Personal branding per l'azienda
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Personal branding per l'azienda

Valorizzare l'azienda posizionando le sue persone chiave

Luigi Centenaro, Silvia Zanella

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Personal branding per l'azienda

Valorizzare l'azienda posizionando le sue persone chiave

Luigi Centenaro, Silvia Zanella

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Fare Personal Branding signifi ca gestire in maniera strategica la propria immagine professionale. Signifi ca identifi carla, svilupparla, mantenerla e monitorarla. Un paradigma ormai ben noto a chi vuole rendersi competitivo nel mondo del lavoro attuale.Ma il Personal Branding non è legato solo alla competitività professionale. Anche un'azienda può trarre grandi vantaggi nel posizionare e valorizzare i propri dipendenti e collaboratori. Questo è il primo libro al mondo che spiega come farlo per tutte le funzioni aziendali.L'obiettivo principale del Personal Branding è attrarre opportunità. Farlo a livello aziendale le moltiplica. A partire da questo punto di vista rivoluzionario i due autori, unendo una profonda conoscenza dell'argomento con un'esperienza professionale di altissimo livello, delineano una guida sia teorica sia pratica e operativa per imprenditori, leader aziendali, responsabili delle risorse umane, direttori marketing, commerciali e comunicazione. Passo dopo passo, funzione dopo funzione, strumento dopo strumento.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2019
ISBN
9788820390112
PARTE 1
PERSONAL BRANDING, LA LEVA PER L’AGILITÀ
1
Personal Branding
Che cos’è il Personal Branding
Ben prima di essere stato applicato nel contesto aziendale, il Personal Branding viene associato da decenni alla crescita personale e professionale. Pensiamo ai freelance che hanno bisogno di “promuoversi” e differenziarsi in un mercato competitivo, alle persone alla ricerca di una vocazione e/o di un’occupazione, ai manager che vogliono visibilità o migliorare il proprio posizionamento ai fini della loro carriera.
Il concetto, coniato da Tom Peters nel 1997 con il celebre articolo The Brand Called You1, si è presto diffuso nell’industria per diventare sinonimo di autopromozione nel senso più ampio possibile.
Nella Figura 1.1 vediamo come sia cambiato il numero di ricerche fatte in Italia su Google nell’intervallo di tempo giugno 2008-gennaio 2019 relativamente all’espressione “Personal Branding”2: è evidente un forte incremento dell’interesse verso questo fenomeno.
Allo stesso tempo però questa associazione così vasta, l’ambiguità della parola “branding” e l’assenza di una definizione formale hanno rischiato di rendere poco palpabile il tema. Alcuni pensano addirittura che riguardi l’autoincensarsi, il vantarsi fine a se stesso e il dare un’immagine falsa di sé. Ecco perché riteniamo sia giunto il momento di definire questo concetto in modo più preciso e descriverlo una volta per tutte.
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Figura 1.1 – Il numero di ricerche fatte in Italia su Google relativamente all’espressione “Personal Branding” nell’intervallo di tempo giugno 2008 - gennaio 2019.
Fare Personal Branding in realtà significa gestire in maniera strategica la propria immagine professionale, intesa come ciò che gli altri percepiscono di noi, quello che rimane alle persone dopo essere entrate in contatto con noi in qualche modo, magari anche solo dopo un’interazione puramente digitale. Gestire la propria immagine professionale significa identificarla, svilupparla, mantenerla e monitorarla in tutti i punti di contatto possibili con il proprio pubblico di riferimento.
Il Personal Branding serve ad attirare opportunità. Come afferma Khedher Manel, “gli individui con un Personal Brand generano valore o valore per se stessi, massimizzano la propria occupabilità e aumentano i loro guadagni”3. Che si tratti di trovare un nuovo lavoro, di ottenere una promozione, di cambiare settore, di ottenere un cliente è necessario saper influenzare chi può avere un ruolo in tali momenti di passaggio. Per farlo, è prioritario instaurare un rapporto che si basi sulla fiducia, come vedremo a breve.
