Innovazione snella e pensiero a lungo termine
Spesso si sottovaluta l’impatto che l’innovazione gioca nella prosperità sul lungo periodo di qualsiasi azienda. In questa sezione del libro sono affrontati i legami tra innovazione, sviluppo prodotto e strategia aziendale. La focalizzazione delle aziende sul loro cuore pulsante, cioè l’insieme dei prodotti e dei servizi offerti sul mercato, permette di recuperare risorse preziose e dedicarle a ciò che può davvero fare la differenza nel tempo, specialmente in questo periodo di difficile congiuntura economica. È strategico imparare a riconoscere la molteplicità di sprechi che si annidano silenziosi proprio nelle aree di prevalente “attività intellettuale” delle nostre aziende: uffici, progettazione, marketing, commerciale, laddove cultura, comportamenti e atteggiamenti mentali governano le azioni e i risultati che si ottengono. Riuscire ad applicare i principi del Lean Thinking nei processi dove si gioca l’innovazione in azienda può diventare oggi l’arma più potente al costo più basso.
Qualche anno fa, riflettendo insieme a John Drogosz, mio caro amico e business partner canadese, mi sono accorto di aver cominciato a implementare il Lean Thinking quando non ero ancora né laureato né tanto meno ero passato attraverso un’esperienza aziendale strutturata.
Avevo quindici anni e lavoravo in una catena di bar e centri ristoro in qualità di responsabile della produzione di panini e tramezzini. In particolare, il centro di produzione smistava i propri prodotti deperibili ai diciotto bar distribuiti in un padiglione fieristico. La problematica più grande era servire le giuste quantità ai bar, cercando sempre di offrire un prodotto di ottima qualità.
Senza saper nulla di Lean Production e di Lean Supply Chain, di Kanban e Just in Time, mettemmo in piedi un servizio di pianificazione di medio termine in base alle vendite dell’anno precedente che, unito a un sistema di bici e contenitori pieno/vuoto, serviva ad approvvigionare i bar non appena avessero terminato panini e tramezzini.
Avrei scoperto, qualche anno dopo, di aver in realtà applicato alla lettera un sistema denominato “Kanban”, tecnica fondamentale di uno dei pilastri della Lean Production giapponese: il Just in Time.
Dopo gli anni universitari, la laurea in ingegneria meccanica, e la tentazione di proseguire la carriera accademica come ricercatore, ho capito che, certe teorie, mi divertivo più ad applicarle che a studiarle. Non a caso mi sono ritrovato, nel 1995, a ricoprire il mio primo incarico da ingegnere, occupandomi di Just in Time in Magneti Marelli. Dai panini all’assunzione come “colletto bianco” il passo è stato grande, ma l’esperienza sul campo era già iniziata precedentemente. Tuttavia, la vera svolta avvenne quando iniziò il mio affiancamento a Masaaky Yutani, mentore giapponese di provata esperienza, ex Toyota, che mi avviò ad applicare metodi e principi ascoltandoli e vivendoli direttamente con chi li aveva sperimentati per anni.
Dopo Magneti Marelli ho vissuto la mia prima esperienza come consulente, per quasi tre anni, in una nota società internazionale, all’interno della quale mi sono occupato di progetti di razionalizzazione industriale. Tra i vari progetti seguiti ho fatto parte del team che a quel tempo si occupava della fusione tra Case e New Holland.
Un ulteriore passo che avrebbe avuto grande impatto per me l’ho fatto quando nel 2003, occupandomi di sviluppo nuovi prodotti e processi in Siemens VDO Automotive, ho conosciuto John Drogosz e Jeffrey Liker1.
Facevo parte del team di lancio del programma Lean Transformation, quando in azienda fu deciso di chiamare i numeri uno al mondo nell’applicazione del Lean Thinking per supportarci nel nostro percorso.
Dopo aver conosciuto personalmente Jeffrey Liker e aver letto i suoi libri, sono rimasto colpito dal fatto che quest’uomo non solo divulgava delle teorie, ma le aveva anche vissute in più di venti anni di attività con un gruppo di persone che Toyota aveva selezionato negli Stati Uniti per diffondere il proprio modello.
Toyota è entrata nel mercato automobilistico degli Stati Uniti negli anni Ottanta e ha costruito da zero un intero sistema: non ha realizzato un “copia e incolla”, ma lo ha insediato nella realtà specifica e ha fatto crescere le competenze tecniche e gestionali delle persone per poter ricreare lo stesso modello tecnico e sociale.
Jeffrey Liker, vivendo tra il Giappone e gli Stati Uniti, ha interiorizzato questo modello, tanto da poterlo descrivere, raccontare e insegnare alle altre aziende, oltre che ai neo- Toyota americani. John Drogosz lavora al fianco di Jeffrey Liker da oltre quindici anni e ha contribuito in prima persona sia alla stesura dei suoi libri che alle applicazioni aziendali del modello lean. Nell’esperienza in Siemens VDO Automotive abbiamo dato vita a un programma di formazione e applicazione specifico, ottenendo importanti risultati e soprattutto contribuendo alla mia profonda evoluzione nel modo di pensare e applicare gli stessi principi lean che già conoscevo da oltre un decennio.
Nel mio percorso non potevo, dunque, che giungere in Giappone alla fine del 2004, per visitare e studiare le migliori aziende giapponesi, tra cui Toyota, Honda, Sony, Bosch Japan, Omron, Daikin. L’esperienza è stata così illuminante che decisi di lasciare Siemens VDO Automotive qualche anno dopo, nel dicembre 2007, per continuare a occuparmi a tempo pieno come ricercatore, consulente e formatore dei temi che sin dall’inizio del mio percorso professionale non ho mai smesso di coltivare nei diversi ruoli ricoperti: il Lean Thinking e l’innovazione.
