Parte quinta
Quarantadue
«Pietro, abbiamo finito già tutto, assaggi di birre, di wurstel, di grigliate di carne, di hamburger, di contorni e di dolci tipici bavaresi… a sole due ore e mezza dall’apertura. E come faccio adesso per tutto il resto della serata?» Gianluca – vestito di tutto punto come un autentico operatore di sala di una birreria di Monaco di Baviera – è uscito dal suo locale e si è avvicinato a me, seduto su una comoda sedia pieghevole con liste in legno, che l’aspetto ai piedi della statua del leone di Löwenbräu che ha piazzato all’ingresso. Dopo aver pronunciato quelle parole infila le mani tra i capelli e poi le congiunge in un gesto che da solo significa: «Ma ti rendi conto?»
Tutto intorno – oggi è il 26 giugno 2015, giorno dell’inaugurazione di Löwengrube Lucca – c’è una gran massa di persone che affolla il locale, che entra e che esce, che regge piatti pieni di cibi cucinati alla bavarese e tiene in mano boccali e bicchieri traboccanti di birra, chiara e scura. Ci sono adulti e bambini – come in Baviera dove questo tipo di birrerie è adatto alle famiglie – e la temperatura è davvero piacevole, poco sopra i venti gradi. È una serata calda e dolce, rinfrescata dalle fronde alte delle piante che costeggiano la via Carlo Del Prete, dove Gianluca e la moglie Arianna, al civico 21, hanno aperto il loro ristorante-birreria, nei pressi dell’antico bastione San Donato.
Alcuni uomini e donne sono già sbracciati, e il tepore della serata fa notare di più le donne incinte… con le pance che accorciano sul davanti i loro vestiti. Gianluca vorrebbe poter avere cibo e birra per soddisfare tutti, ma ha veramente finito tutto. Resta ancora della birra…. La gente si ferma ugualmente, si aggira con i boccali in mano per il locale, completamente rinnovato, e può immaginare di essere stata catapultata a Monaco di Baviera, anche grazie alla musica che viene diffusa dall’impianto stereofonico.
Guardo Gianluca senza parlare e gli sorrido, contento. Io ho reagito dentro di me con esultanza alla notizia che tutti gli assaggi preparati sono già terminati – è come se avessi vinto un match di pugilato – lui, invece, è letteralmente dominato dallo stupore e dal timore di fare brutta figura. Con tutti. L’ho rassicurato, è sempre difficile riuscire a valutare prima quanta gente risponda alle attività promozionali: «Noi facciamo tutto il possibile, manifesti, pubblicità sui giornali, Monica si è fatta vedere in giro per Lucca con altri in abiti bavaresi… e poi aspetti che la gente arrivi. Ed è sempre una sorpresa».
Con l’apertura di Lucca, la nostra Lowen-Com, la ragione sociale che raccoglie i ristoranti-birreria della nostra catena, è già arrivata in soli due anni a tre aperture a marchio Löwengrube, tutte avviate con il sistema del franchising. La prima nel parco tematico “Cavallino Matto”, a Donoratico, lungo la Marina di Castagneto Carducci, in provincia di Livorno, la seconda dentro Livorno, la terza ora a Lucca… Tre realtà imprenditoriali indipendenti ma affiliate a noi: simili nei menu, nelle birre offerte – a marchio Löwenbräu, Franziskaner e Spaten – negli arredi in legno (tavoli, sedie, botti da usare come appoggio), nei colori bavaresi bianco e blu che si vedono qua e là dipinti su pilastri e pareti, nei costumi dei camerieri, nell’allegria conviviale che caratterizza il locale, esattamente come nel nostro ristorante a Limite sull’Arno… Insomma, diversi ma uguali.
Mentre mi ronzano in testa tutti questi pensieri e mentre Monica si aggira tra i tavoli intrattenendosi con l’uno e con l’altro, mi volto e noto una figura conosciuta…, ma sì è lei, è Giusy, che ha aperto da un anno esatto a Donoratico. «Vieni», le grido, sbracciandomi, «sono qui». Che brava, non ha voluto mancare… Ha lasciato la meravigliosa pineta ai bordi del mare dove lavora con il nostro marchio per venire a festeggiare con noi… Quelli di Livorno, invece, non si sono visti.
Quarantatré
Intorno alla mezzanotte non c’è più nessuno nel locale, solo noi: Gianluca e Arianna, stanchissimi ma soddisfatti, Monica, io e Giusy. C’è tra noi un clima di complicità. Gianluca non sta nella pelle: «Abbiamo calcolato questa sera un passaggio di circa 3.800 persone! Un risultato che ripaga pienamente di cinque lunghi mesi di attesa e di preparazione del locale, te l’assicuro», dice rivolgendosi a me. Lo osservo e ripenso a quello che lui è stato fino a poco tempo fa: un consulente finanziario, esperto di banche e di assicurazioni. «Voglio cambiare vita», mi aveva confessato un anno e mezzo fa, agli inizi del 2014, dopo essere stato a cena con la moglie da noi a Limite. Sembra che Gianluca mi abbia letto nella mente: «Questa sera ho ripensato parecchie volte al sentimento che mi aveva dominato appena uscito dal vostro locale la prima volta che eravamo venuti da voi. Mi ero detto: domani vorrei tornare qui. E soprattutto mi aveva colpito il vostro entusiasmo», osserva, guardando Monica e me, «ecco questa sera inaugurando il locale ho desiderato che la gente potesse provare qualcosa di simile a quello che ho sperimentato la prima volta da voi».
