Manuale del risparmiatore
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Manuale del risparmiatore

Strumenti e strategie per operare con successo sui mercati finanziari

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Manuale del risparmiatore

Strumenti e strategie per operare con successo sui mercati finanziari

About this book

Descrive in modo completo ed esauriente le varie tecniche operative che possono essere utilizzare per gestire in modo consapevole i propri risparmi. In particolare, per poter ottenere rendimenti positivi nel medio termine, si spiega come sia necessario adottare una corretta asset allocation, ispirata a un sano principio di diversificazione. Gli autori segnalano come l'investitore debba prima di tutto effettuare un check up finanziario volto a definire qual è la sua situazione patrimoniale/finanziaria, il livello di rischio che è disposto ad assumere e il rendimento atteso dai propri investimenti. Nel volume vengono poi descritti tutti gli strumenti finanziari (azioni, valute, future, opzioni, etf, certificati ecc.) che possono essere utilizzati per costruire solide strategie operative. Sono inoltre spiegati gli errori che non si devono commettere quando si decidono di investire, sia direttamente sia indirettamente tramite i vari canali bancari, le proprie disponibilità. Nella parte finale è affrontato il ruolo fondamentale del risparmio e dell'investimento per lo sviluppo generale e i problemi che un'eccessiva tassazione (capital gain, tobin tax, elevate aliquote fiscali) possono generare nella crescita economica di un paese.

