Quando il manager è donna
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Quando il manager è donna

Come fare carriera senza trasformarsi in un uomo

Chiara Cecutti

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Quando il manager è donna

Come fare carriera senza trasformarsi in un uomo

Chiara Cecutti

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Che siano già in carriera, la desiderino, la temano o siano al primo impiego, tutte le donne troveranno in questo libro rassicurazioni, spunti e suggerimenti preziosi per avanzare fiduciose nel mondo del lavoro nel rispetto della propria femminilità e in una logica di work-life balance. Un testo che descrive in modo piacevole e diretto situazioni che le donne vivono comunemente sul lavoro e che integra efficacemente in ogni capitolo tre diverse prospettive proponendo: la descrizione di un reale percorso di coaching condotto con successo dall'autrice con una protagonista manager di volta in volta diversa; approfondimenti sul tema centrale della sezione; riflessioni, compiti ed esercizi utili per migliorare la carriera delle lettrici attraverso modalità pratiche di self coaching. Un libro ricco di spunti pratici per sviluppare una professionalità basata su elementi di forza del femminile anziché su un modello maschile e che offre conferme, indicazioni e strategie utili per le donne che desiderano realizzarsi in tutte le aree della propria vita.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2017
ISBN
9788820381738
Capitolo 1

DONNE INVISIBILI, DONNE VISIBILI

In questo primo capitolo ci occupiamo dell’importanza che la visibilità assume per la donna manager in azienda, in una logica di carriera. Di cosa significhi essere visibili (e invisibili) e di quali possano essere i primi accorgimenti utili, e semplici da adottare, per mettersi correttamente in luce calibrando la propria esposizione.
In particolare, il percorso qui raccontato nasce con l’obiettivo di aumentare la capacità della protagonista di rendersi visibile. Questa abilità, considerata insufficiente rispetto alla posizione da lei rivestita, è stata via via potenziata fino al raggiungimento di uno stato ottimale. Il risultato è stato ottenuto attraverso il superamento dei condizionamenti educativi ricevuti, oltre che di qualche insicurezza, coniugando fermezza e morbidezza.
COACHING