«Sai che non ricordo come ci hai trovato…», dice Monica…
«Oh, è semplice. Con quella voglia di cambiare vita lavorativa che mi portavo dentro sono andato a vedere diversi siti Internet dedicati al franchising e su un portale di settore ho trovato la vostra attività e la vostra proposta di affiliazione. Il resto sai benissimo come è andato. Vi abbiamo cercato e voi ci avete detto una cosa sola: venite a vedere che cosa facciamo».
Giusy sorride: «Per me, all’inizio, le cose sono andate all’inverso. Siamo stati noi a essere trovati, dal vostro Riccardo, del tutto casualmente. Aveva portato il figlio al parco divertimenti del Cavallino Matto. Io allora gestivo il lounge bar, all’esterno, e il ristorante-pizzeria. Vendevo già la birra… ma volevo fare qualcosa di diverso. È così che ho tentato la strada dell’Harrods cafè, con il menu collegato alla musica, a me piace tanto la musica… A Riccardo ho spiegato la mia voglia di cambiare e lui mi ha parlato di voi e del franchising… E ovviamente sono venuta a fare una mangiata a Limite!»
«E ti è piaciuto…», dice Monica, guardandola con gli occhi che le brillano…
«Mi è piaciuto il discorso di portare nel mio locale cibi e birre bavaresi e così ho fatto un ibrido, tra le cose nostre e le vostre. Monica… funziona. Voi siete stati sempre disponibili, avete capito che non potevo rinunciare del tutto a quello che avevo messo in piedi e mi avete aiutato a integrare menu e offerta di birre».
Quarantaquattro
Abbiamo fatto tardi, stanotte, tornati da Lucca. Sono alcune ore che non riesco a prendere sonno, mi giro e rigiro nel letto. C’è qualcosa che non mi torna… che mi inquieta. No, non Lucca, per carità, tutto bene, benissimo. È stata un’inaugurazione straordinaria. E non è nemmeno Giusy a preoccuparmi… Lei è brava, è fantastica, ci sa fare… È Livorno a turbarmi…
Mi alzo dal letto, cerco di non fare rumore e di non svegliare la povera Monica: per l’inaugurazione di Lucca si è sbattuta come un leone… e si è addormentata come un sasso. In cucina ho preso da bere, magari mi calma. Eppure non riesco a non dare corda ai pensieri che mi hanno tenuto sveglio fino a questo momento: la società che ha aperto il ristorante di Livorno, fuori dal centro, ma in una location molto nota, continua a darci problemi: discussioni, contestazioni, non c’è sintonia, non ci somigliamo… che è quello che invece potrei dire di Gianluca e Giusy. Con loro ci si capisce subito!
Il Löwengrube di Livorno è stato inaugurato da poco più di un mese. I problemi sorti alcuni mesi fa sembrano rientrati: prima di aprire hanno sottoscritto un contratto blindatissimo, almeno per quel che riguarda le garanzie di una corretta affiliazione, perché nei mesi scorsi, diciamo così, hanno fatto i furbi… Ora potrò fidarmi? È un interrogativo che mi arrovella il cervello… Mi vien da battere i pugni sul top della cucina al pensiero del rischio che abbiamo corso, ma non lo posso fare… sveglierei Monica! Mi torna di continuo in mente, come in questa notte, quella telefonata di Pierfrancesco, il nostro punto di riferimento alla AB InBev, il più importante produttore di birra al mondo che è il nostro fornitore: «Pietro, so che stai facendo nuove affiliazioni, ma mi dicono che stai cedendo il marchio… È vero?»
Mai e poi mai avrei potuto pensare di fare una cosa simile…, eppure era circolata questa voce. E se era circolata un motivo doveva pur esserci. Un campanello d’allarme: sì, questo era stata la telefonata di Pierfrancesco. Avevo chiesto a Riccardo di farmi vedere la bozza di contratto per Livorno: avevo scoperto che era vero quello che si diceva. A mia insaputa era stato inserito nel contratto un passaggio che prevedeva il trasferimento del marchio Löwengrube a Livorno nelle mani dei gestori del locale.
Altro che invenzione, altro che voce! Non me ne sarei forse mai accorto senza quel provvidenziale campanello d’allarme. L’agenzia che mi aveva assistito nella sigla del contratto comprese che avevo scoperto qualcosa di grosso contro di me. Così, con Alessandro, il mio avvocato, convocai le parti a una riunione a Limite, nell’ufficio del papà di Monica, con il finto scopo di chiudere definitivamente il contratto. Ma non era così ovviamente… Nell’ufficio, tutti riuniti, faccio scattare il mio piano: prendo la bozza di contratto tra le mani e la strappo in tanti pezzettini di fronte a loro.
Non solo: minaccio anche di denunciarli e li diffido da ogni altro tentativo di impadronirsi del...