Alternanza formativa
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Radici storiche e attualità di un principio pedagogico

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Alternanza formativa

Radici storiche e attualità di un principio pedagogico

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About this book

Il volume indaga le radici e le ragioni storiche dell'espressione "alternanza formativa" per argomentare l'importanza di questo strategico principio pedagogico. Infatti, l'alternanza formativa non può essere considerata solo una metodologia che si concretizza in singoli percorsi di insegnamento-apprendimento come il tirocinio, il laboratorio, l'alternanza scuola-lavoro o l'apprendistato, ma rappresenta un vero e proprio orientamento della pedagogia generale che appartiene alle finalità stesse di questo sapere. La prima parte del testo approfondisce i diversi pregiudizi che appartengono alla nostra tradizione e che tendono a privilegiare la teoria e lo studio astratto rispetto al valore della pratica, dell'esperienza e del lavoro manuale, impedendo, in questo modo, un'autentica alternanza nei percorsi formativi attuali. La seconda propone un'antologia commentata di estratti dell'opera di autori che, a partire dal mondo classico fino alla contemporaneità, si sono confrontati in modo diretto o indiretto con il legame tra pratica e teoria, lavoro e studio, dimostrando che quanto finora è stato letto sotto la categoria degli "opposti" si deve recuperare sotto quella della "complementarità".

