Uomini e computer
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Uomini e computer

Storia delle macchine che hanno cambiato il mondo

Daniele Casalegno

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Storia delle macchine che hanno cambiato il mondo

Daniele Casalegno

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La storia dell'informatica a partire dai primi passi compiuti dall'uomo nel campo della matematica e del calcolo assistito, per arrivare a Internet e ai supercalcolatori; un cammino lungo il quale si incontrano personaggi animati da passione e voglia di conoscenza, uomini che hanno saputo produrre invenzioni geniali o creare aziende oggi conosciute a livello mondiale. Un libro attraverso cui ogni lettore potrà soddisfare innumerevoli curiosità e nel quale l'esperto e l'appassionato troveranno notizie e approfondimenti su argomenti poco trattati dalla stampa specializzata, con uno sguardo approfondito sulla storia dell'informatica italiana corredato dai documenti e dalle immagini fotografiche dell'archivio storico di IBM Italia.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2013
ISBN
9788820357702

CAPITOLO

LE ORIGINI

Anche nei giochi dei bambini ci sono cose che interessano il più grande dei matematici.
Gottfried Wilhelm von Leibniz

La preistoria

Il primo strumento per aiutarsi nel calcolo, l’uomo preistorico se lo trovò in dotazione dalla natura. Proprio come vediamo fare da un alunno ai primi anni di scuola, le dita servirono sicuramente come ausilio nel calcolo anche ai nostri progenitori vissuti migliaia di anni prima dell’invenzione dei calcolatori. È proprio l’uso delle dita come strumento per contare che ha portato alla diffusione della numerazione in base 10 che usiamo ancora oggi, anche se in passato sono state utilizzate numerazioni con basi diverse, tra cui quella in base 60 che utilizziamo oggi per “contare” il tempo. Nei secoli il contare con le dita divenne una vera e propria disciplina, la “digitatio”, di cui si trova traccia anche in testi romani. La parola deriva dal latino “digitus” e la sua declinazione in lingua anglosassone (digit), ancora oggi ha il significato di “numero, cifra” e dà il nome al periodo che stiamo vivendo: l’era digitale.
Seguendo il cammino della storia, è facile vedere come l’evoluzione tecnologica sia sempre frutto di spinte economiche o politiche, sin dall’era paleolitica; se all’inizio concetti semplici come uno, due, molti, furono più che sufficienti per le normali attività di popoli dediti principalmente alla caccia e alla raccolta di ciò che la natura dispensava, il passaggio all’agricoltura e all’allevamento fecero nascere la necessità di eseguire conteggi più complessi e di tener traccia dei risultati, come appare evidente nei numerosi ritrovamenti di strumenti dedicati a questo scopo.
Si tratta principalmente di ossa variamente incise il cui scopo non è ancora completamente chiaro, ma questi rudimentali strumenti suggeriscono che già nel paleolitico l’uomo sviluppò un proprio sistema di conteggio che andava oltre i limiti delle dita. La maggior parte dei reperti è stata datata tra il 35000 e il 20000 a.C., ma tra i più interessanti se ne trova uno datato inizialmente intorno all'8500 a.C., detto “Osso di Ishango”, conservato presso il Museo di Storia Naturale di Bruxelles. L’analisi delle incisioni dell’osso spinge a pensare che già in quella remota epoca si conoscesse l’esistenza dei numeri primi.
Osso di Ishango visto dai due lati incisi (Bruxelles - Royal Belgian Institute of Natural Sciences).
Osso di Ishango visto dai due lati incisi (Bruxelles - Royal Belgian Institute of Natural Sciences).
Sull’Osso di Ishango troviamo infatti tre diverse serie di incisioni, la più interessante delle quali rappresenta i numeri primi 11, 13, 17 e 19. Se questo sia frutto del caso o della conoscenza è ancora oggetto di discussione tra i vari studiosi, resta però il fatto che questo reperto, unito agli altri ritrovati in diverse parti dell’Africa e in alcuni siti francesi, porta molti a ritenere che la numerazione fosse conosciuta dal genere umano sin dagli albori della sua esistenza.
