estranea, entrando al Lussana, non avrebbe potuto accorgersi che in quella struttura convivessero due scuole, quasi due rette parallele destinate a non incontrarsi mai.
Io avevo avuto la ventura di insegnare in tempi successivi prima nel cosiddetto tradizionale e poi nello sperimentale. In quest’ultima esperienza avevo avuto modo di entrare in rotta di collisione con la “direzione” della maxi e con molti atteggiamenti presenti in quell’ambiente. Sicché quando, tornato al tradizionale, iniziò il braccio di ferro fra le due anime del liceo, mi trovai inevitabilmente nel gruppo dirigente anti-maxi. La battaglia si concluse con l’eliminazione della maxi dal liceo.
Queste vicende erano ancora vive nella memoria di tutti quando, dopo pochi anni e dopo un anno di presidenza in Trentino, tornai quale nuovo preside al Lussana. Conoscevo ovviamente tutti e li conoscevo quale capo (insieme ad altri) di una fazione. Quel che mi era chiaro è che volevo essere il preside di tutti e non di una fazione.
Votazione per i collaboratori del preside. Il primo dei quattro docenti più votati è, ovviamente, un professore del mio vecchio gruppo antimaxi, un elemento non senza competenze d’insegnamento, ma privo di tutte quelle doti che fanno di un educatore un potenziale vicepreside (non aveva esperienza specifica in campo gestionale – ma questo è il meno –, era poco socievole e aveva una certa propensione per il conflitto; era anche simpatico nella sua originalità, ma del tutto non rappresentativo del sentire comune). Purtroppo le “menti” del mio ex gruppo, col quale mi ero guardato bene dal prendere contatti al riguardo, invece di pensare di mettermi a disposizione una persona utile, avevano preferito puntare su una propria rappresentazione fondamentalista, con un larvato intento di dare una certa tutela al loro ex collega ora preside. Il preside non era obbligato a scegliere nella carica il più votato dei quattro eletti, però la prassi era questa. Qualora non l’avessi nominato, qualche problema col mio ex gruppo l’avrei sicuramente avuto. D’altra parte non avrei potuto accettare di ridurre da me stesso il mio ruolo e men che meno proprio all’inizio della mia avventura al Lussana, senza tener conto degli inevitabili guai che con quella nomina mi sarebbero venuti incontro durante l’anno. Chiamai il professore. Dopo i complimenti per i voti ricevuti e per la stima dei colleghi, cui unii i miei personali apprezzamenti, gli dissi chiaramente che non lo avrei nominato nella carica. Era la sua personalità ad impedirmelo, che io peraltro trovavo simpatica. Non la prese bene, ma a distanza di tanti anni rimango ancora sorpreso che l’abbia presa così male. Un freddo glaciale. Una conferma che avevo deciso per il meglio [3] .
Il secondo arrivato apparteneva pure al mio ex gruppo ma, oltre ad avere un carattere migliore, nelle lotte degli anni precedenti aveva avuto un ruolo meno radicalizzato. Lo nominai. Al di là dell’andamento di quell’anno, il messaggio fu recepito chiaramente. Il nuovo preside avrebbe sicuramente fatto il preside.





[1] Si pensi che nel curriculum del 1972 (siamo in un liceo scientifico) non erano previste materie come il latino e la filosofia. La scomparsa di queste discipline era compensata da un forte aumento delle materie dell’area scientifica e linguistica e ciò lo configurava più come un istituto tecnico che non un liceo. Anche l’organizzazione interna era fortemente rivoluzionata e la scelta dei docenti, almeno parzialmente, avveniva tramite le decisioni di un comitato tecnico interno alla sperimentazione stessa, attraverso figure come il comando e l’utilizzazione.
[2] Di fatto l’ambiente dei docenti risultava molto sindacalizzato ed orientato a sinistra, fortemente influenzato dalle vicende sessantottine e dalle lotte studentesche ed operaie. Ciò era in contrasto con l’ambiente moderato bergamasco.
[3] Dopo una decina d’anni, ormai trasferito e diventato vicepreside in un altro istituto, ebbe però modo di telefonarmi per chiedermi indicazioni e consigli su temi scolastici che non ricordo nel dettaglio. Fu una telefonata cordiale che mi fece piacere.