Il percorso di Camilla

A inaugurare il nostro viaggio nel potenziamento delle caratteristiche manageriali al femminile è Camilla, che si occupa di marketing in un’azienda di servizi. Se è vero che non bisogna fermarsi alle apparenze e che, spesso, l’impressione iniziale non corrisponde poi alla realtà, è altrettanto vero che l’esperienza insegna. Ecco perché il mio sguardo ha colto all’istante alcune sue caratteristiche, che si sono rivelate poi fondamentali per il cammino da compiere insieme, e utili a comprendere il motivo per cui Camilla si trova qui, ora, davanti a me. Ma ne parlerò dopo.
Trattandosi del primo caso va subito specificato che spesso è l’azienda, e non l’interessato, a richiedere percorsi di Coaching per alcuni collaboratori talentuosi. L’intento è coltivarli e farli crescere affinché migliorino in una o più caratteristiche, per svolgere al meglio la loro professione. Questo perché l’azienda è consapevole del fatto che un sostegno come quello offerto dal coach è in grado di far scoprire potenzialità e risorse da cui attingere. Se, però, il collaboratore in questione non si riconosce nei punti e nelle caratteristiche che secondo l’azienda sono da potenziare, modificare o acquisire, il percorso è già fallito in partenza, ed è inutile intraprenderlo. Ecco perché la fase di condivisione degli obiettivi è da ritenersi fondamentale. Nel nostro caso specifico è stata la capa di Camilla, con la quale lei non ha un ottimo rapporto, a richiedere un percorso di Coaching e a individuarne gli obiettivi. Li abbiamo condivisi e discussi tutte e tre insieme per poterci allineare, perché alla fine sarà sempre lei, la capa, a valutare i nostri risultati. Single, quarantenne, senza figli, alta e magra, non bellissima ma con un look forte, riconoscibile ed elegante, m’informa che a Camilla viene chiesto sempre più spesso di partecipare a incontri allargati per rappresentare la loro area. Si tratta di riunioni durante le quali, per il bene della funzione aziendale, è necessario rendersi visibili, entrare velocemente in relazione con gli altri, essere assertivi e diventare protagonisti. Proprio rispetto a questi punti, Camilla è considerata carente.
Torniamo alle mie prime impressioni su Camilla. Sin dal nostro primo incontro noto che lei, nonostante sia di aspetto piacevole, al contrario della sua capa non valorizza affatto la sua immagine: il suo look non può infatti definirsi deciso, né particolarmente caratterizzante e originale, ma anzi piuttosto impersonale. Naturalmente l’aspetto esteriore non è tutto, soprattutto se poi non corrisponde alla sostanza, ma in termini pratici – e in questo caso attinenti a ciò di cui stiamo parlando –, devo ammettere che la personalità della maggior parte delle donne manager di successo che ho conosciuto si riflette anche nel look, che corrisponde alla loro reale intraprendenza e capacità manageriale. Sono certa che Camilla sia una donna con molte potenzialità, e penso che evidentemente non sia ancora riuscita ad adeguare il suo apparire al suo essere. Anche se non è questo il motivo per cui si trova qui con me. Perché allora? A fronte della sua posizione e del suo ruolo in azienda, sembra che Camilla in un certo senso risulti fin troppo educata. Entrando nei luoghi deputati in punta di piedi e comunicando quasi sottovoce, non emerge quanto dovrebbe e risulta pressoché invisibile, nei contesti in cui invece la visibilità conta più di ogni altra cosa.
All’inizio del nostro percorso, Camilla appare visibilmente emozionata, non sa esattamente cosa aspettarsi dal Coaching e il fatto che lo abbiano proposto anche ad altri colleghi della sua stessa area, in parte la rassicura. Sa che può rappresentare un’opportunità di crescita, ma – ed ecco emergere la sua insicurezza – si chiede anche se sarà all’altezza, se per caso non si voglia cambiare il suo modo di pensare, se verrà giudicata o valutata nel suo lavoro e nella sua persona. Cerco dunque di capire chi realmente sia o ritenga di essere, e da ciò che mi svela di se stessa mi faccio l’idea di una donna davvero fortunata: ha 36 anni e due figli, è felicemente sposata e, sia dal marito che dall’intera rete familiare, riceve un solido supporto che le permette di godere con soddisfazione sia della sfera personale che di quella professionale. Infatti, riesce a mantenere in buon equilibrio tra le due: gioco di prestigio non sempre facile per le donne in carriera. Lavora inoltre in un’azienda che sostiene l’importanza del work-life balance e che non incita i suoi collaboratori a restare a lavorare in ufficio fino a tardi sottraendo tempo alla famiglia, così come, al contrario, li esorta a non mancare mai agli appuntamenti importanti dei figli, concedendo loro facilitazioni per questi doveri e piaceri genitoriali. Una cosa ottima ma, come già accennato, ciò non significa che l’azienda sorvoli poi sui risultati: ecco perché tutto questo, per una donna, si traduce talvolta nel dover continuare a lavorare a casa. Magari, come già accennato, dopo aver messo i bambini a letto. E per Camilla è così. Anche perché è ben determinata a fare carriera, a essere riconosciuta, e soprattutto a ottenere quel ruolo di dirigente che ancora le viene negato, perlopiù per una questione di standing.