È inoltre una questione di gestione strategica: si devono definire delle azioni fondate su obiettivi professionali specifici, andando poi a misurare i risultati. Tipicamente, consiste nell’influenzare le opinioni o i comportamenti di un gruppo specifico di persone affinché scelgano noi e non qualcuno altro. Fondamentale è far percepire il proprio valore ai propri interlocutori. Per quanto possa sembrare un paradosso, per fare un (buon) Personal Branding non dobbiamo concentrarci su noi stessi, ma sugli altri, coloro che ci interessano e a cui potremmo potenzialmente interessare. Possiamo avere le migliori competenze al mondo, ma se non siamo in grado di comunicare una promessa di valore rilevante non saremo molto efficaci.
In altre parole: il lavoro su di sé è ovviamente la premessa. Ma se ci parliamo addosso, se siamo costantemente autoriferiti, non stiamo facendo affatto Personal Branding, che è invece il risultato di un’interazione positiva tra le persone. Il nostro Personal Brand è la ragione per cui qualcuno ci sceglie, e abbiamo il compito di comunicare questa ragione in anticipo a chi dobbiamo influenzare. L’obiettivo principale del Personal Branding infatti è attirare opportunità: non tutte, ma solo quelle più in linea con il nostro profilo professionale, personalità, interessi e valori, agendo proprio dove saremo i più efficienti ed efficaci possibili. Lo scopo finale è farsi un nome, asset importantissimo nello scenario odierno di carriera. Essere qualcuno, essere il punto di riferimento per un tema, compito, esigenza nel proprio settore, azienda, team o area geografica è un asset inestimabile all’interno della strategia professionale di molte occupazioni. Significa poter attirare opportunità proprio mentre siamo occupati a fare la cosa più importante in assoluto nel lavoro: creare valore.
Ecco che, per tutte queste ragioni, la definizione del Personal Branding più corretta a livello teorico è, come presto spiegheremo: un modello di business personale in cui il proprio Brand è una risorsa chiave.
Gli effetti del Personal Branding
Per comprendere meglio l’impatto che il Personal Branding ha sulla nostra strategia professionale possiamo fare riferimento al percorso che idealmente può compiere un individuo che appartiene al nostro target, cioè un individuo che vogliamo influenzare con la nostra immagine professionale.
Come prima cosa, una volta entrato in contatto con noi, viene a sapere chi siamo: ci conosce. Essere conosciuti è già un importante risultato. Ma quante volte succede che chi ci conosce non abbia un’idea chiara di cosa facciamo esattamente? Nel contesto del lavoro attuale, dove fioriscono sempre nuovi e fantasiosi titoli professionali, non è raro che ciò avvenga (Figura 1.2)4.
Il passo successivo a cui aspirare quindi è che l’altro capisca cosa facciamo. Pur intuendo la dignità professionale di qualcuno, a volte è difficile attribuirvi un valore. Ecco che far comprendere in maniera chiara quali problemi risolviamo e quali desideri o bisogni andiamo a soddisfare equivale a valorizzarsi veramente a livello professionale. Ma non basta, ovviamente. Il più delle volte ciò genera rispetto e stima, ma non comporta alcuna considerazione da parte degli altri: qualcosa che si traduca, per esempio, con l’atto di inserirci in una short list di potenziali partner o candidati. Questo avviene se e solo se siamo differenziati in maniera rilevante: se ci siamo ben posizionati nella “testa” altrui. L’alternativa è essere parte del rumore di fondo, un po’ uguali a tutti gli altri. Del resto è così che funziona il nostro cervello: riconosce e ricorda solo la differenza. Tutto ciò è importante, ma spesso non ancora determinante. Infatti, se consideriamo qualcuno in quanto differente, d’altra parte lo scegliamo perché è simile a noi o perché, per una qualche ragione, ci piace come persona. Il simile attrae il simile e tipicamente questo avviene perché alla base vi è uno scambio in termini di valori, personalità o interessi. Ecco allora che si sceglie qualcuno per una ragione strettamente personale. Ovviamente una volta che saremo stati scelti dovremo mantenere le promesse affinché il selezionatore ci rimanga fedele e continui a farlo nel tempo. Solo nel caso in cui tutto ciò abbia funzionato a puntino il nostro interlocutore è solitamente disponibile a raccomandarci ad altri, magari online e proprio su LinkedIn.
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Figura 1.2 – Attenzione ai job title, su LinkedIn e non solo.
Anche se nel contesto digitale contemporaneo questo percorso si è estremamente complicato5, averlo introdotto ci permette di affermare che fare Personal Branding significa aumentare il successo in ciascuno di questi passi ideali e che si sta facendo bene Personal Branding se si ottengono i risultati mostrati in Figura 1.3.