Venendo a tempi più vicini a noi, è interessante notare come i sistemi di numerazione si siano sviluppati in modo autonomo in tutte le parti della terra, tanto che ne troviamo testimonianze sia tra le popolazioni del centro/sud America che tra quelle cinesi. Particolare importanza riveste in questo caso la numerazione adottata in India che, prima tra tutte, includeva lo zero tra i suoi simboli. L’introduzione di tale concetto di “nullità” è di fondamentale importanza nella matematica.
Lo zero
“Novem figurae indorum hae sunt 98765432l. Com his itaque novem figuris, et cum hoc signo 0, quod arabice zephirum appellatur, scribitur quilibet numerus”
(Le nove figure degli indiani sono queste 987654321. Con queste e con il segno 0, che gli arabi chiamo zefiro, scrivono qualsiasi numero)
Così si legge nel Liber Abaci, pubblicato da Fibonacci nel 1202.
La parola “zero” deriva in realtà dall’arabo “sifr” che significa “vuoto”, ma venne tradotto in latino con “zephirum” che è il nome del vento di ponente.
Lo zero venne considerato per diversi secoli come una entità diabolica e sfuggente e fu solo nel XVI secolo che il suo utilizzo divenne normale al di fuori dell’ambiente accademico.
È comunque ai Sumeri che viene fatta risalire l’invenzione della matematica, ovvero della capacità di eseguire operazioni. I reperti più antichi a testimonianza della grande competenza dei Sumeri nel campo della matematica si possono far risalire al 5000 a.C. e dimostrano come tra il Tigri e l’Eufrate si sviluppò un sistema dapprima in base 6 e successivamente in base 60, utilissimo per chi suddivideva l’anno in 360 giorni e gli angoli in 60 gradi.
Sebbene poco si parli della matematica Sumera, gli abitanti di quello che oggi è l’Iraq, avevano già alcune conoscenze che spesso vengo attribuite solo a epoche più recenti, sempre che 500 anni prima di Cristo possano sembrare un’epoca recente. Per fare alcuni esempi, è noto che i Sumeri conoscevano il teorema di Pitagora, avevano il concetto di algoritmo, utilizzavano tabelle per velocizzare i calcoli e sembra conoscessero i logaritmi che, come vedremo, furono introdotti in Europa da John Napier (Giovanni Nepero) nel 1600 circa.
Quando presero il posto dei Sumeri nel governo della Mesopotamia, i Babilonesi affiancarono alla numerazione sessagesimale (a base 60) quella decimale, ambedue usate nella vita di tutti i giorni per le operazioni correnti, quali, ad esempio, la computazione degli interessi composti sui prestiti. I Babilonesi svilupparono anche la geometria, che applicavano nella realizzazione di opere per il contenimento delle piene e per la costruzione delle ziggurat, templi a terrazze di cui restano ancora alcune testimonianze.
Sebbene Sumeri e Babilonesi utilizzassero una numerazione posizionale, ovvero simile a quella che usiamo ancora oggi, questa non venne utilizzata in seguito né dagli Egizi, né dai Greci o dai Romani, ma si sviluppò in Cina dove assunse la sua forma attuale intorno al 500 d.C. e da qui venne portata sulle rive del Mediterraneo dagli Arabi per essere poi introdotta in Europa da Fibonacci. Oggi è da tutti conosciuta come numerazione araba, ma più correttamente andrebbe chiamata indo-araba.
Sistema posizionale
Un sistema posizionale prevede che ogni numero venga espresso come la somma dei prodotti di ciascuna cifra per la base elevata all’esponente che rappresenta la posizione della cifra:
743 = 7 x 102 + 4 x 101 + 3 x 100 (qualsiasi numero elevato a 0 dà come risultato 1)
La notazione posizionale può essere usata con qualunque base creando così differenti sistemi di numerazione nei quali si utilizza un numero di cifre uguale alla base, ad esempio nel sistema decimale si utilizzano 10 cifre (da 0 a 9).
Nei calcolatori e in generale nell’informatica, si utilizzano prevalentemente la numerazione binaria (base 2), ottale (base 8) ed esadecimale (base 16), ma di queste parleremo più avanti.
Il sistema di numerazione romano non è posizionale: ad esempio nei due numeri romani CXIII (113) e XVIII (18) la cifra “X”, pur cambiando posizione ha sempre valore 10.