Comunque, nonostante l’emozione e i timori iniziali, cominciamo a entrare nel vivo del percorso, analizzando alcune situazioni concrete: scopriamo insieme che, proprio nei contesti in cui dovrebbe maggiormente rendersi visibile per valorizzare la divisione di marketing a cui appartiene – ovvero nei già citati incontri, in cui è chiamata a rappresentare la propria area –, Camilla presenta qualche difficoltà e resistenza ad aprirsi e a relazionarsi con gli altri, a difendere con fermezza le proprie posizioni, a prendere decisioni ed esprimere valutazioni in assenza di informazioni complete. In questi contesti, Camilla non rischia: non si espone né si sbilancia in commenti o affermazioni, se non ritiene di conoscere alla perfezione tutti gli elementi relativi all’oggetto del discorso; arretra di fronte alla leadership dei colleghi più forti; tende a subire e quindi a lasciarsi sopraffare dai contesti caotici e, soprattutto, non riesce a rendersi sufficientemente visibile in presenza di persone che rivestono posizioni più elevate della sua. E, solo dopo avere analizzato ciò che solitamente fa e ha fatto, siamo passate a immaginare che cosa avrebbe potuto fare diversamente, in quale altra maniera avrebbe potuto comportarsi in quelle specifiche situazioni già vissute. Per esempio, avrebbe sicuramente potuto parlare di più, farsi notare, affermare con decisione, e al contempo con morbidezza, le proprie opinioni: essere quindi più assertiva, come le donne sanno intuitivamente essere, sui temi in discussione. Su questi temi, infine, si sarebbe potuta documentare meglio in modo da sentirsi più pronta e sicura.
“Camilla presenta qualche difficoltà e resistenza ad aprirsi e a relazionarsi con gli altri”
E a un certo punto del percorso siamo arrivate al nucleo della questione, alla causa della temporanea difficoltà di Camilla, che si è dimostrata essere una capa alla quale non vorrebbe assolutamente mai somigliare. Dal suo punto di vista è troppo aggressiva, eccessivamente dura, poco empatica e, soprattutto, mai soddisfatta dei suoi risultati, sebbene i numeri siano ottimi. Camilla fatica seriamente a digerire tutto questo, visto che sia a scuola sia all’università è sempre stata riconosciuta tra le migliori. Purtroppo, però, non ha un’alternativa in mente a cui ispirarsi. Così l’abbiamo cercata insieme, dentro di lei, provando a capire come avrebbe potuto acquisire capacità da leader mantenendo le proprie caratteristiche, senza snaturarsi, dimostrandosi ferma e morbida al tempo stesso. Per fare questo si è reso necessario identificare un modello di leadership al femminile che tenesse in considerazione i suoi valori e la sua personalità, e fosse al contempo efficace rispetto alle aspettative aziendali. Infine abbiamo cercato e trovato risorse in contesti esterni all’area di lavoro, che Camilla potesse utilizzare con naturalezza e successo anche nella sua sfera professionale: l’empatia e l’ascolto con cui in famiglia si rapporta al marito e ai figli, per esempio, e al tempo stesso la determinazione a mantenere con loro il punto nelle discussioni importanti. A tal proposito abbiamo naturalmente lavorato anche sulle insicurezze che si erano manifestate fin dall’inizio, e sull’educazione tradizionale che le è stata impartita, che non vede di buon occhio la donna che s’impone, che fa sentire troppo la propria voce e che si fa notare. Poi siamo passate alla pratica, ai miglioramenti concreti: imparando, per esempio, a modulare il volume della voce, le pause nei discorsi, le sottolineature nelle affermazioni.
E ne siamo venute a capo. Nell’arco di pochi mesi Camilla ha imparato che si può essere ferme e visibili nella morbidezza, quindi esporsi ed essere protagonisti nel modo giusto e al momento opportuno. Camilla ha capito come dimostrarsi sicura sentendosi realmente tale e come riconoscere le proprie capacità e competenze anche in assenza di informazioni complete, talvolta bluffando un pochino, confidando finalmente anche nelle proprie capacità inconsce. Certamente ha imparato anche che essere visibili comporta dei rischi, ma offre anche tante opportunità, utili per la propria crescita e per la propria carriera.

