Capitolo Primo
La frantumazione della famiglia:
Natale in casa Cupiello
Natale in casa Cupiello, scritta nel 1931, è una delle opere più complesse e più studiate di Eduardo. Essa è cronologicamente l’ultima commedia dei “giorni pari” e contiene già, dal secondo atto in poi, molte caratteristiche delle commedie dei “giorni dispari” che il drammaturgo scrisse per la sua compagnia Il Teatro di Eduardo dopo il secondo conflitto mondiale. Con questo lavoro, Eduardo si lasciò definitivamente alle spalle l’atmosfera più leggera e prevalentemente farsesca di Uomo e galantuomo e degli altri testi teatrali degli anni venti per incamminarsi nei territori più aspri dei rapporti inter-familiari.1
La genesi dell’opera fu particolarmente lunga ed interessante poiché non seguì una cronologia tradizionale (‘un parto trigemino, con una gravidanza di quattro anni’, lo definì Eduardo).2 Essa nacque come atto unico (corrispondente all’odierno secondo atto) nel 1931 e venne messa in scena lo stesso anno al Cinema Teatro Kursaal di Napoli dalla Compagnia Umoristica I De Filippo con Eduardo nel ruolo di Luca Cupiello, il fratello Peppino nel ruolo del figlio Nennillo e la sorella Titina nel ruolo della madre Concetta.3 A quel tempo i De Filippo facevano dell’avanspettacolo e di conseguenza la commedia si presentò essenzialmente come una farsa attraverso la quale Eduardo metteva in scena i conflitti della famiglia Cupiello. Dopo aver lasciato l’avanspettacolo, tra il 1932 e il 1933 Eduardo scrisse l’attuale primo atto e l’opera venne messa in scena al Teatro Sannazzaro. Il terzo atto fu scritto soltanto nel 1937 e con esso la commedia assunse toni molto più tragici.4 Negli anni, fino alla rappresentazione televisiva del 1977, Eduardo apportò moltissimi cambiamenti testuali e strutturali e, in quanto testo scritto, ne esistono due versioni diverse rispettivamente nella Cantata dei giorni pari del 1959 e in quella del 1979.5 Anche la lingua cambiò alternando il dialetto all’italiano con accento napoletano per divenire più accessibile al pubblico secondo uno schema che Eduardo seguirà in tutte le sue opere future. Attraverso la figura di Luca Cupiello, l’opera esplora non solo la crisi ma la precarietà dell’ideologia familiare tradizionale capovolgendo la figura del pater familias e sostituendola con una figura paterna non più centrale ma progressivamente marginale.
La realtà sociale che si cela dietro l’opera è quella della Napoli povera, sebbene la vicenda non abbia luogo nei “bassi” in cui si svolgerà Napoli milionaria! Da un punto di vista storico-antropologico i Cupiello rappresentano un modello ben noto della famiglia meridionale (ma non solo) urbana post-unitaria. Queste non erano più famiglie complesse “patriarcali”, legate alla lavoro della terra, ma famiglie nucleari, con risorse finanziarie limitatissime, residenti in abitazioni piccole e mal equipaggiate, normalmente appena fuori dalla città o in zone popolari sovraffollate.6 È tuttavia difficile definire esattamente la classe sociale a cui appartengono i Cupiello, in quanto non si tratta né della “plebe” napoletana spesso descritta da Raffele Viviani, né di ceto operaio, né di piccola borghesia. Essi sono semplicemente parte del popolo (anche se la borghesia entrerà nella famiglia grazie al matrimonio della figlia). Senza dubbio l’opera prende spunto da una realtà sociale conosciuta ma il miglior teatro non è mai cronaca, e pertanto i Cupiello sono, prima di tutto, una famiglia “teatrale”. Vale a dire una creazione simbolica, un’astrazione, attraverso la quale l’opera indaga le relazioni familiari in un ambiente limitato dalla povertà e sottoposto ad un’ideale familiare inaccettabile. La città è lontana, la si intuisce solo nei riferimenti che vi fanno i personaggi, mentre la vicenda ha luogo interamente nello spazio claustrofobico di casa Cupiello, e mette cosí in rilievo una famiglia che ha perso il contatto con la realtà esterna, che non si misura più con gli altri, e che nel suo isolamento si innesta su rapporti profondamente malati.
