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Startup

Sogna, credici, realizza. Dall'idea al successo

Eleonora Chioda, Giancarlo Donadio, Luca Ingrosso, Tiziana Tripepi

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  1. 288 pages
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Sogna, credici, realizza. Dall'idea al successo

Eleonora Chioda, Giancarlo Donadio, Luca Ingrosso, Tiziana Tripepi

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Come nasce l'idea di una startup? Come si conquista il mercato? Dove si trovano i soldi? Business angel e venture capital? Il crowdfunding funziona? Che differenza c'è tra incubatore e acceleratore? Cos'è l'open innovation? Come si fa un'exit? Andare all'estero: sì, no, quando? E se poi fallisco? Il fenomeno delle startup, nato nella Silicon Valley, è arrivato anche in Italia. Giovani talenti, studenti illuminati, ingegneri, programmatori si inventano un'impresa innovativa. Hanno un sogno e sono disposti a tutto per realizzarlo. Non sono mossi dalla logica del profitto, ma da quella di cambiare il mondo. Sono i nuovi eroi. Questo libro è una guida essenziale per chi vuole creare una startup. Scritto da quattro giornalisti che ogni giorno si confrontano con questo ecosistema. 10 capitoli da leggere tutti d'un fiato, con le interviste esclusive ai founder di startup mondiali, da Airbnb a Candy Crush. 10 capitoli da sottolineare. 10 capitoli da conservare nel tempo per chi vuole farcela. E magari, chissà, cambiare il mondo.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2016
ISBN
9788820376338
1
COME NASCE UNA STARTUP: L’IDEA
LA STORIA
COME SI FA
LE INFOGRAFICHE
LA STORIA
JOE GEBBIA: “L’IDEA DI AIRBNB? È NATA DA UNO SFRATTO”
Da sinistra, Joe Gebbia, Nathan Blecharczyk e Brian Chesky.
“Le buone idee nascono dall’urgenza. Devi avere prima di tutto fame. Poi guardare quello che si muove intorno a te, infine rischiare e perseverare”.
San Francisco, ottobre 2007. In un mini appartamento, nel quartiere di South of Market, convivono Joe Gebbia e Brian Chesky, due amici con molte cose in comune. L’età, la professione e un sogno. Hanno 26 anni, sono due designer e vogliono fare una startup. “Quando frequentavamo la Rhode Island School of Design, il nostro sogno era creare un’azienda che avesse la stessa portata di quella realizzata dalla leggendaria coppia americana di designer Charles e Ray Eames, gli inventori della sedia lounge. Hanno cambiato il mondo, lo hanno reso un posto migliore, arrivando a milioni di persone. Per molti anni, abbiamo sognato di fare la stessa cosa” ci ha raccontato Joe Gebbia, cofounder di Airbnb. Poi la vita fa il suo corso, e a spezzare i sogni dei due amici un bel giorno arriva una lettera: il proprietario di casa vuole aumentare l’affitto del 25%. Pena lo sfratto. In banca hanno 1.000 dollari in due. Devono tirarne fuori 1.150. “Stavamo discutendo sul nostro problema ‘aritmetico’ quando ci è venuto in mente che a San Francisco stava per iniziare un importante evento. In città non si trovava posto per dormire. Gli hotel erano tutti pieni”. I due decidono di affittare lo spazio extra del loro loft. Non hanno letti, comprano dei materassini gonfiabili, scattano alcune foto e le mandano ai blogger che seguono la manifestazione. Prezzo: 80 dollari a notte, colazione compresa. In quello stesso weekend un indiano, una ragazza di Boston e un padre di famiglia dello Utah dormono nel loro salotto. Così è nato Airbnb, il marketplace online che mette in contatto chi cerca un alloggio – per una notte, una settimana o un mese – con chi dispone di uno spazio extra. In una settimana, Joe e Brian guadagnano mille dollari. Pagano l’affitto e capiscono di avere trovato una strada per sbarcare il lunario. “Iniziavamo a ricevere email da gente che ci chiedeva case in altre destinazioni: Buenos Aires, Londra, Giappone. Abbiamo iniziato così a immaginare un sito con una versione più internazionale. E mentre risolvevamo i nostri problemi, risolvevamo anche quelli degli altri”.
La sensazione? Quella di salire su un ottovolante
