CRESCITA PERSONALE
La consapevolezza dei dati
Il punto di partenza per raggiungere l’obiettivo di un progetto digitale è porsi un obiettivo, innanzitutto. Il primo motivo d’insuccesso di un’impresa è esattamente questo: l’assenza di un traguardo preciso da raggiungere. Ovviamente non si tratta di porsi punti d’arrivo generici e grossolani, come per esempio riuscire a vendere tanto o giungere a guadagnare molto, ma stabilire degli obiettivi chiari e dettagliati, il cui raggiungimento sia misurabile e che permetta di avere una chiara meta da perseguire.
Ed ecco che entra in gioco una componente fondamentale del nostro lavoro: la consapevolezza. Una buona definizione, anche se parziale, della consapevolezza è essere coscienti nel momento presente o, più semplicemente, la consapevolezza è la capacità di essere presenti in quello che stiamo facendo, mentre lo stiamo facendo. In sintesi la consapevolezza consiste in conoscenza, comprensione e coscienza, e si manifesta attraverso uno stato mentale che possiamo definire lucido, aperto e presente. Detto in poche parole, si è consapevoli quando si conosce e si comprende in piena coscienza un oggetto, un evento, una caratteristica, una persona, un’azione, un sentimento, una conseguenza ecc.
Quindi senza consapevolezza non possiamo avere la visione chiara del percorso intrapreso. Alcuni aspetti emersi grazie alla consapevolezza potrebbero, però, essere anche in opposizione con quello che abbiamo sempre pensato o potrebbero costringerci a uscire dalla nostra zona di comfort. La consapevolezza può portare sconvolgimenti profondi: in tal caso, nulla sarà come prima.
Infine, la consapevolezza consiste anche nel comprendere che, senza un monitoraggio costante dei dati che possiamo ottenere dagli strumenti in nostro possesso, non ci resta che sperare e affidarci al caso, oppure naufragare sconfortati in un mare di numeri. Questi tipi di approccio sono molto frequenti e conducono sempre dritti all’insuccesso: l’immensa quantità di dati contenuta negli strumenti di Analytics può spaventare, ma il nostro business è racchiuso proprio là dentro e sapersi muovere all’interno di questo spazio rappresenta la consapevolezza indispensabile per il successo.
Molte persone preferiscono non sapere, quindi non agire, molti si fidano semplicemente del proprio intuito senza verificare gli effetti reali della strategia messa in atto: in questo modo si creano alibi o si compiono azioni che hanno conseguenze disastrose.
Facciamo un piccolo esempio: abbiamo intrapreso una campagna Facebook per pubblicizzare il nostro prodotto. Se vediamo che alcuni amici hanno messo un “Mi piace” procediamo soddisfatti, se non visualizziamo nessuna apparente reazione al post, sfiduciati, stacchiamo la campagna. Nulla di più errato: analizzando i dati in profondità possiamo scoprire il vero andamento della campagna, che non può essere conosciuto a intuito semplicemente dando uno sguardo in superficie. Gli strumenti ci forniscono i dettagli e solo dopo averli esaminati dobbiamo agire: questa, appunto, è la consapevolezza. Non dobbiamo lasciarci spaventare dall’immenso volume di dati a nostra disposizione, né pensare che perderemmo troppo tempo nel cercare le risposte di cui abbiamo bisogno: la consapevolezza è prima di tutto conoscenza perciò, se avremo chiaro in testa cosa cercare, basteranno pochi minuti per entrare nella banca dei dati, controllare e scegliere.
A questo punto saliamo il secondo scalino e scopriamo l’importanza del saper misurare.
Che cosa è la misurazione
Uno dei più illustri scienziati della storia, Galileo Galilei, scrisse: “Misura tutto ciò che è misurabile e rendi misurabile tutto ciò che non lo è”.
Ma che cosa intendiamo per misurazione?
Spesso usiamo delle parole che ci rimbalzano in testa senza conoscerne il reale significato e il corretto utilizzo: in realtà ogni parola contiene una vibrazione che risponde alla nostra mente, provocando una nostra azione o stimolando una configurazione standard del nostro linguaggio.
Ai miei corsi pongo sempre questa domanda: che cosa è per te la misurazione?
Le risposte sono sempre legate al lato tecnico della parola: la misurazione è un’unità di misura che ci consente di capire un valore, una quantità, una distanza. Tutto ciò è vero, corretto da un certo punto di vista, ma attenendoci a questo concetto stiamo volgendo il nostro sguardo solo alla parte più meccanica della questione: ci serve capire lo scopo di questa parola, perché, effettivamente, fare Analytics significa misurare.
La definizione più corretta concerne il capire la distanza che c’è tra il mio punto di osservazione e il mio obiettivo: d’acchito può sembrare banale, in realtà configura un approccio completamente diverso.