2. Professori di materie con poche ore

Come in tutti i luoghi di lavoro e in tutte le professioni ci sono persone più valenti e meno valenti e questo ovviamente vale anche per i professori di tutte le discipline. Però un conto è se il relativo insuccesso dell’insegnamento riguarda un docente di una materia “pesante”, cioè con molte ore in una classe e un conto se riguarda il docente di una materia che in una stessa classe ha poche ore. Nel primo caso il disagio viene percepito prima e diventa evidente in un tempo molto più breve che nel secondo. Così le prese di posizione di studenti, genitori e financo colleghi e bidelli sono facilmente prevedibili nel primo caso, molto meno o affatto nel secondo. Le materie con poche ore sono meno decisive per il successo scolastico e gli studenti tendono a viverle in un modo più blando, quando non le percepiscono, almeno alcuni, come un passatempo, permettendosi comportamenti molto più disinvolti. Non è così inusuale che qualche docente, meno motivato o per altri motivi, accetti e magari subisca questa situazione. Il dramma è che le cattive abitudini tendono a soppiantare quelle buone e perciò diventa importante rinforzare le ispirazioni pedagogiche e la didattica di questi docenti.
Sono questi i motivi per cui ho sempre tenuto in gran conto come venivano insegnate materie come religione, educazione fisica e “disegno e storia dell’arte”. Si tenga presente che religione ha 1 ora e le altre due materie 2 ore la settimana. Il primo atteggiamento è dare importanza a questi professori, occupandosi del programma e della didattica. Il programma in primo luogo, che è come dire: cosa voglio che apprendano i miei studenti? Sembra una banalità, ma non lo è. Perché ogni insegnamento implica la valutazione dell’avvenuto apprendimento e ciò non riguarda solo l’alunno, ma diventa anche un giudizio sull’efficacia del proprio insegnamento e la premessa di una sua eventuale riconfigurazione. Perciò la valutazione è sempre decisiva e deve essere frequente, varia, leggera e fisiologica. Io ho sempre pensato che un bravo professore deve essere soprattutto un bravo valutatore. Ad un professore che un giorno mi disse: “Preside, a me piace tantissimo insegnare ma non valutare, interrogare, correggere” risposi: “Se fossi in lei penserei a cambiare mestiere”. Ad un docente che, dopo due mesi di scuola, non aveva ancora un voto, dissi: “Ma lei cosa crede di essere, un attore?” I migliori docenti sono quelli che hanno tante valutazioni, ma bisogna riconoscere che con 2 ore o, peggio, 1 ora la settimana, avere adeguate valutazioni non è facile. Perciò occorre avere un variegato set di valutazioni perché l’alunno deve vivere la verità del suo apprendimento. Questa impostazione mi ha portato a seguire con particolare cura questi professori e ad assecondarli.
Per quanto concerne i docenti di educazione fisica vi era nel liceo un locale squallido e malconcio chiamato palestrina, forse perché nel passato come piccola palestra era stato utilizzato. Avendo i soffitti bassi, avrebbe potuto diventare una palestra per gli esercizi a terra e per la danza ritmica. Già nel 1 ^ anno l’ho fatta risanare e ristrutturare dalla Provincia, evitando in tal modo (con l’aumento delle “palestre”) di costringere nello stesso spazio nell’ora di educazione fisica due squadre [1] . Inoltre le due ore settimanali vennero accoppiate, evitando così perdite di tempo per cambiarsi e aumentando il reale tempo-lezione. Si evitò di passare dalla squadra alla classe [2] per l’ovvia considerazione che la fisicità del maschio e della femmina (specialmente nel biennio) è molto diversa. Pertanto la lezione su base squadra risulta più mirata e professionale. Si largheggiò sempre nelle dotazioni di strumenti e nella manutenzione degli impianti. E, infine, si fece in modo di tenere alto il numero delle specialità praticate sia nell’atletica sia negli sport di gruppo (con introduzioni significative quali il softball, il rugby, la vela, l’orienteering) dando il massimo impulso possibile ai gruppi sportivi [3] .
L’insegnamento della religione cattolica era molto “personalizzato” all’inizio. Vi era il docente “ligio” allo svolgimento dottrinale, ma magari con scarso appeal e con qualche problema disciplinare. Vi era quello cui interessava maggiormente la motivazione e l’esperienza religiosa e quello che privilegiava l’aspetto etico. Non era così off limits l’insegnante di religione creativo, un po’ psicologo, un po’ sociologo… tutte buone intenzioni, ma di quale materia stavamo parlando? Feci in modo di favorire un programma comune e condiviso. Una volta scelta, la religione diventava una materia come le altre e perciò l’insegnante di religione non era diverso nella sostanza dagli altri insegnanti. Per quanto concerne l’aggettivo “cattolica”, questa era la missione, il che non avrebbe dovuto impedire, ove possibile, né una storicizzazione né un raffronto con altre religioni. Anche con i professori di disegno e storia dell’arte stesso stile: aule e banchi adeguati (oltre che puliti!), dotazioni efficienti (compresa la strumentazione informatica nei laboratori, in parallelo alla modernizzazione di tutto il liceo), sottolineatura dell’importanza delle due gambe, sulle quali poggia tale materia: il disegno tecnico e la storia dell’arte.
Sarebbe certamente esagerato sostenere che questa politica abbia annullato le distanze fra le varie discipline, ma che le abbia diminuite è senz’altro giusto. È stato per me veramente piacevole vedere col tempo migliorare il dialogo e lo scambio fra i docenti delle varie “parrocchie”. In fondo l’idea aristotelica di liceo è questa. Anche la dottrina della divisione delle materie fra quelle “comuni” e quelle “di indirizzo”, con la sottolineatura dell’importanza delle seconde, mi ha visto costantemente avverso. Non è affatto opportuno creare gerarchie fra i vari apprendimenti.