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Figura 1.3 – Gli effetti del Personal Branding.
Di fatto questo schema rappresenta sia un utile strumento di diagnosi dello stato attuale della propria strategia di Personal Brand sia un modo per specificarne meglio gli obiettivi.
Personal Branding e fiducia
Lo vedremo più diffusamente nel Capitolo 2, ma possiamo anticiparlo già adesso: viviamo in una società dominata dall’incertezza. Gli scenari economici e politici sono molto poco rassicuranti, mancano punti di riferimento forti, il concetto di posto fisso sta scomparendo e si diffondono teorie complottistiche, oltre a una cultura del sospetto. Al contempo, si moltiplicano le fonti informative, ed è difficile orientarsi tra fake news e post verità.
Di conseguenza, fidarsi non è più un atto scontato. A tutti noi servono delle scorciatoie informative e dei dispositivi che ci rendano più agevole l’apertura verso gli altri. Nel caso di prodotti e servizi, è il Brand a operare da “facilitatore”: non ho mai usato un tale bene, ma lo produce una certa azienda, il cui buon nome è noto e verso il quale nutro fiducia. Funziona allo stesso modo con gli individui. In tempi incerti – o se si deve compiere una scelta tra più opzioni in un mercato competitivo molto affollato – è normale fare affidamento al Personal Brand di un individuo. Esattamente come i brand di prodotti e servizi, anche il Personal Brand è un meccanismo di influenza che serve a risolvere il problema della fiducia in un contesto di incertezza. Chi ci deve scegliere infatti spesso lo deve fare in anticipo, a scatola chiusa, affidandosi alla “promessa di valore” che gli trasferiamo tramite la nostra narrazione. Selezionare gli elementi più importanti, le leve da utilizzare per guadagnarsi la fiducia altrui è di fatto la sfida del Personal Branding. Senza dimenticare che secondo Nielsen il 92% delle persone si fida delle opinioni di altri individui (pur non conoscendoIi) a discapito dei brand6.
Ma perché la fiducia oggi è ancora più importante?
Approfondiamo prima di tutto il concetto dal punto di vista delle scienze sociali. Secondo Eloi Laurent, economista francese e ricercatore, “la fiducia è un’aspettativa di affidabilità nei comportamenti, che implica un rapporto con un altro essere umano, all’interno di una situazione incerta, con uno scopo e un contesto di riferimento ben preciso”7.
Se consideriamo invece il pensiero di Antonio Mutti, la fiducia si definisce come “un’aspettativa di esperienze con valenza positiva per l’attore, maturata sotto condizioni di incertezza, ma in presenza di un carico cognitivo e/o emotivo tale da permettere di superare la soglia della mera speranza”8.
Il politologo americano Robert Putnam ha dedicato diversi scritti all’argomento, specie in relazione alle fondamenta dei sistemi democratici. In particolare, secondo questo studioso la fiducia è un prerequisito della conservazione nel corso del tempo delle stesse relazioni sociali9. Simile la concezione che presenta il futurologo Francis Fukuyama, secondo il quale si tratta di una virtù sociale che contribuirebbe a ridurre i costi di transazione e ad agevolare la prosperità dei rapporti economici10. Detto in parole più semplici, le persone fanno business fra loro solo sulla base della fiducia. Business della natura più diversa: può trattarsi di vendere, di fare acquisti, di attrarre nuovo personale o motivarlo e farlo lavorare meglio in gruppi, di comunicare un nuovo prodotto. Compito di chi guida un’azienda (un CEO, un imprenditore o un top executive) o una funzione (un direttore delle risorse umane, marketing o commerciale) è pertanto quello di generare e massimizzare la fiducia fra gli stakeholder, proprio perché è alla base dei rapporti di affari e delle dinamiche professionali. Gli stakeholder dal canto loro altro non sono che persone, così come i collaboratori: quello che vogliamo spiegare in questo libro è che il Personal Branding può aiutare anche in questo. Gli autori citati sopra focalizzavano l’attenzione sulla fiducia generalizzata, elemento proprio della vita in società: a maggior ragione questo discorso vale per quella più specificamente interpersonale, che abilita e in particolare oggi rende funzionanti le piattaforme di condivisione più in voga negli ultimissimi anni.
Con l’esplosione della platform economy si sono fatte più fitte anche ...

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