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Information

CAPITOLO 1

Il contesto: dai bond argentini a Lehman Brothers, quindici anni di insidie

Non esistono formule magiche per diventare ricchi investendo nei mercati finanziari. Chi cerca scorciatoie, colpacci o crede nella soffiata dell’amico rischia di rimanere a bocca asciutta o, ancora peggio, si espone a rischi elevati. Restando proprio su quest’ultimo punto, per avere successo negli investimenti, sia per un professionista sia per un piccolo risparmiatore, uno dei principi fondamentali da tenere bene a mente è quello di saper individuare e di gestire bene il rischio a cui è soggetta ogni singola scelta finanziaria e, di conseguenza, l’intero portafoglio. La storia ci insegna che i mercati finanziari sono volatili e l’andamento dei prezzi può subire forti oscillazioni a seguito di fattori che, molte volte, non dipendono dalla nostra volontà. Il banchiere John Pierpont Morgan, fondatore della famosa banca d’affari J.P. Morgan, già nell’Ottocento affermava che: “I mercati finanziari oscillano, è nella loro natura,” e il loro continuo movimento è influenzato dalle scelte d’investimento di milioni di attori che si basano su differenti criteri decisionali e quotidianamente si scambiano azioni, obbligazioni, valute, materie prime e qualunque altro tipo di strumento nella speranza di trarne un profitto. Oscillazioni continue che agli occhi di molti possono sembrare erratiche: ma sui mercati finanziari nulla è lasciato al caso. La macchina finanziaria è alimentata dalla propulsione di eventi di grande impatto mediatico, ma è anche condizionata da comportamenti infinitamente piccoli, i cui meccanismi agiscono molto spesso con automatismi e regole ben precise anche a distanza di parecchio tempo. Il compito di questo libro è far comprendere con semplicità quali sono le regole generali che bisogna applicare nell’investimento dei propri risparmi.
Uno dei più grandi speculatori del Ventesimo secolo, Jesse Livermore, amava ripetere che: “Non c’è nulla di nuovo in Borsa. E non ci può essere perché la speculazione è vecchia come le colline. Ciò che accade nel mercato oggi è accaduto prima e accadrà ancora.” In pratica, il sali e scendi dei mercati, quella che in gergo tecnico viene chiamata volatilità, è un moto antico come le maree. Ma il mare non è sempre calmo. E come il marinaio, anche l’investitore deve mettere in conto che potrebbe trovarsi nel bel mezzo di una tempesta.
Per considerarsi un investitore consapevole non basta conoscere gli strumenti finanziari, è assolutamente necessario conoscere le regole della finanza che ci consentono di affrontare tutte le insidie che potrebbero mettere a rischio non solo i guadagni accumulati ma anche i nostri preziosi risparmi.
Non c’è bisogno di tornare indietro nel tempo alla Grande Crisi del 1929, o alla bolla della New Economy, o ancora più indietro alla tulipanomania del XVII secolo, per ricordare a tutti che sui mercati finanziari si alternano momenti di ottimismo, con conseguente andamento al rialzo delle quotazioni, a momenti di pessimismo, con prezzi in crollo vertiginoso. L’evidenza empirica ci dimostra che i mercati finanziari non rispondono alla teoria economica che li considera “perfetti”, un luogo in cui i prezzi si stabiliscono autonomamente dall’incontro tra la domanda e l’offerta e sintetizzano alla perfezione tutte le informazioni conosciute in quel momento da tutti gli attori in gioco. Tutt’altro, i prezzi sono alla costante ricerca di un punto di equilibrio. Pertanto, chi si avvicinasse per la prima volta all’arena finanziaria, e decidesse di investire comprando le azioni di una società che ritiene interessante, deve sapere che il prezzo che vede in quel momento sul proprio monitor o sui giornali può salire o scendere improvvisamente, e anche molto rapidamente, perché il livello di valutazione fino a quel momento raggiunto può essere il frutto di un eccesso di ottimismo sul futuro della società o, al contrario, di esagerata sfiducia nelle prospettive economiche.