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Information

1. Che cosa significa alternanza formativa come principio pedagogico

La prima parte di questo lavoro intende riflettere sul significato che l’alternanza formativa assume come principio pedagogico. È necessario precisare che, in queste pagine, si considera l’idea di alternanza formativa non solo come una metodologia che si può concretizzare in singoli percorsi di insegnamento-apprendimento come il tirocinio, il laboratorio, l’alternanza scuola-lavoro o l’apprendistato, ma come principio generale della pedagogia. Per poter affermare che l’alternanza formativa sia un principio originario della pedagogia è necessario approfondire il significato dell’espressione in questione, la relazione tra i due termini che la compongono, la sua presenza nella tradizione del sapere pedagogico, la visione dell’uomo a cui fa riferimento e le modalità attraverso le quali si può concretizzare nei diversi processi educativi. Infatti, l’affermazione che l’alternanza formativa è un principio pedagogico costituisce l’ipotesi che il volume vuole dimostrare e, per poterlo fare, è necessario verificare in che modo questo principio interroga e offre risposte sui problemi epistemologici stessi della riflessione pedagogica.
Se la seconda parte del volume si occuperà di mettere in evidenza le radici storiche del principio formativo nella tradizione pedagogica occidentale, attraverso la scelta di alcuni passi dell’opera di autori paradigmatici per la loro epoca, la prima parte approfondisce il significato che l’alternanza formativa assume come teoria generale della pedagogia e la prospettiva interpretativa che offre relativamente alla riflessione sui problemi educativi. Partendo da un’analisi dei termini che costituiscono l’espressione, si può affermare che il significante “alternanza” rimanda a una successione alternata di fatti, manifestazioni e fenomeni [1] . Per esempio, in biologia, l’alternanza indica quando la crescita di grandi parti dell’organismo, come il tronco o gli arti, non avviene in modo simultaneo o parallelo, ma quando allo sviluppo più rapido di una parte corrisponde il rallentamento dell’altra. Quali sono, di conseguenza, le condizioni di possibilità che caratterizzano l’alternanza? Si può rispondere, con una certa semplificazione, che l’alternanza consiste in un movimento di crescita o di rallentamento che avviene nel tempo e coinvolge, in una relazione, due o più fenomeni. Ciò che risulta interessante, per la nostra riflessione, è che i due o più fenomeni devono essere ben separati e riconoscibili, anche se legati da una relazione che li inserisce in un processo comune e dichiarato. In un organismo vivente, il processo unitario che costituisce la relazione tra le parti è la crescita dell’intero essere vivente. Proprio all’interno di questo processo unificante, le parti si sviluppano in relazione tra loro, pur mantenendo sempre le proprie caratteristiche peculiari e distinguibili. Ciò che identifica l’alternanza nella crescita dell’organismo è la modalità del movimento di crescita. Non si verifica attraverso uno sviluppo parallelo delle parti, che indicherebbe un’assenza di relazione tra loro e nemmeno con un movimento che consente un progresso omogeneo. Al contrario, l’alternanza prevede una crescita di una parte e il conseguente rallentamento dell’altra che, però, mantiene sempre un ruolo nella relazione di crescita ed è come se, attraverso il proprio rallentamento, sostenesse l’accelerazione dell’altra parte.
Al di là della metafora relativa all’organismo in crescita, nell’idea di alternanza formativa è l’aggettivo “formativa” a indicare il campo semantico, ossia il processo unitario che identifica il movimento alternato dei due fenomeni in atto. Il movimento deve essere formativo, quindi occorre che consenta lo sviluppo di un individuo attraverso il ricevere e il darsi una forma. Senza approfondire in questo momento l’idea di formazione che verrà ripresa nelle pagine successive, il processo formativo dell’uomo costituisce un nucleo essenziale della riflessione pedagogica, come sostiene Gennari: «la pedagogia prima di essere una scienza, ovvero un sistema di sapere, è il primo sapere dell’uomo che si interroga sul suo essere-un-uomo-umanamente-formantesi. […] L’uomo è la sua formazione; questa Bildung nasce da una Bild, che è immagine del Mistero» [2] . Da questa citazione, risulta evidente che il processo formativo dell’uomo non può essere identificato solo con la crescita biologica del giovane, né esclusivamente con la dimensione di consapevolezza interiore dell’uomo, ma con il processo di sviluppo che porta ogni persona a tentare di mettere in atto le proprie potenzialità, manifestando il più possibile, in modo integrale, se stessa. La formazione dell’uomo consiste, quindi, nel processo unitario e identitario all’interno del quale si alternano due o più fenomeni formativi [3] , intesi come due movimenti che possono essere distinti nel percorso di crescita di ogni essere umano e che, pur relazionandosi tra loro, non possono mai essere completamente sovrapposti. Ma quali sono questi due aspetti fondativi della formazione? Di conseguenza, quali sono le polarità dell’alternanza formativa che producono, all’interno del processo formativo generale, un movimento alternato e mai parallelo o simultaneo?
I due aspetti che caratterizzano l’alternanza formativa si identificano nelle dimensioni fondative che costituiscono l’essere umano: esperienza e ragionamento, prassi e teoria, lavoro e studio. Anche se i termini che descrivono queste polarità possono essere diversi, la tesi che si vuole sostenere è che indicano le due dimensioni originarie, distinte ma non separate [4] , dell’uomo. Esperienza e ragionamento, corpo e mente o lavoro e studio rappresentano due aspetti generali dell’uomo, del suo modo di manifestare la propria relazionalità entrando in rapporto con la realtà esterna e con gli altri esseri umani e, di conseguenza, del suo formarsi e trasformarsi assumendo caratteristiche determinate e mettendo in atto le sue proprie potenzialità. La prima conseguenza di questa impostazione è che il principio dell’alternanza formativa, essendo costituito dal progredire alternato di esperienze e ragionamento, non può essere un principio astratto, puro e completamente teorico. In realtà, nessun principio teorico può essere considerato isolato dal contesto specifico nel quale si origina, come sostiene Bertagna: «ogni idea (concetto, legge, teoria, principio, regola) non nasce affatto, né esiste, già armata come Pallade nel cervello di Zeus. Ha una sua storia concreta, è legata a situazioni, cresce accompagnata da determinate emozioni e sentimenti, perfino da riflessi motori e fisici che la fanno ancora una volta espressione di un contesto» [5] . Se questo è vero per ogni teoria che non può dimenticare l’importanza della dimensione storica della sua genesi, lo è a maggior ragione per il principio dell’alternanza formativa che propone la teorizzazione formale del legame costante tra teoria e prassi. Non a caso, Aristotele, riflettendo sui rapporti tra anima e corpo, sostiene che il pensiero, l’astrazione teorica, si manifesta come una sorta di immaginazione che non può esistere indipendentemente dal corpo come esclusiva proprietà dell’anima: «nella maggioranza dei casi si vede che l’anima non ne riceve né ne produce alcuna senza il corpo: tali la collera, l’audacia, il desiderio, in una parola la sensazione. Per eccellenza proprio dell’anima sembra il pensare: ma se anche il pensare è una specie di immaginazione, ne segue che neppur esso esisterà indipendentemente dal corpo» [6] .
