L'arte del coinvolgimento
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L'arte del coinvolgimento

Emozioni e stimoli per cambiare il mondo

Fabio Viola, Vincenzo Idone Cassone

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L'arte del coinvolgimento

Emozioni e stimoli per cambiare il mondo

Fabio Viola, Vincenzo Idone Cassone

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Il coinvolgimento (engagement) sarà il motore del XXI secolo. Aziende, enti pubblici e associazioni no profit dovranno ripensare e riprogettare larga parte del loro modo di relazionarsi e coinvolgere consumatori, lavoratori e cittadini. Intere nuove generazioni di individui hanno ormai abbracciato i videogiochi come primaria forma di intrattenimento: sarà sempre più necessario riprogettare i vari aspetti della vita quotidiana per riprodurre quel senso di sfida, feedback in tempo reale, premialità, imprevedibilità e in definitiva soddisfazione propri del medium videoludico. Gli autori esplorano l'intersezione tra game design, scienza comportamentale e innovazione per fornire chiavi di azione utili a implementare le meccaniche e dinamiche di engagement nei contesti più vari: finanza, salute, educazione, lavoro, shopping, progettazione urbana e altro ancora.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2017
ISBN
9788820378998
Capitolo 1
LA NATURA DEL COINVOLGIMENTO
Iniziò tutto durante un’intervista, in una delle sue tipiche giornate di lavoro come giornalista. Federico Bitti provò un impulso irrefrenabile ai muscoli del collo, che avevano iniziato a muoversi di propria iniziativa, facendogli ruotare la testa nella direzione opposta rispetto al collega. Per fermarla serviva la forza di entrambe le mani.
In realtà quello era il primo sintomo della distonia focale, un disturbo del movimento che provoca contrazioni involontarie in diverse zone del corpo, facendo irrigidire i muscoli con una forza inaudita, tanto da rendere anche i movimenti più semplici un’impresa titanica, accompagnata da spasmi, dolori costanti e una postura perennemente distorta. I primi anni furono per Federico un inferno, trascorso tra esami, cure inefficaci e depressione. Impossibilitato a bere, guidare o anche solo stare seduto su una sedia.
Finché un giorno non scoprì Intertwined, libro in cui il professore Joaquin Farias illustrava i risultati della sua tecnica, fondata sul principio che il cervello potesse essere rieducato a ricordare la coordinazione e la postura che aveva dimenticato, tramite un lento e costante percorso di rieducazione muscolare.
Grazie a un enorme sforzo, superando dolore, nausea e disagio, Federico iniziò a migliorare, per la prima volta dopo anni. Un miglioramento lento e progressivo che trovò una svolta in una fredda serata canadese quando, uscito dalla sessione terapica, indossò il suo iPod e si ritrovò casualmente ad ascoltare Vogue, canzone degli anni Novanta di Madonna. Federico fu completamente assorbito da quella melodia di tre minuti, che fece volare i suoi ricordi agli anni della giovinezza fatti di uscite in discoteca con gli amici e balli sfrenati.
Per pochi minuti i suoi movimenti divennero miracolosamente più liberi e fluidi, liberi dalla distonia.
Federico e Joaquin iniziarono a integrare il ballo nella terapia, con risultati impressionanti raccontati e mostrati da Federico nel TEDx talk di Napoli nel 2015. La storia del giornalista di Repubblica non è un caso isolato: il libro di Farias racconta di come cucinare abbia migliorato la vita a un famoso violinista, l’arrampicata sia diventata la chiave di cambiamento per un pianista e la corsa l’ancora di salvezza per un chirurgo.
Il potere del coinvolgimento
La storia di Federico Bitti ci porta un passo più vicino a comprendere il potere che il coinvolgimento può avere nel migliorare, per pochi secondi o per sempre, le nostre vite.