Da quel momento ho unito le esperienze degli ormai colleghi americani alle mie e a quelle del gruppo di persone che oggi fanno parte di Lenovys, la società di consulenza che ho fondato nel 2008. Lenovys è partner italiana di Optiprise, la società di consulenza di Jeffrey Liker e John Drogosz, scelta per progetti di innovazione di prodotto e di processo da aziende importanti a livello mondiale quali Harley Davidson, Peugeot Citroën, Hertz, GM, Areva, Schlumberger, Caterpillar, Siemens. Anche grazie al loro prezioso contributo ho messo a punto il “Lenovys Innovation System©”, di cui troverete ampi riferimenti e spiegazioni nelle pagine che seguono.
1.1 Questione strategica: eccellenza nel lungo termine o mediocrità nel breve?
È possibile riuscire a generare profitti e prosperare a lungo, nell’attuale mondo capitalistico, non ponendosi esclusivamente obiettivi di profitto nel breve termine?
Se guardiamo a ciò che aziende eccellenti hanno saputo fare, non solo ci accorgiamo che è possibile, ma che è addirittura l’unica via che garantisce il successo nel tempo.
Per alcune aziende, le strategie di lungo termine e i relativi vantaggi competitivi acquisibili nel tempo vengono sempre prima del guadagno di breve termine. Queste aziende sono animate dai sogni visionari dei propri leader. Si guardi a Google, Apple, Microsoft, Walt Disney, Cirque du Soleil al di là dell’oceano. Oppure a Luxottica, Diesel, Ferrari, Lamborghini in Italia.
Nel libro di Jeffrey Liker, The Toyota Way, scopriamo che il primo dei 14 principi di management che hanno permesso il miracolo industriale della società nipponica è proprio questo: le azioni che portano a maggiori vantaggi di lungo termine devono essere sempre poste prima di quelle che portano a modesti guadagni di breve termine2. Il colosso nipponico ha dimostrato come sia possibile allineare gli obiettivi di quasi 250.000 persone verso qualcosa di più grande che il semplice “far soldi subito”. La missione strategica è per loro generare valore per il cliente, la società e l’economia, attraverso i loro prodotti e i loro servizi. Al di là delle tante belle parole, è stupefacente vedere in pratica l’impegno delle loro persone nel rispetto di questo obiettivo strategico, tradotto nelle attività quotidiane rivolte al continuo aumento di valore dei propri prodotti e al contemporaneo sforzo di eliminazione degli sprechi. La convinzione profonda e tangibile è che, senza dubbio, vivendo questo principio si possano ottenere profitti maggiori nel tempo.
A volte mi viene posta questa domanda: perché le case americane, nonostante conoscessero il modello Toyota sin dagli anni Novanta non hanno replicato i loro successi? In effetti questo ha del paradossale perché la conoscenza del modello Toyota è sostanzialmente stata possibile grazie a studiosi americani e inglesi; Jim Womack e Daniel Jones erano, infatti, sovvenzionati dalle case americane per studiare il modello Toyota e divulgarne la conoscenza3.
Non sono stati gli uomini Toyota a far marketing di se stessi, ma sono stati proprio gli americani e gli inglesi a fare la miglior promozione possibile del modello che ha rivoluzionato a partire dagli anni Cinquanta il modo di fare impresa, insegnando al mondo intero a ottenere molto di più con molte meno risorse. Gli americani, quindi, avrebbero saputo bene cosa fare per raggiungere gli stessi vantaggi, ma una delle motivazioni che ha portato le maggiori case automobilistiche americane sull’orlo del fallimento è stata proprio l’incapacità di staccarsi dalla visione di breve termine.
Il fatto che i posti dirigenziali fossero tipicamente occupati da persone con un alto livello di rotazione, che quindi portava ad avere il focus sui conti economici quadrimestre per quadrimestre e non nell’arco temporale di alcuni anni, è stato uno dei motivi che ha determinato vere e proprie disfunzioni strategiche per quelle aziende in cui lo sviluppo di nuovi prodotti innovativi era diventato fattore discriminante per il successo rispetto alla concorrenza.
Toyota è un esempio che mostra come il valore di un’azienda possa crescere considerevolmente nel tempo avendo una visione strategica chiara che traina le attività quotidiane. Ma, come vedremo, non è l’unica. Per queste aziende, quando si parla di innovazione e di sviluppo prodotto ci si riferisce a strategie aziendali e non a semplice tattica, come accade in molte aziende. In queste organizzazioni si preferisce spendere di più nella fase di sviluppo prodotto e progettazione, piuttosto che ricorrere a spese di centinaia di migliaia di dollari nelle fasi di post-produzione, magari per porre rimedio a un imprevisto o per un richiamo di prodotti a causa di problemi qualitativi.
Decidere di investire in prevenzione e in prodotti migliori sin dall’inizio è una caratteristica culturale. Prima ancora delle tecniche, prima ancora dei metodi, il modello culturale di riferimento ha un peso fondamentale nel modo di fare innovazione in azienda. Il focus sul risultato di breve termine può letteralmente spostare il destino futuro sia delle persone che delle aziende. Noi prendiamo continuamente decisioni, dentro e fuori l’azienda. Quando prendiamo decisioni, tuttavia, facciamo una gran fatica a valutare il vero impatto che nel lungo termine avrà ciò che scegliamo di fare: i veri rischi che corriamo, i veri costi che sosterremo o il beneficio che ne trarremo.
Molte aziende spesso passano più tempo a focalizzare guadagn...