Non è però sufficiente affermare il legame profondo tra teoria e prassi, mente e corpo e sostenere l’impossibilità di pensare come indipendenti i due elementi della polarità. Il principio dell’alternanza formativa non si limita a ribadire questa impostazione, già teorizzata da Aristotele e da altri pensatori del mondo classico, ma indica una modalità specifica di relazione tra i due elementi della polarità: la mancanza di ogni tentazione gerarchica. Infatti, è possibile affermare, con un certo grado di semplificazione, che nella tradizione occidentale le impostazioni teoriche prevalenti che hanno riflettuto sui rapporti tra teoria e prassi hanno generato gerarchie tra i due aspetti, privilegiando uno dei due elementi e subordinando l’altro. Da un lato, attraverso la linea interpretativa platonica, si è sottolineato la priorità della teoria, dell’astrazione e della contemplazione come dimensioni fondative e caratterizzanti dell’uomo, considerando l’esperienza e il corpo come aspetti secondari e limitanti. Dall’altro, in particolare nelle filosofie del Novecento, si è tentato un ribaltamento dell’impostazione precedente, volta a valutare il corpo e la prassi come le dimensioni prioritarie, se non le uniche realmente umane. Per esempio, Nietzsche, anticipando molte teorie novecentesche, afferma attraverso le parole di Zarathustra: «corpo io sono in tutto e per tutto, e null’altro; e anima non è altro che una parola per indicare qualcosa del corpo. Il corpo è una grande ragione, una pluralità con un solo senso, una guerra e una pace, un gregge e un pastore. Strumento del tuo corpo è anche la tua piccola ragione, fratello, che tu chiami spirito, un piccolo strumento e un giocattolo della tua grande ragione» [7] .
Il principio dell’alternanza formativa ha la finalità di pensare pratica e teoria, corpo e mente, esperienza e ragione al di fuori di ogni gerarchia e tenta di metterne in evidenza le caratteristiche specifiche all’interno di un processo unitario di formazione dell’uomo. Infatti, l’alternanza formativa descrive il movimento della forma umana, inteso come processo in cui il genitivo risulta sia soggettivo, sia oggettivo. Da un lato, è la forma umana che procede soggettivamente e si costituisce con un movimento alternato di corpo e ragione, esperienza e riflessione, pratica e teorica che, sempre in relazione e con gradi diversi di accelerazione, rappresentano le dimensioni essenziali dell’uomo. Dall’altro, la stessa forma umana è oggetto del movimento di alternanza, in quanto non può che manifestarsi pienamente attraverso la crescita delle polarità che la compongono.
Se l’essere umano è, al contempo, il soggetto del processo di formazione e l’oggetto che non può che tendere ad assumere la propria forma nel movimento alternato delle endiadi che lo costituiscono, emerge con chiarezza che è opportuno approfondire con attenzione le distinzioni che appartengono a queste due dimensioni polari e autonome che, in base a come vengono interpretate, mostrano una determinata idea di uomo. In questa direzione, la riflessione pedagogica sull’alternanza formativa dovrebbe pensare in modo critico e prendere le distanze da gran parte della retorica attuale sull’unità di teoria e pratica che, in particolare nei dibattiti delle scienze umane, a partire da letture a volte semplicistiche del pragmatismo statunitense [8] , considera la pratica e la teoria come due elementi armonicamente uniti, che possono essere compresi con uno sguardo unitario o, semplicemente, applicando categorie teoriche già formalizzate all’analisi di situazioni concrete o casi specifici.
In questa direzione, anche il prezioso costrutto di comunità di pratica, se pur utile nella descrizione e valorizzazione delle interazioni sociali dell’apprendimento, se applicato in altri contesti di riflessione può portare a ridurre il significato della distinzione tra pratica e teoria come polarità della formazione umana: «tale prospettiva non presuppone una netta distinzione tra l’interpretare e l’agire, tra il fare e il pensare, o tra il capire e il reagire. Questo processo genera sempre nuove circostanze, che promuovono un’ulteriore negoziazione e ulteriori significati. Produce costantemente nuove relazioni con il mondo e nel mondo. La significatività del nostro coinvolgimento nel mondo non è una situazione statica, ma un processo continuo di rinegoziazione» [9] . La riflessione di Wenger sull’importanza della negoziazione del significato si pone la finalità di sottolineare la dimensione sempre situata dell’apprendimento umano e dei processi di generalizzazione e astrazione. Allo stesso tempo, però, mette in evidenza il rischio di considerare la teoria e l’esperienza come dimensioni sovrapponibili e coincidenti, che possono, appunto, assumere un significato negoziabile. Nelle comunità di pratica, in una prospettiva di indagine che tenta di descrivere ciò che avviene in determinate interazioni sociali e professionali, può avere un senso affermare la coincidenza tra il fare e il pensare. Per esempio, in un contesto professionale, la necessità di risolvere un problema determinato può generare azioni, comportamenti e abitudini che assumono nuovi significati, problemi e possibilità di astrazione e analisi. Ma questa evidenza è sufficiente per poter affermare che fare e pensare sono processi formativi identici e sovrapponibili? È sufficiente sostenere che ogni apprendimento è situato per considerare la teoria solo come una negoziazione di significati a partire dall’esperienza vissuta? L’origine della riflessione dall’esperienza attraverso il linguaggio non presenta anche una dimensione sempre eccedente e mai riducibile all’esperienza stessa? L’idea stessa di uomo che si forma non deve essere interrogata costantemente per poter comprendere in profondità il ruolo della pratica e della teoria nella formazione?
La tesi che questo volume vuole verificare è che il principio dell’alternanza formativa, in una prospettiva pedagogica, può fornire significativi orientamenti per trovare orizzonti di risposte a questi interrogativi. L’idea generale che si vuole presentare è che il principio di alternanza formativa, che agisce nei processi educativi-formativi e ne permette l’analisi, si costituisce sia sulle differenze tra teoria e pratica, esperienza e formazione, sia sulla loro unitarietà all’interno del comune processo formativo. Per questa ragione, non può essere ridotto il valore delle differenze tra le due endiadi per giungere, rapidamente e frettolosamente, ad analizzare le conseguenze della loro appartenenza a un processo comune. Ma, prima di interrogare le differenze tra esperienza e riflessione che appartengono alla categoria di alternanza formativa, è necessario specificare la funzione che questo principio assume nel sapere pedagogico e perché ne costituisce un cardine epistemologico rilevante.