[1] Con la ristrutturazione della “palestrina”, il liceo arrivò a disporre di quattro palestre e ciascuna squadra aveva a disposizione uno spazio proprio senza sovrapposizioni.
[2] La squadra è solo di femmine o di maschi. Per fare una squadra si uniscono femmine fra di loro o maschi fra di loro di due o più classi.
[3] Soprattutto pallavolo e pallacanestro.

3. Docenti e ritardi nel cambio di ora

Un orario delle lezioni secondo il sistema italiano implica che siano i docenti a muoversi per raggiungere di volta in volta le classi [1] ; quindi, siccome è del tutto opportuno che le lezioni inizino senza ritardi o con il minor ritardo possibile, si deve operare preliminarmente perché le classi che insieme formano un blocco [2] siano dislocate l’una accanto all’altra o almeno in luoghi vicini. Come si può facilmente capire, questo non è sempre possibile e talora può succedere, seppur eccezionalmente, che una classe di un blocco si trovi in un’altra ala dell’edificio rispetto alle altre del medesimo e ciò non permette al docente che ha finito una sua ora in un edificio, di iniziare senza un qualche ritardo la successiva in un’altra classe, se collocata in un altro edificio. La mancanza di sincronia è dovuta, oltre a questo, alla mancanza di tempestività del docente nel rispetto della campana che annuncia la fine dell’ora di lezione e ciò per varie cause: code nella consegna di un compito in classe da parte di qualche alunno, desiderio di concludere una spiegazione o, anche, pura e semplice tendenza soggettiva a non essere puntuale. Di fronte a queste ed altre cause, il lettore si sarà già fatto l’idea di quanto tempo perso possa dipendere da cambi dell’ora poco efficienti [3] e di come sia importante che un capo d’istituto si adoperi per migliorarne la funzionalità.
Una matti...

Table of contents

  1. Copertina
  2. 25 ANNI DA PRESIDE
  3. Indice dei contenuti
  4. Introduzione
  5. I. Gli inizi
  6. II. I vari soggetti in campo
  7. PROFESSORI
  8. 1. Il Vicepreside
  9. 2. Professori di materie con poche ore
  10. 3. Docenti e ritardi nel cambio di ora
  11. 4. Tutti i docenti sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri
  12. 5. Un professore col pallino del sesso
  13. 6. Una professoressa alquanto diabolica
  14. 7. Un docente dalle valutazioni molto ma molto ritardate
  15. 8. Ancora sugli scrutini
  16. 9. Una professoressa particolare
  17. 10. Il professore “catastrofico”
  18. 11. Il professore inequivocabilmente pazzo
  19. 12. Professoresse abitualmente ritardatarie
  20. 13. Il professore “stella fissa”
  21. 14. Il professore che non ti scordi
  22. STUDENTI
  23. 1. Le gite (altrimenti dette “visite d’istruzione”)
  24. 2. Qualcosa nasce
  25. 3. L’importanza della puntualità
  26. 4. Il fumo a scuola
  27. 5. Studenti: l’ideologia della “centralità”
  28. 6. L’aula degli studenti
  29. 7. Studenti: quanti ricordi!
  30. GENITORI
  31. 1. Genitori si… ma con juicio
  32. BIDELLI, TECNICI ED APPLICATI
  33. 1. Il tecnico ex bidello
  34. 2. Un bidello alquanto eccentrico
  35. 3. L’applicata esotica
  36. 4. Un bidello un po’ confuso
  37. 5. Un aiutante tecnico che ha falsificato il punteggio
  38. 6. L’assistente di cattedra dalla carriera fulminante
  39. 7. Una scena quasi cruenta
  40. III. Le Istituzioni
  41. 1. Il provveditore a pieno titolo
  42. 2. Il provveditore scalda-sedie
  43. 3. L’ispettrice di ferro
  44. 4. L’ispettore che era stato in Nuova Zelanda
  45. 5. L’ispettore… senza alcun senso del pudore
  46. 6. Il Ministero? Ma su, sparliamone un po’
  47. 7. Un cronico male italiano: la sottovalutazione dei controlli
  48. 8. Un’idea, quanto mai bizzarra, del direttore scolastico regionale
  49. 9. Quel prefetto… che Dio ce l’abbia in gloria!
  50. 10. Un ispettore di pubblica sicurezza “politicamente corretto”
  51. IV. Un Liceo di frontiera
  52. V. Due parole sul sindacato
  53. VI. Il fondo delle scuole
  54. VII. L'impresa del "pallone"
  55. Appendice
  56. 1. Gli esami di maturità
  57. 2. Un incontro di conciliazione tutto particolare