Una canzone ha avuto questo potere per Federico, liberandolo alla presa della malattia e riportandolo indietro alla libertà della giovinezza. Indipendentemente dal nostro passato e dal contesto in cui viviamo, tutti noi, nell’arco della nostra esistenza, abbiamo provato più e più volte il coinvolgimento verso qualcosa o qualcuno. Un fenomeno che accomuna bambini e anziani, supera ogni barriera geografica, sociale ed economica per dare vita a un legame fortissimo che si presenta, spesso, imprevedibilmente e inconsapevolmente.
Quanti di noi provano sensazioni forti ascoltando una canzone, guardando un film o durante una sessione al videogioco preferito? Quanti provano un piacere fisico nell’utilizzare oggetti come uno skateboard, una chitarra, uno smartphone? E ancora, quanti continuano a emozionarsi ripensando a un momento della loro vita coniugale, guardando una vecchia foto di famiglia, ascoltando un carillon o anche semplicemente dando un’occhiata di sfuggita ai magneti posizionati sul frigorifero?
Una persona coinvolta in qualsiasi tipologia di attività, prodotto o soggetto presenta delle alterazioni fisiche e psicologiche. I nostri comportamenti cambiano spontaneamente, anche senza bisogno di alcuna motivazione o interesse preesistente, in uno stato di propensione positiva e partecipazione attiva. Le ore volano via velocemente senza accorgersene: in questi momenti diventiamo più concentrati, sereni, creativi e felici, tendiamo a ragionare per obiettivi, a dare il massimo e a sviluppare soluzioni creative.
La curva di attenzione cresce enormemente, superando quei fatidici 8 secondi che un’indagine Microsoft del 2012 assegna mediamente all’essere umano, portandoci un gradino sotto il pesciolino rosso, il cui focus sarebbe di 9 secondi. Il coinvolgimento è del resto fondamentale per l’apprendimento: quando siamo immersi in un’esperienza stimolante cerchiamo continuamente di migliorarci, impariamo più volentieri, divoriamo informazioni a un ritmo impressionante. Si pensi a una persona che ha appena scoperto il mondo del collezionismo di monete. Probabilmente divorerà libri su libri per sapere tutto sulla numismatica, parteciperà a eventi e fiere dove cerca di incontrare altri appassionati che prima di lui hanno intrapreso questa attività, continuerà a porre incessantemente domande e ad alimentare la sua curiosità.
E se tutto questo accadesse nelle nostre scuole?
La scienza del coinvolgimento
Esiste una spiegazione scientifica per questi fenomeni, che accomuna tutti noi. Le ultime ricerche della neuroscienza suggeriscono che l’essere umano sia spinto a perseguire comportamenti che attivano il circuito di ricompensa del cervello. I momenti della nostra vita carichi di valenze emotive e significato persistono più a lungo nella nostra memoria e sono richiamabili con maggiore accuratezza rispetto a quelli neutrali.
È ormai attestato che la corteccia prefrontale è la parte del nostro cervello deputata a svolgere funzioni esecutive come il risolvere problemi, mantenere la soglia d’attenzione e inibire gli impulsi emozionali. Se la corteccia prefrontale può essere considerata l’amministratore delegato del corpo umano, la corteggia cingolata anteriore è la sua segretaria personale. Tra i suoi compiti c’è quello di fungere da filtro alle tante stimolazioni e svolgere azione di raccordo in una continua teleconferenza tra le altre parti del cervello, specialmente l’amigdala. Quest’ultima è deputata all’insorgenza e al mantenimento delle emozioni in virtù della presenza di neurotrasmettitori della dopamina. Ogni qual volta il cervello ravvisa un momento coinvolgente nella nostra vita, chiede all’amigdala di rilasciare dopamina nel sistema proprio come una segretaria personale lascia un post-it per ricordare un appuntamento importante all’amministratore. Gli scienziati hanno dimostrato, infatti, che la dopamina gioca un ruolo fondamentale nella memorizzazione a lungo termine di un’informazione.
Non è forse quello che ogni azienda, istituto scolastico e pubblica amministrazione sogna?