È a quel punto che i due coinvolgono il loro coinquilino, ingegnere e programmatore, Nathan Blecharczyk: in cinque giorni costruiscono il sito, inventano il marchio e iniziano a studiare come farsi pubblicità. Nasce Airbnb, nome abbreviato per air bed and breakfast (air bed significa materassino gonfiabile). “Ci informavamo: quando sarà la prossima fiera? Intorno a essa costruivamo un network di alloggi. Chiedevamo le case ad amici, parenti, amici degli amici. Intanto ci davamo da fare per cercare i finanziamenti. Non avevamo esperienza nel campo, ma volevamo farcela. Eravamo eccitati come quando si è in fila per salire su un ottovolante. Non sapevamo dove saremmo arrivati, ma ci sentivamo sulla strada giusta”.
La seconda città dove Airbnb si diffonde è New York. I tre lanciano il portale nel 2008, in occasione della convention nazionale dei Democratici, per sfruttare al massimo il problema della mancanza di hotel. Ma sono a corto di soldi. Per raccogliere i primi 25 mila euro comprano una tonnellata di cereali e disegnano sulle scatole la faccia di Obama e dell’avversario McCain. Prezzo 40 dollari. Ne mettono in vendita 1.000, 500 per ogni scatola. Raccolgono 30 mila dollari. Quando incontrano Paul Graham, tra i più celebri investitori ed esperti di startup in Silicon Valley, si sentono dire: “È un’idea folle. Ma chi farà mai questa cosa? Io no di certo! Ma se siete riusciti a convincere la gente a comprare cereali, la convincerete anche ad affittare materassini gonfiabili. Siete come scarafaggi, potete sopravvivere a tutto”. Questo per Joe, Brian e Nat è stato il miglior complimento che si siano mai sentiti dire. E alla stampa americana, Graham ha poi raccontato: “Tutte le volte che uno startupper mi dice che non sa come trovare i primi 25 mila dollari, mi alzo, vado a prendere la scatola dei cereali e racconto questa storia meravigliosa”.
I primi investitori? Dicono no all’affare del secolo
Nel 2008 sono molti gli investitori che non capiscono la portata rivoluzionaria di Airbnb. Tra questi anche Fred Wilson, investitore di Union Square Ventures, che ancora oggi conserva nel suo ufficio una di quelle scatole di cereali per ricordarsi l’errore che ha commesso. Ma dopo numerose porte in faccia ed email piene di rifiuti e di “ripassa quando hai trovato qualcuno che crede in te”, arrivano i primi 60 mila dollari da Sequoia Capital, il fondo di venture capital americano che è stato uno dei primi a finanziare Google.
Intanto nel 2010 i fondatori lavorano per distinguersi da altre piattaforme che ospitano annunci (su lavoro, eventi, appartamenti…). La più forte all’epoca era Craigslist, che aveva quello che mancava ad Airbnb: gli utenti. I tre sanno che chi vuole esperienze lontane da quelle di un hotel, le cerca proprio su Craigslist. Ecco l’idea disruptive: Airbnb decide di permettere ai suoi utenti di postare le loro offerte di case anche su Craigslist. Inviano a tutti una email che dice: “Se ri-posterai la tua offerta su Craigslist aumenterai i tuoi guadagni di 500 dollari al mese”, con un link: cliccandolo si accedeva direttamente a Craigslist. I vantaggi di questa integrazione (Airbnb/Craigslist) sono stati immediati: non solo si aumentava il volume di clienti via Craigslist, ma la migliore qualità delle offerte di Airbnb (migliori descrizioni degli appartamenti, foto più carine…) portava gli utenti a fare lo switch, a passare cioè da Craigslist direttamente ad Airbnb. Come poi è avvenuto.
Da allora l’espansione è stata mondiale. Da San Francisco a New York e poi Londra, Parigi, Mosca, San Paolo e India. E ha attirato nuovi investitori. A oggi, i tre sono riusciti a raccogliere 3,39 miliardi di dollari in 9 round da nomi come Y Combinator, Sequoia Capital, Keith Rabois, Andreessen Horowitz, Ashton Kutcher, Founders Fund e TPG Growth.
I fondatori di Airbnb.
“The leadership is a state of mind. È quell’atteggiamento che ti spinge a farti domande e a cercare di capire cosa funziona e cosa no. Noi abbiamo imparato ad ascoltare i nostri clienti e i nostri collaboratori”.
Social connection