Nello sviluppo della matematica non poteva mancare il contributo degli Egizi e infatti molte sono le testimonianze arrivate sino a noi della capacità di questo antico popolo di eseguire calcoli anche complessi. Tra le testimonianze di maggior rilievo troviamo il “Papiro di Mosca” (1850 a.C.) e il “Papiro di Rhind” (1650 a.C.) conservato attualmente al British Museum. Mentre il primo è basato su una serie di problemi tra cui il calcolo del volume di un tronco di piramide a base quadrata, il secondo, nei suoi 3 metri di lunghezza, rappresenta il più corposo trattato di matematica egizia giunto sino a noi e tratta di frazioni, problemi aritmetici, problemi geometrici e tabelle di calcolo e riporta un calcolo da cui deriva un valore per π di 3,16, molto vicino al valore che tutti conosciamo.
È il caso di notare come fino a questo punto la conoscenza della matematica sia stata promossa da esigenze pratiche quali il conteggio delle pecore di un gregge, la costruzione di canali e monumenti o il calcolo delle tasse e degli interessi. È solo con i Greci che, grazie al benessere diffuso in cui si trovò la civiltà ellenica, si sviluppa la matematica come la conosciamo oggi, con i suoi metodi e con il desiderio di sviluppare un sistema in grado di descrivere la natura e i suoi fenomeni in modo chiaro ed esente da fraintendimenti. Non è casuale che spesso i grandi filosofi siano stati anche grandi matematici, basta pensare a Pitagora, Pascal, Leibniz, Cartesio o anche ad Einstein, dal momento che spesso l’amore per la matematica altro non è se non l’amore per il sapere nella sua essenza più pura.
È proprio un filosofo greco, Aristotele, che, nel IV secolo a.C., getta le basi della Logica, disciplina che si è sviluppata per secoli e che è una delle basi su cui si poggiano tutti i programmi dei calcolatori, da quelli semplici e primitivi delle prime macchine programmabili a quelli dei supercomputer più innovativi.
Dalla civiltà ellenica ci viene anche una delle più antiche rappresentazioni inerenti l’uso della matematica nella vita quotidiana. In un vaso custodito presso il Civico Museo di Napoli, detto “il Vaso di Dario”, troviamo la rappresentazione di un contabile dedito alla computazione di quanto gli viene portato da un soldato, probabilmente un bottino di guerra o un tributo da parte di popolazioni colonizzate. Il funzionario regge nella mano sinistra una tavoletta su cui si legge la scritta “100 talenti” in lingua greca ed è chino su una tavola che era probabilmente identica a quella rinvenuta nel 1846 presso l’isola di Salamina e scambiata all’inizio per un tavolo da gioco.
Particolare del Vaso di Dario (Napoli - Museo Archeologico Nazionale).
Particolare del Vaso di Dario (Napoli - Museo Archeologico Nazionale).
La “tavola di Salamina” è una lastra di marmo di circa un metro e mezzo di lunghezza, 75 centimetri di larghezza e del peso di circa 130 chili, su cui sono incisi due gruppi di righe parallele unite da una riga perpendicolare. La tavola reca sui lati alcuni numeri scritti secondo il metodo in uso presso gli antichi Greci. La tavola è stata datata intorno al 300 a.C. e rappresenta il più antico reperto sino ad ora ritrovato di strumento da calcolo.
Tavola di Salamina (Atene - Museo Nazionale delle Epigrafi).
Tavola di Salamina (Atene - Museo Nazionale delle Epigrafi).
Su tavole come questa per i numeri venivano inizialmente utilizzati dei sassolini, dalla cui radice latina “calculus” deriva la parola utilizzata nella lingua moderna. Su alcuni testi antichi si trova menzione di tavole precedenti costituite da contenitori di sabbia su cui venivano tracciate le righe utili per le operazioni o i disegni per le rappresentazioni geometriche e su cui si posizionavano i “calcoli”.
La parola “sabbia” o “polvere” ha declinazioni molto simili nelle lingue antiche: i Fenici e gli antichi Greci usavano il termine abak e gli Etruschi apcar, tutti termini derivati dall’Ebraico abq ed è proprio questo termine che ha dato il nome a uno dei più diffusi strumenti da calcolo: l’Abaco.

L’abaco

Non è chiaro chi e quando abbia inventato l’abaco, ma appare evidente come questo interessante strumento abbia incontrato il favore di molti popoli e come sia stato modificato successivamente per adattarsi alle esigenze di ogni singola cultura. Testimonianze sull’uso dell’abaco si trovano in documenti che risalgono a diversi secoli prima di Crist...

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