Eppure, nonostante il grande aiuto portato negli ultimi anni dalla neuroscienza, non è certo semplice comprendere, e di conseguenza stimolare e alimentare il coinvolgimento: è un processo in cui si mescolano razionalità e irrazionalità. Come spiegare del resto l’ascolto ossessivo in loop di un brano che ci ha particolarmente catturato?
Il coinvolgimento è uno stato, individuale o collettivo, che muta nel tempo per manifestazione e intensità, difficile da spiegare anche per chi lo sta provando. Moltissimi autori e studiosi, ricercatori e designer hanno tentato di definire quali siano i caratteri che emozionano, affascinano, creano piacere e coinvolgono in un prodotto, una relazione o un evento. Per questo motivo, il nostro libro ha lo scopo di porre domande e non solo di dare risposte: d’altronde, come potremmo pensare di chiarire perfettamente, in poche centinaia di pagine, un fenomeno così complesso, largamente influenzato dall’ambiente nel quale si cresce e vive ancor più che dal patrimonio genetico, soggetto a mutamenti nel tempo e nell’intensità, alle interazioni con le persone che ci circondano?
Le forme del coinvolgimento
Ma ciò non significa che sul coinvolgimento non si possa dire nulla. Al contrario, è possibile provare a rispondere a una domanda fondamentale: quali sono le componenti del coinvolgimento? La classificazione che proponiamo è un modo per iniziare ad affrontare la questione, mostrando le caratteristiche più evidenti e più comuni di ciò che consideriamo coinvolgente. Non pretendiamo di fornire una spiegazione perfetta: si può pensare a una gradazione per livelli, dal più semplice e immediato al più complesso e intenso. Una persona coinvolta oscilla tra queste dinamiche e nel corso della vita la natura del suo coinvolgimento verso persone, situazioni o oggetti può cambiare. Ciononostante, queste rimangono a nostro avviso le manifestazioni fondamentali del coinvolgimento: attrazione, interazione, esperienza.
Coinvolgimento è attrazione
L’odore inatteso di un profumo. Il motivetto ossessivo dell’ultimo tormentone estivo. Un capo di abbigliamento che per forma e colore richiama l’attenzione tra mille esposti. Un’interfaccia grafica digitale particolarmente accattivante. Tutti questi esempi hanno qualcosa in comune: la loro capacità di attrarre in maniera istantanea, di coinvolgere inaspettatamente, di scatenare uno o più sensi tramite odori, colori, consistenze e suoni. In un istante dimentichiamo tutto il resto, e non sempre sappiamo spiegarne il motivo.
Talvolta il coinvolgimento è una questione di attrazione, legato all’impatto estetico, a un gioco di sensazioni, a un design pensato per produrre emozioni e fare leva sulla nostra natura di esseri umani. È ciò che Donald A. Norman, nel suo libro Emotional Design, chiama “viscerale”. Non si tratta semplicemente di qualcosa di bello o grazioso. Al contrario: la grazia è una questione di apprezzamento, talvolta anche di distaccata riflessione. La bellezza può essere il rispetto di un canone preciso o di una moda passeggera, mentre questo processo è più simile alla seduzione, con i suoi ritmi specifici, fatti per catturare in un continuo va-e-vieni. Oppure può agire con la rapidità di un colpo di fulmine, con un fortissimo impatto sensoriale; infine può legarsi a un’aura indefinita, al fascino misterioso e indefinibile di certi oggetti, come un profumo che rimane nell’aria.
Scatenare questo coinvolgimento è un misto di arte e scienza, come il mondo dei profumi ci ricorda: frutto di un lavoro “alchemico” di bilanciamento tra esperienza e teoria. I sensi devono essere allettati, catturati e stuzzicati con attenzione. La meraviglia e l’estasi dei poeti romantici di fronte alle cascate, con il loro rombo e l’altezza vertiginosa dell’acqua, trova un parallelo, per alcuni, nel rombo del motore di certe auto, nel guizzo con cui vediamo le loro superfici cromate sparire all’orizzonte. Per altri, nel suono perfettamente distinto di una nota musicale, di uno strumento sapientemente accordato sotto la mano di un grande artista. Lungo e complesso è il lavoro per estendere quelle sensazioni che abbiamo scoperto nella natura negli oggetti e nei processi con cui vogliamo che le persone intreccino una relazione speciale.