Come d’abitudine, Eduardo parte da una storia estremamente semplice: siamo alla vigilia di Natale e Luca Cupiello è tutto intento a preparare il suo presepio. La sua famiglia è formata dal figlio Tommasino, pigro e attaccabrighe, la moglie Concetta e il fratello Pasquale. La preparazione al Natale è disturbata dall’arrivo della figlia Ninuccia infelicemente sposata ad un uomo benestante che ella tradisce con un amico del fratello. Ninuccia confessa la sua relazione alla madre, mentre Luca è tenuto all’oscuro di tutto. La verità però emerge violentemente la sera di Natale e in seguito alla rivelazione dell’adulterio della figlia Luca Cupiello viene colto da un colpo apoplettico e perde la parola. Nel terzo atto Luca è a letto, circondato dalla famiglia e dai vicini, ormai vicino alla morte ma ancora vittima delle sue illusioni di riconciliazione.
Nella trama si riconoscono elementi tradizionali come il triangolo amoroso, gli alterchi fra genitori e figli, la presenza di Napoli attraverso l’antica tradizione del presepio e la preparazione del capitone, così come la coralità dell’ambiente dove la famiglia non è costituita solamente dai suoi membri ma da una miriade di vicini che, nel bene e nel male, partecipano alle vicende reciproche rendendo il concetto di “privato” completamente superfluo. A ciò si accostano stili diversi che includono la farsa, la commedia e la tragedia e che Paola Quarenghi identifica rispettivamente nel primo, nel secondo e nel terzo atto.7 Tuttavia, leggendo attentamente i tre atti, farsa, commedia e tragedia non appaiono come tre unità rigidamente separate ma piuttosto complementari e co-presenti, pur in misura diversa. Il primo ed il secondo atto sono costellati da situazioni estremamente comiche, ma la comicità che prevale decisamente nel primo e nel secondo atto, non scompare mai neppure nel terzo quando il destino di Luca si è compiuto. Si tratta però di una comicità tanto più amara quanto più rivela il dramma dei personaggi e di Luca in particolare
Quest’ultimo viene progressivamente isolato da chi lo circonda, tanto da rappresentare quasi un mondo a sé, diverso e sotto certi aspetti remoto. Eppure, paradossalmente, tanto più Luca è al di fuori delle vicende che si svolgono in scena, quanto più il suo personaggio prevale nell’opera fino a diventarne il punto focale. Rispetto alle commedie precedenti, Natale in casa Cupiello da questo punto di vista segna una svolta importante anche nella delineazione del personaggio principale. Per la prima volta, infatti, Eduardo riduce la coralità tipica delle prime opere per seguire il destino di un personaggio specifico che viene isolato dal gruppo per essere messo sotto scrutinio. Il concetto stesso di “coralità” come armonia, senso di partecipazione, solidarietà e comunicazione, acquista un significato nuovo e problematico sino a rappresentare il conflitto fra l’appartenere e il non-appartenere, che è poi la tragedia di Luca Cupiello. Soffermandosi proprio su quest’aspetto dell’opera, Stefano De Matteis commenta che con quest’opera:
La commedia corale acquista un perno: al terzo atto si ritorna nella camera da letto, Luca diventa il centro e tutto si muove partendo dalla sua prospettiva. Lo sviluppo del personaggio diventa traccia espositiva per l’evoluzione di un personaggio che presenta una brusca svolta: [...].8
Tuttavia, la figura di Luca come personaggio distaccato si delinea, come si vedrà, sin dal primo atto ed infatti, il suo progressivo isolamento è la misura dell’inarrestabile frantumazione della famiglia Cupiello. L’ultimo atto non fa che suggellare, tragicamente, tale frantumazione.
Pur essendo dotato di uno spessore psicologico che lo differenzia dagli altri personaggi, Luca non è un eroe dotato di superiorità morale ma un antieroe, il capostipite di una lunga serie di personaggi emarginati che costelleranno le opere della maturità di Eduardo. La sua figura fornisce un punto di vista esterno sui fatti che si svolgono in scena e gli spettatori sono costantemente invitati a guardare attraverso i suoi occhi anche se proprio qui il gioco dei punti di vista si complica: seguire lo sguardo di Luca non significa necessariamente condividere la sua visione della realtà, anzi. Se accompagnamo il personaggio per un lungo percorso, progressivamente ce ne distacchiamo avendo imparato a riconoscere i limiti — e la pericolosità — della sua interpretazione della realtà.