Molte aziende impiegano forze e tempo a misurare e capire i dati, confrontandosi poi in “riunioni fiume” che non conducono a un punto di svolta, a quella chiave che permette di spalancare la visione del percorso da intraprendere. Dopo queste riunioni, quasi sempre, i componenti dello staff si alzano, confusi, senza sapere minimamente quale sia la mossa successiva da compiere.
Sapere ciò che si deve fare nell’immediato e, di conseguenza, agire senza indugi sono i passaggi che permettono il successo di un progetto e non si verificano perché la misurazione, senza un obiettivo e uno strumento definito e condiviso, non funziona.
Quindi tutto deve iniziare da una semplice quanto indispensabile domanda: quale è l’obiettivo della misurazione che sto facendo?
Cercando di rispondere a questo quesito riusciremo a focalizzare le nostre intenzioni e a convogliare le nostre energie verso l’attesa di un risultato, sicuramente interpretabile, ma con una direzione chiara e definita.
Analizzare i dati in profondità
I dati sono un patrimonio che dobbiamo riuscire a trovare: per poter sfruttare al meglio la montagna di dati di cui siamo in possesso, è necessario scavare.
Analizzando con precisione, scavando a fondo, si compie uno sforzo notevole, ma ci sono grosse possibilità di successo, grandi probabilità di capire i nostri errori e correggerli, ottime opportunità di raggiungere i nostri obiettivi. Per spiegare meglio questo concetto vediamo una rappresentazione semplice e intuitiva, che rivela i diversi tipi di approccio alla conoscenza dei dati; una metafora chiara e immediata, visibile nella Figura 1.1.
La Figura 1.1 è utile per capire alcune dinamiche e nel contempo è un’immagine simbolica, non solo per la questione dei dati ma anche per la vita in generale.
Figura 1.1 – I diversi atteggiamenti nel raggiungere il proprio obiettivo.
Sulla destra, in alto, troviamo quello che guarda i lavori, come fa solitamente un pensionato nei cantieri: con le mani dietro la schiena osserva, critica, fa domande e si lamenta. Se continuiamo a guardare, sulla sinistra scoviamo l’uomo che c’ha provato ma poi ha rinunciato, preferendo dormire e rilassarsi, perché il lavoro è troppo faticoso. Proseguendo verso il basso, sulla destra, ecco che appare chi decide di smettere e chiedere aiuto: si sbraccia e grida per uscire al più presto da questa situazione.
E poi c’è chi scava, chi decide di andare a fondo, di provare a raggiungere i propri obiettivi: uno degli uomini raffigurati ha trovato l’oro, era ciò che desiderava, così si accontenta e si ferma. E infine c’è colui che decide di perseverare, di non fermarsi all’oro, ma cercare i diamanti, scavando sempre più a fondo.
Quella che proverete conducendo analisi corrette e dettagliate del vostro progetto online sarà la stessa sensazione del cercatore di diamanti: non vi sarete limitati a guardare gli altri, ad arrendervi, a fermarvi per la troppa fatica, o a urlare chiedendo aiuto; avrete scavato nel profondo dei dati, arrivando al punto, ottenendo il risultato e raggiungendo l’obiettivo. Solo in questo modo arriverà il successo di cui abbiamo parlato.
Adesso che abbiamo capito l’importanza di consapevolezza e misurazione, ora che abbiamo visto quanto sia indispensabile scavare nella profondità dei dati, siamo pronti per affrontare un concetto fondamentale per il percorso di ogni azienda: il primo aspetto della competizione, ossia la comparazione dei dati.
La comparazione
Le domande che gli imprenditori si pongono più di frequente sono legate alla bontà dei propri dati: “come sto andando? Sta funzionando tutto bene? Potrebbe andare meglio?”.
Effettivamente sono quesiti corretti: il desiderio di comprendere dove ci troviamo e cosa dobbiamo fare per migliorare fa scattare subito l’idea di equiparare la nostra azienda e i competitor.
“Stiamo vivendo un momento di svolta che trasformerà la società della competizione in quella della collaborazione.„
Siamo cresciuti nella cultura della competizione: come i bambini, a scuola, cercano di guardare sempre cosa fa il vicino di banco per essere più bravi di lui, così nel mondo business si guarda il competitor e si copiano le soluzioni, la comunicazione, la strategia; spesso crediamo che, se per lui funzionano, possano andare bene anche per noi.