È fondamentale capire che, molto spesso, non è l’arrivo di una nuova notizia (per esempio, nel caso delle azioni, l’approvazione di un nuovo farmaco o la scoperta di un giacimento oppure la sigla di un nuovo contratto) a far muovere repentinamente i prezzi di Borsa. La maggior parte delle volte, una società perde valore in Borsa perché gli operatori cominciano a realizzare di aver sovrastimato, o sottostimato, le informazioni fino a quel momento conosciute. Ogni operatore ragiona con la propria testa e utilizza in maniera differente le informazioni. Come affermava l’economista del XIX secolo David Ricardo: “La gente esagera l’importanza degli avvenimenti.” I mercati salgono perché in quel momento le informazioni che giungono alla gran parte degli operatori alimentano la fiducia, o il pessimismo, nel futuro andamento dell’economia e delle singole aziende su cui si intende investire e pertanto, nel quotidiano confronto tra venditori e compratori, la maggioranza condiziona la tendenza del mercato. Ma come ci ricorda l’economista inglese John Maynard Keynes: “Essendo impossibile conoscere il futuro con un minimo grado di certezza, i valori del mercato azionario dipendono in definitiva da uno stato di fiducia che si forma dalla psicologia di massa di un gran numero di individui ignoranti.” Pertanto, i mercati non possono essere considerati efficienti poiché tutte le informazioni disponibili utilizzate per determinare il valore di una società, di una valuta, di un’obbligazione potrebbero essere il frutto di errate valutazioni o, per dirla alla Keynes, di aspettative che provengono da individui “ignoranti”. La considerazione pratica di questo approccio ci costringe a essere realisti, lucidi e disincantati ogni volta che dobbiamo prendere delle decisioni d’investimento. In pratica, per ritornare al pensiero del banchiere Morgan: “Apprendere il giusto atteggiamento verso le oscillazioni dei mercati è un passaggio fondamentale nella formazione di qualunque investitore di successo, professionale o meno che sia.”
Quando facciamo un investimento dobbiamo sempre chiederci se il prezzo fissato dal mercato rispecchia il reale valore del sottostante. Il mercato potrebbe esagerare con la valutazione e noi rischieremmo di comprare qualcosa che tra qualche mese potrebbe valere molto meno. Al contrario, in alcuni momenti potrebbe sottovalutare le reali potenzialità di un’azienda e, mentre la maggioranza continua a vendere, per noi l’acquisto di quell’asset1 potrebbe rivelarsi un affare.
Se parliamo del giusto approccio sui mercati non possiamo non citare uno dei padri della teoria dell’investimento basato sul valore: Benjamin Graham. Nel suo libro, The Intelligent Investor, sui cui concetti si basa buona parte della filosofia di investimento del finanziere Warren Buffett, sintetizza in maniera impeccabile qual è il giusto approccio che dobbiamo avere nei confronti del mercato: “Mr. Market – come lo chiama Graham – alcune volte è euforico e crede solo agli aspetti positivi che influenzano i suoi affari. Altre volte è depresso e si lascia condizionare solo dai problemi negli affari e nel mondo.” Ecco, se acquistiamo i suoi asset quando Mr. Market è depresso, e al contrario glieli vendiamo quando è euforico, faremo sempre buoni affari con lui.
Come in un gioco riflesso, i mercati rispecchiano la psicologia di massa. Lo stato d’animo di Mr. Market non è altro che la sintesi delle valutazioni dei singoli investitori che alternano stati di esuberanza (trend rialzisti) a fasi depressive (trend ribassista), fino a trasformarsi addirittura in vere e proprie crisi di panico (scoppio di bolle speculative) nella fase terminale dell’atteggiamento maniacale dei mercati, dove le attese della maggioranza diventano irrealistiche. Ed è qui che scattano quei complessi meccanismi di autoregolazione dell’economia. In questa fase i mercati diventano efficienti e riportano i prezzi degli asset a valori più vicini ai fondamentali. In pratica, le bolle speculative e l’effetto panico che investe le Borse non fanno altro che resettare tutte le valutazioni verso parametri più adeguati da cui far ripartire le quotazioni sui mercati.
Il risparmiatore di oggi deve saper convivere con la normale ciclicità del mercato, evitando le insidie che si celano lungo il percorso. Questo libro ha lo scopo di fornirgli quegli strumenti semplici ed efficaci per aiutarlo a prendere il largo nel mare magnum dei mercati finanziari, con la consapevolezza che saper gestire molte delle criticità che insidiano i nostri risparmi costituisce un fattore chiave per la creazione di valore nei propri investimenti.
Solo coloro che saranno in grado di gestire il rischio e il rendimento in maniera intelligente avranno maggiori probabilità di trarre profitto e cogliere tutte le opportunità di investimento offerte dal mercato. Invece, coloro che subiranno le oscillazioni in Borsa, lasciandosi trascinare nel vortice degli atteggiamenti emotivi, senza darsi degli obiettivi e senza una precisa strategia, saranno destinati all’insuccesso e a perdere soldi sul mercato.