Natale in casa Cupiello è la prima opera di Eduardo che si svolga interamente in casa, in un ambiente chiuso e che si rivelerà claustrofobico e distruttivo. La famiglia vive in considerevoli ristrettezze in questo spazio piccolo e sovraccarico di oggetti, evocato dalla didascalia iniziale. Questa riassume come in un affresco l’ambiente in cui vive la famiglia Cupiello:
In casa Cupiello. Un letto matrimoniale e un altro più piccolo per un solo posto. Comune in fondo a destra. Balcone a sinistra. Su di un tavolo, davanti al balcone, vi sarà un Presepe in fabbricazione, e tutto l’occorrente necessario per realizzarlo: cartapesta, pennelli, sugheri, e un recipiente di latta con la colla Cerviora. Tra il balcone e il lettino a un posto vi sarà un piccolo paravento con davanti un treppiedi di ferro con bacinella, ed un secchio smaltato bianco; sul paravento è appoggiato un asciugamani. A ridosso della parete di destra un comò con sopra santi e immagini religiose d’ogni specie con davanti candele e lumini spenti. Sono le nove del mattino del 23 dicembre. Luca dorme nel letto matrimoniale; il posto della moglie Concetta è, in disordine come se la donna lo avesse lascito da poco. Nel lettino piccolo dorme Tommasino (detto Nennillo).9
La didascalia dettagliata racconta una storia e sul palcoscenico, guardando la versione televisiva del 1977, essa viene osservata fedelmente. Il pubblico ha tutto il tempo di fotografare mentalmente la scena e prendere atto delle condizioni in cui vivono i Cupiello, grazie al risveglio lentissimo di Luca, alla ripetizione dei movimenti dei personaggi, grazie ai dialoghi cominciati, interrotti e poi ripresi, quasi si volesse dare l’impressione che tutto fosse filmato al rallentatore. A prima vista, considerata la meticolosità dei dettagli per avvicinarsi il più possibile alla realtà, sembrerebbe di trovarsi nell’ambito del teatro naturalista, che rappresenta le radici del teatro napoletano. Tuttavia, bisogna ricordare che il teatro, anche nel suo sforzo di apparire naturalista, è sempre altra cosa dalla realtà. Vi può essere verisimiglianza, come Eduardo stesso insisteva10, ma ricordando le parole del capocomico Oreste Campese in L’arte della commedia:
a teatro la suprema verità è stata e sarà sempre la suprema finzione.11
Come afferma Keir Elam, uno dei più noti teorici del teatro, tutto quello che avviene sulla scena è trasformato in qualcosa d’altro, come se fosse “tra virgolette”.12 Tali “virgolette immaginarie” che denotano tutti gli oggetti e gli avvenimenti teatrali, rappresentano l’unicità, la particolarità e la differenza del teatro rispetto alla prosaicità del quotidiano. Ricordando di considerare tutto quello che succede in scena “tra virgolette” si può tornare allora alla scena iniziale di Natale in casa Cupiello descritta nella didascalia per riesaminarne i particolari, cominciando dal significato più letterale della disposizione degli oggetti e dei personaggi. Proprio in questa disposizione è possible individuare i presupposti dell’ideologia familiare dei Cupiello.
Lo spettatore si trova di fronte alla loro camera da letto, dove ogni spazio è occupato da qualcosa. Guardando alla modestia dell’arredamento e degli oggetti stipati l’uno accanto all’altro, gli spettatori riconosceranno immediatamente un’immagine familiare della povertà di Napoli. Non un’immagine attraente, che voglia sublimare la povertà con toni populistici, ma piuttosto l’immagine disincantata di una famiglia che vive ai margini della società. I Cupiello vivono in evidenti ristrettezze economiche e questo, inevitabilmente, condiziona i rapporti, e dà luogo a tensioni e risentimenti.
Nella stanza dei Cupiello è in primo piano il letto matrimoniale, simbolo della vita coniugale; nella stessa camera si trova anche il piccolo letto di Nennillo, poichè dato il poco spazio disponibile (l’altra stanza si scoprirà è occupata dallo zio Pasquale), non ci si può permettere il lusso della privacy. Al di là di questo significato prosaico, il rapporto letto matrimoniale /letto del figlio acquista ad un altro livello un valore metonimico poichè traduce visualmente sullo spazio scenico il rapporto genitori/figli e l’autorità che lo governa. Nennillo dorme letteralmente ai piedi dei genitori, quasi a significare la sua dipendenza e la sua sottomissione, sebbene ben presto si vedrà che quest’immagine non deve essere letta in senso letterale o si rischia di esserne tratti in inganno. La stanza da letto è l’ambiente principale del primo atto, il mondo esterno ne è escluso: la “comu...