Airbnb viene considerata il più grande hotel del mondo. È presente oggi in 34 mila città, 191 Paesi. Ha superato l’Hilton nell’immaginario di chi cerca un hotel. La società è stata valutata 25 miliardi di dollari. Ha chiuso il 2015 con un fatturato di 900 milioni di dollari. Eppure Joe e Brian continuano ad affittare il loro divano per 40 dollari a notte.
Ciò che distingue il sito dai suoi concorrenti è la social connection. Su Airbnb vedi la faccia di chi ti ospita, puoi consultare il suo profilo sui social network, scoprire se hai amicizie o connessioni in comune. “La ragazza di Boston è stata così felice dei giorni passati con noi a San Francisco, che ha deciso di trasferirsi in città sei mesi dopo. Uno degli indiani che ha dormito nel nostro appartamento ci ha invitato al suo matrimonio”. Con Airbnb chiunque può essere un imprenditore e un ambasciatore del proprio Paese. “Il nostro motto è Trust and Sharing: fidati e condividi. Puoi guadagnare, imparare una lingua, fare amicizia con chi ospiti”. Dopo Usa e Francia (dove è possibile dormire anche in una stanza immersa tra i pesci nell’acquario di Parigi), l’Italia è il terzo Paese al mondo per numero di alloggi messi a disposizione sulla piattaforma.
Perché Airbnb è il posto più bello al mondo dove lavorare
Case sugli alberi, castelli, ville, igloo, barche, roulotte: tutto può essere messo in affitto su Airbnb, che ha vinto il premio del portale americano Glassdoor come posto più bello del Pianeta dove lavorare. I motivi? Ambiente innovativo, etica, founder con grande visione che puntano continuamente a migliorare l’idea. “Negli uffici di Airbnb di San Francisco, abbiamo voluto creare spazi per favorire le ‘connessioni’ tra le persone, spazi liberi e uffici pieni di energia: è così che nascono le grandi idee. Stiamo lavorando per creare un mondo dove non importa da dove vieni. Un mondo che espanda la ricchezza delle connessioni umane. Dove andare oltre, non necessariamente più lontano” ci ha detto Joe Gebbia. Quando i tre hanno chiesto a Peter Thiel, cofondatore di PayPal, un solo consiglio per continuare a crescere, si sono sentiti rispondere: “Tenete ben stretti i principi con cui avete fondato questa startup: continuate a fare le cose con passione”. Ad aprile 2014, Brian Chesky scrive ai suoi dipendenti una lettera per raccontare la chiacchierata con Thiel. E aggiunge: “Vogliamo che Airbnb sia ricordata non solo come un sito per affittare appartamenti, ma per i suoi principi, i suoi valori. In una parola, per la sua cultura aziendale. Cultura è il modo in cui scrivi una email, lavori su un progetto, cammini nella hall della tua azienda. Più ne hai, più la tua startup diventa agile, più ogni membro della tua azienda farà la cosa giusta, sarà indipendente. Assumerà lo spirito imprenditoriale. E se riesci a trasmettere questo spirito ai tuoi dipendenti, riuscirai a camminare sulla luna”.
La storia dei ragazzi di San Francisco sembra un film che ha appassionato il mondo. Per ringraziare i milioni di utenti e continuare a sognare, i tre hanno allestito gli spazi del quartier generale in Silicon Valley con gli interni delle case più belle e più cliccate su Airbnb. La sala riunioni? Assomiglia alla più famosa casa sull’albero della California.
COME SI FA
CHE COS’È UNA STARTUP
Da qualche anno tutti parlano di startup. Le pagine di siti e giornali sono inondate di storie di aspiranti imprenditori, giovani e meno giovani, che usano il web e le nuove tecnologie, soprattutto digitali, per creare imprese dove l’innovazione la fa da padrona. Software, piattaforme, marketplace, e-commerce, app sono diventate parole di uso comune. I nuovi imprenditori hanno idee, progettano imprese, inventano nuovi business model. E con essi costruiscono il futuro dell’Italia.
La definizione
La startup è un’impresa con un DNA completamente diverso dalle imprese tradizionali. Per capire la loro portata rivoluzionaria, ripercorriamo le definizioni di alcuni pionieri, imprenditori e venture capitalist, che hanno avuto il merito di fissare alcuni punti chiave di questo fenomeno.
Steve Blank, serial entrepreneur e docente alla New York University, ...

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