Parte 1
I Maker
Capitolo 1 Due esperienze a confronto
Capitolo 2 Il laboratorio
Capitolo 3 Stampa 3D per risolvere (quasi) tutti i problemi
In questa prima parte cerchiamo di mettere a fuoco che cosa significhi essere dei Maker. Far parte della Maker Community non è soltanto un luogo comune riferito a “smanettoni”, che attraverso Internet e luoghi fisici di incontro (Makerspace, Fablab e simili), forum, mailing list e altri strumenti di condivisione, si incontrano per discutere fra loro, come fossero una strana setta di nerd.
Negli ultimi anni i Maker sono diventati un vero e proprio movimento internazionale, i cui membri dispongono di ogni tipo di competenze, che a loro volta mettono a disposizione di altri. Nel caso specifico, in questo volume tratteremo progetti che utilizzano e coinvolgono la piattaforma Arduino, probabilmente la scheda microcontrollore più famosa e diffusa in tutto il mondo. Pur trattandosi di progetti che coinvolgono elettronica, programmazione e microcontrollori, non ci limiteremo a dissezionare dei progetti, accontentandoci di connettere qualche scheda, realizzare circuiti e vedere dei LED lampeggiare. Infatti, unendo competenze e conoscenze diverse, dall’uso di materiali riciclati alla meccanica, dal disegno alla stampa 3D, è possibile creare oggetti finiti, prototipi basati su schede e circuiti elettronici perfettamente funzionanti e utilizzabili nel mondo reale. Perché un Maker non si limita a un semplice copia e incolla di qualche riga di software, ma va ben oltre: impara e scambia le proprie conoscenze, costruendo progetti completi.
Non solo la manualità educa a un approccio sperimentale e pragmatico, ma fornisce anche uno strumento culturale, grazie al quale si affrontano i problemi attraverso l’analisi di ciò che non si è capito, ricercando possibili soluzioni alternative e riprovando per cercare nuove strade di fronte ai fallimenti.
Maria-Cristina Ciocci, Ingegno Maker Lab
Capitolo 1
Due esperienze a confronto
PER DARE UN’IDEA di cosa significhi condividere la conoscenza attraverso un punto di riferimento fisico che si espande al mondo virtuale, prendiamo in esame due differenti esperienze – una belga e una italiana – emblematiche di come gli aspetti educativi e la disponibilità di uno spazio, aperto a utenti di tutte le età, possano diventare un punto di riferimento. Questo non soltanto per seguire percorsi di autoformazione, seppure importanti, ma soprattutto per creare un riferimento, un portale di accesso a conoscenze condivise, in linea con la visione open della tecnologia e di molte altre attività che rientrano nell’ampio scenario dello sviluppo della creatività individuale.
Ingegno Maker Space, un’esperienza belga
Incontro Cristina nella stanza più tranquilla che riusciamo a trovare all’interno della sua abitazione, che dista circa 20 metri dal Maker Space Ingegno; praticamente le due strutture sono separate dal cortile di casa (Figura 1.1). Maria-Cristina Ciocci, italiana di nascita e belga di adozione, è professore ospite alla facoltà di Matematica dell’Università di Gent (Belgio), ma soprattutto è il motore trainante del progetto Ingegno, che è nato come evoluzione del suo percorso attivo nel mondo dei Maker.
Il termine STEM e tutte le varianti recenti dell’acronimo che sta per Scienza, Tecnologia, Elettronica e Matematica, coniugate con altre discipline come l’arte o il design – sovente il design industriale – sono diventate una realtà ampiamente diffusa sul territorio. In Belgio non soltanto nel mondo dei Maker (inteso nel senso comune), ma anche in altri ambiti, sia originati da iniziative private sia a livello istituzionale. Naturalmente non si è trattato di un processo immediato; mi sono trasferita in Belgio nel 1997 e già allora ogni anno le istituzioni scolastiche conducevano campagne di promozione volte a coinvolgere il maggior numero di studenti possibile nella scelta di facoltà tecniche o scientifiche, sia a livello universitario sia nelle scuole superiori.
FIGURA 1.1 – Maria-Cristina Ciocci al lavoro nel laboratorio Maker Space Ingegno.
In questo Paese c’è una grande offerta di impiego per tecnici specializzati. La formalizzazione dei percorsi educativi STEM oggi è diventata un tema molto sentito, accolto dalle istituzioni con notevole entusiasmo. Negli ultimi anni alla realtà scolastica tradizionale si è affiancata una significativa crescita del Maker Movement. In Belgio ci sono moltissimi Maker che collaborano e partecipano in rete, indipendentemente dalla loro realtà scolastica.
Sei anni fa è stata avviata una rete che ha preso il nome di STEM Academies Network. Si tratta di club-doposcuola che hanno l’obiettivo di realizzare progetti tecnici e tecnologici; sono contenitori culturali finalizzati a diffondere conoscenze tecniche e tecnologiche, promuovendo a tutti i livelli le scuole e le facoltà tecniche e scientifiche. Ho iniziato questa esperienza di Makerspace-Fablab Ingegno circa dieci anni fa, quando ho acquistato la mia prima stampante 3D per sperimentare con le mie figlie. In quegli anni insegnavo matematica agli ingegneri industriali. Avendo alle spalle l’esperienza di queste attività sperimentali con le mie figlie e le loro amiche, mi sono resa conto di come il lavoro manuale spinga a pensare in modo differente rispetto ai problemi. Non solo la manualità educa a un approccio sperimentale e pragmatico, ma fornisce anche uno strumento culturale grazie al quale si affrontano i problemi attraverso l’analisi di ciò che non si è capito, ricercando possibili soluzioni alternative, riprovando per cercare nuove strade di fronte ai fallimenti.
Questa è la mentalità tipica dei Maker, che non fa che rafforzare le conoscenze acquisite nello studio. Un altro aspetto importante e normale per un Maker è utilizzare tutte le risorse (rete, contatti, amici, forum e così via) per confrontarsi e chiedere aiuto. La mentalità “da Maker”, unita a un percorso di studio più classico come può essere il corso universitario, rappresentano una combinazione ottimale.
In seguito a queste prime osservazioni e alle considerazioni a cui sono giunta, ho iniziato a dedicare maggiore attenzione a come le mie stesse figlie venivano formate nell’ambito scolastico. Ho notato una discrepanza fra ciò che si pretende all’università – un approccio critico e di ricerca rispetto ai problemi – e la modalità didattica dalle scuole elementari, fino alle superiori. Gli studenti vengono educati a seguire precisi piani di formazione, in cui per ogni problema esiste uno schema per la soluzione, senza alcuna attenzione a un’analisi critica delle varie situazioni.
Così ho iniziato a investire maggiori tempo e risorse in questi club STEM, rendendomi conto che, dopo un periodo durante il quale i bambini frequentavano questi club, iniziavano a ragionare in modo diverso. Tra l’altro, si tratta di un approccio innato nei bambini, come la loro spontanea curiosità in cui tutto è un gioco. È proprio attraverso l’approccio ludico che è possibile trasmettere loro gli strumenti di conoscenza e le metodologie. Questo è il motivo per cui ho iniziato l’esperienza di Ingegno (ingegno.be).
Personalmente, mi considero un’anima open source e credo che la conoscenza sia un valore da condividere. Con il passare del tempo abbiamo iniziato ad attrezzarci, invogliati dall’interesse crescente dei bambini che partecipavano ai nostri incontri (Figura 1.2).
FIGURA 1.2 – Utenti al lavoro nel Maker Space Ingegno.
Oggi l’a...