APPROFONDIMENTI

Visibilità al femminile

Essere visibili vuol dire essere visti, nel senso di essere considerati. Vuol dire che ci siamo, e non solo per noi stessi. Vuol dire che anche gli altri confermano la nostra esistenza e la nostra presenza. Ne prendono atto e, nel migliore dei casi – ed è ciò che ci interessa in questo determinato contesto –, tengono in considerazione anche ciò che diciamo o facciamo. Questo perché ci ritengono degni di attenzione, dotati di competenze e capacità professionali che ci permettono di agire o parlare in un determinato modo, di un determinato argomento. Le donne visibili, in azienda, non solo si “vedono” per definizione, ma si distinguono spiccando nel gruppo: sono quelle che si fanno notare al solo ingresso in ufficio e nella sala riunioni, pronte a catalizzare l’attenzione dei presenti senza alcuna apparente ragione e senza arroganza. Chiamatelo, se volete, carisma: un tema sul quale avremo peraltro occasione di soffermarci più avanti. Da un lato è di certo una fortuna, ma dall’altro quanto bisognerà essere davvero capaci per non tradire la fiducia e deludere le aspettative? Solitamente, le donne manager visibili hanno grandi capacità comunicative, relazionali e sociali, ma così come vengono immediatamente notate – talvolta con un po’ di invidia da parte delle colleghe meno dotate e di sospetto da parte dei colleghi uomini, che attendono al varco qualche dimostrazione di inadeguatezza –, rischiano altrettanto velocemente di essere schernite, di fronte al primo risultato inferiore alle aspettative.
“Il look non è mai neutro, perché comunica e parla di noi”
A proposito di apparenza, voglio qui aprire una breve parentesi: il look non è mai neutro, perché comunica e parla di noi, che lo vogliamo o no. Le donne visibili sono spesso quelle che curano il proprio Personal Brand, prendendosi cura di loro stesse proprio come fossero una marca, una griffe, un’azienda, anche se non sempre in modo consapevole o tattico. Questo non vuol dire che indossino sempre abiti stravaganti ed estrosi o sfilino tra una scrivania e l’altra come in passerella, ma sicuramente sanno proporsi attraverso un’immagine specifica e decisa, interpretando la moda secondo la propria personalità. Le caratteristiche che uniscono Personal Brand e immagine sono infatti l’originalità, l’autenticità, la consapevolezza e il valore.
Scegliere come vestirsi può essere un’azione più o meno consapevole: persino le donne che dicono “la mattina mi metto quello che capita”, in realtà scelgono. Certamente però un’immagine curata in ambito lavorativo porta l’interlocutore a ritenere che anche in ambito professionale ci sia la medesima cura dei dettagli. E questa si chiama coerenza: mostrarsi per ciò che si è realmente, e non un bluff basato sull’apparenza. Proprio per questo le donne visibili in azienda sono quelle con una buona autostima, sicure e consapevoli del proprio valore, che manifestano con naturalezza. S’innesca così un circolo virtuoso: l’autostima cresce e contribuisce a mantenere e ad accrescere la visibilità.
C’è anche un alto tasso di responsabilità in loro, perché da ciò che fanno e dicono scaturiscono altre scelte e decisioni. Del resto solo chi è visibile può dirigere il coro, creare la sinfonia, dar vita a qualcosa di nuovo. Ecco perché la nuova donna manager non può rinunciare alla visibilità, anche se comporta qualche rischio: quello di cambiare, per esempio, di imbattersi nell’imprevisto o persino di fallire. Perché la visibilità al femminile di cui parliamo non è bellezza estetica, ma fascino e forza interiore, affermazione di sé, fermezza nel sostenere e difendere senza aggressività le proprie opinioni, consapevolezza di ciò di cui si parla, competenza e capacità. È l’affrancarsi dal duro modello maschile di leadership a cui la donna manager moderna non ha più bisogno di adeguarsi.

SELF COACHING

Suggerimenti e compiti per donne in carriera

1. Il carattere personale e l’educazione ricevuta, in merito a ciò che si ritiene essere appropriato in termini di visibilità per una donna, condizionano le nostre capacità e la nostra propensione a esporci. Rendersi visibili non significa essere arroganti, esibizioniste, sfidanti o saccenti, né tantomeno mettersi in mostra a tutti i costi. Significa bensì cogliere ogni occasione (ad esempio, le riunioni) per esporsi nella giusta misura e con garbo, esprimendo le proprie opinioni.
2. La comunicazione non verbale incide in modo significativo sulla nostra visibilità. Oltre alla mimica facciale e alla postura che adottiamo – a come camminiamo, gesticoliamo o non gesticoliamo e a come utilizziamo la voce –, anche il look comunica molto, influenzando la percezione che gli altri hanno di noi, in particolare al primo approccio. È importante quindi trasmettere la propria personalità valorizzando l’immagine, in modo appropriato al contesto e alla cultura dell’azienda in cui operiamo. Lavorare nel settore della moda, della cosmesi, del web, della pubblicità, della politica, dello sport o della meccanica, implica una diversa declinazione di appropriatezza.
3. È importante saper prendere decisioni ed esprimere valutazioni anche in assenza di informazioni complete, a condizione che la propria preparazione sia adeguata. Avere fiducia nelle proprie capacità inconsce è una cosa, essere impreparati su temi fondamentali un’altra. E viceversa.
4. Essere visibili comporta dei rischi, ma anche tante opportunità per la propria crescita e la propria carriera. Calibrare la propria esposizione, iniziando a piccoli passi, ci permette di rielaborare l’esperienza valutando, in base al risultato, se la strada intrapresa è corretta oppure no e ci offre, in quest’ultimo caso, l’opportunità di aggiustare il tiro.
Capitolo 2

DONNE CHE VOLANO BASSO, DONNE CHE VOLANO ALTO

L’ambizione in una donna manager necessita di essere supportata da una buona dose di fiducia in se stessa. Questo per permetterle di cogliere e sfruttare al massimo ogni opportunità di carriera le si prospetti; per sostenerla e aiutarla a superare ogni nuova sfida, facendola sentire a proprio agio anche al di fuori dalla propria comfort zone.
In questo capitolo, affron...

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