A questo punto molti si chiederanno: come può un semplice risparmiatore riconoscere le insidie più pericolose, fino addirittura alle crisi più devastanti? In poche parole: come faccio a non farmi trovare impreparato? Direi una bugia se affermassi che è possibile prevedere con precisione lo scoppio di una crisi, o il fallimento di un Paese o di un’azienda, o le truffe miliardarie compiute da banche, da broker o da professionisti senza scrupoli. Nei primi due casi, qualunque modello econometrico si è dimostrato insufficiente, perché le crisi sono eterogenee e causate da differenti ragioni e arrivano in differenti momenti. Anche quando i modelli matematici hanno raggiunto un altissimo grado di sofisticazione, il risultato è stato quello di produrre troppi falsi segnali. Purtroppo, non basta una formula matematica per investire e per stare alla larga dai crolli di Borsa. È abbastanza difficile valutare l’entità di una bolla speculativa ed è ancora più difficile anticipare l’intensità della correzione. Molte volte sono sufficienti il buon senso e l’esperienza per capire che siamo di fronte a scelte d’investimento altamente rischiose. È sufficiente conoscere poche e semplici regole e applicarle con disciplina per capire quando siamo di fronte a una crescita sfrenata delle quotazioni o, al contrario, a un ingiustificato crollo dei prezzi.
Molte volte il sano buon senso ci permetterebbe anche di capire quando siamo di fronte a persone che ci stanno per turlupinare: bisogna dubitare sempre di chi propone investimenti con un rendimento stratosferico e in breve tempo, o di chi ci garantisce un investimento privo di rischio. Quello del risparmiatore deve essere considerato a tutti gli effetti un mestiere; magari può essere part time, ma è un’attività che ha delle regole precise, il cui grado di successo e di profittabilità migliora solo con la pratica. Con costanza e disciplina, il risparmiatore deve concentrarsi nel cercare soluzioni di investimento profittevoli capendo quali sono i rischi a cui sta andando incontro e imparando a prendere le giuste precauzioni: perché lo scoppio di una crisi finanziaria è sempre dietro l’angolo.
A questo punto si rende necessario fornire una panoramica, per quanto non esaustiva, delle cause, della natura e delle conseguenze di due delle più importanti crisi finanziarie che hanno portato, in un caso, allo scoppio della crisi dei mutui immobiliari, con il conseguente fallimento della banca d’affari Lehman Brothers, e, nell’altro caso, al fallimento dell’Argentina.
Descrivere per punti salienti queste crisi non è un esercizio teorico per i soli addetti ai lavori; tutt’altro, ci aiuta a capire non solo come si è arrivati a quegli eventi, ma anche che cosa non ha funzionato nei meccanismi di controllo di allora e come è possibile riconoscerne i tratti caratteristici che potrebbero ripresentarsi in futuro. Questa breve disamina ha lo scopo di evitare che il risparmiatore incorra in un rischio analogo in futuro. Coloro che hanno riconosciuto per tempo le avvisaglie, e hanno tenuto in considerazione gli allarmi lanciati dal mercato, sono riusciti a evitare ingenti perdite o al più a limitare i danni.
Partiamo con la crisi immobiliare del 2007-2008 che ha colpito gli Stati Uniti. Benché le cause di questa crisi siano di natura differente, gli squilibri macroeconomici alimentati in maniera latente nel tessuto economico e produttivo dell’America sono stati causati dall’atteggiamento spregiudicato di gran parte degli operatori finanziari, con un’assonanza di comportamenti irrazionali che è facile ritrovare in altre crisi, nonostante siano avvenute in epoche diverse. Ancora una volta, l’irrazionalità degli operatori e la totale mancanza della percezione del rischio che si stava assumendo nelle scelte finanziarie di quegli anni hanno spinto a una crescita irrazionale dei prezzi degli immobili e delle valorizzazioni di Borsa, causando quella che è stata definita la peggiore crisi del mercato finanziario USA dopo la Grande Crisi del 1929.
Una crisi che ha radici profonde. Ha colpe politiche, con la deregulation voluta dal presidente Ronald Reagan, e continuata nel 1999 dall’allora presidente Bill Clinton, con l’abolizione del Glass Steagall Act, una legge che imponeva la separazione tra le banche commerciali e quelle d’investimento. In pratica, con la decisione di Clinton cadde il divieto per le banche commerciali di svolgere solo l’attività di raccolta e prestiti alla clientela e venne concessa la possibilità di svolgere attività più rischiose che prima erano a esclusivo appannaggio delle banche d’affari. Nacquero le “superbanche”, così grosse da non poter fallire (la critica americana le ribattezzerà too big to fail), che hanno svolto un ruolo primario nello sviluppo della bolla dei mutui subprime.2 Essendone, inoltre, invischiate fino al collo, sono state la causa dello scoppio della crisi molti anni dopo, il cui deflagrare ha messo a rischio l’intero sistema economico per parecchi anni a causa delle dimensioni assunte dalle banche stesse. A tutto ciò aggiungiamo anche il successivo varo del Commodity Future Modernization Act, sempre durante la presidenza Clinton, che conteneva una deregolamentazione dei derivati, in particolar modo dei Credit Deafult Swap.3 Tutto ciò, già parecchi anni prima dello scoppio della crisi, gettava le basi per lasciare la mani delle banche troppo libere dai controlli.