In questa visione lo scopo è crescere in relazione ai rivali, fare di tutto non per superare se stessi, bensì per superare i competitor. Nella mia opinione questa non è la direzione in cui si sta dirigendo il futuro: stiamo vivendo un momento di svolta che trasformerà la società della competizione in quella della collaborazione, per cui serve sviluppare un senso critico diverso, legato a un confronto diretto con noi stessi. Per far funzionare il nostro progetto, il punto di riferimento non deve essere il nostro rivale, l’azienda leader del settore in cui operiamo, oppure un guru della comunicazione; il punto di riferimento siamo noi ed è sul nostro operato, sui risultati che otteniamo, che dobbiamo fare delle valutazioni. Faccio spesso esempi legati alla mia grande passione: la motocicletta. In questo caso il paragone è particolarmente calzante. Un pilota che in pista per la prima volta comincia a fare dei buoni tempi sul giro, e subito vuole compararsi con esperti che gareggiano da anni o che magari sono professionisti e vivono di questo lavoro, porrà l’attenzione su che cosa fanno questi ultimi, sul settaggio della loro moto, gli pneumatici che usano, le strumentazioni di cui dispongono, copiando il modello. In questo caso è probabile che i suoi tempi possano migliorare ma, concentrando la sua attenzione su di loro, perderà completamente la visione chiara di se stesso e quindi, di fatto, smarrirà un obiettivo di misurazione definito e deciso.
Dobbiamo analizzare i dati, capire quali sono i nostri errori, scoprire i punti da migliorare: la verità è che, per quanto pensiamo di conoscere i competitor, non sappiamo mai niente davvero del loro profondo, della loro visione, della loro etica e che cosa muove la ricerca di quel tipo di risultato. Continuiamo con le moto: se guardiamo al mondo della MotoGp e prendiamo il più bravo tutti, Valentino Rossi, capiamo subito che non sta troppo a guardare cosa fanno gli altri ma si concentra su una strada personale, su un suo metodo di lavoro particolare, comprendendo che la moto è semplicemente un mezzo, le cui prestazioni possono essere spinte oltre, ma è esclusivamente lui a fare la differenza. È lui che cerca di capire i limiti della sua moto, lavorando costantemente sul recuperare decimi di secondo, strappando performance migliori, spingendosi oltre, superando se stesso molto più che i rivali.
Guardare qualcuno che riesce meglio di noi è un ottimo modo per comprendere che è possibile raggiungere determinati risultati, fare uno step, crescere. Questo è uno sviluppo sano delle proprie qualità: concentrarsi nel migliorare costantemente il proprio lavoro e di conseguenza i risultati ottenuti.
Ci sono inoltre dei fattori che non possono essere descritti su un manuale, né insegnati in una lezione: sono meccanismi che vanno aldilà dell’aspetto scientifico, sono pillole di talento che risiedono dentro di noi e ognuno deve, prima di tutto, conoscerne l’esistenza e risvegliarne la potenza, per poi attingere a queste doti nei momenti decisivi e sfruttarne al meglio le potenzialità.
Questo è un passaggio chiave: per ottenere il successo nella misurazione, si devono analizzare soltanto i propri dati, comparandoli tra loro, al fine di capire che cosa sta funzionando e cosa ancora bisogna cambiare per migliorare.
Con l’argomento della comparazione abbiamo toccato tasti particolari, legati alla nostra introspezione e alla capacità di cercare in noi stessi forze e debolezze.
Ecco che siamo pronti per effettuare un altro step nella grande scala verso il successo: come affrontiamo le nostre paure e i sensi di colpa?
La paura
Nella società contemporanea l’essere umano sembra essere programmato per riempire ogni minuto della propria giornata, senza avere mai momenti per godersi una pausa; restano soltanto le festività canoniche, i weekend e le varie feste comandate: sono questi i soli momenti in cui è lecito rilassarsi. Non solo, il famoso “tempo libero” di cui disponiamo diviene quasi un tabù: cerchiamo infatti di occupare costantemente anche i momenti di relax, perché ci appare impossibile fermarci e non fare nulla.
È un precetto culturale tipico della nostra epoca. Un narratore di favole francese, nel 1600, parlava di “dolce far niente”, un riposo utile per il corpo e per la mente, indispensabile per ricaricarsi e ripartire col lavoro; un concetto oggi completamente sconosciuto e quasi bandito. Siamo generalmente schiavi di una particolare sensazione che s’insinua nelle nostre teste: la paura di non aver organizzato bene il tempo nella giornata e di aver tralasciato o dimenticato qualcosa che andava fatto e ci è sfuggito. Di conseguenza, durante la nostra routine quotidiana spendiamo ore lavorative in cose forse poco utili al raggiungimento degli obiettivi, solo per sentirci in pace con la coscienza, senza renderci conto del tempo effettivamente trascorso sulle cose strettamente necessarie e quello sprecato in cose superflue.
Una frase che mi capita spesso di sentire è questa: “Oggi sono stato in ufficio dodici ore!”. Pochi però si chiedono: quante di queste ore sono state impiegate “realmente” per il raggiungimento degli obiettivi? Potevo impiegare la metà del tempo raggiungendo forse gli stessi risultati? Se facessimo una st...