Un esempio del coinvolgimento attrattivo ci viene mostrato da The Fun Theory: una campagna lanciata nel 2009 da DDB Stockholm per la fondazione Wolkswagen, un’iniziativa che mirava a rendere i comportamenti delle persone più responsabili, ecologici, positivi. Come? Attraverso il potere del divertimento (da cui prende il nome). The Fun Theory mirava a ripensare le attività quotidiane, facendo leva sul divertimento come molla per cambiare abitudini e comportamenti, in modo che le persone decidessero spontaneamente di fare qualcosa che prima ritenevano noioso, pesante o inutile.
Uno degli esperimenti più apprezzati, divenuto ben presto famoso in tutto il mondo, fu il Piano Staircase. Cosa fare se la gente usa solo le scale mobili all’uscita dalla metropolitana? Basta trasformare le scale in tasti di pianoforte, che potranno essere suonate o strimpellate semplicemente calpestandole. Detto fatto, le scale prima deserte diventano affollatissime, vengono percorse a grandi balzi dai ragazzi, o da coppie che sperimentano un motivetto, o rapidamente dai bambini che adorano sentire il suono di una scala (musicale).
I progetti migliori di The Fun Theory utilizzano forme, colori, sensazioni per attrarre le persone e rendere alcune azioni quotidiane, come salire le scale e gettare l’immondizia, momenti interattivi e appassionanti, irresistibili. Trasformando la banalità del quotidiano in un momento di sorpresa, fanno leva su estetiche accattivanti e inviti al gioco e all’interazione.
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Figura 1.1 – piano Staircase.
Coinvolgimento è (inter)azione
La corsa a perdifiato dell’attaccante per un tiro al volo. Il momento in cui le nostre mani e lo strumento che suoniamo si muovono all’unisono. Lo strattone improvviso della lenza durante la pesca, dopo minuti di calma piatta. La concentrazione perfetta del karateka che esegue un kata.
Sensazioni di questo tipo provocano uno stato di completa attenzione, richiedono alla nostra mente e al nostro corpo una totale fusione con ciò che sta avvenendo, spesso raggiungendo il limite delle nostre capacità fisiche e mentali (paura e vertigine, rapidità ed equilibrio). Sono i momenti di uno sport in cui siamo perfettamente concentrati, completamente assorti da quello che dobbiamo fare tanto da non dover neanche pensare. O pensiamo a quegli oggetti con cui riusciamo a creare un legame talmente forte da abolire ogni barriera, da agire come se fossimo una cosa sola.
Il coinvolgimento è spesso una relazione speciale, un’interazione con un oggetto o una situazione in cui le barriere si rompono, e noi diventiamo un tutt’uno. Tipico dei momenti più eccitanti degli sport estremi, è una sensazione comune ad artisti nel pieno delle loro performance, ma anche alle persone normali che, in un momento o nell’altro, sono completamente concentrate e dedicate a quello che stanno facendo.
Lo psicologo Mihály Csíkszentmihályi ha studiato per decenni queste persone e queste sensazioni, arrivando a definirle stati di flow (flusso). Momenti estatici di fusione tra azione e intenzione, tra volontà e possibilità, tra mente e corpo. Il coinvolgimento è il risultato di tale azione/interazione. Come Federico Bitti, che è riuscito, dopo anni, a tornare in contatto con il proprio corpo tramite la terapia di Farias, recuperando lentamente quella memoria dell’uso attraverso continuo allenamento e sprone. E che all’improvviso, grazie a una canzone, è riuscito a ristabilire quella sintonia a lungo dimenticata.
Data la natura quasi fisica, tattile, di questa sensazione, per riprodurla sono necessarie diverse competenze: l’ergonomia, l’usabilità, l’interazione, lo studio dei materiali e tante altre scienze entrano in gioco per garantire un’esperie...

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