[1] Il termine “alternanza” significa: «successione di elementi due a due contrapposti o complementari. In botanica. Legge delle alternanze, secondo cui i grandi segmenti dell’organismo, come il tronco o gli arti, non crescono simultaneamente né parallelamente» (G. Devoto, G.C. Oli, Vocabolario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze 1982, p. 93).
[2] M. Gennari, La filosofia come formazione dell’uomo, Bompiani, Milano 2001, pp. 740-744. Su questo tema, per limitarci all’ambito italiano, si vedano a titolo d’esempio: M. Sirignano, La pedagogia della formazione. Teoria e storia, Liguori editore, Napoli 2004; U. Margiotta, Teoria della formazione. Nuovi orizzonti della ped...

Table of contents

  1. Copertina
  2. ALTERNANZA FORMATIVA
  3. Indice dei contenuti
  4. INTRODUZIONE
  5. I. L’ALTERNANZA FORMATIVA COME PRINCIPIO PEDAGOGICO
  6. 1. Che cosa significa alternanza formativa come principio pedagogico
  7. 2. L’alternanza formativa come principio di una pedagogia generale
  8. 3. La visione dell’uomo come condizione per l’alternanza formativa
  9. 4. L’uomo incarnato e le sue possibilità
  10. 5. L’uomo teoretico: lo studio e la contemplazione
  11. 6. La valenza formativa del lavoro
  12. 7. Le condizioni di realizzazione dell’alternanza formativa: tempo, imitazione e armonia
  13. II. LE RADICI STORICHE DELL’ALTERNANZA FORMATIVA. ANTOLOGIA PER UNA PEDAGOGIA DEL LAVORO
  14. 1. Le mani e l’intelletto nel mondo classico
  15. 2. Corpo e anima nella riflessione cristiana medioevale
  16. 3. Negotium e otium nella modernità
  17. 4. Teoria e pratica nel Novecento
  18. APPENDICE NORMATIVA
  19. INDICE DEI NOMI
  20. CULTURA STUDIUM