Come in ogni bolla finanziaria che si rispetti, l’irrazionalità dei comportamenti si concentra sempre su qualche bene o settore considerato dalla massa degli speculatori il nuovo “Eldorado”. Lo è stato per i tulipani, per le società dot.com e in questa occasione gli investitori presero di mira il mercato immobiliare, contagiando anche il settore finanziario fino alla deflagrazione della bolla nel 2008 con il fallimento della Lehman Brothers e arrecando danni all’economia reale che si sono propagati dall’America al resto del mondo per buona parte del 2012.
Come dicevamo, le crisi hanno radici profonde ed è all’inizio del 2000 che il mercato immobiliare cominciò a registrare prezzi in forte crescita, non giustificati dalle motivazioni di carattere fondamentale dei sottostanti. La propensione all’indebitamento delle famiglie americane, incentivate dal facile accesso al credito totalmente svincolato dal merito creditizio, aveva consentito alle persone di indebitarsi per l’acquisto di una casa oltre le proprie disponibilità. Mentre i prezzi degli immobili salivano alle stelle, le banche, spinte dalla voglia di aumentare le erogazioni di mutui e incassare laute commissioni, avevano iniziato a sviluppare strumenti complessi (le cosiddette cartolarizzazioni).4 Grazie a questi ultimi, impacchettavano i mutui concessi a una clientela sempre più a rischio e, pur di liberarsene, li offrivano sul mercato con rendimenti elevati. In questo modo, una parte del rischio rimaneva in capo all’intermediario, mentre l’altra parte veniva ribaltata su altri soggetti, che a loro volta li rivendevano sul mercato con una serie di giravolte contabili che avevano come scopo ultimo quello di non rimanere con il famoso cerino in mano. Va da sé che a ogni giro gli strumenti diventavano sempre più complessi, più carichi di rischi e, quindi, si era costretti ad aumentarne il rendimento, il tutto per incassare ulteriori commissioni. Con questi continui passaggi di mano aumentava la leva finanziaria impiegata nelle operazioni di cartolarizzazione, e con essa il rischio sistemico nel suo complesso. Ogni passaggio di mano di questi strumenti cartolarizzati consentiva agli istituti di credito di liberare nuove risorse da reimpiegare in nuovi prestiti da concedere a famiglie sempre più indebitate.
L’effetto leva nel sistema aumentava e la liquidità che arrivava alle famiglie veniva impiegata per acquistare nuove case, ma i prezzi nel frattempo salivano vertiginosamente. Non solo, i possessori di casa si sentivano più ricchi grazie al continuo rialzo dei valori immobiliari. Nonostante l’aumento dei vincoli ipotecari e il deterioramento del merito creditizio delle famiglie, le banche erano disposte a concedere ulteriore credito sul nuovo incremento di valore raggiunto dalle case.
Solo per capire la dimensione del fenomeno: nei soli Stati Uniti, il debito del settore privato e di quello pubblico in rapporto al PIL era passato dal 150% degli anni Ottanta al 300% del 2010. Ed ecco che arriviamo al tratto comune che porta alla nascita di tutte le bolle finanziarie: nel 2007, nella psiche delle persone si insinuò la convinzione che l’investimento immobiliare (come fu per l’acquisto dei tulipani) fosse un affare dalle infinite potenzialità e, soprattutto, privo di rischio. Saltò il primo principio guida che ogni risparmiatore deve tenere a mente: ogni investimento ha insito in se stesso il principio per cui più il rendimento atteso è elevato, maggiore sarà il rischio che si assume. Negli anni dell’esplosione del mercato immobiliare la gran parte degli investitori era convinta che fosse stata scoperta la formula magica della crescita infinita dei rendimenti e degli investimenti privi di rischio. Al contrario, l’avidità collettiva degli investitori e l’atteggiamento poco prudente, o in alcuni casi fraudolento, delle banche aveva portato a sottostimare i rischi, o ancora peggio a rimandarli nel tempo delegandoli momentaneamente a qualcun altro. In pratica, come in ogni nascita di bolle spec...

Table of contents

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. Indice
  6. Prefazione di Pierantonio Zanettin
  7. Introduzione
  8. Capitolo 1: Il contesto: dai bond argentini a Lehman Brothers, quindici anni di insidie
  9. Capitolo 2: I principi di base per investire il proprio denaro
  10. Capitolo 3: Gli strumenti finanziari
  11. Capitolo 4: Gli errori da evitare
  12. Capitolo 5: Risparmi e tassazione
  13. Gli Autori
  14. Informazioni sul Libro